Una sinistra parentela
- Note sulla relazione tra marxismo-leninismo e antisemitismo -
- (In occasione della conferenza di Thomas Haury, tenuta il 25 febbraio 1994 alla Rote Fabrik, Zurigo) [*1] -
di Robert Bösch
La domanda, se esista davvero qualcosa come un "antisemitismo di sinistra", oppure se quest'ultimo non costituisca piuttosto un'impossibilità logica, non è nuova, ma tuttavia non ha nemmeno ricevuto, finora, una risposta convincente. Non è certo un caso che continui a essere riproposta dall'esistenza dello Stato di Israele e dalla sua politica in Medio Oriente, visto che questo Stato, la cui nascita è indissolubilmente legata alla secolare persecuzione degli ebrei e al loro sterminio attuato dal nazionalsocialismo, rappresenta un fenomeno particolarmente contraddittorio: da un lato, è uno Stato-nazione borghese (che per di più si trova in una situazione di guerra quasi permanente) con tutte le implicazioni a questo associate, mentre dall'altro esso costituisce il punto di fuga per tutte quelle persone che sono sempre state l'oggetto preferito dell'esasperazione sociale e dell'abreazione [N.d.T.: processo spontaneo, o indotto, di quella scarica di emozioni legate a un evento traumatico rievocato dal soggetto]degli affetti e dei risentimenti, e pertanto, a partire da questo, l'unico Stato-nazione la cui legittimità morale appare immediatamente evidente. L'imperativo categorico che viene associato a questa situazione, imposta al popolo da Hitler, consiste nel fatto che i suoi pensieri e le sue azioni «si organizzino in modo tale che Auschwitz non si ripeta, che non accada nulla di simile» (Th. W. Adorno, Dialettica negativa) [*2] rende necessario che sia posta la questione della relazione esistente tra anticapitalismo e antisemitismo. Naturalmente, a questo proposito, tutte le distinzioni tra "sinistra" e "destra" non sono di grande aiuto, dal momento che sta diventando sempre più evidente che oggi sinistra e destra possono essere scambiati, a partire dal fatto che si sono avvicinati l'una all'altra quasi al punto di essere diventati indistinguibili. Al fine di capire perché l'antisionismo - come variante di sinistra dell'antisemitismo - abbia una fissazione quasi patologica su Israele, e non ammette alcuna sfumatura tra - da un lato - la domanda provocatoriamente infantile che chiede se quella che non si debba criticare sia Israele o "gli ebrei", e - dall'altro - l'affermazione idiota secondo cui Israele è assolutamente fascista; a partire da questo, il testo che segue tenterà di dimostrare teoricamente, sotto forma di una tesi, che, nella misura in cui la corrente principale della sinistra resta intrappolata nell'ideologia del Marxismo-Leninismo [*3], la deriva verso l'antisemitismo rimane strutturale.
1. - Dalla Rivoluzione d'Ottobre in poi, la sinistra occidentale si è sempre definita, tanto positivamente quanto negativamente, in termini di marxismo-leninismo. L'esperienza di una rivoluzione, nella quale il corso oggettivo della storia e la prontezza rivoluzionaria delle masse sembravano coincidere, è stata resa assoluta dalla corrente comunista, in un modo che ha fatto apparire il leninismo come se fosse l'unica forma possibile di marxismo. Ma l'assenza, in Occidente, di una "reazione a catena rivoluzionaria" fece precipitare il marxismo-leninismo in una crisi dalla quale non si sarebbe mai veramente ripreso. La separazione del "fattore soggettivo" dalla presunta situazione rivoluzionaria "oggettiva", nelle categorie leniniste, non avrebbe mai potuto essere elaborata, se non per mezzo della questione della coscienza di classe, e della sua adeguata organizzazione. Ciò riflette il problema secondo cui i proletari concreti - in quanto individui isolati che si vedono in competizione tra loro nella sfera della produzione, così come in competizione con il capitale che impiega la loro forza lavoro, quando invece nella sfera della circolazione si incontrano solo sotto forma di indifferenti proprietari di denaro, i quali si riferiscono ai capitali nella loro veste di proprietari dei beni di consumo necessari - non hanno mai corrisposto a quell'ideale individuo di classe auto-esistente, il cui avvento avrebbe dovuto essere anticipato, dal punto di vista organizzativo, nel Partito Comunista. Questo perché, la categoria del lavoro salariato sperimenta la sua generalizzazione attraverso un crescente sviluppo sociale, dove il proletario supera così la sua posizione giuridica, inizialmente ancora precaria, elevandosi così allo status di cittadino politicamente egualitario (cosa che in sé si combina con la sua crescente importanza in quanto consumatore) [*4]. Una simile "borghesizzazione" [*5] dell'operaio salariato non è altro che l'espressione di uno sviluppo dove il capitale, in quanto valore auto-valorizzante, assume la sua forma adeguata, diventando un puro rapporto sociale di produzione, che si presenta dal lato del capitale come tendenza a dissolvere la classe borghese, vale a dire, attraverso la crescente insignificanza della persona del capitalista nel processo di produzione, e la sua sostituzione con degli agenti retribuiti che rappresentano l'interesse di sfruttamento. Per il marxismo-leninismo, fissatosi sul livello di apparenza della relazione di capitale (ossia, sulle categorie sociologiche di classe), lo sviluppo verso il capitale azionario e finanziario si presenta come un'abolizione negativa di questo stesso rapporto di capitale, dal momento che si suppone che i capitalisti si trasformino in capitalisti di puro denaro, e quindi in semplici agenti della circolazione, che non si oppongono più direttamente al lavoro salariato, ma sembrano altresì non avere più alcun rapporto con esso. Il processo di produzione e la valorizzazione del capitale, sembrano così divergere e diventare esterni l'uno all'altro. In questa forma più sviluppata di mistificazione del capitale, il capitale si presenta di fatto come un potere anonimo che prende le sue decisioni imperscrutabili plasmate da dei meri interessi di profitto, al di là della produzione e apparentemente staccati da essa, dove la Borsa, in quanto centro della circolazione dei capitali, prende le sue imperscrutabili decisioni modellate da meri interessi di profitto..
