mercoledì 3 marzo 2021

Quella figurina, tenetela da parte...

Le macchine mitologiche dell'Homo sapiens
- di Leonardo Ambasciano -

Siamo dei primati eminentemente sociali e altamente sensibili alle dinamiche di potere, allo status individuale, e alle gerarchie sociali, fino al punto da spendere una considerevole quantità del nostro tempo e delle nostre risorse per ottenere beni di prestigio, per seguire individui carismatici, e per possedere oppure accedere a dei luoghi considerati speciali, sacri o rilevanti dal nostro gruppo (Shryock and Smail 2011; Paden 2016). Se non mi credete, basta andare a dare un'occhiata a tutti quegli oggetti pop che vengono messi all'asta per delle somme da capogiro, e che vanno dai fumetti d'epoca all'armamentario sportivo e cinematografico. Nel 2003, per esempio, Todd McFarlane, autore di fumetti, ha comprato la palla da baseball del 70° home run di Mark McGuire, del 1998, per 3 milioni di dollari. Oggi come oggi, i fumetti della Golden Era in buone condizioni vengono valutati milioni di dollari (Fig.1). Non è che non si trovino palle da baseball ad un prezzo accessibile, o ristampe del #1 di Batman. Gli è che la differenza sta tutta nella nostra testa. I nostri pregiudizi psicologici e le nostre caratteristiche computazionali includono scorciatoie intuitive e limiti cognitivi modellati da pressioni socio-ecologiche specifiche della specie. Per esempio, McFarlane ha speso 3 milioni di dollari per una banale ma prestigiosa palla da baseball nel tentativo di attirare l'attenzione e dimostrare così il suo impegno nel sottogruppo coinvolto con l'industria dello sport, nel momento in cui stava ampliando il suo portafoglio imprenditoriale di licenze. Le nostre abilità cognitive sono strutturate su misura per funzionare al meglio all'interno di comunità che operano su piccola scala e che si trovano ad essere inscritte in un sistema sociale articolato a più livelli, caratterizzato da una crescente distanza personale e da una sempre più ridotta parentela e frequentazione . In quanto outsider, McFarlane si è impegnato con successo nel dare quella costosa dimostrazione di coinvolgimento che gli antropologhi chiamano CRED, ovvero, Credibility-Enanching Display [Esposizione che accresce la credibilità](Henrich 2009). Per quanto riguarda il primo numero di Batman, e mettendo da parte per un momento le speculazioni di mercato e il valore dell'investimento, sia che possediamo una semplice ristampa o il numero originale (il quale, semmai, dovrebbe essere esposto in un museo), possedendo e mettendo in mostra simili oggetti noi diventiamo parte di un significativo passato condiviso, e membri di una estesa fratellanza, immaginaria o meno. Se consideriamo il nostro potenziale attaccamento emotivo alla storia stessa, fondamentalmente ci impegniamo nella creazione di miti volti a costruire e a confermare i nostri valori morali, per affermare la nostra identità personale, e per rafforzare i nostri legami con i nostri compagni (Paden 2016). Infatti, così facendo, i pregiudizi antropomorfici del nostro cervello di primate sociale stanno facilitando la socializzazione nel gruppo, in maniera intuitivamente facile, poco costosa a livello computazionale, e facendoci risparmiare tempo: di solito, i co-specifici sono identificabili in un batter d'occhio come amici o come nemici (Fig.2).

