Nel suo saggio su Bataille e il «paradosso della sovranità», Giorgio Agamben scrive: «In quell'istante, tra le immagini che [Pierre Klossowski] conservava ancora ben vivide nella memoria, c'era anche quella di Benjamin con le mani alzate in un gesto di avvertimento (e Klossowski, nel momento in cui la evocava, si era messo in piedi per imitarlo) mentre continuava a ripetere - a proposito dell'attività del gruppo Acéphale e, in particolare delle idee esposte da Bataille nel saggio sulla «nozione di dépense» (che era apparso tre anni prima su Critique sociale) - «Voi lavorate per il fascismo!».
Al di là dei numerosi aspetti discutibili della prospettiva estremista di «sbalordire il borghese», di Georges Bataille - in relazione al fascismo -, il punto più evidente di contrasto riguarda la sua continuamente reiterata affermazione del valore dell'eterogeneità e la sua valorizzazione del sacrificio, non a causa della sua incidenza su un insieme di vittime espiatorie «abiette», bensì sul gruppo stesso, o sull'individuo. Tuttavia, l'idea di comunicazione, o apertura all'altro, che richieda un dispendio o una trasgressione eccessivi, è sintomatica di tutta una serie di presupposti individualisti di ordine quasi autistico, che possono essere smontati solo attraverso una forma di distanziamento estremo dall'«io».
Tutte queste questioni che attengono all'opera/vita di Bataille, possono essere pensate a partire dal saggio "Tradizione e talento individuale", del suo contemporaneo T.S. Eliot, pubblicato nel 1919, secondo cui: il talento individuale dell'artista non rimane legato all'ispirazione, ma piuttosto al lavoro di spersonalizzazione (come nell'eteronimia in Fernando Pessoa); l'artista è un medium, scrive Eliot, è un circuito del passaggio che collega passato e presente (si tratta di deviare l'interesse, portandolo «dal poeta alla poesia», scrive ancora Eliot, anticipando così quello che scriverà Borges qualche anno dopo nel racconto sul fiore di Coleridge, in "Altre inquisizioni").
Intorno al 1938, Paul Valéry scriveva: «La Storia della letteratura non dovrebbe essere la storia degli autori e degli incidenti della loro carriera, o della carriera delle loro opere, ma piuttosto la Storia dello Spirito in quanto produttore o consumatore di letteratura. Una simile storia potrebbe essere portata a termine senza menzionare un solo scrittore.»
Nel suo saggio del 1919 su "Tradizione e talento individuale", T.S. Eliot parla della poesia del presente (dell'arte del presente) come di un evento sfaccettato che non interviene esclusivamente sul suo contesto immediato, ma che riorganizza anche la tradizione, il passato e la rilettura delle opere già lette (quasi venti anni dopo, Benjamin rappresenta il rovesciamento dialettico di questa idea con la frase della sua VI Tesi: «se il nemico vince, neanche i morti saranno al sicuro»). L'artista è un medium che agisce come se fosse il direttore di forze eterogenee di temporalità diverse; di conseguenza, l'arte del presente interferisce creativamente sul panorama sociale, politico e affettivo immediato, nel mentre che riorganizza, «in maniera agonistica», anche le esperienze di quanto è avvenuto in passato.
Dieci anni dopo il saggio di Eliot, nel 1929, Bataille dà inizio alla rivista Documents: un progetto in cui si percepisce chiaramente questo gioco di riconfigurazione dell'arte del passato che avviene a partire dall'arte del presente, in un gioco di rimontaggio che non avviene in maniera cronologica, ma piuttosto a partire da quelli che sono dei salti e delle contrapposizioni, dei contrasti (ed è proprio parlando di un tale contesto che Didi-Huberman scrive che «l'anacronismo fabbrica la storia.»). Documents fa circolare, per la prima volta, le opere di Picasso, di Mirò e di Giacometti, insieme a «tutto un corpo di opere d'arte antica finora rifiutata dagli studi tradizionali, anche in ambito occidentale (Giovanni di Paolo, Piero di Cosimo, Antoine Caron)».
La citazione di Didi-Huberman è tratta dal libro che egli dedica al «gaio sapere visuale» di Bataille - "La ressemblance informe" - e prosegue mostrando lo specifico e particolare metodo di montaggio di immagini della rivista Document: «Un disegno di Delacroix che viene riprodotto a qualche pagina di distanza in cui si vedono per esempio gli orribili ex voto di Notre-Dame de Liesse; oppure, un paesaggio di Constable che viene mostrato non lontano dalla fotografia di un incidente stradale; o ancora, un quadro di Fernand Léger che si trova accanto alla mummia di un cane...».
In Documents, per esempio, la contrapposizione tra «Belle Arti» ed «Etnografia» permette non solo di poter commentare criticamente l'arte del presente (Picasso e le maschere africane), ma anche di vedere l'interferenza riguardo ciò che è convenzionalmente stabilito rispetto all'arte antica o rinascimentale (la contrapposizione tra l'uomo acefalo e quello vitruviano).
fonte: Um túnel no fim da luz
Nessun commento:
Posta un commento