Il doppio Marx e la metà di Freud
- di Frank Grohmann -
1868: Nel mese di settembre di quest'anno, Karl Marx, che si trovava nuovamente in difficoltà finanziarie, conferma di aver ricevuto un versamento proveniente da Londra - grazie al quale l'amico Engels di Manchester lo aiutava ancora una volta, di modo che potesse pagare i debiti ai suoi creditori – scrivendo: « Grazie mille per le 5 sterline. Questi piccoli bottegai [shoopkeepers] sono una classe di piagnoni. [...] La gran maggioranza di questi commercianti è passata attraverso tutte le miserie del proletariato, con in più la "paura" e la "sottomissione alla rispettabilità", e tutto ciò senza che abbiano ricevuto in cambio quella fiducia in sè stessi che è propria dei migliori lavoratori. »[*1]
1875: L’episodio avviene due anni dopo il crollo dei mercati finanziari, conosciuto come il «Pioneer Crash», allorché il cosiddetto «periodo guglielmino» aveva mostrato, in retrospettiva, come il suo vero volto fosse quello di «una grande truffa, che non era riuscita a legittimare lo scoppio della prima ondata di industrializzazione, ma le aveva dato il colpo di grazia» [*2]. Nel 1875, ci fu quindi il primo viaggio all'estero dell'allora diciannovenne Sigmund Freud, che lo portò a Manchester, a casa dei fratellastri Emanuel e Philip: dai due «bottegai», come li chiamerà Sigmund (più giovane di vent'anni, rispetto a loro) in una lettera all'amico d'infanzia E. Silberstein, scrive: « voglio dire quei bottegai [shopkeepers] che hanno un negozio, il più vecchio vende tessuti, il più giovane bigiotteria, nel senso che il termine sembra avere [qui]. »[*3]
In base alle prime impressioni, si potrebbe arrivare a ritenere che i due, all'uscio dei «bottegai», nel luogo sociale [*4] di quella che nell'Inghilterra di fine Ottocento era una «classe miserabile» - Marx, già anziano, e Freud, che era appena entrato nell'età adulta –, non incontrandosi, si siano in qualche modo come ... mancati, per così dire; e ciò persino nonostante il fatto che, secondo Peter Brückner, fosse stato proprio lì che entrambi conobbero per la prima volta quella «sottomissione alla rispettabilità, all'onorabilità» [*5] che era destinata a lasciare in entrambi una forte impressione. Ma a ripensarci meglio, l'impressione di un incontro fallito appare sempre meno convincente, dal momento che alla fine non sembra soddisfare la nostra ipotesi: vale a dire, che tra Freud e Marx ci siano dei punti di incontro al di sopra di quello che è come un fossato che li separa. Ragion per cui, risulta assai più interessante seguire da entrambi i lati, i contorni di tale fossato ed esaminare invece ciò che separa Marx e Freud, precisamente nel punto in cui si incontrano, per così dire.
Da un lato del fossato, la sua concezione della «miseria» indubbiamente acuisce la consapevolezza, che Marx acquisisce di questa nuova forma di «sottomissione», e lo fa precisamente nella misura in cui egli la ritrova nei «bottegai» ancor più di quanto la veda nei «migliori lavoratori»; e questo sebbene una simile percezione dell'esistenza di un'altra «classe di piagnoni», rimanga positivamente collegata a una metamorfosi interna, oltre che esterna, del capitale ottocentesco. Ma è proprio qui che si trova la fonte dell'idea secondo cui, la sottomissione che si vuole criticare coinvolga tutti i gruppi sociali e tutte le classi.