Eppure, come sanno assai bene i truffatori di ogni tipo, i venditori di ogni genere e i politici, è sorprendentemente facile trarre vantaggio dai nostri pregiudizi filo-sociali riguardo le nostre comunità urbane e digitali composte da milioni di estranei. In un certo qual modo, la nostra propensione a ottenere o mostrare beni prestigio per dimostrare il proprio alto livello di conoscenze, per stimolare la fiducia del gruppo, e ottenere in tal modo uno status è allo stesso tempo sia una risposta alla dissoluzione della comunità limitata e basata sulla parentela sia una spinta a creare nuovi gruppi di pseudo parentela su base culturale. Le religioni post-agrarie e sedentarie facevano esattamente la stessa cosa, cioè estendere la parentela fittizia a persone non imparentate. Su questo torneremo ancora. Per il momento, limitiamoci a dire che non siamo così intelligenti, né così sapiens , come ci piace pensare. Di fatto, le nostre capacità cognitive innate non sono di alto livello, e neppure infallibili: l'evoluzione non ha alcun obiettivo finale, né una qualche sorta di perfezione, da ottenere (Jacob 1977; Gould 1989), e il nostro equipaggiamento cognitivo hardware è assai lontano dall'essere perfetto. Nel corso dell'evoluzione del loro cervello sociale, i nostri progenitori ominidi hanno davvero rinunciato ad alcune abilità cognitive chiave dei primati, che ad esempio ha portato ad una perdita di capacità memonica e di abilità nell'interpretazione contestuale. Uno scimpanzé può batterci facilmente in un test di abilità nella memorizzazione  (Matsuzawa 2013). In origine, tutto ciò che poi sarebbe diventato parte dei nostri pregiudizi innati, erano solo delle scorciatoie abbastanza affidabili ed efficaci che costituivano una reazione sicura in specifiche circostanze ambientali. Per esempio, non c'è alcun male nel generalizzare e supporre che qualsiasi movimento percepito, qualsiasi debole suono, o ogni figura distante potrebbero essere qualcuno o qualcosa in agguato che ci sta aspettando con intenzioni aggressive. Certo, potrebbe essere il vento che soffia tra quei rami o fra i cespugli, ma se si trattasse di un predatore affamato o di un nemico umano nascosto che ci sta aspettando? Non è difficile immaginare come i nostri antenati più di successo fossero quegli individui che assumevano come plausibile quello che era lo scenario peggiore, e di conseguenza evitavano che i loro geni venissero filtrati dalla loro corsa per la vita. Tuttavia, l'effetto Baldwin risultante da questo processo di filtraggio, combinato alla nostra forte propensione innata a identificare e interagire con i nostri nuovi conspecifici, nel tempo, più tardi ha portato a una disfunzione cognitiva. Come conseguenza, per esempio, vediamo dei volti umani nelle nuvole, oppure dei santi apparire nella muffa su un muro , senza che da parte nostra, nel farlo, ci sia alcuno sforzo cosciente (Guthrie 1993; Fig. 3).

