Siamo zombie
- di Tomasz Konicz -
(Pubblicato nell’agosto 2017 in occasione della morte di George Andrew Romero)
Quasi 400 milioni di dollari USA: ecco quanto si dice abbia divorato la produzione e la commercializzazione dello spettacolo di zombie "World War Z". Se Hollywood investe una somma così generosa nello sfruttamento di un fenomeno culturale - che per decenni è stato marginale per decenni - allora è segno che esso dev'essere ormai arrivato nel mainstream dell'industria culturale occidentale. Soprattutto se si pensa che questo enorme investimento sembra abbia cominciato a dare i suoi frutti solo alla fine. Gli zombie sono ovunque. una vera e propria marea di prodotti culturali dei non morti si sta riversando su di noi, con dozzine di film e videogiochi infestati da zombie pubblicati ogni anno. La produzione annua di beni culturali corrispondenti al soggetto zombie, da tempo continua a raggiungere sempre nuovi massimi, persino superiori a quelli della prima grande ondata di zombie degli anni Settanta e Ottanta, quando George A. Romero, con i suoi classici La notte dei morti viventi (1968) e L'alba dei morti viventi (1978) diede ai non morti una prima spinta di popolarità. Se guardiamo l'elenco dei film di zombie prodotti in tutto il mondo, che si può consultare su Wikipedia, tra il 2010 e il 2012 sono stati prodotti in media 35 film all'anno dove i non morti svolgono un ruolo, secondario o principale. Inoltre, ci sono numerosi giochi per computer in cui i morti viventi devono essere fatti a pezzi in maniera più o meno efficace. Negli anni Settanta e Ottanta, invece, la produzione dell'industria zombie non aveva mai superato la soglia dei 12 film all'anno. Non solo c'è una rapida proliferazione di zombie nella cultura di massa, ma anche le caratteristiche dei non morti sono via via soggette a enormi cambiamenti. Da un lato, c'è una crescente tendenza a razionalizzare lo scenario dell'apocalisse zombie, attribuendolo ad esempio alla diffusione di un virus pericoloso, o a esperimenti militari fuori controllo (World War Z, 28 giorni dopo). Lo zombie di oggi, quello dell'inizio del 21° secolo, che vuole stare al passo con i tempi, difficilmente può permettersi la lentezza che i suoi lontani parenti hanno mostrato nella seconda metà del 20° secolo. A partire dal film britannico sugli zombie, 28 giorni dopo (2002), e dall'efficace e superficiale remake di Zack Snyder di "The Dawn of the Dead" del 2004, i non morti diventano sempre più veloci, più agili, e anche molto più aggressivi, anche come singoli esemplari. Romero, del resto, invece si affidava completamente all'effetto di massa: i suoi non morti sviluppano la loro pericolosità, solo in quanto si muovono grandi gruppi. Anziché trascinarsi tranquillamente, gli zombie del 21° secolo corrono per catturare le loro vittime non appena le localizzano. La fortunata serie di videogiochi "Left 4 Dead" costruisce tutto il suo gameplay proprio su questo elemento dei non morti che attaccano costantemente, e la cui esistenza illusoria tra la vita e la morte diventa probabilmente attribuibile a un consumo eccessivo di stimolanti. Naturalmente, questa iperattività dei non morti è stata portata all'estremo con "World War Z", dove gli zombie si trasformano in una sorta di diluvio umano che avanza rapidamente e divora tutto. Ci vogliono circa dodici secondi perché la vittima morsa da uno zombie si trasformi in un nuovo rappresentante di questa specie che si sta espandendo alla velocità di un incendio boschivo: questa è efficienza. "World War Z" illustra anche quali sono i compromessi che lo zombie ha dovuto fare nel corso della sua carriera culturale-industriale. Questo film di zombie, compatibile con il mainstream, deve fare quasi completamente a meno degli effetti splatter, in modo da raggiungere così il pubblico più ampio possibile. Tuttavia, questo genere cinematografico rimane tradizionalmente sede dell'uso eccessivo di scene splatter e gore, in cui i brandelli (umani) volano letteralmente. Hollywood ha creato un film d'intrattenimento sterile, quasi adatto alle famiglie, che è stato derubato di una forma di rappresentazione