sabato 28 settembre 2024

La fede perduta…

«C'è una fede in me che mi allontanò dalle mie lezioni, più santa dei miei giorni, più profonda dell'oppio nero, più violenta dei tumulti di Cuba, dove non uccisi la vittima designata. E' fede, e quando la trovo (la perdo, la perdo spesso) sono una bandiera solitaria sono il saggio soldato che marcia a bocca chiusa nel mondo che va alla deriva tenuto stretto dall'onore».

- Leonard Cohen (L'Avana - 1961) -

Nel 1957, Esther Cohen era tornata a Montreal dalla sua luna di miele. Entusiasta, aveva raccontato al fratello Leonard che Cuba era un paradiso per i turisti, e L'Avana una città voluttuosa, paradisiaca, piena di casinò, sale da ballo e bellissimi alberghi.

Due anni dopo, nel 1959, Fidel Castro avrebbe preso possesso dell'isola e ben presto si sarebbe confrontato direttamente con gli americani. Era il 1961, e nel marzo di quello stesso anno, Leonard Cohen prese un volo diretto da Miami a L'Avana per andare a vedere da vicino la rivoluzione, e partecipare di persona al momento storico in cui avrebbe avuto inizio un governo il cui sistema politico gli sembrava incredibilmente attraente e promettente, l'edificazione di un paese che sarebbe diventato un paradiso per il bene comune degli individui.

Va detto che, nell'immaginario di Cohen, la guerra civile spagnola aveva già assunto proporzioni mitiche: vi era stato assassinato il suo eroe letterario, Federico Garcia Lorca, una figura che avrebbe dato un'impronta particolare alla sua visione artistica e che per cinquant'anni avrebbe influenzato la sua opera. Così, in Cuba, Cohen vedeva l'opportunità che aveva per poter partecipare alla propria guerra ed essere presente in quel movimento di liberazione dall'oppressione del potere.

Subito dopo essere arrivato, ecco che l'artista si ritrovava all'Avana, a discutere fino a tarda notte; a fare amicizia con prostitute, magnaccia, scrittori, artisti, comunisti americani e con ogni genere di personaggi notturni moralmente ambigui. In un simile contesto, avvenne così che Cohen, mentre si trovava sulla spiaggia di Varadero, fu arrestato con l'accusa di spionaggio da una dozzina di soldati rivoluzionari armati di fucili mitragliatori cecoslovacchi arrugginiti. E solo dopo un interrogatorio durato ore, alla fine riuscì a convincerli che lui si trovava a Cuba in viaggio di piacere a partire dal fatto che era un seguace del loro nuovo regime, e non in quanto parte di un'invasione americana, della quale si vociferava. Non appena i miliziani si ritennero soddisfatti delle spiegazioni del poeta, aprirono una bottiglia di rum e diedero luogo ad una sorta di festa, di cui si possono vedere diverse foto che ritraggono Cohen in posa da soldato insieme agli uomini che lo avevano arrestato.

Ma il danno ormai era stato fatto: quel movimento che prometteva - o che per lo meno nella mente di Cohen sembrava essere il progetto di un ideale pratico che avrebbe permesso di fare della vita sociale un'attività più coesa e comprensibile - lo aveva assolutamente deluso. A Cuba, aveva capito che non avrebbe mai fatto parte della collettività, aveva capito che sarebbe stato un individuo la cui opera si sarebbe basata sulle stanze private e chiuse del suo cuore, con la sua vita di personaggio immaginario per eccellenza di quella sua stessa opera da poeta tragico.

Da quel trambusto e da quello stordimento si allontanò viaggiando verso Hydra, la piccola isola greca dove cominciò a lavorare al suo capolavoro, il romanzo "Beatiful Losers", e lo fece usando tutto ciò che i Caraibi non gli avevano dato: calma, senso di individualità, un proprio spazio.

Cuba, fu solo il prologo al primo capitolo in cui l'autore di "So Long, Marianne" rinuncia a esser parte della collettività e diventa un individuo la cui vita è una costante pulsione di ossessioni circolari che formano una sorta di unità multidirezionale. Cohen è come un rotolo di spago, i cui estremi vanno a comporre una sfera, partendo da direzioni opposte per poi incontrarsi sorprendentemente in cima, e riconoscersi come parte di una tale unità, per poi continuare il loro cammino di nuovo in direzione contraria fino al fondo della sfera. La poesia, l'ebraismo, la sua mania per le donne, le droghe, lo Zen e, soprattutto, il suo lavoro di compositore sono le ossessioni che sebbene appaiano contraddittorie si ripeteranno più volte nel corso della sua vita. E sono state queste le attività per mezzo delle quali ha cercato le risposte che lo avrebbero salvato, quelle che avrebbero alleviato la sua costante depressione, e che avrebbero dato senso alla sua vita come artista e come individuo, per poter così esplorare e sfruttare le possibilità poetiche della vita.

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