venerdì 5 giugno 2020

Ritorni più o meno eterni

Ritorno alla normalità del capitalismo?
- Le discussioni e l'attivismo intorno al coronavirus si intensificano e assumono i caratteri di uno spaventoso irrazionalismo -
- di Herbert Böttcher -

Chi è che offre di più?
A quanto pare, non c'è nessun modo per fermare il de-confinamento ed il ritorno alla normalità capitalistica. I primi ministri dei vari Länder tedeschi stanno facendo a gara per superarsi l'un l'altro negli esercizi di de-confinamento. I politici cedono alle pressioni economiche e psicologiche e/o ne aggiungono a loro volta delle altre. Ovviamente, con quello che è stato il discredito generale dei virologhi che è stato messo in atto, è stato risolto un dibattito relativo ai contenuti circa le conoscenze virologiche. Il Partito Liberale Democratico (FDP) ha dichiarato che il sotto-utilizzo degli ospedali sarebbe la prova che «i virologhi» hanno dipinto scenari da film horror. Ormai non c'è più alcun bisogno di perdere tempo a continuare a riflettere sul fatto che gli scenari da film horror avrebbero potuto essere evitati, dal momento che i politici - pure sotto la pressione delle immagini proveniente dall'Italia e dalla Spagna - hanno tratto le corrette conclusioni a partire dal lavoro dei virologhi. Anziché una discussione che si relazioni al contenuto delle diverse scoperte scientifiche, si fa invece ricorso ad una sorta di sentimento istintivo e ad un approccio che viene supposto come di «buon senso comune». Il pubblico vuole libertà, «libero transito per cittadini liberi» nella normalità del capitalismo. Tutto questo include negozi, centri commerciali, capannoni di mobili, ecc., e per ultima, ma non meno importante, l'offerta dell'industria dell'intrattenimento e degli eventi - includendo in questa la Lega di Calcio Tedesca, la quale è particolarmente apprezzata dai Primi Ministri. Nel vendere le sue partite alle TV a pagamento, la Lega Calcio ha escluso molti tifosi, ed ora evidenzia quale sia la sua importanza sociale ai fini della coesione della società.
Tutto questo non può più aspettare, poiché si presuppone che l'economia tornerà a funzionare, ma anche perché ci sono molti che non sopportano la situazione a causa del proprio ego esotericamente esaltato, e fuggono da quello che è il loro proprio vuoto. Di conseguenza, insegnanti ed educatori devono devono tornare a fare il loro lavoro, ed a preoccuparsi della discriminazione sociale nell'istruzione è proprio il Partito Liberale Democratico. Se le organizzazioni professionali dell'istruzione mettono in guardia circa i rischi per la salute, e pretendono dai datori di lavoro il dovere di tutela ed assistenza, allora corrono il rischio che la loro categoria venga screditata in quanto inflessibile, antisociale e poco solidale. Il caos conseguente alla riapertura delle scuole e degli asili è irrilevante. La vita non è un valore assoluto, come ha potuto testimoniare il Presidente del Bundestag Schäuble -  sostenuto in questo da Sarrazin e dai Verdi -, ma ad esserlo è il ritorno alla normalità capitalistica. E lo «slogan della domenica» trasmesso dal talk-show di Anne Will, è arrivato dal Partito Liberale Democratico: «chi ha paura resti a casa!», ha detto Kubicki. Questa indicazione liberale dovrebbe essere seguita dai lavoratori migranti, dal personale infermieristico e da quello scolastico - che, simultaneamente, dovrebbero reclamare al FDP quella sicurezza sociale necessaria ad attuare i consigli liberali. La critica alla mania di voler mettere in atto il de-confinamento non nega che il coronavirus sia un «inconveniente ed una seccatura» per gli anziani e i malati, soprattutto per i moribondi, per il personale infermieristico sottopagato e sovraccaricato di lavoro, per i bambini ed i giovani e per i loro genitori, per il personale degli asili nido, delle scuole e dei supermercati, per i lavoratori migranti dell'industria delle carne e dell'agricoltura, per i detenuti e per le detenute, per gli espulsi, per i senzatetto e per i richiedenti asilo, per i rifugiati che si trovano nei campi di detenzione.  Tutti loro, i quali nella normalità del capitalismo di crisi sono quelli che soffrono il disprezzo e l'esclusione, sono anche quelli che vengono più colpiti dalla situazione del coronavirus. Questo non colpisce tutti allo stesso modo, ma - così come avviene nella situazione normale - colpisce soprattutto le persone a reddito zero, o quelli con un basso reddito, colpisce le famiglie che vivono in situazioni di povertà, colpisce i lavoratori precari, i  lavoratori autonomi più modesti. Quel che è evidente e salta agli occhi è che niente di tutto questo si vede nei dibattiti o nelle manifestazioni. In primo piano si trova solamente il soggetto «autonomo» standard di quella che è la normale situazione capitalista. In particolare, a svolgere la funzione di loro avvocati sono i liberali dell'Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU) e del Partito Liberale Democratico (FDP). Li preoccupa il fatto che questo soggetto non possa più riuscire a sopportare quelle che sono irragionevoli richieste che vengono associate al coronavirus. E pertanto esigono ad alta voce, e a volte drasticamente, quelli che sono i loro diritti e le loro libertà fondamentali, chiarendo così a chi è appartengono nel capitalismo, questi diritti e queste libertà.  Tuttavia, quei luoghi in cui il de-confinamento sarebbe più urgente si trovano in secondo piano nell'agenda politica. Ma mancano progetti, test e materiale, come maschere ed indumenti che possano permettere di fare visite in sicurezza nelle case di cura, mancano strutture ospedaliere e unità di terapia intensiva. E non ci siamo ancora nemmeno soffermati a pensare a quelle circa le contraddizioni tra l'ignoranza nei paesi poveri e l'aumento delle esportazioni tedesche di armi da guerra, tra la riduzione dell'ossido di azoto e la pressione esercitata dall'industria automobilistica per avere incentivi alla rottamazione e i pacchetti di stimolo economico.

