domenica 22 settembre 2024

Sulla critica situazionista

In un articolo apparso sul primo manifesto della Critica del Valore, dal titolo: "Alla ricerca dell'obiettivo socialista perduto. Manifesto per il rinnovamento della teoria rivoluzionaria" (1988):

«La stessa cosa vale anche per la Nuova Sinistra e per la sua storia. Nel 1968, il feticismo della merce è stato tematizzato solo brevemente, ben lungi da trovare una concretizzazione teorica e un punto d'arrivo, e si è basato più su una critica culturale (“consumo compulsivo”) rispetto a una critica dell'economia politica. Di conseguenza, questo tema si è rapidamente volatilizzato trasformandosi in vere e proprie varianti delle illusioni borghesi di fattibilità nell'ambito della sfera feticcio della “politica”. I situazionisti francesi, che non hanno mai avuto alcuna influenza nel nostro Paese, hanno sicuramente conferito un determinato taglio al movimento del '68, tematizzando direttamente una critica del feticcio della merce, ma mescolata tuttavia al pensiero borghese dell'immediatezza, derivante dalla loro origine esistenzialista; nella misura in cui non sono riusciti ad andare al di là di una concezione borghese radicalizzata del soggetto astratto, i situazionisti sono anche rimasti incapaci di sviluppare una critica concreta della forma-merce fondata sulla critica dell'economia politica, e di renderla socialmente trasmissibile. Sicuramente, il nostro compito consisterà anche nel rivalutare gli approcci quali quelli citati e altri, e nell'individuare e trattare criticamente tutti i tentativi finora compiuti nel quadro della storia della teoria ai fini di una critica radicale della merce e del denaro. La ricognizione finora effettuata ci permette già di concludere che le conseguenze della critica dell'economia politica non sono state comprese ed elaborate esplicitamente in tutta la loro portata né al di fuori né all'interno del marxismo attuale. Persino l'opera dello stesso Marx, che è la sola a condurci a tali conseguenze, in questo aspetto decisivo contiene ancora oscurità e imprecisioni. Noi non facciamo queste osservazioni a partire da una nostra autoproclamata “genialità”, quanto piuttosto perché riconosciamo che le attuali interpretazioni della critica dell'economia politica traggono le loro scorciatoie per essersi integrate in una situazione storica nella quale il dispiegamento globale della forma-valore come relazione di capitale non aveva ancora esaurito il suo margine di sviluppo, ivi compresa quella che Marx chiamava la “missione civilizzatrice” del capitale (sviluppo delle forze produttive, espansione dei bisogni, formazione di infrastrutture sociali in rete, ecc. che rendono lo “scambio” assurdo). A questo proposito, una delle tesi centrali del nostro manifesto è che il movimento operaio storico, in tutte le sue varianti, è stato esso stesso una componente e un motore di questo pieno sviluppo della relazione con il capitale, e che esso non avrebbe potuto essere nient'altro.  Ed è solo oggi che questa relazione, conseguenza del suo proprio sviluppo, sta cominciando a raggiungere i suoi limiti assoluti. Ed è quindi solo oggi che la critica radicale della forma-merce, che noi rivendichiamo come nostro approccio, diviene possibile e necessaria anche in tutte le sue conseguenze».

- Robert Kurz - 1988 -

  fonte: @Palim Psao

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