Davanti agli usci dei «commercianti» di Londra nel 1868, ci veniamo così a trovare al cospetto di una delle linee di faglia del duplice Marx [*6]. Questa linea di rottura ci obbliga a distinguere tra un Marx «esoterico», contrapposto a un Marx «essoterico» che rimane legato positivamente allo sviluppo immanente del capitalismo [*7], e la cui critica non può essere definita categoriale, in quanto essa ha come oggetto la coerenza formale delle categorie di base del sistema produttore di merci. Può darsi che sia questa o quella «classe di piagnoni», ad essere storicamente portatrice di una tale coerenza formale (dal punto di vista del Marx «essoterico»), ma è ben lungi dal ridursi a questo. Questa «sottomissione alla rispettabilità» dei «bottegai», è quindi inerente a quella coerenza formale vista come un sintomo in un contesto di cui allo stesso tempo fa parte: in tale sottomissione, « l'essere umano si confronta [...] con la propria socialità, vista come aliena e come potenza esterna » [*8]. Rimane il fatto che la critica, che si riferisce solo alla sottomissione, non coglie concettualmente il sistema di riferimento comune del conflitto sociale all'interno del capitalismo. Tuttavia, attraverso la coscienza di tale sottomissione, a questo punto abbiamo già fatto un passo verso il concetto centrale di un Marx «esoterico» - che, per così dire, rimane nascosto sullo sfondo - per il quale il moderno sistema di produzione di merci rappresenta soltanto quella che è l'ultima forma di feticismo sociale [*9], alimentato da un cieco dinamismo.
Dall'altra parte del fossato, Freud, dopo aver notato, nei suoi due fratellastri, questa «sottomissione alla rispettabilità», dovrà poi viverla sulla propria carne al momento di aprire il suo studio e a causa del«l'incerta condizione esistenziale di chi arrivava senza un soldo, nel mondo medico e scientifico viennese» [*10]. La visita ai due bottegai di Manchester nel 1875, non significò solamente la fine dell'adolescenza e l'ingresso nell'età adulta [*11], ma lo avrebbe portato anche a riconoscere la sua propria stessa «angoscia filistea», della quale poi si sarebbe fatto carico, «in una certa qual misura», per tutta la vita (una volta diventato psicanalista), in aggiunta al suo «amore per la misura ellenica» e alla sua «sobrietà ebraica» [*12]. In questa «ansietà» piccolo-borghese e gretta di quella che è stata una delle due metà di Freud, troviamo « una certa preoccupazione per la preservazione di quei mezzi di produzione dei quali aveva bisogno per sviluppare la sua teoria - una teoria che, secondo Freud, da sé sola, avrebbe dissolto tutte le certezze culturali convenzionali. Come teoria della "dissoluzione" (e in quanto terapia) poteva essere concepibile solo come uno sforzo permanente per affermarsi, ossia il contrario della dissoluzione, uno sforzo per il quale egli doveva pagare il suo prezzo alle condizioni borghesi. »[13]
Eppure, tutta l'opera di Freud testimonia il suo progredire in questa direzione. Ciò può essere visto soprattutto nella sua analisi del «disagio» nella «cultura europea occidentale», nel 1930, che non solo va di pari passo con la sua «insoddisfazione per gli attuali sistemi economici» [*14], ma arriva anche a far luce sul contesto preciso di questa «sottomissione alla rispettabilità». A partire dal senso di colpa, visto come «problema capitale dello sviluppo della civiltà» [*15] - nella misura in cui «il progresso dev'essere pagato con una perdita di felicità dovuta al rafforzamento di questa sensazione» - ecco che questo contesto si interseca, come sottolinea Freud, con « la relazione molto peculiare, e ancora decisamente incompresa, del senso di colpa rispetto alla nostra coscienza. » [*16]
Ed è qui che le due circostanze convergono: così come il duplice Marx porta la sua metà dentro di sé, anche la metà di Freud, alla fine della sua vita, va anch'essa al di là della metà. Non si tratta solo del fatto che ciò che riteneva essere «il principale elemento di opposizione tra marxismo e psicoanalisi», e in cui aveva creduto fino ad allora, per Freud a questo punto «cade»; vale a dire, rispetto al Super-io [*17]. Ma la cosa ha a che fare anche con la sua concezione di feticismo [*18], che si evolve di lì a poco - e questo è molto più importante - verso una teoria allargata della scissione dell'Io. Rispetto a questa scissione, il feticismo è per Freud, come egli dice esplicitamente, non un «caso eccezionale», quanto piuttosto «un'eccellente occasione per studiare questo fenomeno». Ciò che con il feticismo si percepisce chiaramente è, per così dire, il fatto che esiste la coesione formale di « una frattura dell'Io, una lacerazione che non si potrà mai rimarginare, ma che anzi, col tempo, crescerà sempre più » [*19]. Freud descrive tutto questo come se ci fossero «due ipotesi opposte», che da un lato negano, nel mentre, simultaneamente, dall'altro, ne riconoscono l'esistenza. « Questi due atteggiamenti perdurano per tutta la vita senza mai influenzarsi a vicenda. Non è forse proprio questo che può essere descritto come scissione dell'Io? » [*20].
