Cos'è il passato? A volte vien da chiederselo. Soprattutto quando il passato somiglia sempre più ad una sorta di presente nebuloso. Una specie di spazio alterno, che convive con una continuità che fortunatamente varia in simultanea con un presente non nebuloso. Non è che per questo impedisca di viverlo normalmente, il presente. Solo che a volte è invece il passato quello che comincia a scorrere come se fosse una possibilità. La possibilità di immense combinazioni. E così i luoghi, le facce, le sensazioni, le situazioni arrivano improvvisamente da altri tempi e si sedimentano.
Per Stoyan Vasilev, dev'essere stato così.
Stoyan Vasilev, un uomo che la storia tradizionale vorrebbe condannato ad essere stato sempre nei posti giusti, ma nel momento sbagliato. Eppure, sono convinto che lui abbia avuto un approccio del tutto diverso alla storia, quantomeno a quella ufficiale.
Un approccio non dal punto di vista della "Storia", ma da quello delle storie. Che spesso sono «piccole storie».
Da cosa si misura un uomo? Cosa misura la sua importanza?
Forse dalla quantità di ore di gloria e paura che ha vissuto. Dalle donne che ha amato, corrisposto o meno. Dal numero di stanze d'albergo, pensioni, appartamenti clandestini, case di amici in cui ha dormito. Dai libri letti.
Da tutti questi punti di vista, Stoyan Vasilev è stato un personaggio notevole del secolo scorso. Ad esempio, poteva dire di aver bevuto tè con P'eng P'ai ad Hai Lu-feng, caffè con Ernesto Guevara de la Serna nell'aeroporto di Sofia, e vino rosso con Buenaventura Durruti di fronte alla Casa de Campo a Madrid. Poteva, addirittura, sostenere che Stalin gli avesse detto - «Non mi piaci come la pensi, Stoyan. Ti avvicini alle cose sempre dall'angolazione sbagliata», ed era anche sopravvissuto per ricordarsene!
Ma ricordava anche molte altre cose, tipo il rumore che fa il percussore di uno Sten, quando non trova la cartuccia. Cose semplici, a volte. Ma, sempre, senza alcun ordine cronologico. Nessuna sequenza temporale. Solo chi non lo ha vissuto, un passato, può avere interesse a metterlo in ordine.
Per chi invece c'è stato, per chi c'era, si fanno i conti con quei brandelli di ricordi che a volte si ama evocare - e con quelli che altre volte non si possono dimenticare, insieme ad altri che a volte si perdono da qualche parte, nella memoria, mentre altri ancora sono talmente presenti che si continuano a piangere.
Nella memoria di Stoyan Vasilev, gli addestramenti militari dei contadini cinesi, fatti nel 1923 con le loro lance di tre metri dalle punte adornate di nastri colorati, potevano essere accaduti anche dopo quei pomeriggi terrificanti di bombe, nel 1937 a Madrid, e perfino poco prima dell'insurrezione del Montenegro nel '41, oppure abbastanza dopo il confino vissuto nella zona montagnosa del Turnovo, nel 1952.
Inutile tentare un qualsiasi abbozzo di biografia in tutti questi dati. Provandosi a farlo, finisce che si trovano solo delle strane informazioni, a volte quasi sorprendenti.
C'è un giovane studente, che nel 1926 si iscrive al Partito Comunista Bulgaro: è il periodo del «terrore bianco», il governo ha imprigionato 1500 rivoluzionari, di cui 124 sono stati giustiziati e il PCB è entrato in clandestinità. Poco più tardi, al funerale di Fridman, nel 1927, lo studente Stoyan Vasilev suona al pianoforte la marcia funebre. Ma ecco che da qualche parte sbuca un tale Stoyan Vasilev, il quale risulta aver tradotto, in spagnolo e in inglese, "Sotto il giogo", un'opera classica del bulgaro Vazov; e le due traduzioni nelle due lingue, risultano essere state fatte, rispettivamente, per l'editrice argentina "Claridad" e per la "Little, Brown & Co." di Boston. Nell'introduzione, fatta dallo stesso traduttore, ci sono dei riferimenti indiretti che permettono di ubicarlo, a quel tempo, nella città di New York.
Un omonimo, con il passaporto bulgaro, ha passato 16 giorni della sua vita nella prigione del Castillo del Principe, a L'Avana nel 1934, accusato di ingresso illegale nel paese. Uscito di prigione, viene imbarcato sulla Covadonga che avrebbe dovuto sbarcarlo a Vigo, in Spagna, ma sparisce poche ore prima che il battello attracchi a Cadice. Nella versione del 1935 del film "La chiave di vetro", c'è un attore chiamato Stoyan Vasilev che lavora con Humprey Bogart .
Intanto, la polizia bulgara emette un mandato di cattura contro Stoyan Vasilev, che ha sparato su due gendarmi che cercavano di impedire una riunione in una fabbrica tessile a Sofia. E' il 16 giugno del 1935.
Quello stesso giorno, a Flandes, un omonimo vince la terza tappa del giro ciclistico, protagonista di una fuga solitaria di 112 chilometri. Stoyan Vasilev sviene dopo aver tagliato il traguardo.
Ma Stoyan Vasilev partecipa anche al reclutamento e alla formazione del gruppo bulgaro che andrà a combattere nella guerra di Spagna. Organizza il contingente pescando fra i lavoratori del legname di Sofia e tra alcuni quadri studenteschi del PCB. Il gruppo si riunisce in Francia, a Parigi - distretto 19 - prima di penetrare in Spagna.