essenziale, e allo stesso tempo controversa e sovversiva. Gli "infetti" in "World War Z" non sembravano più mettere in pratica ciò che gli zombie avevano sempre fatto: divorare letteralmente, davanti agli occhi dello spettatore scioccato, tutto ciò che era rimasto(ancora) vivo. Tuttavia, la rottura decisiva con le tradizioni (sovversive) operata da questo genere cinematografico, realizzata con "World War Z", avviene a livello di contenuto. Da "La notte dei morti viventi", i gruppi di sopravvissuti esposti all'apocalisse zombie hanno cominciato a essere crivellati di conflitti e contraddizioni, la maggior parte dei quali si intensifica in parallelo agli attacchi zombie. Non è però più il caso dell'adattamento cinematografico di "World War Z", per quanto il libro di Max Brooks, in particolare, critichi esplicitamente quelle che negli Stati Uniti sono le tendenze allo stato di polizia. Il libro, pubblicato nel 2006, è strutturato come una serie di testimonianze oculari apparentemente reali, in cui vengono descritti non solo gli attacchi zombie, ma anche gli attacchi arbitrari e brutali degli organi statali contro i passanti innocenti. Questa immaginaria "storia orale" della guerra degli zombie, si può leggere in parte come un commento sarcastico a quelli che sono stati gli scandalosi eccessi dello stato di polizia nell'affrontare il disastro dell'alluvione a New Orleans. Nell'adattamento cinematografico, questo livello sovversivo è stato completamente cancellato, e nel film l'apparato di sicurezza fa uno sforzo di sacrificio per garantire la sicurezza. Inoltre, bisogna anche identificarsi con la tipica famiglia nucleare idilliaca - il proverbiale nucleo della società - la cui coesione era ovviamente drammaturgicamente assai più importante, per i registi, rispetto agli attacchi atomici che interrompono le fastidiosamente stereotipate conversazioni telefoniche tra Pitt e la moglie. Così facendo, "World War Z" depriva il film di zombie della sua dimensione sovversiva e critica. Gli zombie sono trasformati nell'Altro, lo straniero per eccellenza, che si nasconde al di fuori della società apparentemente non contraddittoria, e dell'idillio familiare – e pertanto incarna una loro minaccia proveniente da forze esterne che devono essere scoraggiate per mezzo di muri (israeliani, statunitensi, europei) e attraverso le fortificazioni del confine. Questa esternazione dello zombie, reso così una minaccia esterna, costituisce la rottura fondamentale e reazionaria che il film commette contro il genere cinematografico. Ciò perché, ovviamente, gli scontri tra i sopravvissuti, nel classico film di zombie, puntano solo al fatto che i non morti incarnano qualcosa che dorme profondamente nella nostra società – qualcosa che attualmente rimane in uno stato di latenza, ma che potrebbe anche diventare manifesto.
Gli Zombie siamo noi!
I conflitti nel gruppo sono l'espressione di una società carica di conflitti. Ed è l'escalation di questi conflitti che trasforma i sopravvissuti nei mostri che in realtà si nascondono al di fuori del gruppo sotto forma di zombie. Che si tratti della giusta strategia di difesa ne "La notte dei morti viventi", dell'imminente stupro di una minorenne da parte dei soldati in "28 giorni dopo", o dei combattimenti con bande di predoni in "Dawn of the Dead": l'escalation di conflitti all'interno dei sopravvissuti, porta sempre a far sì che gli zombie possano essere in grado di sfondare le loro difese. Nel gioco d'avventura "Telltale" - basato sulla popolare serie TV sugli zombie The Walking Dead - questi conflitti tra i "Sopravvissuti" vengono sviluppati in modo da diventare un elemento centrale del gioco: il giocatore deve schierarsi riguardo quelle che sono le continue liti tra i membri del gruppo, in cui a essere in gioco sono spesso delle vite umane. «Dove sono i veri mostri, qua dentro o là fuori?»; è questa la domanda che si pone uno dei sopravvissuti allorché i membri del gruppo trincerato in un negozio di alimentari vogliono liberarsi di un bambino consegnandolo agli zombie perché credono che sia stato morso. «Loro siamo noi!», dice uno dei protagonisti