«George Steiner racconta che sua madre, una borghese viennese, iniziava una frase in una lingua e la terminava in un'altra, "le lingue volavano per tutta la casa". Questa fuga linguistica, che Steiner presenta come se si trattasse di un andirivieni del tutto naturale, il normale volo linguistico, diretto e senza sosta tipico della classe colta, non sempre è così comodo per gli altri: così come non lo sono i faticosi spostamenti linguistici cui sono costretti i meno fortunati, coloro che vivono tra una lingua tramandata e un'altra che non padroneggiano affatto. Per questi poveri di lingua non esiste un volo diretto: esistono invece gli scali scomodi, spiazzanti (e a volte persino umilianti). Vuoti di ogni dire.»
«Alan Pauls racconta come da ragazzo invidiasse i cantanti europei che cantavano canzoni in spagnolo con il loro accento: Ornella Vanoni, Nicola di Bari, Domenico Modugno, tutti nomi ai quali non posso non aggiungere quello di Vikki Carr, con la sua indimenticabile "Y volveré". Da parte mia, ricordo che io e mio fratello ci divertivamo ad ascoltare alla radio l'inglese fortemente accentato, e forse incomprensibile, della memorabile Lilian Red, al secolo Nélida Esther Corriale, la lady crooner di Héctor y su Gran Orquestra de Jazz, che cantava di amare qualcuno "with all my jadansoul". Mi ci volle un bel po' di tempo per rendermi conto che si trattava del solito cuore e della solita anima; prima per me era stato un jadansoul assai più misterioso, qualcosa di simile a un intruglio orientale, provocante, forse persino osceno per la ragazza che ero all'epoca».
(da: Sylvia Molloy, "Vivir entre lenguas" (2016), Eterna Cadencia, 2016)
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