sabato 22 maggio 2021

Narcisismo Operaio ?!?

«[...] Per il marxismo tradizionale, la teoria del valore di Marx era più positiva che critica. Se Kautsky, e più tardi Lenin difesero la «teoria del valore-lavoro» contro la scuole dell'utilità marginale e contro altri critici borghesi, ciò è avvenuto sempre sotto forma di una rivendicazione del lavoratore che «crea il valore», e non, per esempio, come una critica del valore in quanto potenza negativa e distruttiva.
La scientificizzazione della produzione - e pertanto la sussunzione reale del lavoro salariato da parte del capitale - non era ancora abbastanza avanti o sufficiente a scuotere questa fiducia in sé stessi.
In simili condizioni, la critica del lavoro salariato doveva limitarsi alla critica del plusvalore, da intendersi grossolanamente. Gli operai non volevano liberarsi veramente dalla forma-valore - e dalla merce - della produzione, ma solo dal capitale monetario che li strozzava, stringendoli alla gola; ciò, visto da oggi, corrispondeva a quello che era uno stato di socializzazione relativamente poco sviluppato, in cui gli aggregati scientifici relativi alla socialità diretta (istituzioni scientifiche, istruzione generale, tecnologia, infrastruttura e logistica sociale della produzione) non svolgevano un ruolo così tanto dominante, e gli operai di una singola fabbrica - auto-organizzandosi - avrebbero potuto benissimo gestirla e farla funzionare come se essi fossero una sorta di artigiano "quasi" collettivo basato sulla produzione di merci.
L'alternativa alla relazione di capitale, non sembrava dovesse essere l'abolizione del valore in quanto tale, ma piuttosto una produzione cooperativa di merci. Il socialismo cooperativo, nelle sue innumerevoli varianti, riflette questo stadio "intermedio", ancora non maturo, della socializzazione capitalistica.
Nello stesso modo in cui - in tale contesto - i concetti di società di classe e di sfruttamento vennero trasformati in una concezione grossolana di "poveri" e di "ricchi", visti sulla base inconsciamente presupposta del valore; ecco che allora anche il concetto di plusvalore divenne a sua volta la rappresentazione di una sottrazione, realizzata deliberatamente dal capitale, ai danni di "tutta la produzione del lavoro". Una comprensione che testimonia quanto fosse irriducibile lo spirito artigianale, e quanto rimanesse aggrappato l'operaio a quelli che erano i suoi mezzi di produzione.

Marx, che invece da parte sua ragionava su quale fosse la logica del processo di socializzazione e di scientificizzazione, nella sua "Critica del programma di Gotha" (molto fraintesa) attaccava con forza tutto questo mondo immaginario, che nella sua forma più pura veniva rappresentato dal lassalismo.
Ma anche il "marxismo" era viziato dalla coscienza storicamente condizionata dei lavoratori più avanzati; e ciò ha come conseguenza una lettura ancora dominante e riduttrice. L'affermazione dell'operaio "creatore di valore" nasconde il plusvalore in quanto essenza moderna del valore, facendolo apparire come una categoria della relazione di valore, come se questo plusvalore fosse un supplemento esterno. Se l'abolizione del plusvalore non significasse la restituzione della "produzione totale", non avrebbe alcun senso ai fini di una tale comprensione. E per questo, Bernstein ha prontamente trasformato quella che era l'argomentazione di Marx in una giustificazione della relazione di capitale. Il concetto di sfruttamento doveva essere tradotto in questo modo, senza rendersene conto, andava tradotto in una relazione personale di dominio, una relazione diretta di dominio delle persone (un "abuso" del capitalista da usare come slogan ai fini dell'agitazione). Nel livellamento sociologistico, le classi acquisiscono così un'esistenza indipendente e autonoma, "al di fuori" del concetto di valore; e non é a caso che, nell'articolo di Lenin, "Karl Marx" (1913) -  in cui viene proposta una "dottrina economica" generale, logicamente la "lotta di classe" diventa a sua volta un'entità quasi indipendente, precedente alla teoria del valore.
Le classi non sono – come è nella costruzione logica dell'opera di Marx - derivate dal valore e dal suo movimento, e appaiono piuttosto come indipendenti nelle loro azioni rivolte al valore: un approccio questo che apre la porta ai malintesi politicisti della critica dell'economia politica [...]. »


da: Robert Kurz, «Lavoro astratto e socialismo», da MK, 3, 1987. [l’enfatizzazione è mia]


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