giovedì 8 ottobre 2020

Il dubbio e l’inchiesta

Il dubbio come strumento di ricerca: potrebbe essere questa, una prima definizione della poetica di Leonardo Sciascia, il quale era allo stesso tempo un illuminista ed un tradizionalista, oltre ad essere simultaneamente un europeo (un erudito desideroso di varcare le frontiere) ed un siciliano (interessato a quelle che erano le minuzie e i dettagli della sua irriducibile esperienza isolana). In Sciascia, per quel che riguarda, appunto, il dubbio come strumento di indagine, ci sono tre immagini, tre figure che sembrano fondersi insieme: 1) il detective, che fa domande, che ascolta e che osserva; 2) lo studioso, che viaggia e fruga negli archivi; 3) il residente, abitante in una piccola citta che se ne sta seduto nella piazza (al bar, sulla veranda, alla finestra) e che osserva la vita sociale.
È il dubbio, ad esempio, che porta Sciascia a riesaminare le storie del fisico Majorana (assassinato? suicida? fuggiasco in seguito allo stupore morale a fronte dei risultati delle sue ricerche sul nucleare? ) e dello scrittore Raymond Roussel (che, a Palermo, nel 1933 si suicida). Sciascia ripercorre e rilegge la cronaca giornalistica relativa ai due casi, alla ricerca dei dettagli perduti, dei punti di vista che la stampa ha trascurato di considerare. E nel mentre, allo stesso tempo in cui fa questo, porta con sé tutta una serie di procedure, di pratiche prese di peso dai suoi autori prediletti che costantemente rilegge (la curiosità di Montaigne, la capacità di osservazione di Stendhal, il gioco degli specchi di Pirandello).
Alla fine del suo "1912+1" (il libro che racconta la storia del processo alla contessa Tiepolo, che aveva ucciso l'attendente del marito militare, per presunti motivi d'onore), per esempio, Sciascia dichiara apertamente quale sia stato fin dall'inizio l'intento della sua storia: quello di essere un omaggio a Pirandello. «Nel caso Tiepolo, tutto quanto era pirandelliano», dichiara, «le diverse verità, il gioco dell'apparire contro l'essere» (una cosa che vale anche per un libro di Sciascia di alcuni anni prima, "Il teatro della memoria", pubblicato nel 1981, sul caso Bruneri-Canella: il ritorno di un uomo che era scomparso durante la prima guerra mondiale; qualcosa di assai vicino al caso Martin Guerre e a quello del colonnello Chabert, di Balzac).

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