sabato 23 luglio 2022

Meno docce, e meno tè !!

Fermare il carnevale
- di Sandrine Aumercier -

L'attualità continua, senza posa, a fornirci prove del fatto che ci troviamo sempre più collettivamente impantanati nei vicoli ciechi di un modo di produzione nel quale, tuttavia, le connessioni sistemiche relative ai diversi fattori continuano a essere viste come isolate l'una dall'altra; come se rappresentassero tanti problemi separati, quasi fossero dei "dossier" da affrontare caso per caso. E questo basta a far sì che tutti gli attori del sistema perdano la bussola, fino a spingersi a estremi talvolta grotteschi.
Per esempio: benché Joe Biden sia stato eletto a partire dal suo impegno contro il cambiamento climatico e per la sua promessa di una politica migratoria «equa e umana» egli ha già concesso più permessi di trivellazione petrolifera di quanti ne avesse firmati il suo  predecessore che è contrario al clima; e il numero di arresti di migranti illegali non è mai stato così alto nella storia di quel Paese, come nel 2021 [*1]. Certo, è innegabile che Biden abbia cercato di modificare in una direzione politicamente più "progressista" tutta una serie di leggi sull'immigrazione che erano state approvate da Donald Trump; ma quali posizioni personali e quali promesse fatte in campagna elettorale da un Presidente, potrebbero mai portare a delle trasformazioni strutturali, dal momento che egli non è meno vincolato dalle contraddizioni interne del sistema di quanto lo sia qualsiasi altro? È questa la domanda.

Gli ostacoli sistemici, istituzionali, congiunturali e politici si sono concentrati intorno al desiderio di Biden di un'apertura riguardo la sua politica migratoria, proprio allo stesso modo in cui è accaduto per altri "dossier". Per cui è bastato che i prezzi del petrolio salissero alle stelle, perché il paladino americano della reintegrazione degli Stati Uniti negli Accordi di Parigi accusasse la Exxon di mantenere deliberatamente bassa la propria produzione di petrolio e, in quel modo, «fare più soldi di Dio» [*2]. Si è arrivati al culmine della farsa nei giorni scorsi, quando dopo anni di sfida diplomatica cominciata a partire dall'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, Biden non ha più avuto paura - spinto da un'inflazione galoppante e con le elezioni di metà mandato che incombono - di andare in Arabia Saudita per implorare lo Stato "paria" affinché immettesse più petrolio sul mercato. L'obiettivo è quello di arginare l'aumento globale dei prezzi del petrolio. E questo senza contare che gli Stati del Golfo, a partire da questo aumento dei prezzi (anche se ancora non si sa se hanno superato Dio) stanno ottenendo un sostanziale aumento del loro PIL: nella giungla economica, la disgrazia di uno corrisponde al tornaconto di un altro. Ma la farsa appare ancora più sinistra, allorché si considera che questa richiesta americana avviene in un contesto in cui l'Arabia Saudita, da parte sua, dall'inizio della guerra in Ucraina, ha raddoppiato le proprie importazioni di petrolio russo. E così il petrolio russo, "sbianchettato" in virtù dell'esser passato attraverso l'Arabia Saudita - che nel giro di pochi mesi è diventata moralmente più frequentabile della Russia - viene ora utilizzato per produrre l'energia elettrica interna dai sauditi, i quali in cambio esportano una maggiore quantità del proprio petrolio [*3]. Appare chiaramente che la situazione di sofferenza degli yemeniti non pesa sull'equilibrio globale quanto quella degli ucraini.

Sul versante europeo le cose non sono diverse: è dall'inizio della crisi ucraina che l'Arabia Saudita ha cominciato a fornire più petrolio all'Europa, riducendo le sue forniture alla Cina [*4]. Mentre la Cina, da parte sua, sta importando più petrolio russo, così come fa l'India. E nemmeno la Russia, di fronte agli embarghi occidentali, è rimasta inattiva: come in uno specchio rovesciato, rispetto a coloro che la stanno sanzionando "diversificando" i loro approvvigionamenti, anch'essa sta diversificando i propri mercati,  beneficiando dell'aumento dei prezzi. Possiamo così vedere come nel capitalismo globalizzato sia impossibile moralizzare la gestione locale di un flusso; di petrolio, di esseri umani, di merci, eccetera. Quello che è solo un ostacolo locale, viene immediatamente aggirato in un altro modo; un costo aggiuntivo, viene immediatamente esternalizzato altrove. Chi può continuare a dare ancora credito a questo circo, o a incolpare solo i suoi penosi amministratori, se non per il fatto che non conoscono le vincolanti condizioni sistemiche in cui si svolge?

Di fronte a questa evidente assurdità (trovare nuove fonti di energia mentre si strilla al riscaldamento globale, non senza prima promettere - non è una battuta - di diventare più sobri), nel giugno del 2022, gli Stati europei hanno raggiunto un accordo sul risparmio energetico. A chi si rivolgerà ora questo bell'accordo? Ebbene, per gli Stati membri dell'UE, l'obiettivo relativo al consumo di energia primaria sarà giuridicamente non vincolante, vale a dire, solamente "indicativo"; proprio allo stesso modo in cui lo sono la maggior parte degli altri accordi di questo tipo. Tuttavia, il consumo di energia primaria comprende proprio ciò che è necessario per la produzione e per la fornitura di energia. Sarò solamente l'obiettivo relativo alla quantità consumata dall'utente finale (individuo, azienda o ente pubblico) a diventare giuridicamente vincolante; e lo sarà  solo nel 2030. Questo «significa che le perdite dovute alla conversione energetica rimangono in qualche modo fuori bilancio; non vengono conteggiate. [...] Ciò fa comodo a quei Paesi che si affidano al nucleare, e rassicura quelli che hanno grandi progetti per l'idrogeno, e significa che altri potranno sviluppare il carbone, in quanto ripiego per la sicurezza energetica» [*5]. In altre parole, questo accordo consente di legittimare quelli che sono solo dei metodi di conversione energetica poco efficienti, o addirittura energivori, facendoli rientrare nell'obiettivo di un "risparmio energetico" che verrà poi misurato solo in base al consumo finale! Si tratta di una vera e propria istituzionalizzazione dell'«effetto rimbalzo». A quanto pare, bastano le espressioni «risparmio energetico» o «sobrietà energetica», usate dalle autorità politiche, perché esse siano sufficienti a scatenare, come un riflesso pavloviano, una sorta di euforia comunicativa: sembra che qualcuno si stia occupando del problema! Beh, non proprio. E il problema è ogni giorno più grande di quanto lo era il giorno precedente.

