domenica 13 novembre 2022

Ciechi anche alla nostra cecità …

Quando esprimiamo un giudizio o facciamo una scelta, si tratti di un acquisto, di un investimento o di come riuscire a risparmiare, non siamo sempre “razionali”. Le trappole in cui cadiamo, come hanno dimostrato decenni di ricerche condotte dagli psicologi cognitivi, sono i bias, i pregiudizi, che qui vengono smascherati e descritti l’uno dopo l’altro, dall’eccesso di fiducia (in cui si attribuisce un peso eccessivo a una propria convinzione), al bias di conferma (in cui si propende per la decisione che avvalora quanto pensavamo senza considerare le possibili alternative), alla trappola dello status quo (in cui si predilige una decisione che non smuova le acque). L’analisi di Sibony risulterà preziosa per tutti noi che dobbiamo effettuare scelte, ma lo sarà ancora di più per amministratori delegati e alti dirigenti che ne saranno sorpresi, spiazzati e anche divertiti, e magari ci si riconosceranno un po’. Brillante, pieno di storie vivide e di grandi lezioni, questo libro è una piacevolissima guida a un processo decisionale assennato, nel business e nella vita quotidiana.

(dal risvolto di copertina di: Stai per commettere un terribile errore! Come evitare le trappole del pensiero, di Olivier Sibony. Raffaello Cortina, pagg. 314, € 19)

Così ciechi da non vedere l’errore
- Trappole mentali. In molte circostanze l’entusiasmo e il distacco dalla realtà ci impediscono di analizzare la situazione facendo un esame obiettivo e lucido -
di Paolo Legrenzi

La spigolatrice di Sapri narra di una contadina che assiste nel 1857 allo sbarco sulle coste salernitane di Carlo Pisacane alla testa di trecento volontari. «Siam venuti a morir pel nostro lido» fa dir loro Luigi Mercantini, il poeta. Solo la spigolatrice li accoglie come liberatori mentre le truppe borboniche li sterminano.
Nel libro "Stai per commettere un terribile errore", Olivier Sibony racconta lo sbarco a Cuba, nella Baia dei Porci, di esiliati addestrati dalla CIA. Anche nel 1961 nessuno accoglie gli invasori come «liberatori». Se è comprensibile la difficoltà di Carlo Pisacane nel cogliere la realtà delle cose, stupisce l’abbaglio degli statunitensi. La CIA, i politici, gli esperti, i militari, tutti si sbagliarono. «Come abbiamo fatto a essere così stupidi?» si domandò il presidente Kennedy. Arthur Schlesinger, assistente personale del presidente, ricorda nelle sue memorie: «Posso spiegare la mia incapacità a fare qualcosa di più che formulare timide domande solo riferendo che il mio impulso a vuotare il sacco su quella assurdità era semplicemente impedito dalle circostanze della discussione». Le circostanze erano proprio la presenza di tanti presunti esperti, favorevoli al progetto.

Tutto era cambiato dai tempi di Pisacane, ma non i modi di funzionare della testa delle persone: l’entusiasmo e il distacco dalla realtà furono l’esito di circostanze che avevano precluso un esame obiettivo e critico della situazione. Ma non agì solo la pressione di gruppo. Era entrata in azione anche la tendenza alla conferma, e cioè il privilegiare, tra le informazioni fornite dalla CIA, solo quelle coerenti con la visione condivisa dai più. E infine intervenne un terzo fattore: nessuno cercò di immaginare gli eventuali ostacoli: «E se le cose non fossero andate come era stato previsto?» (Pisacane, invero, aveva lucidamente preso in considerazione la tragica possibilità di un «sacrificio dimostrativo»). Sibony estende la tradizione di studio in laboratorio delle trappole del pensiero occupandosi dell’analisi di casi reali, da quelli politico-militari a quelli aziendali. Partendo dall’esame di eventi prototipici, presenti nelle aziende e nelle organizzazioni, Sibony raggruppa le trappole del pensiero riconducendole a poche famiglie di errori che tendono a ripetersi proprio perché nei loro confronti siamo ciechi e, purtroppo, siamo ciechi anche alla  nostra stessa cecità. Nella sintesi originale di Sibony, abbiamo cinque tipi generali di errori: quelli dovuti a schemi che semplificano la realtà in modi fuorvianti, quelli causati da inerzia o, al contrario, da un agire impulsivo e non meditato, e infine la pressione di gruppo e le credenze guidate da emozioni e dall’egocentrismo. La seconda parte del libro analizza le quaranta tecniche necessarie per aggirare le tendenze all’errore. Queste tendenze non si possono eliminare ma si possono prevenire con la collaborazione critica e la discussione all’interno delle organizzazioni. Si spiega in tal modo come mai un consulente esterno a un’azienda possa essere utile e innescare il cambiamento. Una volta un grande industriale mi disse: «Vede, professore, perché lei è utile: dato che io sono visto in azienda come un dominus assoluto, solo lei non ha paura di contrastarmi e non teme che la sua carriera possa venirne danneggiata».

Sibony affronta infine un’altra questione cruciale. Per solito le persone imparano a fare meglio correggendo gli sbagli commessi in precedenza. Anche i sistemi artificiali per l’apprendimento, detti in gergo machine learning, funzionano per prove ed errori dato che vengono istruiti fornendo loro esempi positivi e esempi negativi delle regole da apprendere. Perché alcune tendenze erronee prodotte dal cervello umano si rivelano invece quasi ineliminabili? L’evoluzione di tutte le specie animali ha dovuto trovare equilibri diversi tra quelle che sono le dotazioni di un neonato alla nascita e la successiva possibilità di imparare per prove ed errori. Quanto più ampia è la  dotazione innata che deve venire alimentata da stimoli nel corso della vita, tanto più lunga e complessa è la maturazione di capacità come la visione, il linguaggio, il pensiero, le emozioni, le interazioni sociali. Nel caso della specie umana il ventaglio di queste dotazioni innate è ricco e, di conseguenza, ci vuole molto tempo per completarne il funzionamento tramite opportuni addestramenti. Fino a quando non è divenuto completamente autonomo, un neonato è vulnerabile e deve essere protetto e curato da chi lo alleva. Questo meccanismo funziona per tutte le specie viventi: quella umana ha però dovuto recentemente affrontare il problema derivante dal repentino cambiamento degli ambienti di vita. Per centinaia di migliaia di anni abbiamo vissuto cacciando e raccogliendo il cibo e le nostre doti innate sono state forgiate da specifiche nicchie ecologiche. Solo da poco tempo i neonati umani, tranne quelli delle poche tribù sopravvissute e studiate dagli antropologi, si trovano a vivere in società industriali molto diverse da quelle dei loro antenati. Succede così che il cervello, forgiato da differenti ambienti di vita, incorpori e funzioni in base ad alcuni «difetti» congeniti. Questi difetti conducono a comportamenti e a modi di pensare che in molti ambienti odierni si rivelano inefficienti. Sibony chiude il libro con considerazioni che vanno al di là delle tecniche specifiche per affrontare le trappole del pensiero: solo l’interazione e il confronto critico tra le idee permettono di aggirare le eredità innate che oggi possono portarci fuori strada a nostra insaputa.

- Paolo Legrenzi - Pubblicato su Domenica del 18/9/2022 -

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