domenica 18 ottobre 2020

Ripartire da zero!


All'inizio della seconda parte del suo Discorso sul Metodo, del 1637, Descartes scrive che « nelle opere composte da più pezzi, e realizzate dalle mani di diversi maestri, rispetto a quelle in cui ha lavorato soltanto uno, non c'è altrettanta perfezione ». E poi prosegue: « si crede che gli edifici progettati e portati a termine da un solo architetto siano spesso più belli e meglio organizzati rispetto ai tanti che che molti hanno cercato di ristrutturare, utilizzando dei vecchi muri che erano stati costruiti per altri scopi. Ragion per cui, queste antiche città, essendo stati agli inizi dei piccoli borghi, e che col passare del tempo sono diventate dei grandi centri, di solito si sono urbanizzate malamente, rispetto a quelle piazze regolari tracciate da un ingegnere per mezzo della sua fantasia su una pianura » (si pensi, ad esempio, al lavoro di rarefazione del linguaggio e della soggettività che compie Beckett a partire, tra gli altri riferimenti, proprio da Descartes). Una simile idea, mescolata alla narrazione autobiografica del "Discorso", serve a mascherare in maniera sottile quella che è una volontà iconoclasta: vale a dire, partire da zero, buttar giù tutto quello che è già stato costruito, e ricominciare da zero - e fare in modo che ci sia un unico artista responsabile della costruzione, dalle fondamenta al soffitto. E sebbene Descartes non  lo dica direttamente, il genere di costruzione che più di tutte si avvicina alla sua descrizione sono le chiese: e di solito, le più tradizionali sono state costruite su altre ancora più antiche, alcune delle quali assai spesso erano state erette dove un tempo c'era un altare pagano.
( Va detto anche che nel 1633, tredici anni dopo che era avvenuta la morte di Descartes, il Papa mise all'indice le sue opere, collocandole nell' Index librorum prohibitorum. )

fonte: Um túnel no fim da luz

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