Così, nel marzo del 1937, sembra fosse capitano nel Battaglione Garibaldi della XII Brigata Internazionale, durante la battaglia di Guadalajara.
Nel racconto di Hemingway, "Sotto la collina" - che fa parte dell'antologia "La quinta colonna" - l'autore nordamericano parla di un bulgaro che descrive nel seguente modo: «di statura media, molto robusto, con mani da pianista; non ho mai capito se era un tipo serio o no. Le labbra serrate, ma gli occhi brillanti e molto aperti, i capelli crespi e ribelli di color paglierino, zoppicava leggermente.»
C'è una foto, pubblicata sull'Isvestia del 2 maggio del 1939 che lo mostra in tribuna, nella Piazza Rossa durante la sfilata del 1° Maggio. Lì si trova a sei posti di distanza a Stalin, da sinistra a destra. Il suo nome non compare. Strano!
In due storie di Milovan DJilas, dove viene raccontata l'insurrezione del Montenegro nel 1941, viene menzionato con un certo rilievo l'inviato dell'Internazionale Comunista, il bulgaro Vasilev, conosciuto da molti quadri del PC Jugoslavo, ai quali era unito da relazioni di amicizia intrecciati durante la guerra di Spagna. Viene citato solo il suo cognome.
C’è anche un calciatore bulgaro chiamato Stoyan Vasilev risulta nella squadra del Liverpool. Per tutto il campionato non giocherà una sola partita. In una nota, pubblicata sul Times del16 giugno 1942, il difensore Kerry lodava Vasilev, per quanto segnalava che gli era stato difficile riprendersi da una lesione al ginocchio.
Nel giugno del 1943, il commerciante di bestiame Stoyan Vasilev diventa vedovo e padre di una bambina, che viene chiamata Maria. La madre, che muore di parto nell'ospedale di Sofia per una setticemia, si chiamava Ana Martinez, nativa di Logrono, Spagna.
Secondo una denuncia, pubblicata a Parigi dalla quarta internazionale, il 25 novembre 1952, Stoyan Vasilev, veterano delle brigate internazionali in Spagna è uno dei quadri dirigenti della guerriglia comunista bulgara contro i nazisti, sarà anche uno dei 154 detenuti a causa delle purghe in seno al PCB.
Nell'edizione del 5 giugno 1961 del giornale dell'Avana, Revolucion , si riporta che un tale Stoyan Vasilev fa parte della delegazione bulgara che si incontra con Fidel Castro. Nell'edizione del giorno seguente, sotto il titolo «Guerriglieri di due generazioni collaborano alla costruzione di una scuola» si pubblica il testo seguente: «Vasilev, con i suoi 55 anni, non ha avuto paura della pala ed ha partecipato, in una giornata di lavoro volontario, con il ministro dell'Industria, Ernesto Che Guevara, alla costruzione di una scuola.» Sotto il testo, si nota una fotografia dove si possono vedere il Che e Vasilev che riempiono una carriola a badilate, entrambi molto sudati. Il cubano-argentino a torso nudo e il bulgaro in maglietta e con un fazzoletto legato in testa.
Vari reportage, firmati Stoyan Vasilev, appaiono in riviste bulgare di ampia diffusione, fra il 1961 e il 1967. Riguardano avvenimenti come l'insurrezione congolese, le elezioni in Venezuela, la vita quotidiana in Portogallo sotto la dittatura di Salazar, la morte di Ben Barka, ecc.
Anche la prefazione all'edizione bulgara del diario del Che in Bolivia, pubblicata all'inizio del 1969, è firmata Stoyan Vasilev.
Storie, forse solo storie. Come il suo progetto di elaborare e redigere un Libro Nero sulla guerra di Spagna, con la lista dei pistoleri che avevano agito contro gli internazionalisti su ordine di Yezhov e di Stalin.
Un elenco con nomi, indirizzi e dati che avrebbero dovuto permettere di poterli mandare tutti all'inferno con una pallottola nella tempia!
Un libro che avrebbe reso giustizia ai comunisti che erano morti in Spagna per mano dei carnefici del loro stesso partito.
No, non si trattava di una decisione avventata. Ma era una riflessione logica formatasi lentamente nella testa di Vasilev, maturata in cinque anni di carcere e due di esilio. Era un regolamento di conti in famiglia. Non ne fece mai di nulla.
Storie, forse solo storie, come quella che raccontava che fosse diventato amico intimo di Raul Sendic, e che quando viaggiava su aerei della KLM e dell'Air France tracciasse la stella tupamara sulle pareti dei bagni.
Storie, le ultime, come quella che racconta di una foto scattata a Managua, dove Stoyan si può vedere sottobraccio a Carlos Machado, in cima ad un blindato, e stanno gridando qualcosa, stanno raccontandosi a urla una storia, per potersi sentire fra le grida di giubilo della popolazione che si è riversata nelle strade.
Forse cercava di spiegare come si fa a vivere con in testa una popolazione di fantasmi.
Ad esserne, addirittura, innamorato dei fantasmi.
E, alla fine, i fantasmi lo avranno portato via.
Via dalla realtà. Una realtà sempre più bulgara.
- già pubblicato sul blog l'11 aprile 2007 -
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