Simili distorsioni intuitive sono legioni. Siamo perseguitati e ossessionati da una pletora di percezioni e schemi cognitivi folkloristici innati di tipo psicologico, biologico ed economico, nessuno dei quali offra una comprensione affidabile di come funzioni davvero il mondo, ma che costituiscono solo delle scorciatoie, intuitive, a malapena sufficienti, e a volte del tutto inaffidabili (Boyer 2001; Boyer and Petersen 2017). Sono stati proposti altri pregiudizi, visti come se fossero il risultato evolutivo di tali pressioni sociali evolutive, ad esempio, come la deferenza verso l'autorità, il conformismo al gruppo, il pregiudizio legato al prestigio, e perfino dei ragionamenti argomentativi (Mercier and Sperber 2011). Sfortunatamente, tutti questi pregiudizi possono essere facilmente sfruttati e cooptati per promuovere una mentalità «Noi contro Loro», qualora sganciati da una valutazione ed un controllo riflessivi, ponderati, calmi e critici; la cui assenza ci rende proni a impegnarci in comportamenti potenzialmente violenti contro qualsiasi gruppo esterno (Atran 2011: 431-440; Turner et al. 2018; Ambasciano 2019: 151-154; cf. Kahnemann 2011).
L'interazione serendipitaria tra (A) processi innati, potenzialmente erronei e sub-ottimali a livello computazionale, adatti a funzionare in società su piccola scala, e (B) uno sviluppo tecnologico a scatti e con delle accelerazioni tipo di comunità ultra-sociali forti di milioni di persone, a lungo termine, ha finito per amplificare credenze e comportamenti disadattivi. Anche ciò che nella storia profonda del nostro genere avrebbe potuto essere stato in qualche modo adattivo, in un ambiente sociale e tecnologico in rapida mutazione può portare a delle risposte del tutto disadattive (Martin and Wiebe 2016: 45-128). La parentela su piccola scala geneticamente correlata, è stata effettivamente «ingannata e modificata» cognitivamente, attraverso «narrazioni di discendenza» fittizie e moralizzanti (Martin 2014: 97),  al fine di ospitare una «parentela immaginaria»  (Atran 2011: 430-440). Anche se la linea sociale di base dei cacciatori-raccoglitori, che si fondava sulla «gerarchia a dominio rovesciato» [*], impediva (e in certi luoghi impedisce ancora) che si verificassero significative ineguaglianze sociali, nel tempo l'istituzionalizzazione del sedentarismo, dell'agricoltura, e dell'allevamento ha portato sia alla sovrappopolazione che all'accumularsi di un surplus economico a favore di un'élite di accaparratori di ricchezza. Questo cambiamento epocale, sebbene all'inizio fosse limitato geograficamente, fece inclinare l'equilibrio sociale a favore della creazione di politiche rigidamente gerarchizzate, di organizzazioni di tipo sacerdotale, e di dogmi (cf. Boehm 1999; Gowdy and Krall 2016; Scott 2017).  In questo ambiente storico senza precedenti, gli inadeguati meccanismi intuitivi del cervello sociale dell'Homo sapiens sarebbero stati ricorrentemente sfruttati o imbrogliati, sia in maniera conscia che inconscia, per creare macchine mitologiche; concetto questo originariamente coniato da Furio Jesi (1941-1980), pioneristico studioso italiano di Religioni, per mezzo del quale egli descrive: «l'utilizzo dinamico del discorso [religioso] al fine di riprodurre strutture di potere e di generare all'interno di una "comunità immaginata" un sistema istituzionale di autorità» (Ambasciano 2019: 8; per approfondire: Jesi 2011). I poteri hanno perciò costruito delle macchine mitologiche per armeggiare con i nostri innati pregiudizi ed esercitare potere e controllo sui subordinati. Il risultato finale è stato quello di ottenere mitografie storicamente fallaci, ma che erano in grado di attrarre l'attenzione, e che «massimizzavano la coesione del gruppetto a spese delle relazioni di gruppo,» mantenendo lo status quo sociale nel mentre che allo stesso tempo giustificava sia la disuguaglianza gerarchica del gruppetto che disumanizzazione del gruppo esterno (Dunbar 2013: 61; cf. McCauley 2011; Sapolsky 2017).
Ancora non ci sono state crociate per il possesso di reliquie pop, quali i fumetti dei supereroi della Golden Age o i cimeli sportivi, ma se la morale sociale ed economica dovesse cambiare sufficientemente, o dovesse collassare (e non ho alcuna difficoltà a immaginare la società distopica di un Mad Max, di un Waterworld, o di quella di The Road), allora i meccanismi socio-cognitivi che entrerebbero in gioco in questi ipotetici casi sarebbero esattamente gli stessi che hanno alimentato il sorgere e la crescita della violenza tra differenti fazioni religiose e politiche: tra un «Noi» che reclama qualcosa di prestigioso da un «Loro» potenzialmente disumanizzato. Anche in quello che potrebbe essere il miglior scenario possibile, vi consiglio di tenere da parte finché potere la vostra maglietta originale del film Jurassic Park del 1993... non si sa mai; potreste averne bisogno per mercanteggiare mentre un giorno vi troverete a cercare di assicurarvi una bottiglia d'acqua.

- Leonardo Ambasciano - Pubblicato il 15/1/2021 su Leonardo Ambasciano Blog -

[*]: N.d.T.: Cristopher Bohem, in "Hierarchy in the Forest" (vedi riferimenti) ha definito come società aventi "gerarchia a dominio rovesciato": all’interno delle quali «tutti i maschi adulti costituiscono una coalizione per impedire che uno di loro, da solo o con pochi alleati, possa dominare gli altri».