di "Dawn of the Dead" di Romero, riferendosi a tutti gli zombie che continuano incessantemente ad affluire davanti al centro commerciale chiuso a chiave dove i sopravvissuti si sono barricati. «Gli zombie, questi siamo noi». Così, ecco che alla fine, il non morto visualizza tutte le mutilazioni che la vita nel tardo capitalismo ha inflitto all'individuo, fino a che tutto è entrato in dissoluzione, spazzato via dal costante bombardamento dell'industria culturale. Come diceva Adorno, riferendosi al soggetto deforme nel teatro dell'assurdo di Beckett, lo zombie visualizza solo «ciò che il mondo ha fatto di noi». Qui, attraverso i non morti, vengono resi visibili quelli che sono dei «monconi di persone, queste persone che hanno effettivamente perso il loro ego» (Adorno), culturalmente deformati. L'interiorità danneggiata dell'essere umano moderno, "ridotto", mutilato dai mass media e che confonde il consumo con la libertà, trova la sua espressione e la sua realizzazione nell'immagine dello zombie. Lo zombie, rappresenta ciò che il sistema fa di noi. Il protagonista di "Land of the Dead" (2005) di Romero esprime questa dimensione zombie della vita, espressa negli atomi sociali postmoderni del tardo capitalismo, quando osserva le attività quotidiane degli zombie: «Non è quello che facciamo anche noi, fingendo di essere vivi?». Questa sensazione di totale alienazione, di vuota "vita illusoria" nel tardo capitalismo, la si ritrova anche nella letteratura contemporanea, per esempio in un romanzo di recente pubblicazione di Thomas Martini, "Clown ohne Ort": «I tempi sono così devastantemente vuoti che ci manca l'aria per respirare, figuriamoci per urlare o protestare. Tutto è solo una facciata, una squallida e sbrilluccicante necessità.». Non è forse questa una descrizione adeguata della vita interiore di una persona morta vivente? Nella forma delle sue caratteristiche esterne, quelle espresse dallo zombie, sono le nostre mutilazioni interiori. In "Dawn of the Dead" (1978) di Romero, questo potenziale sovversivo del film di zombie, nel quale, in ultima analisi, lo specchio riflette lo spettatore, è stato sfruttato con una perfezione senza precedenti. In molte scene, il film traccia chiari parallelismi tra i non morti nel centro commerciale e i normali consumatori, ciò soprattutto a partire dal fatto che anche quelli che nel film sono sopravvissuti entrano in una vera e propria frenesia di shopping. Il consumo dissennato a cui siamo incoraggiati quotidianamente trova la sua perfetta parodia negli zombie dei centri commerciali.
Zombie consumatori
Lo zombie qui funziona come un'allegoria ambulante del consumatore alienato, "svuotato" e mentalmente mutilato. Lo "zombie consumatore" che crede di poter esprimere la sua individualità attraverso la corretta scelta del marchio. Questo momento sovversivo emerge anche nel gioco per computer di "The Walking Dead", dove c'è un puzzle che consiste nell'accendere i televisori di un negozio di elettronica per distrarre gli zombie per strada. Tuttavia, la figura dello zombie non trasmette solo una critica dei mass media, dell'onnipotenza dell'onnipresente industria culturale e al consumismo disinibito. Tuttavia, la figura dello zombie non si limita solo a veicolare una critica ai mass media, all'onnipotenza dell'onnipresente industria culturale e al consumismo sfrenato. In molti film di zombie, vengono tracciati dei paralleli tra i non-morti e le dinamiche di potere nei gruppi autoritari e nelle aree della società nelle quali gli individui rimangono letteralmente intrappolati, in una dialettica di sottomissione e di eccesso autoritario: da un lato, nei film di zombie, i membri dell'apparato militare e di polizia si lasciano spesso andare a bestiali atti di violenza (Dawn of the Dead, 28 Days Later); mentre dall'altro, negli stessi film di zombie, le bande e le comunità agiscono continuamente in maniera particolarmente brutale (Dawn of the Dead, Land of the Dead). È significativo che l'unico sopravvissuto nero della "Notte dei morti viventi" venga colpito da un membro della milizia bianca. I soldati che in "28 giorni dopo"mettono in