Come sottolineano i partiti di estrema destra, che primeggiano nel fare leva sull'ansia da declassamento (pretendendo di risolverla attraverso la questione nazionale, che tuttavia ricade negli stessi paradossi sistemici), alla fine è di certo il piccolo consumatore a pagarne il prezzo. In Germania, poco a poco, una pioggia di restrizioni sta gradualmente cadendo su un Paese già segnato più di altri dal ritiro dal gas russo: riduzione della temperatura delle abitazioni da parte di alcuni gruppi immobiliari, riduzione del calore dell'acqua nelle piscine, o dell'illuminazione urbana da parte di alcuni comuni, reintroduzione del telelavoro al fine di risparmiare sul riscaldamento degli uffici, ecc. È curioso come queste misure abbiano un sapore di déjà vu: non molto tempo fa si raccomandava il telelavoro e si chiudevano le piscine per motivi ben diversi. Sta per diventare questa la nostra condizione normale, mentre le crisi si susseguono senza tregua? Allo stesso modo in cui le società energetiche dicono ai consumatori di risparmiare elettricità (consumatori che non hanno certo bisogno di questo consiglio, quando vedono le loro bollette), anche i fornitori di acqua hanno recentemente detto agli inglesi colpiti dall'ondata di calore, di risparmiare acqua per le docce o per il tè. Quello che era l'ideale di prosperità capitalistica, dev'essere caduto molto in basso visto che si sta tranquillamente imponendo una simile cultura del razionamento, e tutto questo sempre in nome del bene comune e sempre sostenuto, nella sua delirante antinomia, da un produttivismo che in linea di principio continua a essere illimitato. Soprattutto, bisogna che non venga mai pronunciata una sola parola circa l'assoluta necessità di fermare questo modo di produzione; no, non solo un leggero rallentamento, ma proprio un arresto completo. Questa è l'unica cosa che non deve mai essere detta, mai e poi mai.

È assolutamente plausibile ipotizzare che questo possa essere solo l'inizio di una crisi di approvvigionamento ben più generale. I limiti interni ed esterni stanno sempre più sbarrando la strada al rilancio di nuovi cicli produttivi. Crisi multiple, e sempre più ravvicinate impediscono al capitale, per così dire, di avere il tempo di riprendere fiato, mentre si muove verso la sua impossibilità finale, determinata dal contrarsi della sua fonte di valorizzazione. L'inesorabile diminuzione dei rendimenti provenienti dai combustibili fossili, le crescenti instabilità geopolitiche e le crisi economiche legate alla sua crisi strutturale non sono destinate ad attenuarsi. L'inflazione crescente è tutt'altro che sotto controllo, le montagne del debito sono sempre più alte ed è stato previsto che nel 2023 ci sarà una grave recessione economica. La più grande compagnia energetica tedesca, Uniper, recentemente ha fatto  richiesta per un pacchetto di salvataggio finanziario. Anche la Germania, paladina del superamento del carbone, non appare imbarazzata nel volervi tornare, qualunque sia la situazione climatica (in ogni caso, sarà colpa di Putin). Fino al 2020, abbiamo potuto riversare il nostro odio su Trump, pur applicando nella realtà più o meno i suoi stessi principi. Dopo allora, abbiamo poi notato che Biden è, di fatto - non nella retorica -, non molto distante dal trumpismo, senza per questo domandarsi se il problema stia nella sceneggiatura e nei suoi ruoli, piuttosto che nei personaggi. Per il momento, Putin occupa il ruolo di protagonista sulla scena internazionale; e questo permette di spiegare tutti i mali del pianeta, persino la fame nel Sahel. Conclusione: c'è sempre bisogno di un clown, perfino malvagio, perché il carnevale possa continuare.

- Sandrine Aumercier, 15 luglio 2022 -

NOTE:

[1] https://www.washingtonpost.com/politics/2021/12/06/biden-is-approving-more-oil-gas-drilling-permits-public-lands-than-trump-analysis-finds/
      https://www.rtbf.be/article/yuma-arizona-la-face-cachee-de-la-crise-migratoire-qui-mine-la-presidence-de-joe-biden-10914776

[2] https://www.latribune.fr/economie/international/exxon-a-gagne-plus-d-argent-que-dieu-quand-joe-biden-exhorte-la-major-petroliere-a-produire-plus-921450.html

[3] https://taz.de/-Nachrichten-zum-Ukrainekrieg-/!5868782/

[4] https://www.courrierinternational.com/article/hydrocarbures-l-arabie-saoudite-augmente-ses-livraisons-de-petrole-a-l-europe-au-detriment-de-la-chine

[5] https://www.euractiv.fr/section/energie/news/eu-countries-reach-tentative-deal-on-landmark-energy-savings-law/

fonte: GRUNDRISSE Psychanalyse et capitalisme

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