Mazzucato: una missione impossibile
- di Michael Roberts -
L'economista italo-americana Mariana Mazzuccato, che lavora e risiede a Londra, è diventata un nome noto in quello che potremmo chiamare «centrosinistra» o, più in generale, nei principali circoli economici e politici. Ha appena pubblicato un nuovo libro: "Missione Economia: Una guida per cambiare il capitalismo".
Mazzuccato è stata consigliera economica del Partito Laburista del Regno Unito, sotto Corbyn e McDonnell, per un breve periodo; sembra anche che sia ascoltata dalla rappresentante di sinistra del Congresso degli Stati Uniti, Alexandria Occasio-Cortez; inoltre, è stata consigliera della candidata democratica alla presidenza, la senatrice Elizabeth Warren, e anche della leader nazionalista scozzese Nicola Sturgeon. Le hanno perfino conferito il titolo di «La più pericolosa economista del mondo», poiché a quanto pare le sue idee stanno scuotendo le convinzioni di persone importanti. Secondo il London Times, viene « ammirata da Bill Gates, ed è consultata dai governi; in effetti, Mariana Mazzucato è quell'esperta con cui tutti gli altri discutono a loro rischio e pericolo ».
Tuttavia, nonostante abbia cominciato come consigliera della sinistra dello spettro politico, più recentemente si è messa a disposizione di tutti quanti. Così facendo, ha rapidamente abbandonato il suo ruolo di consigliera di Corbyn. Secondo un recensore del suo nuovo libro, «Mazzucato si è ben presto resa conto di non avere un ruolo reale come consigliera di Corbyn e, pertanto, si è dimessa dopo due mesi». In tale occasione, ha detto al Daily Mail: «le persone che muovevano i fili, erano Seumas Milne e la sua squadra. E non mi sembrava giusto, così dissi loro: se volete fare ciò che state progettando, fatelo, ma non lo farete in mio nome». Il Daily Mail, in proposito ebbe a commentare: «Dopo aver avuto un flirt con il tipo sbagliato di politico, ci ha tenuto a dire di aver lavorato a stretto contatto con i conservatori, consigliando tra gli altri Greg Clark circa la strategia industriale quando lui ricopriva il ruolo, continuamente diverso, di segretario agli affari».
Ora, Mazzucato fa in generale consulenza per governi e istituzioni di tutto il mondo; inoltre, ha partecipato a diversi forum internazionali. Nel 2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'ha messa a capo del Consiglio dell'Economia della Salute per Tutti. D'altra parte, sappiamo anche che ha recentemente elogiato la nomina dell'ex capo della BCE e banchiere centrale (non eletto), Mario Draghi, a presidente del consiglio dell'Italia. Presumibilmente, deve aver considerato che sarà lui quello che salverà l'economia dell'Italia. Conseguentemente a tutto questo, non sembra poi essere così tanto pericolosa.
In passato, ho recensito i suoi precedenti libri (molto più importanti), "Lo Stato innovatore" (Laterza) e "Il valore di tutto" (Laterza). In questo ultimo libro, lei ha continuato a portare avanti quello che è la sua principale argomentazione, che aveva già cominciato a sviluppare nei suoi libri precedenti: nelle economie moderne, è il settore pubblico che deve assumere il comando. «Anziché agire come investitori di prima categoria, molti governi si sono trasformati in creditori passivi di ultima scelta, affrontando i problemi solamente dopo che si sono presentati. Ma invece, come avremmo dovuto imparare a partire dalla Grande Recessione successiva al 2008, è molto più costoso salvare le economie nazionali durante una crisi, di quanto lo sia mantenere una posizione protettiva sulla questione degli investimenti pubblici».
Giustamente, lei sottolinea un errore che viene largamente praticato: «Quanto più sottoscriviamo il mito della superiorità del settore privato, tanto peggio ci troveremo di fronte alle crisi future». Il ruolo svolto dall'innovazione finanziata dal settore pubblico, così come quella della ricerca e dello sviluppo economico da parte dello Stato, è stato deliberatamente minimizzato dalla politica dominante. E, tuttavia, è stata una ricerca finanziata pubblicamente ad aver portato al rapido rilascio dei vaccini per la pandemia di Covid. Inoltre, sono stati i servizi sanitari pubblici e amministrati dal governo quelli che sono stati in grado di dare la miglior risposta per riuscire a ridurre le morti causate dalla pandemia.