Riferimenti:

- Ambasciano, Leonardo. 2019. An Unnatural History of Religions: Academia, Post-truth, and the Quest for Scientific Knowledge. London and New York: Bloomsbury.
- Atran, Scott. 2011. Talking to the Enemy: Sacred Values, Violent Extremism, and What It Means to Be Human. London: Penguin.
- Boehm, Cristopher. 1999. Hierarchy in the Forest: The Evolution of Egalitarian Behavior. Cambridge, MA and London: Harvard University Press.
- Boyer, Pascal. 2001. Religion Explained: The Evolutionary Origins of Religious Thought. New York: Basic
- Boyer, Pascal and Michael Bang Petersen. 2017. “Folk-economic Beliefs: An Evolutionary Cognitive Model.” Behavioral and Brain Sciences 41: e158. https://doi.org/10.1017/S0140525X17001960
- Dunbar, Robin. 2013. “The Origin of Religion as a Small-scale Phenomenon.” In Steve Clarke, Russell Powell, and Julian Savulescu (eds), Religion, Intolerance, and Conflict, 48-66. Oxford University Press: Oxford.
- Dunbar, Robin. 2014. Human Evolution. London: Penguin.
- Gowdy, John and Lisi Krall. 2016. “The Economic Origins of Ultrasociality.” Behavioral and Brain Sciences 39, e92. https://doi.org/10.1017/S0140525X1500059X
- Gould, Stephen J. 1989. La vita meravigliosa. I fossili di Burgess e la natura della storia - Feltrinelli 1990
- Guthrie, Stewart E. 1993. Faces in the Clouds: A New Theory of Religion. New York: Oxford University Press.
- Henrich, Joseph. 2009. “The Evolution of Costly Displays, Cooperation and Religion: Credibility Enhancing Displays and their Implications for Cultural Evolution.” Evolution and Human Behavior 30(4): 244–260. http://dx.doi.org/10.1016/j.evolhumbehav.2009.03.005
- Jacob, F. 1977. ‘Evolution and Tinkering.’ Science 196(4295): 1161–6. https://doi.org/10.1126/science.860134
- Jenkins R., A. J. Dowsett, and A. M. Burton. 2018. “How Many Faces Do People Know?” Proceedings of the Royal Society B 285: 20181319. http://dx.doi.org/10.1098/rspb.2018.1319
- Jesi, Furio. 2011 [1979]. Cultura di destra. Con tre inediti e un’intervista .Edited by A. Cavalletti. Rome: nottetempo.
- Kahneman, Daniel. 2011. Pensieri lenti e veloci, Milano: Mondadori, 2012
- Martin, Luther H. 2014. Deep History, Secular Theory: Historical and Scientific Studies of Religion. Boston and Berlin: De Gruyter.
- Martin, Luther H. and Donald Wiebe (eds.) 2016. Conversations and Controversies in the Scientific Study of Religion: Collaborative and Co-authored Essays by Luther H. Martin and Donald Wiebe. Leiden and Boston: Brill.
- Matsuzawa, Tetsuro. 2013. “Evolution of the Brain and Social Behavior in Chimpanzees.” Current Opinion in Neurobiology 23(3): 443-449. https://doi.org/10.1016/j.conb.2013.01.012
- McCauley, Robert N. 2011. Why Religion Is Natural and Science Is Not. New York and Oxford: Oxford University Press.
- Mercier, Hugo and Dan Sperber (2011). “Why Do Humans Reason? Arguments for an Argumentative Theory.” Behavioural and Brain Sciences 34(2): 57–74. https://doi.org/10.1017/S0140525X10000968
- Paden, William E. 2016. New Patterns for Comparative Religion: Passages to an Evolutionary Perspective. London and New York: Bloomsbury.
- Sapolsky, Robert. 2017. Behave: The Biology of Humans at Our Best and Worst. London: Penguin.
- Scott, James C. (2017). Le origini della civiltà. Una controstoria (2018). Einaudi
- Shryock, Andrew and Daniel L. Smail (eds). 2011. Deep History: The Architecture of Past and Present. Berkeley, Los Angeles and London: University of California Press.
- Turner, Jonathan H., Alexandra Maryanski, Anders K. Petersen, and Armin W. Geertz. 2018. The Emergence and Evolution of Religion by Means of Natural Selection. London and New York: Routledge.

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