Davanti all'uscio del negozio dei bottegai inglesi, Marx e Freud prendono delle strade che di fatto sono opposte, ma lo sono solo per il fatto che camminano lungo le rive opposte di un medesimo fossato. In tal modo, alla fine convergono nel senso che ciascuno comprende il rispettivo oggetto di ricerca, differente, dell'altro. È questo movimento, a portare Marx sul concetto di feticismo (e quindi alla questione del processo di costruzione del feticcio, che secondo Freud è, e rimane, solo un compromesso sorretto dal processo di dislocazione psichica). Tuttavia, questo concetto marxiano di feticismo non corrisponde a quello che, sul lato freudiano, porta lo stesso nome, ma incontra il concetto freudiano di scissione dell'Io (il quale viene esplicitamente distinto da Freud rispetto alla formazione del feticcio propriamente detta [*21]). Più che l'ipotesi dell'inconscio, che dev'essere distinto, Freud qui si incontra, al di là del fossato, con questo tentativo «di lottare contro certe pretese del mondo esterno», che portano a «due atteggiamenti psichici diversi, opposti e indipendenti l'uno dall'altro » [*22], e che invece Marx scopre nel «livello senza soggetto delle relazioni di feticcio» [*23], vale a dire, nel«la totale assenza di coscienza» - e, per l’appunto, non nell'inconscio - «a livello della determinazione sociale della forma». E questo proprio perché ci manca, tanto più nel punto del limite di ogni critica (come è già avvenuto con il Super-io), l'analisi di Freud del problema della coscienza, a partire dalla quale aveva pensato di completare il suo lavoro preparatorio per una meta-psicologia psicoanalitica [*24].
I due concetti - quello del feticismo marxiano e quello della scissione dell'Io freudiana - indicano già una rottura ontologica [*25], che ora si tratta di rendere comprensibile, e di produrre a livello di teoria. La teoria freudiana e la critica di Marx, non hanno di certo il medesimo oggetto di ricerca. Tuttavia, nell'affermazione apparentemente molto esagerata, secondo cui la società, così come l'anima, trascende l'essere umano [*26] (ed è per questo che ognuna di queste teorie agisce negativamente), c'è del vero.
Se il duplice Marx ha potuto «nel suo tempo, non rendersi conto della contraddizione della propria teoria, poiché non si trattava di una contraddizione della sola teoria, bensì della realtà stessa»[*27] - ragion per cui, oggi abbiamo bisogno di un ritorno all'altro Marx, a quello della «critica radicale e categorica del feticismo della modernità» [*28], e così poter restare fedeli a Marx pur essendogli infedeli - ecco che allora Freud, da parte sua (la sua metà), forse ha riconosciuto una contraddizione nella realtà, ma ha potuto risolvere la contraddizione esistente nella sua teoria solo poco prima della sua morte, e in modo appena percettibile, e quindi incompleto. Ed è per questo che oggi abbiamo bisogno di un nuovo «agnosticismo dell'inconscio» [*29] che non prescinda dal problema della coscienza. In questo modo, potremo andare con Freud oltre Freud, come il suo lettore più attento, Jacques Lacan.
Frank Grohmann, pubblicato il 23 novembre 2020 su Grundrisse. Psychanalyse et capitalisme
NOTE:
[*1] - Lettera di Marx a Engels di Settembre 1868.
[*2] - Robert Kurz, "Schwarzbuch Kapitalismus", 1999, p. 224.
[*3] - Lettera di Silberstein del 9 settembre 1875. Boehlich, W., Hrsg. (1989), Sigmund Freud. Jugendbriefe an Eduard Silberstein 1871-1881, p. 143.