Mazzucato desidera, con una certa ragione, ripristinare e proclamare la «narrazione del governo in quanto fonte di creazione del valore [d'uso]». E ciò sebbene, come sostengo nella mia recensione del suo penultimo libro, il governo non crea valore (vale a dire, profitto per il capitale), ma piuttosto fa uso del valore (apparentemente e presumibilmente a beneficio della società). Ora, questa è una distinzione che Mazzucato non riconosce, ma che di certo i capitalisti fanno sempre). Ad esempio, lei osserva che un prestito dell'amministrazione Obama è stato determinante ai fini del successo della Tesla, e nota come un programma di alfabetizzazione informatica della BBC, negli anni '80, abbia portato alla fondazione di un'azienda leader nello sviluppo di software, così come alla creazione di un computer a basso costo usato poi nella classi delle scuole di tutto il mondo.
Ma, in questo libro ciò a cui soprattutto mira è promuovere il modello della missione spaziale Apollo sulla Luna, come la strada che porti a sviluppare innovazioni e diffonderle in tutta l'economia; un qualcosa che lei definisce come un approccio «mission-driven», orientato per mezzo di una missione.
Come dice lei: «Il programma Apollo ha dimostrato abbastanza chiaramente di essere stato in grado di dare impulso ad un cambiamento organizzativo a tutti i livelli, per mezzo della collaborazione multisettoriale tra pubblico e privato, grazie agli appalti mirati ad una certa missione, così come attraverso l'innovazione guidata dallo Stato. Inoltre, tali iniziative imprenditoriali tendono a generare effetti collaterali - software, telefoni con fotocamera, latte in polvere per i neonati - che producono benefici di larga portata». E ciò che questo modello dimostra - lei afferma - è il fatto che «portare un uomo sulla luna ha richiesto un settore pubblico estremamente capace, così come una partnership con il settore privato che fosse mirata ad un determinato scopo».
Pertanto, ciò di cui il capitalismo moderno ha bisogno sarebbero delle partnership tra il settore pubblico e quello privato «orientate da determinati obiettivi»: «il lancio di razzi verso la luna, non va inteso come se si trattasse di una grande iniziativa imprenditoriale isolata, magari come se fosse il progetto preferito di un ministro, ma piuttosto come un audace obiettivo sociale che possa essere realizzato grazie alla collaborazione su larga scale tra enti pubblici e privati». A quanto pare - dice - c'è bisogno di «un approccio al bilancio audace, un ridisegno degli strumenti, così come di una teoria economica che sia in grado di affrontare e produrre direzionalità nella crescita»; qualsiasi cosa significhi quel termine «generare direzionalità nella crescita».
Mazzucato riconosce che spesso, in passato, i cosiddetti partenariati pubblico-privato non hanno portato a promuovere l'interesse pubblico. Non dobbiamo, tuttavia - continua lei - «ripetere i fallimenti associati all'economia digitale; sono emersi nella loro forma attuale dopo che lo Stato ha fornito la base tecnologica, ma poi ha dimenticato di regolamentare ciò che è stato costruito su tale base. Come risultato, alcune imprese dominanti il Big Tech hanno dato inizio a una nuova era di estrazione algoritmica del valore prodotto, a beneficio di pochi e a spese di molti.» Anziché questo, ora c'è bisogno di «mantenere una visione della società civile nel suo insieme, come un bene comune, includendo in questo le imprese private e le istituzioni pubbliche».
Così lei sostiene che i partneriati pubblico-privati si sono concentrati sul problema di ridurre il rischio degli investimenti per mezzo di garanzie, sussidi e assistenza. Anziché fare questo, dovrebbero enfatizzare la condivisione dei rischi e delle ricompense. Pertanto, i governi e le imprese capitaliste devono condividere i rischi, per poi distribuire le ricompense. Una simile tesi, tuttavia, mostra già la difficoltà inerente alla sua missione di essere un approccio valido. La missione di superare la pandemia di Covid, ha già mostrato quale settore ha assunto i rischi e quale ora sta raccogliendo le ricompense, i frutti: così come è avvenuto con la missione Apollo.
