domenica 7 marzo 2021

Come in uno specchio...

Gli Aborigeni, questi anarchici impenitenti...
- di Christophe Darmangeat -

Gli scritti del 19° secolo sull'Australia, sono pieni di descrizioni degli Aborigeni, ed hanno vari gradi di interesse a seconda della conoscenza che i testimoni (occidentali) avevano del soggetto, a seconda della loro capacità di osservazione e dei loro talento di scrittori. Qualcuno attrae l'attenzione grazie alla capacità di cogliere nel vivo e restituire in poche righe le caratteristiche significative di queste società prive di gerarchia politica e ineguaglianze economiche. Riescono in qualche modo a tratteggiare dei comportamenti che ci parlano come se fossero dei trattati di antropologia sociale. Ne ho appena scoperto uno, dovuto all'esploratore Charles Willkes, il quale viaggiò intorno al mondo nei primi anni 1840 e registrò le sue memorie. Non resisto alla tentazione di tradurne alcuni paragrafi, talmente istruttivi sulla società aborigena da riuscire a rifletterla come in uno specchio, riferendola in questo ai nostri rapporti sociali e al modo in cui essi orientano il nostro giudizio. Sull'egualitarismo economico e i valori che venivano insegnati ai giovani, Wilkes scrive; tradendo indubbiamente un certo irenismo rispetto al potere degli anziani:

«Quando comincia l'iniziazione dei giovani, si richiede loro di mostrare un'implicita obbedienza ai loro anziani, Questo sembra essere l'unico controllo che conoscono, e appare assolutamente necessario per poter preservare nelle relazioni sociali l'ordine e l'armonia, così come serve a compensare la mancanza di distinzioni di rango tra di loro. Allo stesso modo, i giovani vengono sottoposti a delle restrizioni alimentari: vengono loro vietate le uova, il pesce, o le parti migliori dell'opossum e del canguro. Di conseguenza, la loro dieta è di scarsa qualità, ma con il trascorrere del tempo queste restrizioni vengono rimosse, anche se ancora non sappiamo a che età questo avvenga. In ogni caso, una volta diventati uomini maturi, sono liberi di nutrirsi in assoluta libertà. Lo scopo di tutto questo non è solo quello di abituarsi a un modo di vita semplice e rude, ma piuttosto anche di insegnare loro a fornire il necessario agli anziani, e a vietare loro di tenere tutto per sé. Il loro carattere ignora l'egoismo, e tutti gli osservatori rimangono colpiti dalla loro abitudine di dividere tra di essi tutto ciò che ottengono, un altruismo che raramente può essere osservato tra le nazioni civilizzate.» (p.125)

Quanto all'atteggiamento che hanno gli Aborigeni verso la gerarchia, ciò non potrebbe essere espresso meglio di quanto viene fatto in queste poche righe nelle quali l'ufficiale di marina Wilkes appare essere  tanto ammirato quanto indignato:

«I nativi del Nuovo Galles del Sud sono una razza orgogliosa e di forte temperamento; ogni uomo è indipendente dal suo vicino, non riconoscendo alcun superiore e non mostrando alcuna deferenza; la loro lingua non possiede parole che possano designare un capo o un superiore, né descrivere il comandare o il servire. Ciascun individuo si preoccupa della propria sussistenza e fabbrica i propri utensili domestici e le sue armi; e, se non fosse per l'amore che hanno della compagnia, potrebbero benissimo vivere in disparte solo con la propria famiglia, isolati da tutti gli altri, senza per questo dover sacrificare alcun tipo di vantaggio. Questa indipendenza conferisce loro un'aria di arroganza e di insolenza, e non c'è niente che possa indurli a riconoscere qualcuno come un superiore, o a mostrare a partire da questo un segno di rispetto. Per meglio illustrare tutto ciò, devo dire che il missionario Mr. Watson è "l'unico uomo bianco il cui nome viene pronunciato preceduto da Mister", E lui crede che questo sia dovuto soprattutto a causa dell'abitudine acquisita quando erano bambini sotto la sua autorità. A tutti gli altri, qualsiasi sia il loro rango, si rivolgono con il loro nome di battesimo o con un soprannome. Ciò non è dovuto all'ignoranza da parte loro, dal momento che tutti sanno che essi comprendono le distinzioni di rango tra i bianchi, e sono continuamente testimoni della subordinazione e del rispetto che si esige tra questi. Il loro senso di indipendenza li spinge a trattare sempre anche la persona più alta in grado come se fosse loro pari. Quando si chiede loro di lavorare, in genere rispondono: "I Bianchi lavorano, non i Neri"; e quando entrano in una stanza non rimangono mai in piedi, ma immediatamente si siedono.» (p.124).

- Christophe Darmangeat - Pubblicato il 2/3/2021 su La Hutte des Classes -

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