venerdì 6 settembre 2024

Genealogie…

Boomer, s.m. e f. Chi agisce e pensa in modi che le nuove generazioni ritengono superati, ridicoli. Originariamente, chi è nato durante il “baby boom” demografico del dopoguerra. In Italia un vero baby boom non c’è stato, ma in compenso i boomer ce li abbiamo eccome.

Il 4 novembre 2019, durante una seduta a tema ambiente del parlamento neozelandese, una deputata di venticinque anni zittisce un collega più anziano con due semplici e all’epoca oscure parole: «Ok, boomer». Inizia così la fortuna di un’etichetta che sembra saldare i fronti di uno scontro generazionale: da una parte, i “figli del boom”, che hanno surfato sull’esplosione economica e occupato militarmente tutti i posti di potere; dall’altra, le generazioni nate all’ombra della crisi del nuovo millennio, consapevoli del disastro economico-ambientale e desiderosi di ottenere sui boomer la propria rabbiosa rivalsa – o forse vendetta. Matteo Bordone ricostruisce la storia di questa faida antica come le commedie di Plauto, che nell’era dell’identità sembra aver trovato una nuova, animosa e un po’ stolida forza di contrapposizione. Ma questa contrapposizione è vera, in questi termini puramente anagrafici? E soprattutto: ci è utile, al di là degli sfoghi a mezzo social? Anche perché, proprio quando tutto sembra rigido, le acque si mescolano di nuovo: quanti tra i nati negli anni sessanta, settanta ma persino ottanta si accusano quotidianamente a vicenda di “fare il boomer”? Quanti mettono le mani avanti a suon di “dirò una cosa un po’ da boomer, ma…”? Insomma, più L’invenzione del boomer resta un enigma, che cambia forma e funzione di continuo, più diventa importante capire perché abbiamo deciso di affidare a questa parolina un pezzo del nostro modo di vederci e raccontarci nel mondo.

  (dal risvolto di copertina di: Matteo Bordone, "L'invenzione del boomer", Utet, pp.144, € 14)

Ok boomer, vediamo se riesci a capire perché hanno iniziato a chiamarti così
- di Massimiliano Panarari -

«Ok, boomer!». Quante volte è capitato a chi ha una certa età ­ di sentirsi apostrofato in tale maniera, oppure di ascoltare  questa formula linguistica divenuta di moda.Un'espressione giovanile entrata di prepotenza nelle conversazioni quotidiane per indicare (e prendere per i fondelli) un modo di pensare ritenuto vetusto e superato dai Millennials e dalla Gen X. Con una viralità travolgente, tipica delle parole che circolano come virus per ritornare a Il gene egoista, il seminale saggio del 1976 in cui Richard Dawkins coniava anche la nozione di meme, come ricorda in questo libro brillante il giornalista e autore  radiotelevisivo Matteo Bordone. Per ricostruire la genealogia della parola "boomer", bisogna tuffarsi negli abissi della rete, dentro quelle bacheche di testo e immagini (textboard e imageboard) bazzicate innanzitutto da giovani nerd e geek e sorte a fine anni Novanta in Giappone per poi diffondersi nel resto del Villaggio globale sull'onda di certi immaginari di nicchia della cultura pop. Fino agli ultimi anni  quando queste bacheche sono diventate il terreno di coltura, tra le varie subculture che le popolano, anche di tutto quel sottobosco che ha fornito alcune delle munizioni "creative" all'alt­right complottista e suprematista, perché qui non ci sono moderatori e amministratori, ma si tratta di comunità deliberatamente "acefale". Spazi di iconoclastia per le frange più radicali (e adolescenziali) del web, che si proclamano orgogliosamente ispirate dal solo imperativo della "libertà d'espressione", le bacheche rappresentano le fabbriche di molto di quanto ­ una volta depurato e reso più presentabile circola quotidianamente sulle piattaforme social. Ma le radici affondano spesso, giustappunto, in questi circoli di nerd estremisti che si superano in esagerazioni e nell'escalation di toni politicamente scorretti(ssimi), facendo impallidire le raccolte degli "inferi" delle grandi biblioteche nazionali dove si conservano i libri proibiti del passato.

Risalendo, grosso modo a metà strada tra "le fosse delle Marianne" prima evocate e la superficie potabile della rete a cui tutti  accedono, si trova Reddit, forum di discussione con moderazione e regole di ingaggio precise, e decimo sito del mondo per traffico e contatti. Ed è proprio qui che la parola boomer fa la sua comparsa in un paio di occasioni "certificate" ­ anche se è possibile che si fosse vista per la prima volta nel settembre del 2015 su 4chan. Su Reddit, comunque, sbarca nell'ottobre 2017  durante una discussione che verteva su diritti e politica, nel corso della quale un partecipante si rivolge a un altro appellandolo in questo modo per sottolineare quanto la sua posizione risultasse antiquata: «Ok boomer and Aarp» (il secondo è l'acronimo della maggiore associazione di pensionati Usa). Nell'aprile 2018, inoltre, il conduttore radio di destra Charlie Kirk scatena una polemica contro quello che etichetta come "razzismo di sinistra" ricevendo tra le varie risposte anche la seguente: «yea ok boomer». Il boom scatta a inizio 2019 quando la parola viene messa in bocca a Doge, il meme di un cane giapponese assai noto in rete­ tanto che esiste pure una criptovaluta a lui consacrata, il Dogecoin ­, contraddistinto da un'espressione a metà tra lo stupefatto e l'infastidito, che sembra una traduzione iconografica del concetto giovanile di cringe. La scintilla dell'innesco è partita, e da quel momento ­ anche in virtù di svariati altri testimonial (virtuali o in carne e ossa) ­ i social si riempiono della formula variamente declinata. E, ancora, il 4 novembre 2019, nel Parlamento della Nuova Zelanda, la deputata verde venticinquenne Chlöe Swarbrick viene interrotta da un avversario politico mentre sta parlando di riscaldamento globale: lei gli replica allora «Ok, boomer», ma il servizio di trascrizioni non comprende e sottotitola «Ok, Burma», ossia «Ok, Birmania», mettendo quindi in scena un qui pro quo di tipo letteralmente generazionale.

La parola è finita ad alimentare l'arsenale del wokismo più intransigente, accomunata ad altre categorie ­ come capitalismo, patriarcato, oppressione intersezionale da spazzare via. E, al medesimo tempo, sollevando anche "diversi interrogativi tassonomici", che rimangono irrisolti, ha partorito nel linguaggio di tutti i giorni una sequenza di spin off e figli più o meno legittimi: da "boomerata" a "boomerismo", da boomer fiction (il romanzo boomer) a Boomerissima nel contesto italiano (titolo di un programma su Rai2). E, allora, come nota Bordone, si è generato qualcosa che mostra l'effettiva esistenza di un'intelligenza collettiva dell'opinione pubblica, questa sì intergenerazionale. Perché la parola boomer, nei desideri bellicosi di qualcuno, rappresentava un oggetto contundente per alimentare ulteriormente il conflitto tra generazioni, inserendosi tra i tanti «dibattiti tarlati da un'ossessione terminologica e normativa asfissiante». E, invece, la (buona) pratica è riuscita a stemperarla, a rendere il tutto meno virulento e a segnalare una differenza di posizioni e visioni all'insegna di un tratto ironico e pacifico anziché rabbioso e neoinquisitoriale.

- Massimilano Panerari - Pubblicato su TuttoLibri del 6/1/2024 -

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