lunedì 12 ottobre 2020

Waterloo

« Lo scrittore rappresenta la verità, la vera letteratura distinguendosi dalla falsa solo per l’ineffabile senso della verità. Va tuttavia precisato che lo scrittore non è per questo né un filosofo né uno storico, ma solo qualcuno che coglie intuitivamente la verità. Per quanto mi riguarda, io scopro nella letteratura quel che non riesco a scoprire negli analisti più elucubranti, i quali vorrebbero fornire spiegazioni esaurienti e soluzioni a tutti i problemi. Sì, la storia mente e le sue menzogne avvolgono di una stessa polvere tutte le teorie che dalla storia nascono. Paul Valéry, parlando della storia, una volta ha detto pressa poco: “ Ho visto una lettera del generale inglese Shrappnel, scritta cinque giorni dopo la battaglia di Waterloo; vi afferma che sono stati proprio i nuovi proiettili da lui inventati che hanno vinto la battaglia “. Ecco, il nome di Shrappnel noi l’abbiamo sentito solo dopo la Prima guerra mondiale. Si chiamavano “shrappnel” i proiettili che esplodevano a una certa altezza lanciando una rosa di schegge, ma nessuno ne aveva mai fatto cenno parlando della battaglia di Waterloo. Lo stesso Valéry sembra ignorarlo, ma il suo intervistatore, il siciliano-francese Lo Duca, osserva che l'uso degli shrappnel nel corso della battaglia di Waterloo è stato descritto da Stendhal. Quando Fabrizio vede il terreno fangoso schizzare in alto di qualche palmo, senza saperlo Stendhal ha descritto non l’effetto di una fucileria ma quello dei proiettili del generale Shrappnel.
È così che si scopre una verità storica, non già in un testo di storia, bensì nelle pagine di un romanzo, non in una dotta analisi, bensì grazie a una descrizione romanzata. Probabilmente, Stendhal non si rendeva conto di fare una rivelazione fondamentale descrivendo la battaglia di Waterloo, e tuttavia è riuscito a dire quel che nessuno prima di lui aveva detto. Questa battaglia non era stata forse raccontata come la storia di un malaugurato ritardo, di un generale Blücher che arrivava al posto di un Grouchy? »
 

(da: Leonardo Sciascia, "La Sicilia come metafora". Oscar Mondadori)

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