Quando le truppe borboniche e sanfediste entrarono a Napoli nel 1799, l'Europa intera rimase sconvolta perché le violenze culminarono in episodi di antropofagia. Ma questi delitti di bassifondi dimenticati costituirono un unicum, un caso isolato? Anche se Napoli è il punto di partenza della narrazione, lo sguardo si allarga poi all'Europa, con una comparazione nella lunga durata che si estende dal tardo Medioevo delle lotte tra guelfi e ghibellini e delle signorie che chiudevano l'esperimento comunale al Cinquecento del Sacco di Roma e delle guerre di religione in Francia; dal Seicento della Rivoluzione inglese e del secolo d'oro olandese fino al Settecento della Rivoluzione francese. Una carrellata impressionante di decine e decine di massacri popolari, coronati dal cibarsi di carne umana, che mostra quanto il cannibalismo in Europa fosse soprattutto un'estrema pratica magico-rituale della politica popolare, fino a un tempo a noi molto vicino. Un'indagine sconvolgente e appassionante, condotta fra storia e antropologia, che riesuma un grande rimosso della storia del Vecchio Continente: il cannibalismo praticato non per fame ma nel fragore della lotta politica.
(dal risvolto di copertina di: LUCA ADDANTE, "I cannibali dei Borbone. Antropofagia e politica nell’Europa moderna". LATERZA Pagine 192, €20)
Anche noi europei siamo stati cannibali
- di Amedeo Feniello -
Napoli, 1799. Le truppe sanfediste del cardinale Ruffo spengono la fiammata giacobina. La città diventa ostaggio dell'anarchia popolare e il livello di violenza si fa impressionante. Con uccisioni per strada. Impiccagioni. Fucilazioni sommarie. E degli episodi stranianti. Casi di cannibalismo. Se ne registrano una decina, eseguiti da «campioni di re Ferdinando di Borbone e di Gesù che, come tanti antropofagi, divoravano le membra, facevan mercato di carne umana», come riporta un osservatore.
Ricorda oggi Luca Addante nel suo I cannibali dei Borbone (Laterza), che non fu fantasia né propaganda. Le fonti parlano chiaro e non sono solo di parte. Sorge però la domanda. Si trattò di casi isolati o, piuttosto, essi appartengono anche a una memoria più antica, spesso cancellata? Qui Addante scova una serie di scheletri nell’armadio rimossi dalla cattiva coscienza occidentale. Con una sequenza di «antropofagie europee», dal tardo Medioevo al Settecento, che emergono nonostante la reticenza delle fonti, considerato come l’antropofagia sia sempre stata considerata una pratica innominabile, vero e proprio tabù fra i tabù, come tenne a evidenziare Pierre Bonnassie.
La storia è lunga, almeno a partire dalla discesa in Italia di Enrico VII, nel 1311, quando, a Brescia, alcuni fautori dell’imperatore furono catturati e «tuti li arustivano e li mangiavano»; e tra essi, fatto a brandelli, non mancò un nipote di Enrico. Si dirà: bassezze da Medioevo. Ma non andò meglio nel corso della modernità, anche nelle culle della civiltà: nell’Inghilterra di Cromwell o nella avanzatissima Olanda, dove, nel 1672, fu addirittura fatto scempio del corpo di Johan de Witt, per un ventennio l’uomo più potente delle Province Unite. Gli episodi proseguono nel corso della Rivoluzione francese. Durante la Grande paura, nel 1789; e nel 1791, dopo la fuga di Luigi XVI a Varennes, sull’onda dello sdegno popolare. Perché tutto ciò? Le interpretazioni si mescolano e vanno da un senso di ostilità ritualizzata alla rabbia popolare che poteva deflagrare, in momenti di crisi, nell’aggressione contro il nemico per antonomasia (il nobile, l’oppressore, lo speculatore...), che coagulava intorno a sé ogni disprezzo, fino alla degradazione della vittima a bestia da macello. Nel nostro immaginario, il cannibale appartiene ai popoli non civilizzati, scatena orrore, evoca l’immagine del selvaggio dotato di pentolone, diventa «movente nella colonizzazione». Invece Addante riesuma l’antropofagia come «imbarazzante relitto dimenticato della nostra civilissima Europa», un pezzo della nostra storia che riappare, anche a Srebenica, nel 1995. Come a dire che, sotto sotto, non solo gli altri sono cannibali. Ma anche noi.
- Amedeo Feniello - Pubblicato sul La Lettura del 24/10/2021 -
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