giovedì 11 marzo 2021

Per Mare

All’interno del grande bacino mediterraneo, le religioni antiche viaggiano. Viaggiano gli dèi nei racconti mitologici, e viaggiano i culti sulla scia dei profeti, dei migranti, dei deportati, dei rifugiati, di quanti vanno in cerca di fortuna. Le religioni antiche sono una rete di relazioni: vengono trapiantate, si mescolano; gli dèi passano da una cultura all’altra. Attraversando il mondo mesopotamico, egizio, fenicio, giudaico, greco e romano, il volume racconta una quindicina di questi viaggi che mettono in gioco aspetti fondamentali delle religioni antiche: il nome degli dèi, la loro immagine, la loro traduzione, le strategie rituali, il ruolo dei testi, lo statuto delle donne o degli stranieri, l’immaginario mitico, l’atteggiamento nei confronti della morte e dell’aldilà, il radicamento di un santuario, il rapporto con il potere.

(dal risvolto di copertina di: Corinne Bonnet, Laurent Bricault, «Divinità in viaggio. Culti e miti in movimento nel Mediterraneo antico». Il Mulino pp.280, € 20)

Che traffico frenetico nel Mediterraneo! Erano dèi ed eroi in viaggio con le loro statue
- Da Serapide a Teseo, da Asclepio ai santi cristiani, idoli e culti seguivano coloni, conquistatori e mercanti -
di Giulio Guidorizzi

In un anno imprecisato del III secolo a.C., un certo Apollodoro si trasferì dall’Egitto a Delo, l’isola natale di Apollo ma anche, all’epoca, grande emporio commerciale. Insieme alla famiglia portò con sé una statua del suo dio più venerato, Serapide. Era un dio benevolo e propizio: appariva nei sogni, guariva i malati, proteggeva i suoi devoti. Apollodoro fece fortuna, visse fino a novantasette anni e lasciò le sue sostanze al figlio Demetrio. Il figlio di costui si chiamava, come il nonno, Apollodoro. Una notte Serapide gli comparve in sogno e gli disse che era stanco di essere venerato in un tempietto domestico; era ora di costruirgli un santuario pubblico, e gli indicò il luogo. Il giorno seguente, Apollodoro il giovane andò a visitare quel sito e trovò un cartello con l’equivalente di «vendesi». Era uno spazio incolto e pieno di rifiuti. Apollodoro lo comprò a poco prezzo e in sei mesi fece costruire un tempio dove trasportò la statua del dio. Ma la storia non finì qui. Alcuni abitanti di Delo - scandalizzati perché questo emigrante aveva osato promuovere pubblicamente il culto del suo dio in quella che era la patria di Apollo- gli fece causa, con pretesti che non conosciamo. Ma quando venne il giorno del processo, Serapide trovò modo di aiutare il suo fedele: bloccò la lingua degli accusatori, cosicché essi non riuscirono a spiccicare parole in tribunale e Apollodoro il giovane fu assolto.

Conosciamo questa storia edificante da un paio di iscrizioni scoperte durante gli scavi francesi agli inizi del XX secolo, che portarono alla luce il tempio di Serapide a Delo; ne parla, tra le altre cose, il molto ben documentato libro di Corinne Bonnet e Laurent Bricault Divinità in viaggio. Culti e miti in movimento nel Mediterraneo antico. Il libro tocca un aspetto fondamentale dei culti politeistici e dello spirito religioso in generale, perché (come scrivono gli autori) «gli dei in effetti sono al tempo stesso radicati in un territorio e legati a una comunità che istituisce e perpetua il loro culto: ma sono anche in perenne movimento, rapidi ubiqui, perfino inafferrabili».

Gli dei pagani viaggiavano, si fondevano con divinità locali, generando nuovi culti che a loro volta viaggiavano e si innestavano su culti precedenti. La religione pagana non era fatta di dogmi e di teologia, ma di rituali e miti; se dovessimo spiegare qual è la differenza fondamentale tra le religioni monoteiste e quelle politeiste, potremmo dire che le prime procedono per sostituzione, eliminando credenze precedenti, le seconde per moltiplicazione, aggiungendo. Venerare Serapide non significava disdegnare Zeus o Apollo. Ovunque c’è movimento vorticoso, perché un dio pagano è fatto in sostanza dalla somma delle azioni dei suoi fedeli. A Epidauro il dio Asclepio compariva ai fedeli addormentati nel santuario e li guariva miracolosamente: ma questa «Lourdes pagana» non era la sola. Asclepio era molto affaccendato a comparire in sogno nei molti Asclepiei che sorgevano nel mondo mediterraneo, uno persino sull’isola Tiberina a Roma.

Gli dei viaggiavano, insieme alle statue e ai culti praticati da mercanti e fedeli; a volte anche da predicatori. Il libro di Bonnet e Bricault ne mostra una serie di esempi, dalla Mesopotamia alle origini del Cristianesimo, ciascuno dei quali si può definire un’avventura devota: le popolazioni sconfitte, o meglio i loro idoli, erano oggetto di «Godnapping» perché la loro forza proteggesse i vincitori; altri venivano chiamati ad immigrare, come accadde a Cibele , in forma di statua, che durante la guerra annibalica, nel 205 a.C., fu importata a Roma su una nave. Giunta sulle rive del Tevere, la nave s’incagliò: segno che la dea esitava a trasferirsi presso i Latini. Non ci fu modo di smuoverla dal centro del fiume: sembrava che avesse messo le radici. Allora si fece avanti la vestale Claudia Quinta che si sciolse la cintura, la legò alla prua della nave e la condusse senza sforzo, come un guinzaglio, sino all’ormeggio. Un miracolo. Trasportare un oggetto divino può essere un furto lecito. Anche nel Cristianesimo una reliquia, così come un culto di un dio dell’antichità, aveva non soltanto un’importanza religiosa, ma anche identitaria.

Che sarebbe, per esempio, Venezia senza la presenza di San Marco, il cui corpo fu rubato ad Alessandria d’Egitto da due mercanti e portato di nascosto in riva alla Laguna? Il libro di Bonnet e Bricault contribuisce a chiarire - anche a un pubblico non specialista - che il sacro non è solo una dimensione dello spirito, ma diventa un dato antropologico, identitario, persino teatrale: la statua del dio o la reliquia del santo devono essere onorate pubblicamente, diventando parte della cultura cittadina. Qui la demarcazione tra culti pagani e pratiche cristiane tende a diventare indistinta; spesso, i culti dei santi ereditarono semplicemente quelli pagani, coprendoli con un velo che per gli storici delle religioni è abbastanza facile da alzare. Leggendo Pausania, che nel II secolo d.C. scrisse una Guida della Grecia, ci s’imbatte continuamente nella descrizione di reliquie eroiche custodite nei santuari che formavano oggetto di meraviglia e devozione. I braccialetti di Elena, la tomba di Edipo o di Ettore (contese tra varie città), scudi di eroi del mito erano religiosamente conservati. La più prestigiosa si custodiva a Delfi: era la pietra che Crono aveva ingurgitato al posto di Zeus e che poi aveva vomitato facendola cadere a Delfi, dove riceveva onori di culto: era avvolta di bende di lana e unta d’olio nei giorni di festa.

- di Giulio Guidorizzi - Pubblicato su Tuttolibri del 27/2/2021-

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