sicurezza una fattoria contro l'avanzata dei non morti, dopo vogliono ricostruire la "civiltà", trasformando le donne presenti in schiave sessuali. All'inizio de "L'alba dei morti viventi", mentre i membri della milizia danno la caccia agli zombie, un membro razzista della SWAT impazzisce. Negli zombie movie, perciò, non c'è solo la critica allo "zombie consumatore", ma anche al soggetto in divisa, allo zombie poliziesco e militare, il quale cerca di compensare la propria sottomissione a un rigido regime di ordini attraverso eccessi nei confronti dei subordinati. Ed è proprio questo riflettersi delle strutture di potere scatenate ad essere di grande attualità alla luce dell'erosione permanente degli standard democratici a opera dello Stato di polizia e del rapido proliferare di “Stati falliti”. Il film sugli zombie descrive l'imminente erosione, indotta dalla crisi, del processo di civilizzazione che si svolge tra le rovine di uno Stato di polizia e di sorveglianza in fase di degenerazione, da un lato, e il dominio delle bande e del racket che si diffonde in tempi di crisi nelle aree di guerra civile e di collasso economico, dall'altro. Lo zombie può così esprimere l'impotenza degli individui nelle strutture sociali autoritarie o eteronome che li rendono all'apparenza privi di volontà. Vediamo come, in molti "stati falliti", alcuni membri delle milizie e delle bande senza speranza stabiliscano un regno anomico di terrore, mostrando una brutalità decisamente zombie. È noto il caso del "Cannibale di Qusayr", un leader islamista nella guerra civile siriana che davanti alla telecamere ha mangiato il cuore di un nemico ucciso. In questo atto perverso, che nella scia del crollo dello Stato siriano segna il punto più basso dell'abbrutimento, il film dell'orrore sembra fondersi con l'orrore della crisi sistemica capitalistica.
Zombie e lotta di classe
A tutto questo si aggiunge la paura dell'insurrezione, la rabbia cieca delle masse di persone, declassate ed emarginate nel tardo capitalismo, che viene elaborata nel film sugli zombie. Lo zombie rappresenta così anche l'odio di tutti coloro che sono effettivamente esclusi dai centri commerciali, e la cui frustrazione vediamo sporadicamente articolarsi in rivolte e saccheggi nei ghetti. Là fuori è «come in 28 giorni dopo» - durante le rivolte giovanili del 2011 in Gran Bretagna, quando i bambini emarginati molestati dalle forze di sicurezza hanno iniziato a prendere semplicemente tutti i prodotti di consumo irraggiungibili che vengono loro inculcati ogni giorno su tutti i canali - era diventato un detto popolare. Nello zombie, quindi, possono essere personificate anche tutte le paure retrograde e reazionarie delle classi medie relative al rovesciamento delle condizioni esistenti, messe in atto dalle masse dei declassati e degli emarginati. «È iniziato con le rivolte»: ecco come viene descritta, in "28 giorni dopo", la fase iniziale dell'apocalisse zombie innescata da un'infezione. Tuttavia, in quella che è la sua ambivalenza simbolica, lo zombie può anche essere stilizzato come soggetto rivoluzionario. Il progressivo confronto con le contraddizioni di classe e le crescenti contraddizioni sociali nel tardo capitalismo, viene portato agli estremi in "Land of the Dead" (2005) di Romero. In nessun altro film gli zombie appaiono così "umani" come in "Land of the Dead". Sono in grado di usare strumenti, svolgere la loro occupazione originaria, comunicare, riescono a imparare e possono organizzarsi per poter rovesciare il sistema oligarchico che è stato costruito dalla ricca classe superiore di una città circondata da fiumi e protetta da recinzioni elettriche. In quello che appare come un appello, solo superficialmente celato, alla lotta di classe e alla solidarietà antimperialista, la ricca borghesia viene divorata, mentre i sopravvissuti dei ghetti della città concludono una sorta di tregua con gli zombie, trovando una convivenza: «Vogliono solo vivere in pace, da qualche parte, proprio come noi», spiega un sopravvissuto che si rifiuta di lanciare razzi contro i non morti che si stanno ritirando.
Gli zombie nazisti devono morire!
