Ad una prima lettura, questo breve intervento di Jacques Camatte (il quale, a mio avviso, si è guadagnato da tempo il diritto a continuare a esprimere la sua opinione, nonostante e a prescindere dalle strane commistioni cui sta dando luogo) potrebbe suonare un po' "bizzarro". A partire da questo, e dopo un'ulteriore attenta lettura, ho voluto intraprendere una mia traduzione del testo che è già stato diffuso e tradotto in varie lingue, compreso l'italiano. Per evitare fraintendimenti, e inadeguati rimandi ad altro rispetto alla lettura di Marx che Camatte continua a svolgere, mi limito semplicemente a invitare chi legge a sostituire al termine camattiano «inimicizia», il più chiaro e marxiano «concorrenza». La cosa ci permetterà di renderci conto di che cosa Camatte sta parlando, con cognizione di causa. (F.S.)
Morte ed Estinzione. Sull'invasione dell'Ucraina.
- di Jacques Camatte -
Nel momento stesso dell’invasione dell’Ucraina, la cosa mi è apparsa chiaramente: questa dinamica di morte maschera il processo che porta all’estinzione? Ovvero, è proprio l'estinguersi che presuppone una recrudescenza delle uccisioni, della guerra nella sua vecchia forma (diversa dalla cyber-guerra), ben visibile ed efficace nel contesto della lotta per la sopravvivenza? Ma in ogni caso questo si applica a tutti i conflitti armati in corso. Ma in realtà questo è vero per tutti i conflitti armati in corso e che non sono cominciati ieri. Fondamentalmente, ciò che si impone è la portata della minaccia proveniente da entrambe le parti, ma soprattutto quella proveniente dalla parte russa e da ciò che ne consegue: lo scatenarsi dell'inimicizia.
Gli ucraini hanno reagito all’attacco russo e si difendono con vigore, cosa logica ed ampiamente giustificata, ma a questo si è accompagnato uno scatenarsi di odio, non solo da parte loro, ma anche da parte di coloro che vengono chiamati occidentali e che li sostengono. Ed ecco che perciò la difesa degli ucraini e la demonizzazione dei russi è diventata la principale preoccupazione dei media, mascherando, oscurando, la questione del covid 19 (curiosamente e subitaneamente, non è più considerato pericoloso e le misure contro di esso saranno presto abrogate), e la pubblicazione del rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che evidenzia il grave pericolo del riscaldamento globale e quindi l'aumento del rischio di estinzione.
È da molto tempo che i russi si sentono minacciati, soprattutto a partire dalla fine dell'Unione Sovietica, ed è importante ricordare come allora essi liquidarono il Patto di Varsavia ,e si offrirono persino di entrare nella NATO dal momento che ridiventavano amici come nella guerra contro la Germania. «La sicurezza paneuropea è un sogno», è stato detto loro. La realtà è l'inimicizia, e gli Stati Uniti avevano bisogno di un nemico. Avere un nemico consente poter prendere delle misure rispetto a una minaccia, rendendola visibile per mezzo di una sorta di incarnazione. Questo fenomeno è sempre più cresciuto, fino ai nostri giorni [*1]. A dire il vero, per ritrovare le basi di questa inimicizia bisogna tornare ancora più indietro: alla Rivoluzione d'Ottobre del 1917, che costituì una grande minaccia e, per un breve periodo, sembrò avere una solida base ma che, in una forma più attenuata, si protrasse anche dopo la fine della fase rivoluzionaria, facendo sì che anche l'inimicizia contro il proletariato, a essa associata, sia durata fino alla fine del secolo scorso, allorché il proletariato è scomparso per venire sostituito da quelli che sono degli strati sociali dominati e sfruttati in varia misura. Si può dire che al giorno d'oggi, in maniera più o meno inconscia, si attribuisce ai russi la colpa di aver fatto la rivoluzione.
Più volte abbiamo sostenuto che la specie umana cerca costantemente di scongiurare una minaccia. Questo difendersi viene attuato tanto a livello di nazioni quanto di individui: da questo derivano i diversi conflitti che costellano la storia. La morte viene vista come se fosse il mezzo per sfuggire alla minaccia.[*2] Questo spiega l'intervento russo in Ucraina, ma non lo giustifica. Oltretutto, quanto più si lotta contro una minaccia, tanto più essa si consolida, come è dimostrato dall'esempio della Russia sia per quanto è accaduto fino a oggi, sia per il futuro. Questa dinamica - che provoca le guerre che distruggono gli uomini, le donne, ma anche la natura (un fatto questo che spesso viene nascosto) - aumenta il rischio di un'estinzione dal momento che esalta l'inimicizia, causa essenziale del riscaldamento globale connesso alla distruzione della natura stessa, non incontra ostacoli perché è supportata da un'altra dinamica, quella dell'autonomizzazione della forma-capitale, la quale si è potuta imporre grazie alla scomparsa del proletariato e che si esprime attraverso la necessità di un'innovazione continua che causa l'obsolescenza di tutto ciò che viene prodotto, così come l'obsolescenza dei produttori non innovativi o inadeguati, generando così, nel cuore della realtà sociale ed economica, una minaccia che si accompagna a un'inimicizia complementare a quella del superfluità degli esseri umani, che contribuisce a creare condizioni di vita in cui «La morte non è forse preferibile a una vita che sia solo una misura preventiva contro la morte?»(Marx). In realtà, nemmeno la morte può risolvere nulla, perché non può abolire la sempre più vicina vigilia dell'estinzione. L'umanità può sfuggire a essa, solo abbandonando l'inimicizia come forma e principio di vita.
- Jacques Camatte - 10 marzo 2022 - Originariamente pubblicato in francese con il titolo "Mort et Extinction", in Revue Invariance, 10 marzo 2022.
NOTE:
[*1] - Molti documenti che provano la validità di questa affermazione sono disponibili su Internet. Segnaliamo anche il passato nazista di una parte dell’Ucraina, che se per questo è stata una minaccia per l’URSS, è stata anche una risorsa contro la Germania nazista. Ricordiamo anche che: «In effetti, la crisi che sfociò nella dissoluzione dell’URSS e del blocco dell’Est, non fu un fenomeno locale che riguardava solo questi paesi, ma è un fenomeno globale: la fine dell’opposizione capitale-lavoro e la scomparsa del fenomeno fondiario; la completa attuazione dell’eliminazione di ogni limite al divenire del capitale, e la realizzazione di uno sviluppo non antagonistico, non dialettico. Più precisamente, la dissoluzione del conflitto attraverso la sua generalizzazione».
[*2] - Cfr. lo slogan franchista: Viva la morte
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