Nel porre la novella di Balzac - Il colonnello Chabert - al centro del suo romanzo “Austerlitz”, Sebald non solo aggiunge strati e strati di significato alla traiettoria specifica del protagonista, ma utilizza anche un altro ingranaggio, nel sistema generale di riferimenti della sua opera vista nel suo complesso: «Balzac» funziona come metonimia di tutto un mondo perduto (e Chabert è uno di quei cinquantacinque volumi lussuosamente rilegati dietro una vetrinetta), vale a dire, il mondo borghese organizzato del XIX secolo, oggetto di studio non solo di Jacques Austerlitz, ma anche di Walter Benjamin; oltre ad essere il paesaggio affettivo ed efficace di autori come Adalbert Stifter, Gottfried Keller e Eduard Mörike; tutti autori questi, letture costanti di Sebald.
Va anche notato che entrambi i libri assumono come titolo il nome del protagonista - e che, inoltre, abbiamo a che fare con quelli che sono tutt’e due protagonisti impegnati nel compito di sottrarre alla «morte» (all'oblio, alla sepoltura) una vita vissuta precedentemente (l'infanzia di Austerlitz, la gloria napoleonica di Chabert).
Napoleonicamente parlando, Chabert costituisce per Sebald la possibilità di rafforzare le connessioni sotterranee con un capitolo di "Vertigo" (la sua prima opera in prosa mai pubblicata), quello dedicato a Stendhal, romanziere napoleonico per eccellenza del XIX secolo: in futuro, questi due punti napoleonici nell'opera di Sebald - Balzac/Chabert in Austerlitz, Stendhal in Vertigo - convergeranno poi nell'opera incompiuta dedicata alla Corsica, "Campo Santo", dove il narratore visita la casa di Bonaparte e commenta il daltonismo dell'imperatore, che gli impediva di distinguere il rosso dal verde: più sangue versava, più freschezza vedeva nei prati.
Con Chabert, Balzac anticipa Marx e postula che ci sia uno spettro che si aggira nel presente di una Francia che vuole essere «restaurata» (e usando Balzac e Chabert, Sebald, a sua volta, amplia una simile tesi, e postula che in ogni e qualsiasi spazio ci saranno sempre degli spettri che si aggirano: «A mio giudizio, disse Austerlitz, noi non comprendiamo le leggi che regolano il ritorno del passato, e tuttavia ho sempre più l’impressione che il tempo non esista affatto, ma esistano soltanto spazi differenti, incastrati gli uni negli altri, in base a una superiore stereometria, fra i quali i vivi e i morti possono entrare e uscire a seconda della loro disposizione d’animo,» p. 182, subito dopo l'apparizione del libro di Balzac - non a caso).
fonte: Um túnel no fim da luz
Nessun commento:
Posta un commento