2. Nel marxismo-leninismo, com'è noto, questo sviluppo si riflette nella teoria di Lenin dell'imperialismo visto come stadio supremo del capitalismo. Il passaggio al capitale azionario viene interpretato da Lenin come se si trattasse della sostituzione del capitalismo libero e concorrenziale, con il capitalismo monopolistico, il quale è caratterizzato dalla formazione di grandi trust, il cui controllo è nelle mani di pochi "oligarchi finanziari". Questi monopoli - sosteneva Lenin - permettevano di abolire parzialmente la "cieca rabbia della legge del valore", poiché era ormai facile per le poche grandi imprese coordinare tra di esse la produzione. Il processo di produzione - con la sua base tecnicamente razionale - sembra, a Lenin, fondamentalmente già socialista, in modo che così sarebbe solo il suo "guscio economico-privato" che dev'essere ancora abolito. Per lui, il "marciume" del capitalismo consiste quindi nella contraddizione tra la produzione socializzata - che ha trasformato la maggioranza della popolazione in salariati - e l'appropriazione privata della ricchezza da parte di quei pochi capitalisti improduttivi ("parassiti"), i quali, allo stesso tempo, ostacolano l'eliminazione di questa contraddizione, e pertanto la "ritardano artificialmente". [*6] Il capitale nella sua "forma più feticista" (Marx), come capitale fruttifero di interessi, dove il rapporto di valorizzazione con la riproduzione materiale della società sembra estinguersi, non può essere riconosciuto da Lenin come la forma perfetta della reificazione dei rapporti sociali, ma secondo la sua teoria "deve" tradursi in un "rapporto di dominio" inteso direttamente in termini personalistici. In Lenin, il "dominio" appare come una disposizione cosciente sui legami della riproduzione sociale in quanto tale, e non viene visto in nessun modo per quello che è realmente: il potere di disporre di ricchezze basate sul valore, la cui forma, tuttavia, è già inconsciamente presupposta dagli stessi "governanti", e dalla quale di conseguenza i "dominanti" sono dominati tanto quanto lo sono i "governati" definiti dalla loro mancanza di proprietà. In questa visione soggettivizzata, il "dominio" si trasforma in una mera categoria di volontà, da cui tutti gli attriti sociali ora devono essere intesi solo come il risultato di malizia individuale, o di una sconfinata avidità di profitto. [*7]
3. Queste importanti riduzioni teoriche sono causate dall'assenza di una penetrazione concettuale da parte della forma-valore. [*8]
Ciò perché Lenin intende il valore principalmente come una categoria della circolazione, la quale consente attraverso il mercato la distribuzione sociale della ricchezza. [*9] Il valore costituito dal lavoro astratto, in quanto forma storicamente determinata di tale ricchezza, diventa pertanto una determinazione che si lega al "lavoro" in una maniera meramente esterna, e dal quale potrebbe dispiegarsi in una forma "pura" che non sarebbe più deformata dall'«anarchia del mercato». [*10] In tal modo, il socialismo, inteso come pianificazione merceologica della produzione industriale (che viene vista come una "forza produttiva" "neutra" non toccata dal processo di valorizzazione), diventa il mezzo per realizzare il Lavoro, inteso e glorificato come se fosse di per sé una categoria proletaria. Questa esternalizzazione del processo di produzione e di circolazione, rischia continuamente di riprodurre semplicemente quella che è la propaganda nazista di "creare" - contro "arraffare" - il capitale, per mezzo dell'ontologizzazione del lavoro "produttivo" [*11], in quanto contro-principio "concreto-positivo" che viene contrapposto alla sfera "improduttiva-negativa" della circolazione, insieme alle sue categorie astratto-universaliste di denaro, interesse e diritto. Ciò perché, proprio come il marxismo-leninismo, anche dai nazisti il capitale finanziario (internazionalista di per sé, in quanto anticipazione dell'odierno capitale mondiale) viene visto come il principale avversario, che essi identificano direttamente con "gli ebrei", i quali diventano così l'incarnazione della «inquietudine e dello sradicamento» (Assuero), «dell'internazionalità, dell'astrattezza», «che vive parassitariamente del lavoro altrui, ed è corrosivo di tutti i valori, come un potere segreto, alle spalle del popolo, che determina le sorti delle società» (Th. Haury). Mentre il razzismo si caratterizza a partire dal fatto che esso seleziona le sue vittime grazie a una «maggiore visibilità» (G. Jacob) basata sugli stereotipi, l'antisemitismo perseguita invece gli ebrei (e coloro che considera tali) [*12] a causa dell'invisibilità che esso attribuisce loro, a causa della capacità immaginaria che avrebbe "l'ebreo" di rendersi irriconoscibile, di nascondersi dietro delle maschere; cosa che rende loro possibile pianificare i loro trucchi e le loro cospirazioni. [*13] Da tutto ciò, ne deriva l'importanza fondamentale di una critica dell'antisemitismo, dal momento che esso pretende, tuttavia, di comprendere la realtà sociale in quanto totalità, come se fosse la forma di una critica abbreviata e ideologicamente distorta del capitalismo (e che il marxismo-leninismo condivide in alcuni suoi momenti essenziali).