Mazzucato ritiene necessaria una rivalutazione fondamentale del ruolo svolto dal settore pubblico, il quale deve andare oltre il ruolo tradizionale di correzione dei «fallimenti del mercato»; come viene stabilito nell'economia del benessere neoclassica. Quest'ultima propone che lo Stato abbia solamente un ruolo di «co-creatore del mercato» e di «modellatore del mercato». Ora, secondo lei, «non si tratta più di aggiustare i mercati, ma di creare i mercati».
Ma la missione del governo può diventare quella di «creare mercati» o di «modellare mercati»? È davvero possibile che il settore pubblico possa assumere il comando degli investimenti a fine sociale, in opposizione quindi agli investimenti che vengono fatti a fine di profitto capitalista? È realmente possibile che una «visione del bene comune» possa essere «acquisita» dalle grandi imprese che normalmente cercano profitti per i loro azionisti? Le imprese e i governi possono avere obiettivi differenti?
Il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, possono essere contrastati e capovolti, mentre l'industria dei combustibili rimane non toccata dai governi? Si può invertire quella che è la crescente disuguaglianza per mezzo di una qualche «visione del bene comune» nel contesto di un partneriato pubblico-privato? Si può evitare la disoccupazione tecnologica, quando le grandi aziende tecnologiche impiegano robot e Intelligenza Artificiale per sostituire il lavoro umano? Può un approccio a partire dalla missione «lancio sulla luna» - basato sulla partnership delle grandi imprese, e mediante la creazione di mercati - avere davvero successo, considerata la struttura sociale del capitalismo moderno? Nel momento in cui vengono sollevate tutte queste domande, pertanto - credo - a una risposta chiara.
Di fatto, in realtà alcuni degli schemi di approccio alla missione che Mazzucato cita nel suo libro sono stati altrettanto fallimentari delle partnership «pubblico-privato» che lei critica. Lei stessa ha consigliato l'azienda tedesca Energiewende, in un progetto di transazione energetica verso le fonti rinnovabili, ma non ha saputo offrire niente di meglio degli altri nel ridurre le emissioni di carbonio. È stata sempre lei ad aver assistito i nazionalisti scozzesi riguardo il lancio del loro Scottish National Investment Bank. E dopo due mesi il governo ha tagliato i finanziamenti da 241 milioni di sterline a 205; una somma irrisoria per cominciare. Quando il partito laburista di Corbyn propose per la prima volta una banca di questo tipo, avrebbe dovuto essere capitalizzata con 20 miliardi di sterline!
E quando ci si ricorda della «missione sulla Luna» del primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, che voleva controllare e tracciare in maniera massiccia la diffusione del coronavirus, è meglio non aggiungere altro.
Alla fine, dopo tutto, come si dovrebbe fare per controllare democraticamente queste missioni perché si concentrino su «una visione del bene comune»? Mazzucato sostiene che sarà necessario «coinvolgere i cittadini nella risoluzione delle sfide sociali e nella creazione di un grande entusiasmo civico che alimenti il potere dell'innovazione collettiva».
Nel momento in cui passa a brancolare in questo genere di gergo, sembra che stia dicendo che i politici, i ricercatori (come lei) e le imprese si riuniranno tutti insieme e ascolteranno in qualche modo i «cittadini»; e che da questo emergerà tutta una serie di «missioni» innovatrici largamente condivise e approvate.
Mazzucato riassume il suo libro dicendo: «Missione Economia offre una strada in modo da ringiovanire lo Stato e, pertanto, per aggiustare il capitalismo, anziché terminarlo». Secondo me, questa è una missione impossibile.
