Già a partire dal suo primo libro sull'interpretazione dei sogni (pubblicato nel 1899 con la data 1900), Freud insiste sulla "ricostruzione archeologica dell'inconscio": la memoria è fatta a strati, come di livelli pressati insieme, di sopravvivenze compattate che si riferiscono a differenti periodi di esperienza. Nel suo saggio de 1937 (scritto nel 1934), "Costruzioni in Analisi", Freud sostiene che il lavoro dell'analista e quello dell'archeologo sono «identici», anche se il primo lavora in condizioni migliori, dal momento che ha accesso a più materiale ausiliario, perché è rivolto a qualcosa che è «vivo, non un oggetto distrutto». L'archeologo si occupa di artefatti che hanno perso delle parti - l'oggetto psichico, da parte sua, ha una sua preistoria che viene indagata dal lavoro analitico. E ciò perché, in tal caso, «tutto quanto l'essenziale si è conservato, sebbene sembri essere del tutto dimenticato; eppure questo è ancora presente in qualche modo e da qualche parte, solo che si trova sepolto, inaccessibile all'individuo».
fonte: Um túnel no fim da luz
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