Digressione. La principale opera "filosofica" di Lenin viene considerata "Materialismo ed empiriocriticismo", pubblicato nel 1908 e superficialmente diretto contro le teorie di Ernst Mach. Esso è innanzitutto l'espressione di un conflitto relativo alla direzione intra-bolscevica, nel quale Lenin porta avanti una delle sue ben note battaglie contro i "dissidenti di sinistra", qui rappresentati dal "bolscevico di sinistra" Bogdanov, il quale, contrariamente alla posizione assunta da Lenin, sostenne il boicottaggio elettorale della Duma. La confutazione "filosofica" dello "empirio-monista" Bogdanov costituisce il veicolo che viene usato per eliminare il politico anti-legalista Bogdanov. Lenin vuole dimostrare che l'empiriocriticismo di Mach e Bogdanov, affermativo dell'identità tra spirito e materia, non è altro che un «tipico revisionismo filosofico», e ciò perché - secondo Lenin che si mantiene nello spirito di Engels - l'opposizione tra materialismo e idealismo è eterna, e pertanto il marxista avrebbe un'unica possibilità: quella di scegliere il campo giusto, vale a dire, quello del materialismo. Per Lenin, la scelta del campo giusto coincide con la teoria della "riflessione attiva", vale a dire, una riflessione che non dovrebbe rappresentare un'iscrizione passiva nello spirito da parte dell'essere, bensì l'appropriarsi, in pratica, del mondo esterno a partire dalla coscienza. Nel mondo esterno, l'ignoto è quindi semplicemente ciò che non è ancora conosciuto (si potrebbe anche dire: ciò che non può essere ancora controllato),si tratta dell'inconoscibile cosa-in-sé di Kant, ossia, quel "sostrato intelligibile" «che si trova alla base di quel fenomeno esterno che chiamiamo materia» ("Critica della ragion pura"), e che, sia a Engels che a Lenin, appaiono come se fossero la porta della religione nella filosofia; e che di conseguenza dev'essere liquidato. Questa liquidazione critica della cosa in sé, si collega alla critica di Kant da parte di Hegel. Quest'ultimo aveva già criticato l'unità trascendentale dell'appercezione, dal momento che essa non è un principio sostantivo, bensì un'unità vuota: «La cosa-in-sé è... non costituisce una base indeterminata al di là della sua esistenza esterna, ma è presente nelle sue proprietà in quanto fondamento – ma allo stesso tempo è anche un fondamento determinato, cioè, ... essa si riflette in sé stessa, e solo in sé stessa, in quanto è esterna» (Scienza della logica II). Così facendo, Hegel si volge contro la "completa astrazione" (il modo in cui la cosa-in-sé di Kant si presenta), e contro il modo in cui una postulazione pura e non mediata sembra essere sottratta alle condizioni dello spazio e del tempo, e di conseguenza a ogni cambiamento. Questa idea di Hegel, secondo cui la cosa in sé, in quanto inconoscibile, sospenda ogni processualità della coscienza, viene ripresa da Lenin (e prima di lui da Engels, nell'Anti-Dühring). Tuttavia, laddove Hegel definisce questa processualità come un Dio mediato con sé stesso, come un'idea assoluta la cui spiegazione è compito della filosofia, Lenin la intende invece come «l'eterno approccio infinito» (Quaderni filosofici, LW 38) da parte della coscienza riflessiva dell'uomo nei confronti della conoscenza della natura. In tal modo, così facendo, l'idea epistemologica della cosa-in-sé cessa di esistere, poiché la coscienza in ultima analisi si dissolve, empiricisticamente, nella materialità del mondo: «La prassi dell'uomo, ripetuta miliardi di volte, si imprime nella coscienza dell'uomo sotto forma di figure della logica» (LW 38) [*14]. Questa interpretazione della filosofia hegeliana - come "materialismo capovolto" (Philosophische Hefte, LW 38) e che si orienta verso Engels - contiene due premesse decisive: 1). Il lavoro come principio ontologico della mediazione della coscienza e della materia; 2). La tesi secondo cui la natura potrebbe essere compresa a partire dal fatto che la materia si muoverebbe secondo le leggi della dialettica. Queste posizioni, che da allora sono diventate parte della base dogmatica del marxismo-leninismo, si collocano decisamente a rimorchio della teoria kantiana della cosa in sé. La distinzione kantiana tra la cosa in sé e l'apparenza - che Engels considera confutata dall'esperimento e dall'industria, per mezzo della quale l'uomo assoggetta il processo naturale ai suoi fini - non mira alla conoscenza di particolari processi naturali, la cui controllabilità, nella storia umana, è in costante aumento, ma piuttosto al cosiddetto nesso universale dei processi naturali, e al principio che la costituisce, cioè, al metodo della conoscenza scientifica, che in quanto tale non può essere l'oggetto della scienza naturale. Quindi, nel marxismo-leninismo, la costituzione delle categorie della coscienza viene fondata su basi empiristiche-sensuali, i quali vengono trattati come se fossero astrazioni dalla realtà empirica trovata. E a partire da tutto questo, il marxismo-leninismo cerca di aggirare il problema, per cui la coscienza appare solo come se fosse un'impronta passiva del mondo esterno, ponendo il lavoro in quanto categoria intermedia tra coscienza e materia, cosa che renderebbe possibile elaborare la loro relazione cambiando la natura, e cambiano allo stesso tempo l'uomo stesso. Tuttavia, ciò implica una dialettica naturale analoga alla dialettica dell'uomo e della natura, [*15] visto che solo una simile dialettica potrebbe garantire, in ultima analisi, la costituzione delle categorie della coscienza attraverso la realtà materiale. La teoria della riflessione, pone la natura come dialettica, mentre la materialità della natura dialettica garantisce l'adeguatezza della teoria della riflessione; un ragionamento circolare, questo, che non abolisce la dicotomia soggetto-oggetto, ma al contrario la perpetua. Questa perpetuazione si riflette a sua volta nella concezione destoricizzata del lavoro del marxismo-leninismo, il quale così permette al "lavoro" - come interazione materiale tra uomo e natura nel contesto della teoria della riflessione - di coagularsi in quell'astrazione indeterminata che perviene al suo concetto solo nell'economia capitalistica, rivelando quei «tratti tecnocratici che appariranno poi nel fascismo» (W. Benjamin, "Sul concetto di storia"). Dal punto di vista del concetto ontologico di lavoro, che coincide in ultima analisi con quello dell'economia borghese, la categoria di Marx del lavoro