- Michael Roberts - Pubblicato il 20/2/2021 su Michael Roberts Blog -
Smettiamo di chiederci quanti soldi abbiamo e cosa possiamo farne e iniziamo invece a domandarci di cosa abbiamo bisogno per soddisfare le nostre esigenze. È questa la rivoluzione. È questa la strada maestra per rispondere ai grandi problemi del nostro tempo, dal riscaldamento globale alle pandemie, dallo sviluppo sostenibile alla lotta alle disuguaglianze. Vi ricordate cosa accadde il 12 settembre 1962? John F. Kennedy annunciava al mondo che gli Stati Uniti si prefiggevano un obiettivo straordinario: arrivare sulla Luna. La storia ci dice il resto: la missione Apollo 11 venne realizzata e l’allunaggio avvenne sette anni dopo. Per raggiungere questo traguardo fu necessario mettere in campo nuove forme di collaborazione tra il settore pubblico (la Nasa) e quello privato, insieme a investimenti di portata straordinaria. Cosa accadrebbe, si domanda Mariana Mazzucato, se la stessa audacia fosse impiegata per affrontare i più gravi e complessi problemi del nostro tempo, dai cambiamenti climatici alle epidemie, dal digital divide alle disuguaglianze crescenti? Sono problemi enormi, impermeabili a soluzioni semplici, che possiamo risolvere solo affrontandoli in maniera radicalmente nuova. Nel concreto questo significa creare nuove forme di partnership tra pubblico e privato; significa ripensare al modo in cui sono strutturati i bilanci statali per orientarli più esplicitamente al lungo periodo; significa investire coraggiosamente su larga scala e utilizzare l’innovazione, fino a ora impiegata solo per generare profitti privati, a fini sociali. Significa, soprattutto, mobilitare le nostre risorse – materiali, intellettuali, finanziarie – in modo audace, prefiggendoci missioni capaci di ispirare e stimolare l’immaginazione. Siamo riusciti a fare tutto questo per arrivare sulla Luna. Oggi possiamo farlo, di nuovo, per raggiungere un obiettivo ancora più ambizioso: migliorare la vita di tutti.
(dal risvolto di copertina di : "Missione economia. Una guida per cambiare il capitalismo", di Mariana Mazzucato. Edizioni Laterza, €18)
In missione sulla Terra
- di Francesco Manacorda -
Mariana Mazzucato non è studiosa che può lasciare indifferenti. Economista, fautrice da tempo della valorizzazione del ruolo dello Stato nell’economia è un’accademica di successo, ma anche una polemista “larger than life”, mediaticamente molto efficace e sempre pronta ad affrontare dibattiti aspri con la scuola liberista che tanto peso ha avuto in questi anni nella sua disciplina.
La categoria di chi la apprezza, è oggi assai vasta e comprende, per dirla alla Jovanotti (anche lui, c’è da scommetterci, suo estimatore) «una grande chiesa, che va da Che Guevara», non a Madre Teresa, ma a Papa Francesco sì, visto che il Pontefice l’ha più volte citata e le ha dato anche un ruolo in una commissione di studi vaticana. Paiono stimarla pure i leader politici di mezzo mondo (dal Sud Africa all’Italia del governo Conte) che si sono avvalsi delle sue consulenze. Nutrito anche il partito di chi contesta le sue tesi, non solo tra le file della destra classica. Ma in ogni caso vale sempre la pena di ascoltarla e leggerla anche se non si è in accordo con lei: sia per l’incisività delle sue argomentazioni sia per la passione civile che le anima.
È questo il caso anche del suo ultimo libro Missione economia, che si presenta fin dal titolo come una pratica eppure ambiziosa “guida per cambiare il capitalismo”, pubblicato in Gran Bretagna a inizio anno e che arriva adesso in Italia per Laterza. Il capitalismo è in crisi — ci spiega Mazzucato — e dopo la crisi finanziaria del 2008, anche le catastrofi ambientali e, ultima, la pandemia in corso mostrano una situazione in cui si è lasciato e si lascia amplissimo spazio all’iniziativa privata, mentre ci si appella allo Stato solo quando c’è da raccogliere i cocci. Ma anche gli Stati sono in crisi d’identità, e visto che «nelle crisi l’intervento del governo è efficace solo se lo Stato ha corrispondente capacità di agire» è necessario non solo ripensare il capitalismo attuale, ma anche «trasformare lo Stato dall’interno e di rafforzare i suoi sistemi in materia di salute, istruzione, trasporti e ambiente, imprimendo al contempo una nuova direzione all’economia». Si tratta, in particolare, di creare un’economia «orientata allo scopo», nella quale i governi tracciano obiettivi e percorsi e agiscono anche come «investitori di prima istanza» in aree che magari non offrono ritorni economici immediati, ma che «guidano la produttività a lungo termine», spiega Mazzucato, ricordandoci ancora che senza investimenti pubblici oggi non esisterebbero né Internet né la Tesla.