Furia incontrollabile senza distanziamento
Il weekend del 7-10 maggio ha visto una Germania infuriata. Secondo l'associazione "Colonia contro la destra" a scendere in strada è stato «un miscuglio di liberali, esoterici, anti-vaccini, negazionisti della pandemia e attori di estrema destra e di destra». nel corso delle manifestazioni, non solo non sono state rispettate le regole di distanziamento, ma sono anche state ridicolizzate, invitando i passanti a togliere le mascherine protettive. Hans -Thomas Tillschneider, membro della disciolta ala destra dell'Alternativa per la Germania (AfD), nel corso di un comizio anti-coronavirus a Magdeburgo è stato applaudito al grido di slogan come «la maschera protettiva è una museruola», oppure «contro questi ordini, dobbiamo fare orge di discussione che li annullino». Le posizioni di destra e di sinistra sembrano incontrarsi nella rabbia contro le restrizioni associate al coronavirus. Autodeterminazione, resistenza al paternalismo statale e rivendicazioni di democrazia di base sembrano essere denominatori comuni.
Alla base dell'attivismo si trova una «falsa immediatezza», la quale si basa a sua volta sull'immediatismo delle esperienze e dei fenomeni individuali, senza che questi vengano sottoposti ad una riflessione critica circa quello che è i contesto sociale. Laddove la riflessione critica e l'elaborazione della teoria critica vengono sospese, ecco che hanno il sopravvento quelle che sono fantasie cospirative. Il virus viene dichiarato inoffensivo, e la pandemia diventa una messinscena posta in atto da forze oscure. Sono addirittura le narrazioni della cospirazione, a rivendicare per sé stesse diritti e libertà civili, e fiutano odore di minaccia di un attacco mirato portato avanti dallo Stato. Il video di Ken Jebsen su YouTube, «Gates kapert Deutschland!» ["Gates dirotta la Germania"], che diffonde le solite fantasie cospirative è stato cliccato più di 3 milioni di volte in pochi giorni, dimostra quanto questo abbia influenzato profondamente gli animi di grandi gruppi di popolazione.