Lo zombie, non solo può fungere da allegoria della crescente divisione sociale e dell'inasprimento della lotta di classe nel tardo capitalismo, ma con la figura dello zombie nazista il genere ha creato un perfetto commento cinematografico riguardo l'ascesa, indotta dalla crisi, del neofascismo e dell'estremismo di destra. Niente simboleggia la rinascita di un'ideologia nazista arcaica e disumana meglio di quei cadaveri ambulanti di SS e di soldati nazisti in decomposizione come quelli che, per esempio, in un remoto capanno nella foresta, si avventano su un gruppo di giovani studenti, nel film norvegese "Dead Snow". Oltre al film norvegese "Dead Snow", in cui gli zombie nazisti vengono associati all'occupazione tedesca della Norvegia, c'è anche lo sparatutto "Sniper Elite – Nazi Zombie Army" in cui, contro il giocatore, viene scatenata una tempesta di nazisti. Naturalmente, i film di zombie sono un genere apocalittico dove appare la premonizione che ci mette in guardia sul fatto che l'ordine sociale dato non può più durare, e sta per raggiungere quelli che sono i suoi limiti di sviluppo. La prima grande ondata di zombie aveva travolto l'industria culturale occidentale durante il periodo di crisi degli anni '70, quando si era conclusa "l'età dell'oro" del capitalismo del dopoguerra, caratterizzato dalla piena occupazione e dai consumi di massa. L'apocalisse zombie veniva così a far parte di una crescente produzione di beni culturali apocalittici e distopici in tempi di crisi, nei quali venivano elaborati i crescenti sconvolgimenti sociali causati dalla crisi stessa: questo è il caso, tanto di questi ultimi anni, quanto degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta del XX secolo.
L'apocalisse zombie
Tuttavia, lo scoppio dell'apocalisse zombie evoca anche il timore della perdita della capacità di integrazione da parte del capitalismo, ovvero della scomparsa di quei vincoli libidici (Freud) che tengono insieme la formazione sociale e che sono costantemente minati dall'attuale sistema tardo-capitalistico. L'attacco zombie rappresenta il momento di panico nel quale scompaiono tutti i legami sociali tra l'individuo e il gruppo e ciò si trasforma in disintegrazione - ad esempio, quando si scatena il panico su un aereo in fase di atterraggio d'emergenza, o quando le persone in uno stadio affollato iniziano a calpestarsi a vicenda fino alla morte. Momenti o periodi di panico possono verificarsi anche in seguito a disastri naturali, come l'alluvione di New Orleans.Il sistema capitalista, in agonia, produce costantemente panico - non solo attraverso l'abbondanza di film apocalittici e di altri prodotti culturali catastrofici. Il sistema si sforza costantemente di sradicare tutti quei legami tra le persone che non sono basati sulla concorrenza e sulle relazioni di mercato tra soggetti merceologici. Le riforme Hartz IV ne sono un esempio lampante. Il costrutto Hartz della “comunità di bisogno”, antisociale, è stato introdotto con l'intento specifico di forzare l'atomizzazione sociale dei lavoratori salariati, i quali in futuro dovranno stare attenti a non entrare in relazione con qualcuno appartenente alla “comunità di bisogno” e che potrebbe diventare un peso finanziario. Questi atomi sociali, spinti alla concorrenza a 360 gradi, perdono gradualmente i loro legami libidici con una società che è stata trasformata in un sistema spietatamente competitivo; diventano suscettibili al panico che si manifesta nel momento in cui tutti i legami sociali interiorizzati si dissolvono e i membri della società si trasformano in una fuga cieca, in una lotta cieca di tutti contro tutti.
Gli zombie e l'industria culturale
Nel caso dell'analisi dei prodotti dell'industria culturale, l'aspetto più interessante consiste proprio nel fatto che essi rimandano in ultima analisi alla società in cui sono stati creati. Le contraddizioni, le paure e le ossessioni che il capitalismo in crisi produce, si manifestano nei prodotti dell'industria culturale, sebbene in una forma non riflessa e frammentata che necessita di essere decodificata. Le buone recensioni di un film, si occupano proprio di questo sottotesto sociale. La trama può sembrare noiosa, l'estetica scialba e gli attori legnosi; eppure, tuttavia le opere dell'industria culturale esprimono inconsciamente le condizioni di produzione in cui sono state realizzate. Un esempio: il ritmo frenetico o l'iperattività che abbiamo descritto all'inizio, di cui attualmente soffrono molti “zombie”, è espressione di una tendenza generale all'accelerazione sociale nel tardo capitalismo, come descritto dal sociologo Hartmut Rosa: «Rosa, distingue tra l'accelerazione tecnica, l'accelerazione del cambiamento sociale e l'accelerazione del ritmo di vita», spiega Spiegel-Online. Ovviamente, la crescente “accelerazione” del metabolismo della società che il sociologo rileva è solo un'espressione della crescente concorrenza provocata dalla crisi, in cui vengono aumentati orari di lavoro e intensità della manodopera, mentre si abbreviano i cicli dei prodotti. I ritmi frenetici e la corsa al lavoro, che inducono un numero sempre maggiore di dipendenti al burnout, hanno pertanto colpito anche gli “zombie”, ai quali l'industria culturale non vuole più concedere un attimo di respiro, né una pausa, neppure dopo la loro fine. Lo “zombie” degli anni '70 poteva ancora essere fermato dal consumo e dal commercio, mentre gli “zombie” del XXI secolo sono segnati da una crescente concorrenza di crisi.