Per illustrare come si muove uno Stato quando ha un obiettivo da raggiungere, l’autrice analizza in dettaglio il programma spaziale Usa Apollo annunciato nel 1962 dall’amministrazione Kennedy e culminato nel 1969 con il primo uomo in grado di arrivare sulla Luna e di fare ritorno a terra. È forse la parte più affascinante del libro, dove i dettagli organizzativi si mescolano a quelli tecnici, le tragedie umane — la morte di tre astronauti in una simulazione sull’Apollo 1 — si uniscono all’entusiasmo pionieristico dei giovani Stati Uniti — l’età media nella sala di controllo delle missioni era di 26 anni — nella corsa allo spazio. Il risultato di quella scommessa non è solo la supremazia americana nel cosmo, ma anche le «venti cose che non avremmo avuto senza i viaggi spaziali», dalla fotocamera nei telefonini alla Tac, dal latte in polvere alle scarpe da corsa, oggi ubique nelle nostre vite. Dunque, è la tesi, se lo Stato si dà obiettivi prioritari e decide di raggiungerli, questo provoca effetti benefici in termini di innovazione e sviluppo su tutto il sistema attraverso l’interazione tra il settore pubblico e le imprese private e con il necessario coinvolgimento dei cittadini. Certo, Mazzucato avverte che le missioni tecnologiche sono assai più circoscritte di quelle economiche e sociali e anche per questo più facili da compiere. Ma indica comunque alcune missioni “terrestri”, per i governi in questa nuova epoca: creare un New Deal “verde”, innovare per garantire alla platea più vasta possibile l’accesso alle cure mediche; ridurre il divario digitale.
Orientare l’economia verso missioni crea anche un cambio di paradigma: «Far funzionare l’economia per gli obiettivi della società, anziché mettere la società al servizio dell’economia, impone un ripensamento nel modo di intendere i bilanci — scrive Mazzucato. Dobbiamo iniziare domandandoci “che cosa bisogna fare?” e poi pensare a come pagare gli interventi necessari». Una rivoluzione copernicana per la “vecchia” Europa del Patto di stabilità e di crescita e per Paesi come l’Italia, gravati da un forte debito pubblico e quindi perennemente — o quasi, come si vede oggi con la crisi innescata dal Covid — costretti a rispettare severi vincoli di bilancio.
Missione economia arriva in un momento assai propizio per il dibattito sul ruolo dello Stato e delle organizzazioni sovrannazionali nel risollevare l’economia. La pandemia, le difficoltà di approvvigionamento di vaccini, gli extraprofitti che alcuni settori stanno realizzando in una fase durissima per la maggioranza della popolazione, spingono a superare molti tabù e a spingere la visione di chi vede più vantaggi che svantaggi in un settore pubblico che indirizzi e accompagni gli attori di mercato. Del resto il piano Biden da 3 mila miliardi di dollari per ridare vigore all’economia Usa o il Recovery Plan europeo sono proprio casi di interventi pubblici da manuale. Interventi ex post, che avvengono appunto per «raccogliere i cocci» di una crisi dominata dal mercato, ma che almeno nella versione europea — dove il Recovery si lega a investimenti in aree ben precise come la transizione ambientale ed energetica — puntano a trasformare il ruolo del pubblico in motore di innovazione.
C’è da aspettarsi che Missione economia, con le sue ricette forti e la sua galleria di orrori di mercato, susciterà dibattito. È accaduto nel mondo anglosassone e anche in Italia non mancherà chi classifica quelle di Mazzucato come utopie irraggiungibili. Utopie forse, ma nel caso utopie necessarie.
- Francesco Manacorda - Pubblicato su Repubblica del 15/4/2021 -
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