astratto come concetto di mediazione della totalità capitalistica, deve in tal modo rimanere incomprensibile, [*16] dal momento che il marxismo-leninismo vede l'elemento costitutivo nel rapporto tra le determinazioni circolanti del lavoro salariato e del capitale. Il lavoro astratto è quindi determinato ontologicamente ed empiricamente come il valore-sostanza quantificabile delle merci scambiate con equivalenti, e la sua contraddizione interna è intesa come l'opposizione tra valore-sostanza (come unità della base del valore e della misura del valore) da un lato, e del lavoro salariato (come merce determinata dal prezzo e misura esterna del valore) dall'altro; vale a dire come «incompatibilità della produzione sociale e dell'appropriazione capitalistica» (Anti-Dühring). Questa "incompatibilità" sembra perciò basarsi sul distacco della sfera della circolazione dal processo di produzione; un postulato, questo, più specificamente proveniente dalla forma giuridica della proprietà privata, il cui orientamento verso la massimizzazione del profitto impedisce alla sfera di circolazione di diventare il mezzo di scambio del lavoro che nel frattempo è stato socializzato [*17]. Nel tentativo di evitare epistemologicamente la cosa in sé di Kant, il marxismo-leninismo si vede costretto a porre il lavoro come sostanziale, e ciò perché solo attraverso di esso è possibile una mediazione tra coscienza e materia. La cosa in sé ritorna così, materialisticamente girata, dalla porta di servizio, poiché il lavoro come sostanza di valore rappresenta «un lavoro umano eguale» (Marx), che non può apparire come tale direttamente, ma solo sotto forma di denaro. La pianificazione economica, propagata come socialismo sulla base del calcolo del tempo di lavoro, non può quindi abolire l'oggettività sociale, ma solo affermarla come abolita. Ciò è reso chiaro anche dall'idea di proletariato come classe-in-sé: «Il socialismo moderno non è altro che il riflesso del pensiero di questo conflitto reale (tra le forze produttive e il modo di produzione); il suo riflesso ideale nelle menti della classe che ne soffre direttamente, la classe operaia». Tuttavia, secondo le premesse della teoria della riflessione, i proletari empirici devono necessariamente venire meno alle esigenze che vengono loro poste, cosicché «il compito dell'espressione teorica del movimento proletario, del socialismo scientifico» è quello di «rendere la classe chiamata all'azione, che oggi è oppressa, consapevole delle condizioni e della natura della propria azione» (Anti-Dühring). Il socialismo scientifico, e pertanto la coscienza di classe proletaria idealistica, è rappresentato dal partito comunista come un soggetto intelligibile, le cui decisioni l'operaio empirico può comprendere solo post-festum. A questo proposito, il marxismo-leninismo, con la sua teoria dell'"avanguardia del proletariato", si trova a essere epistemologicamente legato all'Io assoluto della filosofia di Johann Gottlieb Fichte, nella quale si rappresenta la fusione del soggetto trascendentale con la cosa-in-sé, insieme all'economia politica e alla volonté générale di Jean Jacques Rousseau, che esige la subordinazione del borghese empirico al citoyen ideale. In URSS, quest'ultimo verrà assorbito nei piani quinquennali, e l'Ego assoluto si chiamerà Stalin.
4.Pertanto, la teoria della riflessione non abolisce la dicotomia tra teoria ed empirismo, anzi, al contrario la esacerba. E poiché riduce l'empirismo solo al mondo esterno sensibilmente percepibile - e quindi si rivolge alla coscienza solo in termini di contenuto, e non in quanto un problema di forma nel senso della cosa-in-sé di Kant - essa è in grado di riprodurla solo al di là della negazione astratta del trascendentale. Così, la necessità di rispondere storicamente ed empiricamente alla domanda circa la possibilità di emettere dei giudizi sintetici a priori, [*18] ci impedisce di comprendere il rapporto di capitale in quanto rapporto sensuale-soprasensibile, e perciò anche di comprendere la dialettica in quanto contraddizione tra cosa e concetto, tra apparenza ed essenza. Il bisogno di immediatezza - riflesso nell'ontologizzazione del lavoro - rivela la tendenza affermativa del marxismo-leninismo, il quale non tenta nemmeno di definire e abolire la società capitalistica nella sua totalità, ma la rappresenta piuttosto, semplicemente, come se fosse un momento al suo interno, definendola come opposta o trascendente. Ma in questo modo, però, non sfugge alla dialettica della società borghese, ritorna a essa nella forma repressa del rapporto contraddittorio tra la classe operaia, che si oppone direttamente alla realtà, e il partito comunista in quanto sua istanza astratta che traduce in teoria questa mera immediatezza della realtà. Dal momento che il marxismo-leninismo non può rinunciare alla non-contraddizione, vista come predicato dell'immediatezza, analogamente l'ideologia borghese in generale non può accettare l'essenza della sua società vedendola come insostanzialità, e come quest'ultima, nei momenti di crisi è costretto a creare l'illusione, con la forza. Mentre per Marx, il metodo di sviluppo delle categorie dell'economia politica costituisce, allo stesso tempo, anche la critica di tali categorie, nelle quali egli rende comprensibile (proprio in quanto mediata) l'apparente immediatezza dell'empirismo, nel suo caso l'empirismo non è né esterno né riducibile alle categorie, e quindi il soprannaturale possiede una struttura materiale; nel marxismo-leninismo, invece, le categorie vengono pensate insieme all'empirico, contrapposte a esso. L'essenza così si riduce all'apparenza, e la critica rimane una metodologia da applicare esternamente alla società borghese. Ed è proprio questo carattere borghese che caratterizza quella che è una critica epistemologica e sociale, a rendere il marxismo-leninismo altamente suscettibile di antisemitismo, visto come ideologia borghese originaria. Infatti, così come il marxismo-leninismo spiega l'astrattezza, la mobilità, l'internazionalità, le potenzialità di sfruttamento, ecc. del capitale, facendolo per mezzo della forma giuridica della proprietà privata nella sfera della circolazione, ossia sostenendo che tale forma giuridica è tanto esterna all'empirismo quanto riducibile ad esso, ecco che l'antisemitismo, attraverso la figura dell'“ebreo”, ottiene così il medesimo risultato con uno sforzo teorico assai minore.
