Ecco a voi, il lavoro!
di Floreal
« Per soldi, ho fatto delle cose orribili... come alzarmi presto la mattina per andare al lavoro». (Groucho Marx)
Ieri, nel corso del dibattito tra i candidati alle primarie della destra, uno di loro, con l'approvazione di tutti gli altri, ha ritirato fuori il ritornello politichese sulla «Francia, il paese in Europa, dove si lavora meno». Tralasciamo la fondatezza di una simile affermazione, limitandoci soltanto a un unico commento: e allora?!?
Quello che invece dovrebbe essere visto come un beneficio, viene al contrario sistematicamente presentato, da questi elettori permanenti, come se fosse una calamità, un problema, un malfunzionamento della sacrosanta economia.
Di recente, l'imbecille che svolge le funzioni di ministro dell'industria, davanti a un pubblico di imprenditori e di ragazzi ricchi ha tessuto le lodi de «la magia dell'officina e l'orgoglio di lavorare in fabbrica».
Assai più lontano da noi, "Bressau l'Estimable", facente parte dell'antico Compagnonaggio, è arrivato a scrivere una «Preghiera al lavoro» (vedi sotto). E con Nietzsche, Boris Vian, Prévert e Georges Darien risponde a tutti questi schiavisti.
«Nell’esaltazione del lavoro, negli instancabili discorsi sulla "benedizione del lavoro" vedo la stessa riposta intenzione che si nasconde nella lode delle azioni impersonali di comune utilità: la paura, cioè, di ogni realtà individuale. In fondo, alla vista del lavoro – e con ciò si intende sempre quella faticosa operosità che dura dal mattino alla sera – si sente oggi che il lavoro come tale costituisce la migliore polizia e tiene ciascuno a freno e riesce a impedire validamente il potenziarsi della ragione, della cupidità, del desiderio d’indipendenza. Esso logora straordinariamente una gran quantità d’energia nervosa e la sottrae al riflettere, allo scervellarsi, al sognare, al preoccuparsi, all’amare, all’odiare; esso si pone sempre sott’occhio un piccolo obiettivo (...)». (Nietzsche, Aurora, 1881)
«Probabilmente, il lavoro è la cosa più bassa e ignobile su questa terra. Non è possibile guardare un operaio senza maledire ciò che ha costretto quell'uomo a lavorare, quando potrebbe nuotare, dormire nell'erba o semplicemente leggere o fare all'amore con sua moglie». (Boris Vian)
«(...) e quando il lavoratore si addormenta è cullato dall’insonnia / e quando la sveglia lo sveglia / trova ogni giorno davanti al suo letto / la brutta faccia del lavoro / che sghignazza che lo prende in giro (...)» (Jacques Prévert, Parole )
«I poveri credono così che il lavoro nobiliti, che liberi. La nobiltà di un minatore nel fondo del suo pozzo, quella di un fornaio nel panificio o di uno spalatore in una trincea, li colpisce riempeindoli di ammirazione, li seduce. È stato loro ripetuto talmente tante volte che l'attrezzo di lavoro è sacro, che hanno finito per convincersene. Il più bel gesto di un uomo è quello che solleva un fardello, che agitando un attrezzo, portandoli a pensare. «Io, io lavoro», dichiarano, con orgoglio e con una fierezza dolorosa e deprecabile. Ai loro occhi, essere una bestia da soma sembra avvicinarli all'ideale umano. Non bisognerebbe dire loro che il lavoro non nobilita né libera affatto; che quell'essere che si definisce operaio restringe e limita, a partire da questo stesso fatto, le sue possibilità e i suoi desideri di uomo; che, per punire i ladri e gli altri malfattori e costringerli a redimersi, vengono condannati a lavorare, a trasformarsi in operai. Si rifiuterebbero di crederci. C'è soprattutto una convinzione, a loro cara: quella secondo cui il lavoro, nel modo in cui esso esiste, è assolutamente necessario. Una simile assurdità, non si riesce neppure a immaginarla. Visto che la più parte del lavoro attuale è completamente inutile. (...) L'unica ragione d'essere del lavoro, della fatica animale, è perciò quella di degradarsi fino alla propria più o meno completa soppressione. Rifiutando di comprendere questo semplice fatto, ostinandosi a credere nella necessità del lavoro in quelle che sono le sue attuali condizioni, e all'utilità della sua glorificazione, i poveri fanno il gioco dei loro tiranni e perpetuano la loro stessa schiavitù. (...) [Il] capitale non è altro che la somma di tutti i crimini che i poveri consentono che vengano commessi contro di loro. Poveri, questo capitale, è il protezionismo, sono i privilegi e i monopoli, le trappole finanziarie, è la schiavitù militare, la tassazione assassina, e soprattutto è la superstizione morale e religiosa. Si tratta della somma di tutta la vostra vigliaccheria. In breve, il capitale che temete è semplicemente il credito che la vostra pazienza imbecille ha fatto a coloro i quali vi dicono di possedere un capitale, che non hanno mai avuto». (Georges Darien, La Belle France).
«Compagni, amici miei, fratelli miei, in alto i nostri cuori in un pensiero comune che possa glorificare il Lavoro, la prima e più alta virtù del Compagnonaggio. O lavoro! Sacro dovere dell'uomo libero! Forza e consolazione dei cuori generosi! Tu che preservi dalle passioni vili e malvagie, tu che rendi più dolci al cuore le carezze del bambino e l'affetto della moglie, sii glorificato!
Sei tu che ci dai autostima e ci rendi migliori verso gli altri! Tu ci proteggi dalla corruzione del vizio, ci assicuri la Libertà, ci insegni l'Uguaglianza e maturi le nostre anime per la divina Fratellanza! Sii glorificato, o Lavoro! Che tu sia benedetto da tutti i figli del Compagnonaggio, per i doni del passato, e tu sia benedetto per i benefici dell'avvenire.» (La preghiera al lavoro, composta da J. Chabert, noto come Bressau l'Estimable)
- Floréal - Pubblicato il 9/11/2021 - su Le blog de Floréal -
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