Lo zombie in quanto fenomeno di crisi
Il non-morto, con le sue caratteristiche mutevoli, rappresenta pertanto una concretizzazione di fenomeni sociali astratti e di contraddizioni che di solito non vengono trattati dai mass media. Il genere del film sugli zombie non solo può riflettere alcune aberrazioni e contraddizioni sociali specifiche che attualmente dilagano a causa della crisi, come la de-individualizzazione, l'alienazione, il razzismo, l'inasprimento degli antagonismi di classe o le tendenze alla disgregazione sociale. La figura dello zombie possiede una qualità che la rende una perfetta rappresentazione allegorica dello stato attuale della formazione sociale tardo-capitalista, proprio per il suo stato di apparente sopravvivenza. Anche gli zombie “sterili”, che appaiono in massa in World War Z, veicolano un commento sarcastico circa la situazione attuale dell'intero sistema mondiale capitalistico. Gli zombie abitano spontaneamente in un sistema di zombie apparentemente vivente. Analogamente al rapido moltiplicarsi delle banche zombie, le quali vanno tranquillamente avanti nonostante siano di fatto insolventi, essendo che è il sistema, nel suo complesso, ad aver perso da tempo la propria base imprenditoriale. Il fondamento del capitalismo - della “società del lavoro” capitalistica - è il lavoro salariato. Ma è proprio questa sostanza del capitale che sta sempre più venendo meno per il sistema nel suo complesso, come è dimostrato dall'esplosione della disoccupazione nell'Europa meridionale. È come se il lavoro salariato stesse prosciugando la linfa vitale del sistema, che si sta rompendo a causa delle sue crescenti contraddizioni, provocate da un livello di produttività che sta facendo esplodere i rapporti di produzione capitalistici, lasciando dietro di sé un'immensa miseria e barbarie. Eppure, nonostante il crollo, sembra esistere anche la normalità. Mentre nel mondo arabo infuriano le guerre civili, e quasi due terzi dei giovani in Spagna o in Grecia sono disoccupati, in Germania, per esempio, si mantiene ancora la facciata di una società lavorativa intatta. Questa vita precaria e illusoria, che il capitalismo conduce ancora nei centri del sistema, è dovuta all'aumento del debito degli ultimi decenni. Il credito, la valorizzazione fittizia del capitale sui mercati finanziari, ha sostituito l'accumulazione reale di capitale nella produzione di beni in quanto motore centrale del sistema. Le montagne di debito che si accumulano ovunque, non sono altro che l'espressione di questa crisi della società del lavoro capitalista, in cui il sistema non morto divora nel presente, a colpi di credito, il suo futuro , perché non ne ha più uno. Lo zombie incarna alla lettera questo stato di crisi, dove il sistema basato sullo sfruttamento della forza lavoro è ormai già morto, e tuttavia può ancora fingere di essere vivo grazie al credito; l'anticipazione di un futuro immaginario. L'industria culturale sta sfruttando l'idea secondo la quale, nell'attuale inflazione zombie, viviamo in un mondo apparentemente vivo, e di zombie. Questa sorta di natura zombie del tardo capitalismo, viene portata all'estremo nella Repubblica Federale Tedesca, che ha esternalizzato all'estero i processi di indebitamento necessari a mantenere la facciata sana della società del lavoro in questo Paese, grazie agli enormi surplus commerciali e delle partite correnti della Germania. Senza le montagne di debito che rendono possibili le eccedenze delle spese correnti tedesche, la Repubblica Federale sarebbe già sprofondata già da anni nella recessione. In nessun altro luogo gli zombie della società del lavoro in decomposizione sono più vivi che in Germania.
- Tomasz Konicz - Pubblicato su Streifzüge, 03.08.2017 -
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