5. Con la teoria dell'imperialismo di Lenin, e con l'idea canonizzata del "capitale finanziario concentrato in poche mani" - il quale copre il mondo con il suo "parassitismo" e con i suoi "costumi americani" - il marxismo-leninismo raggiunge il suo apice. [*19] L'idea di liberare la produzione sociale dall'appropriazione capitalistica, vista come «professione storica del proletariato moderno» (Anti-Dühring) e legata all'ontologia del lavoro, era subito destinata a diventare discutibile, nella misura in cui la classe operaia non solo entrava nella prima guerra mondiale sventolando bandiere, ma si dimostrò subito anche incapace di fermare il fascismo in Europa. Infine, esso divenne obsoleto a partire dall'integrazione del proletariato metropolitano nella società fordista del dopoguerra. E dal momento che lo sviluppo del periodo tra le due guerre aveva già chiarito come l'idea marxista-leninista della rivoluzione, una volta messa sulla difensiva, avrebbe certamente potuto convergere con i modelli di pensiero antisemiti, [*20] ecco che la sua forma di decadenza "maoista" - "la visione del mondo antimperialista" nella forma dell'antisionismo - avrebbe portato alla luce tutta la verità riguardo la potenza antisemita del marxismo-leninismo, proprio a partire dall'«affinità strutturale e all'affinità parziale per il contenuto» (Th. Haury). L'antisionismo - comunemente indicato come unica forma possibile di antisemitismo dopo Auschwitz - deve la sua diffusione al fatto che, a partire dalla seconda guerra mondiale, il marxismo-leninismo aveva designato come il "soggetto rivoluzionario" i movimenti di liberazione anticoloniali negli "stati AAA" (Africa, Asia, America Latina), e in particolare i "popoli arabi", tra i quali era particolarmente evidente «la crescita della coscienza antimperialista». [*21] Questo punto di vista è stato esemplificato da Karam Khella, il quale nel suo saggio sull'imperialismo oggi si riferisce esplicitamente all'analisi di Lenin dell'imperialismo; che secondo lui aveva «prevalso teoricamente, e si era dimostrato valido nella pratica rivoluzionaria». Khella ritiene che il termine "capitale finanziario", che Lenin adottò notoriamente dal teorico dell'SPD Hilferding, era stato «scelto in modo abbastanza appropriato». Lenin voleva «sottolineare l'aspetto del "parassitismo", visto proprio come una caratteristica speciale del capitale finanziario». L'oligarchia finanziaria non produce, ma raccoglie comunque i profitti: «è parassitaria». Il loro dominio non è più basato sull'esportazione di merci - come ai tempi del colonialismo - ma sull'esportazione di capitali. Come risultato del processo di concentrazione, «i portatori personali del capitalismo monopolistico» diventerebbero così «sempre meno, ma, allo stesso tempo, più potenti». Riguardo «l'importanza fondamentale del capitale finanziario ... questa non si limita al quadro nazionale, ma essa lotta per il dominio del mondo». Al centro di questo sforzo ci sono gli Stati Uniti [*22], che, nel contesto della loro lotta contro la "lotta di liberazione antimperialista" [*23], perseguono una «strategia di accerchiamento» contro gli «stati socialisti», che intendeva «minacciarli dall'esterno ... oltre che destabilizzarli dall'interno», e «rendere così più difficile la solidarietà antimperialista mondiale ... ». «Al fine di imporre ed esercitare il proprio controllo militare sulla regione araba, in particolare ricca di petrolio», cosa che a causa della "resistenza antimperialista" rappresenta una «sezione particolarmente sensibile» di quella che è la strategia di accerchiamento degli Stati Uniti, sarebbe stato "creato" Israele, che costituisce «un importante pilastro degli interessi imperialisti in Medio Oriente», poiché ha «come compito principale la sottomissione dei popoli e la soppressione dei movimenti di liberazione». «L'obiettivo del sionismo» è «l'annientamento totale dell'OLP». Il fatto che «l'imperialismo statunitense», «con l'esportazione di capitali» esporti anche il fascismo, i cui «effetti collaterali ... sono lo sterminio di massa e il genocidio», per Khella verrebbe esemplificato dallo "studio" di Israele, cui egli dedica anche la sua «tesi sul nuovo fascismo», la quale tesi dev'essere derivata dalla teoria dell'imperialismo:
«Il fascismo israeliano, "democraticamente" legittimato, deve la sua "genesi" allo sfondo di una crisi generale del capitale transnazionale, che Israele ha "creato" per dividere le regioni al fine di contrastare le lotte di classe a livello nazionale e sovranazionale (,)... nel mondo arabo e nelle regioni limitrofe.» Se a questa affermazione viene contrapposto l'argomento secondo cui Israele è una democrazia parlamentare con un sistema multipartitico, si ribatte che questa obiezione è puramente formale, poiché essa «guarda ai partiti sionisti strutturalmente in modo superficiale (?) e non li analizza ulteriormente. I partiti sionisti; e con l'eccezione di Rakah [*24] in Israele esistono solo partiti sionisti, e su questo punto sono assolutamente d'accordo. Continuano ad avere interessi oggettivi assolutamente identici: la conservazione della società degli insediamenti e schiacciare la resistenza antisionista e antimperialista dei palestinesi e degli altri popoli arabi. In Israele, un movimento fascista (diverso) difficilmente avrebbe un programma diverso da quello dei partiti fascisti esistenti. … Se confrontiamo le politiche dei due blocchi (Likud e Mirach; R.B.), non troviamo quasi nessuna differenza di principio. Nel terrore, nell'espulsione, nell'aggressione e nell'omicidio di massa si superano a vicenda. … Dal momento che Israele non ha uno (!) Stato, ma