Pensando a Kafka, ci capita spesso di pensare, e a ragione, a un mondo burocratico, se non addirittura totalitario. Un simile tratto premonitorio di Kafka è indubbio, ma tuttavia non va dimenticato che egli, simultaneamente, mentre descrive questo mondo terribile, si pone sempre dal punto di vista di un personaggio che sta cercando di capire e di trovare un senso; non per dare un senso a questo mondo, ma piuttosto per inventare un senso in questo mondo. È costretto a inventare!
Ed ecco che così l'artista descritto da Kafka - e nello specifico l'artista del circo - è diventato una metafora della condizione umana, dove libertà e angoscia diventano l'assurdo, simultaneamente alla necessità di inventare la propria vita.
L'artista è perciò qualcuno che stabilisce per sé le proprie regole, che sceglie continuamente, che decide lui che cosa fare, e che valore dare alla propria performance. E l'universo del circo finisce per rappresentare come una sorta di paradigma: il lavoro circense è pieno di rischi, mette in gioco la vita e la morte, e si può dire anche che l'artista del circo rappresenta una figura di artista spinto al limite.
Così,nel breve racconto "Primo dolore", vediamo un brillante trapezista, ammirata da tutti, che entra in crisi: «Con una sola sbarra fra le mani - come posso vivere!» Alla sua domanda, viene data una risposta al tempo stesso divertente e tragica, senza però mettere in discussione quella che è la sua arte - insomma, a che serve quest'arte del trapezio ?!? –, e lo fa richiedendo un secondo trapezio... È questo l'umorismo di Kafka, ed è anche la verità sulla condizione dell'artista, il quale si sente sia perfettamente libero che perfettamente costretto, dacché non può fare altro che... («Bravo solo in questo», risponde Beckett alla domanda «Perché scrivi?»).
E l'equilibrio/squilibrio tra questa sensazione di libertà e questa necessità, è fonte di conflitti, di contraddizioni. L'eroe kafkiano affronta tutto questo con lucidità, ostinazione e soprattutto con pazienza, essendo per Kafka l'impazienza il più grande dei peccati... e si tratta di qualcosa, questo, che solo un artista del circo può capire.
Ma l'amore di Kafka per il circo, ha pure un altro risvolto: il circo crea una piccola comunità, un luogo dove ciascuno esiste e vive insieme agli altri, e dove possono essere poste tutte le questioni politiche; questioni politiche in senso stretto, essendo la politica ciò che definisce la vita in comune. Anche in questo caso - sia che si tratti di "Primo dolore", di "Un digiunatore", di "Una relazione per un'Accademia" o di "Josefine, la cantante" - Kafka mostra ed evidenzia tanto i conflitti che nascono dalla vita in comune, quanto le questioni che tale vita solleva; sottolineandone tuttavia anche la sua necessità. Si tratta sempre di «trovare una via d'uscita» insieme agli altri, senza nascondere però le contraddizioni, si tratta sempre di trovare come «uscire dalla fila degli assassini», tenendo presente che comunque, di assassini ciascuno ha i propri. E che il punto di partenza è l'esperienza singolare di ciascuno, i suoi dubbi, le sue paure, le sue gioie:
«Io combatto; nessuno lo sa; qualcuno lo indovina, è inevitabile; ma nessuno lo sa. Compio i miei doveri quotidiani, mi si potrebbe tacciare di un po’ di distrazione, ma non molta. Naturalmente combattiamo tutti, ma io combatto più degli altri, la maggioranza combatte quasi dormendo, così come in sogno si muove una mano per scacciare una visione, ma io mi sono fatto avanti e combatto col più accurato e meditato impiego di tutte le mie forze. Perché mi sono fatto avanti, uscendo dalla massa in sé rumorosa, ma, sotto questo riguardo, terribilmente muta? Perché ho attirato l’attenzione su di me? Perché adesso mi trovo in prima linea di fronte al nemico? Non lo so. Una vita diversa non mi pareva degna di essere vissuta. La storia delle guerre chiama gli uomini come me “nature di soldato”. Eppure non è così, io non spero nella vittoria e non mi piace la lotta per la lotta: essa mi piace soltanto come l’unica cosa che si possa fare. Come tale, però, mi piace più di quanto la possa godere in realtà, più di quanto ne possa donare ad altri, forse sarà questa gioia, e non la lotta, a costituire la mia rovina.»
fonte: leslie kaplan
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