È stato il primo giorno d'estate, non troppo caldo e non troppo freddo, a consentire una passeggiata. Una lunga camminata fino in piazza indipendenza a dare un'occhiata al mercatino della domenica; quello che uno volta aveva luogo intorno al lago dei cigni nella vicina e oramai quasi irraggiungibile fortezza da basso. Come dire, le cose cambiano! Quella che invece a quanto pare non è cambiata è la vecchia casa dello studente, che vedete nella foto, ed è rimasta aperta e funzionante, come lo era quando mi accolse alla fine di ottobre del 1970. Avrebbe chiuso, per restauri, l'anno successivo, raccontavano senza convincerci però, così quell'anno chi arrivava prima si beccava il posto in una stanza di quel covo di matti.
Così, mi è tornato in mente oggi che è stato lì che io e Firenze abbiamo cominciato a conoscerci, senza mai tuttavia esserci del tutto piaciuti, e in modo che così, poi, alla fine, però ci siamo capiti. È stato qui, in quel palazzo, che ho avuto il mio primo "battesimo di fuoco" [del secondo,avvenuto poche settimane dopo, quello che subimmo dal servizio d’ordine della Galileo, in cui i “fascisti” saremmo stati noi che avevamo occupato la loro Regione per reclamare il nostro Presalario, ve ne parlerò, forse, un altra volta], con i fascisti che ci assaltavano, innervositi dal fatto che da quella stanza all'ultimo piano (quella cerchiata di rosso) c'era un giradischi i cui altoparlanti diffondevano le canzoni di alcuni "dischi del sole” (Do you remember them?) che mi ero portato da Siracusa.
I fascisti, erano arrivati da tutta la Toscana - che allora, a Firenze, non c'è ne sono mai stati abbastanza per le loro "prodezze" - ma la cosa fini con qualche mobile lanciato sulle loro teste senza che riuscissero, per loro fortuna, nemmeno a entrare, e con la nostra occupazione della casa stessa (per protesta!!) della quale alcuni maligni insinuarono che sarebbe stata solo una scusa per scolarsi le prestigiose bottiglie custodite nella cantina del direttore. Un'altra conseguenza di rilievo, fu quella che un inquilino della Casa venne identificato, e il suo nome finì sui giornali, per aver raccomandato di porgere i suoi saluti alla signora del maresciallo che guidava il reparto che avrebbe dovuto difenderci dai fascisti. Fatto sta che ho dovuto passare anni - nei vari incontri di movimento a livello nazionale - a smentire che Bruno Accarino fosse un fascista fiorentino, per restituirlo a quel suo ruolo di filosofo marxista in erba, che era allora: insomma era successo che, sfogliando i giornali, con faciloneria, la commissione antifascista di L.C. lo aveva aggiunto nell'elenco nazionale di fascisti che poi veniva trasmesso nelle loro sedi, e altrove.
Già, come dicevo, oggi è stata giornata di ricordi! Come quelli che mi hanno fatto sorridere, fotografando su una bancarella quelle giacche western con le frange che così tanto piacevano al mio amico Giorgio Olmoti, nel momento in cui subito dopo averle viste ho realizzato che non avrei più potuto regalargliene una! Oppure, com’è successo poco dopo, più tardi, mentre me ne stavo seduto a bere un birra in un bar in Piazza dei Ciompi, quando non sono riuscito a impedirmi di alzare lo sguardo al balcone di quella che per troppo poco è stata l'ultima casa di Marco Furio Susini; mentre mi dicevo che no, che non è giusto. Era riuscito solo a cominciare appena solo a farsi arrivare le librerie per sistemare i suoi tanti libri. No, non riusciremo mai a farla quella festa che ti avevo proposto di fare, e che una volta tanto non ti era sembrata una cattiva idea. E così ora non so più a chi dirlo, ma non è giusto!
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