ha una selezione (!) di coloni che sono venuti in Israele da tutto il mondo, questi coloni non porteranno mai (!) un atteggiamento democratico al potere, ma solo quei partiti che rappresentano i loro interessi coloniali. Ecco perché il fascismo israeliano può permettersi il lusso delle elezioni». «Dopotutto, "il fascismo ... un'ideologia a sé stante". L'ideologia del fascismo israeliano è il sionismo: "Il sionismo è anche un primo esempio di ideologia fascista. … Il fascismo promette la realizzazione di obiettivi nazionalisti. Solo esso è chiamato e capace di realizzarlo. Attraverso di esso, il "popolo" assurge a un potere invincibile. Questi sono gli elementi del sionismo politico. Nel fascismo, le idee di "popolo" e di "natura" non sono intese in modo umanistico, ma in modo razzista. Pertanto, giustificano l'oppressione di altri popoli. Questa caratteristica è un elemento fondamentale dell'ideologia sionista. Caratteristica del fascismo è l'aggressione e l'espansione. Il sionismo fornisce i prerequisiti teorici per questo: a) Israele non è definito da confini definiti. Per fare questo, invoca il principio di Eretz Israel ("La Terra di Israele"), che gli conferisce un'espansione illimitata (!) Espansione consentita. b) Israele non ha una propria costituzione e quindi ha bisogno dei diritti fondamentali secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite... per essere riconosciuto. … Israele non si sente vincolato da alcuna legge quando conquista territori stranieri, li trasforma in rovine, commette genocidio, rapimento di bambini e altri crimini contro l'umanità». La conclusione della "analisi" di Khella: "Lo Stato israeliano è fascista con tutta coerenza". Gli ebrei sarebbero i nazisti dei nostri giorni: è questo è il risultato impressionante di uno "studio" dell'interpretazione umanistica del "popolo" e della "natura" svolto dal marxismo-leninismo contemporaneo. Tuttavia, Khella non dovrebbe essere liquidato come un caso estremo isolato. In tali affermazioni, si rivela solo ciò che è epistemologicamente, analiticamente e capitalisticamente inerente a quel "materialismo" abbreviato che caratterizza il marxismo-leninismo nel suo insieme e che risale a Friedrich Engels e a una corrispondente lettura della teoria di Marx, che viene fissata "ontologicamente" in termini di lavoro.
- Robert Bösch - Pubblicato su Krisis. Kritik der Warengesllschaft il 31/12/1995
NOTE:
1 La presentazione di Haury era essenzialmente identica al suo contributo "Sulla logica dell'antisionismo della Germania occidentale", contenuto nel libro "Vom Antizionismus zum Antisemitismus" di Léon Poliakov, pubblicato da ça ira Verlag (Friburgo/Brsg.).
2 A differenza di Adorno, tuttavia - che vede questo imperativo come «recalcitrante alla sua giustificazione quanto lo è il fatto del kantiano" (Dialettica negativa), cioè in definitiva come un "dovere astratto" - la possibilità del suo fondamento mi sembra essere inerente alla struttura contraddittoria della stessa relazione di capitale.
3 Il marxismo-leninismo non ha mai compreso la distinzione epistemologica di Marx tra essenza e apparenza, motivo per cui, come ogni altra forma di coscienza borghese, non è mai andato oltre una visione dicotomica della realtà capitalistica, la cui radicalizzazione come praticamente "ideologica" (nazista o marxista che sia) costituisce il manicheismo, indispensabile all'antisemitismo.
4 Nel "revisionismo" questa situazione riceve solo la sua adeguata espressione politica, motivo per cui il marxismo-leninismo ha fatto poco per contrastare la scissione nel movimento operaio, a parte le impotenti accuse di tradimento rivolte ai socialdemocratici.
5 Nella teoria leninista, ciò è legato al concetto di "aristocrazia operaia". Più interessanti per il "marxismo occidentale" sono le considerazioni del teorico francese Georges Sorel, oscillante tra fascismo e socialismo, che vedeva già sorgere negli anni '90 la "crisi del marxismo", con la "borghesizzazione" del proletariato. Questa "borghesizzazione" gli sembrava il risultato di una strategia della borghesia che, attraverso il suo dominio sulla scuola e sui mezzi di comunicazione, educava sistematicamente il proletariato alla sua coscienza di classe quasi naturale, un'idea che venne poi ripresa soprattutto da Gramsci.
6 Fino a quando, in un crollo del mercato azionario e nella conseguente svalutazione del "capitale fittizio" (Marx), l'apparente dissociazione del capitale fruttifero dalla sfera della produzione si rivela una possibilità solo temporanea.
7 È chiaro che una tale teoria può, in ultima analisi, riuscire solo a spiegare il perché alcuni capitalisti riescano a prevenire la loro privazione di potere da parte della stragrande maggioranza della popolazione - e quindi l'abolizione del capitalismo già "marcio" - per mezzo della manipolazione e dei costrutti della teoria della cospirazione.
8 Queste riduzioni sono dovute non tanto all'incompetenza soggettiva del teorico Lenin, quanto allo stato ancora non sviluppato dei rapporti sociali stessi.
9 Ciò riflette la costituzione del valore di scambio (più specificamente: il denaro come sua forma di apparenza): storicamente e geneticamente ciò deriva dalla sfera della circolazione, ma logicamente dalla sfera della produzione.
10 Questa idea ristretta di circolazione che parla di "anarchia del mercato" coincide con l'esistenza di piccoli produttori di merci frammentati e in libera concorrenza; vale a dire, il concetto di "libera concorrenza" sviluppato da Marx si identifica con una fase storico-reale del capitalismo, ormai passata, che è stata ora superata nell'imperialismo dal dominio di pochi monopoli.