[*4] - Si veda: Siegfried Bernfeld, « Der soziale Ort und seine Bedeutung für Neurose, Verwahrlosung und Pädagogik », Imago, 15, 1929.
[*5] - Questo lo dice Peter Brückner in "Sigmund Freuds Privatlektüre", 1975, p. 121, nel capitolo sulla «genesi delle idee sociali di Freud»).
[*6] - Si veda: Robert Kurz, « Il duplice Marx », 1995, su : https://francosenia.blogspot.com/2018/09/vecchie-ossa.html
[*7] - Per il modo in cui Kurz legge le differenze; si veda: Robert Kurz, "Lire Marx. Les principaux textes de Karl Marx pour le XXIe siècle", Les Balustres, 2006.
[*8] - Ivi, p. 38.
[*9] - Ivi, p. 39.
[*10] - Peter Brückner, "Sigmund Freuds Privatlektüre", op. cit., p. 121.
[*11] - Werner Boehlich, «Postface», in "Sigmund Freud, Jugenbriefe an Eduard Silberstein (1871-1881)", sous la dir. de W. Boehlich, 1968, p. 410.
[*12] - Freud a R. Rolland, lettre du 19.01.1930.
[*13] - Peter Brückner, "Sigmund Freuds Privatlektüre", op. cit., p. 122.
[*14] - Freud a A. Zweig, 26.11.1930. Cité par A. Peglau, Unpolitische Wissenschaft?, Psychosozial-Verlag, Gießen, 2013, p. 139.
[*15] - Sigmund Freud, "Il Disagio della Civiltà", Boringhieri [1930], p. 93.
[*16] - Ivi, p. 94.
[*17] - Alla fine della sua vita, Freud ammise che le sue « affermazioni sul marxismo […] erano il prodotto, sia di una mancanza di conoscenza che di una vera e propria incomprensione dei testi di Marx ed Engels » , e aggiunse : « Da allora ho appreso - e sono lieto di dirlo - che nessuno dei due contestava l'influenza delle idee e dei fattori del super-io. » Si veda lettera del 10.09.1937 di Sigmund Freud a R. L. Worrall, citata in A. Peglau, "Unpolitische Wissenschaft?", op. cit., p. 141.
[*18] - Sigmund Freud, « Le fétichisme », La vie sexuelle, Paris, PUF [1927].
[*19] - Sigmund Freud, « La scissione dell'Io nel processo di difesa», "Résultats, idées, problèmes", II, 1921-1938, Paris, PUF [1940] p. 284. Si veda anche : Sigmund Freud, "Abrégé de psychanalyse", Paris, PUF, 1975 [1940], p. 79-80 : « Non pensiamo che il feticismo costituisca un caso eccezionale di scissione del sé, no, ma esso ci offre un'eccellente opportunità per studiare questo fenomeno. »
[*20] -Ivi, p. 80. La negazione della percezione, in cui Freud vede «mezze misure, tentativi imperfetti di staccare l'io dalla realtà», viene costantemente integrata da un riconoscimento - il che non impedisce che ciò venga rifiutato, come Freud fa subito notare.
[*21] - Sigmund Freud, "L´abrégé de psychanalyse", op. cit., p. 79.
[*22] - Ivi, p. 80.
[*23] - Robert Kurz, « Subjektlose Herrschaft », Blutige Vernunft, Horlemann, Bad Honnef, 2004 [1993], p. 163 et 165.
[*24] - Ma che sentiva di non poter dare ai posteri, insieme ad altre sei opere di questa serie.
[*25] - Robert Kurz, « Der ontologische Bruch », su : https://francosenia.blogspot.com/2014/05/rotture.html
[*26] - Ulrich Sonnemann, "Negative Anthropologie. Vorstudien zur Sabotage des Schicksals", Syndikat, 1981 [1969], p. 224.
[*27] - Si veda: Robert Kurz, « Le double Marx », 1995, su : https://francosenia.blogspot.com/2018/09/vecchie-ossa.html
[*28] - Robert Kurz, Lire Marx, op. cit., p. 40.
[*29] - Sigmund Freud, « L’inconscient », Métapsychologie, Gallimard, 1915, p. 109.
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