In Austerlitz, W.G. Sebald posiziona strategicamente una menzione alla novella di Balzac, Il colonnello Chabert, che funziona come una sorta di dispositivo che permette il ritorno di fantasmi e spettri del passato - così facendo, Sebald propone e fornisce un commento su Balzac che costituisce anche un uso del testo, una performance e un'attualizzazione fatta a partire da un testo del passato (che diventa a sua volta parte della dinamica di un testo del presente, esemplificando in questo modo l'idea sebaldiana - difesa in diverse sfaccettature in tutto Austerlitz - che passato e presente sono sempre in un dialogo, in costante relazione tra di loro). Vera porge ad Austerlitz «due fotografie di piccolo formato», scoperte «per caso la sera precedente in uno dei cinquantacinque volumi rosso carminio delle opere di Balzac, capitatole in mano non sapeva nemmeno lei come»; trova le fotografie «mentre sfogliava le pagine dedicate alla storia del colonnello Chabert, la quale tratta com’è noto di una grande ingiustizia», ma «In che modo le due foto fossero finite tra quelle pagine rimaneva per lei un mistero»; questi artefatti hanno «una imperscrutabilità», «propria di foto come quelle, emerse dall’oblio»: l’impressione «che in esse si agiti qualcosa, ci sembra di udire lievi sospiri di disperazione», «quasi le immagini avessero anche loro una memoria e si ricordassero di come allora eravamo noi, i sopravvissuti, e di com’erano quegli altri che adesso ci hanno lasciato.» (p.178-180).
Il romanzo di Balzac costituisce così sia un elemento scenico - che occupa un determinato spazio nella trama, il quale contribuisce a offrire informazioni che fino a quel momento non si avevano - sia un complesso cristallo in cui si condensano temporalità e idee (il colonnello morto che ritorna, l'infanzia sepolta di Austerlitz che ritorna). A partire da Balzac, Chabert diventa pertanto questa entità del passato che ha una «memoria propria» e che ricorda com'erano i sopravvissuti e i non sopravvissuti, soprattutto Napoleone; in Sebald, questa potenza dell'entità che viene dal passato viene resa come se fosse diffusa e incanalata in un commento sull'aura ambigua della fotografia - una dimensione diffusa, che tuttavia è resa palpabile e forte attraverso il ricorso al libro come artefatto e oggetto, trovato «per caso».
fonte: Um túnel no fim da luz
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