11 Cfr. la seguente digressione.
12 Per l'antisemitismo vale quanto segue: "Io determino chi è ebreo" (Karl Lueger). Esempi più recenti di ciò includono il fatto che dopo la caduta del muro di Berlino, la tomba di Brecht è stata profanata con graffiti antisemiti, e che nella Russia di oggi gran parte della popolazione considera Hitler un ebreo tanto quanto l'antisemita "Pamyat" considera ebreo l'antisemita Zhirinovsky.
13 Moishe Postone ha sottolineato l'identificazione del concetto di valore con "l'ebreo" nel pensiero nazista. L'"ebreo" diventa il rappresentante del valore: questa è un'astrazione, ma un'astrazione reale: nella sua forma sviluppata come relazione capitale, in cui abbraccia prima la società come la totalità dei suoi momenti, non ha alcuna percettibilità empirica, ma tuttavia sussume se stesso nella realtà concreta; all'"eterno ebreo": "eterno", perché il capitale appare come un movimento immobile, come una de-storicizzazione del tempo, come un lavoro morto, un'eterna necessità della natura, e questo perché il risultato del suo movimento è sempre e solo la riproduzione dell'identico, del valore. Poiché "l'ebreo" è un'astrazione, ma che si suppone sia personalizzata nell'ebreo concreto, l'antisemita deve riuscire a disumanizzare gli individui fino allo stereotipo che promette di corrispondere all'astrazione dell'"ebreo". L'antisemitismo, quindi, (in conformità con la sua tendenza a non concepire l'essenza e l'apparenza come mediate, ma a permettere che coincidano direttamente), richiede costantemente la prova empirica della correttezza delle sue affermazioni sull'"essenza" dell'"ebreo", che in tempi "tranquilli" appare "solo" come un delirante disordine percettivo ai "margini" della società, che prende come prova ogni prova contraria. Nel momento della crisi, tuttavia, questo si rivela un tratto costitutivo del "centro" della società e si radicalizza in modo tale che ora vuole affermare le proprie astrazioni direttamente nella realtà, il che, come già Hegel sapeva, significa la loro distruzione.
14 Credo che sia già stato indicato qui che le idee epistemologiche di Lenin nei Quaderni filosofici (come nella visione della Scienza della logica di Hegel qui citata) corrispondono abbastanza bene a quelle del materialismo e dell'empiriocriticismo, e che la distinzione popolare tra i quaderni "dialettici" e il libro del materialismo empirista è quindi estremamente discutibile. Bisognerebbe anche dimostrare che l'idealismo assoluto di Hegel è solo l'altra faccia dell'oggettivismo di Lenin, perché proprio come in Hegel l'assoluto, che esiste come processo storico mondiale, alla fine ritorna alla natura come suo inizio, riappare nella teoria della riflessione di Lenin come un "processo senza soggetto" (Althusser).
15 Cfr. l'analogia di Engels con l'esempio della "negazione della negazione" del chicco d'orzo: la trasformazione naturale del chicco d'orzo in pianta appare analoga alla trasformazione dell'orzo in birra mediata dalla pratica umana.
16 Il concetto ontologico di lavoro del marxismo-leninismo è, tuttavia, inerente a Marx stesso, poiché egli esprime anche una comprensione del lavoro astratto che lo fa apparire come una categoria genuinamente atemporale; per esempio, quando parla nei Grundrisse dell'idea di "lavoro" come "lavoro in generale" che è antica. A ciò si dovrebbero contrapporre le concezioni del "capitolo feticcio" del primo volume del Capitale, in cui il lavoro astratto è definito come un'astrazione reale come risultato dell'organizzazione privata della produzione degli individui isolati, cioè come un prodotto del capitalismo stesso, che il capitalismo riproduce e amplia costantemente nel suo dispiegarsi, e che allo stesso tempo rappresenta il suo limite storico. La categoria del lavoro astratto è quindi legata a una concezione del tempo lineare e alla conseguente dissoluzione dell'unità di produzione e riproduzione, così come ha prevalso nella sostituzione del feudalesimo e del tempo ciclico che lo ha plasmato con il capitalismo.
17 Secondo Engels, questa contraddizione diventa evidente nelle crisi economiche: «Il modo di produzione si ribella al modo di scambio»; la soluzione non può consistere che «cioè che il modo di produzione, di appropriazione e di scambio sia armonizzato con il carattere sociale dei mezzi di produzione", cioè che "le leggi della loro attività sociale, che finora li hanno contrapposti come leggi estranee della natura che li governano... sarebbe poi applicato da uomini con piena conoscenza della materia e quindi dominato» (Anti-Dühring). Proprio come Engels costruisce una produzione di merci semplici pre-capitalista, in cui «la determinazione del valore in base al tempo di lavoro... appariva visibile sulla superficie dello scambio di merci», ponendo così la legge del valore nello scambio pre-monetario di merci come verificabile, e vedendo questa trasparenza distrutta solo dal «passaggio alla moneta-metallo», poiché ora «attraverso l'abitudine di calcolare la moneta» «la coscienza della proprietà di misurare il valore del lavoro... oscurato» (MEW 25), postula per la società socialista che le persone in essa potrebbero di nuovo "calcolare" esattamente "quante ore di lavoro in una macchina a vapore, un ettolitro di grano..., in cento metri quadrati di stoffa... bastone. … Tuttavia, anche in questo caso la società dovrà sapere quanto lavoro richiede ogni merce per produrla. … Gli effetti utili dei vari articoli d'uso, pesati l'uno contro l'altro e in relazione alla quantità di lavoro necessaria per la loro produzione, determineranno infine il piano. Gli uomini fanno tutto molto semplicemente, senza l'intervento del famoso "valore" (Anti-Dühring). Ma a parte il fatto che questa idea di un calcolo sociale del tempo di lavoro sulla base del tempo di lavoro diretto conduce in ultima analisi esattamente a quelle aporie che Marx ha mostrato nella miseria della filosofia nella teoria di Proudhon (che non era solo un socialista utopista, ma anche un ardente antisemita). Il brusco passaggio dalla produzione di merci semplice a quella capitalistica, in cui il "mercante avventuriero" appare come "l'elemento rivoluzionario", poiché con lui "il denaro ... viene dall'estero" (MEW 25), si avvicina pericolosamente alle teorie del "sistema monetario semitico", in cui la moneta ha origine "al tempo dei babilonesi, degli ebrei, dei greci e dei romani", come spiega il "libero economista" Silvio Gesell, che si colloca nell'orbita della teoria di Proudhon. Nel suo libro Natural Economic Order, "la parola ebreo appare a malapena ... su. Parla più elegantemente dello "Zinsnehmer" (V. Woelk, Natur und Mythos, DISS-Texte n. 21). Il trattato di Marx Sulla questione ebraica ("Che cos'è il culto secolare dell'ebreo? Il mercanteggiatore. Qual è il suo dio mondano? Il denaro"), si può osservare che l'antisemitismo come ideologia pseudo-rivoluzionaria minaccia nella misura in cui la critica sociale si concentra sulla sfera della circolazione.
18 Proprio perché il marxismo-leninismo pone la separazione tra soggetto e oggetto (vulgo: spirito e materia) come ontologica allo stesso modo dell'idealismo filosofico, cioè lascia irrisolta o addirittura ignorata la questione della costituzione sociale di queste categorie, deve, come quest'ultimo, vedere il problema da risolvere nel rapporto tra le categorie, o in quale dei due poli ha la precedenza. Come "materialismo", il marxismo-leninismo afferma logicamente il primato del mondo esterno sulla coscienza, il che, tuttavia, come è stato dimostrato, lo immerge in un dilemma argomentativo comparabilmente circolare, come già appare in Kant, il quale deve affermare la capacità di conoscenza (l'"a priori trascendentale") della conoscenza come un prerequisito, ma sopporta questa contraddizione come una contraddizione per lui insolubile e non si dissolve in un empirismo piatto come il marxismo-leninismo. Uno dei suoi "meriti" è, tra l'altro, quello di aver completamente nascosto la questione della costituzione del soggetto borghese e delle sue (non) forme di coscienza.
19 Engels aveva già sottolineato "che la borsa promette di diventare il rappresentante più importante della produzione capitalistica, la quale, nel suo ulteriore sviluppo, ha la tendenza a concentrare tutta la produzione, industriale e agricola, e tutto il traffico, i mezzi di comunicazione e la funzione di scambio, nelle mani dei commercianti di borsa" (MEW 25).), in modo che "il capitalista non abbia più alcuna attività sociale se non quella di riscuotere le entrate, tagliare le cedole e giocare in borsa" (Anti-Dühring).
20 Si veda, ad esempio, l'affermazione di Ruth Fischer, membro del Comitato Centrale del KPD, nel suo discorso di Berlino nel 1923: "Chiunque chiami contro il capitale ebraico ... è già un combattente di classe, anche se non lo sa ... Calpestate i capitalisti ebrei, appendeteli alla lanterna, calpestateli!" (citato da Eva Groepler, "Calpestare i capitalisti ebrei", Konkret 1/91)
21 Queste e tutte le seguenti citazioni da: Karam Khella, "Sempre, ovunque, con tutte le armi. L'imperialismo oggi", Theorie und Praxis Verlag, Amburgo 1987. Come è evidente, l'opera risale a un periodo precedente il crollo del cosiddetto socialismo reale, ma questo evento non ha in alcun modo portato a una revisione fondamentale della visione antimperialista, ma piuttosto ha rafforzato la sua inclinazione alla teoria della cospirazione ("L'imperialismo oggi" e "Il potere dei cento", tra l'altro, erano titoli di libri di testo della DDR sul "capitalismo monopolistico di stato").
22 Poiché la costituzione della società borghese negli Stati Uniti è avvenuta in una forma atipicamente "pura" a causa delle condizioni storiche, ha sempre funzionato come una sorta di specchio ardente di tutti i risentimenti anticapitalisti. (Cfr. recentemente: Dan Diner, Verkehrte Welten, Eichborn-Verlag)
23 La fraseologia rivoluzionaria di Khella è così marxista ortodossa che è quasi commovente: «Nel complesso, la sfera di influenza dell'imperialismo sta diminuendo. Gli stati socialisti, le democrazie popolari e le aree liberate stanno emergendo sempre di più (!) e stanno diventando più forti (!!). … I rapporti di produzione nelle condizioni del capitalismo monopolistico avanzato si riflettono nell'analisi sociale (!) in modo tale che una classe capitalista monopolistica sottilissima è contrastata dalle masse prive di proprietà. … Il capitalismo monopolistico di Stato è il precursore immediato del socialismo. Il capitale finanziario, poiché è parassitario, provoca la putrefazione del capitalismo. Ecco perché il capitalismo monopolistico sta morendo. … Gli imperialisti sono poveri. Nei loro centri di origine, si confrontano con la crescente resistenza (!) del movimento operaio. Nelle sfere di sfruttamento dei tre continenti, i movimenti di liberazione stanno scatenando l'inferno per loro. I paesi AAA sono diventati le reti della tempesta della rivoluzione mondiale (!)»
24 La rakah è il Partito Comunista d'Israele. A parte il fatto che Khella lascia aperta la questione fino a che punto Rakah sia comunista, a suo avviso ha comunque solo una "funzione alibi", dal momento che "una società di coloni non porterà mai un partito comunista al potere. Da questo punto di vista, lo permette, ma non lo elegge". Per cui saremmo arrivati alla profonda consapevolezza che i partiti, come le elezioni, sarebbero stati aboliti se avessero dovuto cambiare qualcosa.
fonte: https://www.krisis.org/1995/unheimliche-verwandtschaft/?utm_source=pocket_shared
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