Il declino del «soggetto autonomo» maschile
Il «soggetto autonomo» ormai non può più sopportare tutti gli affronti derivanti dalle restrizioni imposte a causa del coronavirus e, nella sua narcisistica megalomania, e spinge ad una rottura in modo da poter tornare alla normalità dell'assoggettamento «autonomo» nella normale situazione capitalista. In quanto agente del «lavoro astratto», aveva già raggiunto i suoi limiti nella situazione normale dello stato di crisi, perché la sua libertà e le sue decisioni sono legate al dispendio di lavoro che nella crisi va in pezzi. Le promesse di «autorealizzazione» non possono essere mantenute, E coloro che non intendono rinunciare alla lotta competitiva - alla concorrenza per quelle che ormai non sono altro che delle possibilità sempre più piccole - devono adattarsi , nella loro percezione dell'attribuzione della responsabilità personale, e dotarsi di una sorta di «io imprenditoriale» che si trova così in perenne concorrenza, con prospettiva di successo sempre minori e con uno stress sempre maggiore.
Col coronavirus, anche tutti i problemi associati alla costituzione del soggetto diventano più gravi e più evidenti. La sua disintegrazione salta chiaramente agli occhi. Esso non è in grado di sopportare le restrizioni, e preme per tornare al normale assoggettamento della normale situazione capitalista, che viene celebrata come «libertà». E le cui industrie di intrattenimento e di eventi promettono, quanto meno, il sollievo per mezzo di un qualche diversivo. Anche a tal fine, è necessario che venga rimesso nuovamente al lavoro il motore a singhiozzo della valorizzazione capitalistica.
Tutto ciò che si oppone alla volontà di normalità è oggetto di attacco. E questo include sia la scienza che gli scienziati. Nel contesto dell'ostilità alla scienza,  espressa anche dai politici, diventa particolarmente evidente l'ostilità alla teoria e alla riflessione; ostilità che fa anch’essa parte della normalità del capitalismo. L'unica cosa che conti, è tutto ciò che, nella «falsa immediatezza», serve a rendere legittima la fuga dalla prigione del coronavirus. Il «soggetto autonomo», il quale riesce a pensare e ad agire solamente nel quadro della normalità capitalistica, presupposta senza alcuna riflessione, preferisce farla finita con qualsiasi ragionamento piuttosto che arrivare a comprendere la fine delle relazioni capitalistiche e, di conseguenza, la sua stessa propria fine. Comprendere le relazioni sociali e, quindi, il legame esistente tra la prigione del coronavirus e la prigione della normalità capitalista appare un po' troppo complesso, e soprattutto non sembra favorire l'impulso all'evasione.
Come sollievo, ci vengono offerte le ideologie del complotto; e grazie al cardinale Müller & soci, queste ideologie fanno il loro ingresso anche in Vaticano, nonostante Papa Francesco. Con esse si possono legittimare le proprie necessità e i propri interessi immediati: sia che si tratti della libertà di sviluppare il potere e lo splendore della Chiesa, dell'illusione nazionalista («paura significa tradimento») vista come libertà «del popolo», o che si tratti della libertà di poter approfittare delle offerte provenienti dall'industria del tempo libero e dell'intrattenimento.
Chiunque si opponga al de-confinamento diventa un nemico della libertà, un obiettore teorico e un ostruzionista scientifico. Innanzitutto, però, le esperienze negative possono essere attribuite a dei colpevoli identificabili. Chiunque intenda procedere contro di loro per diffamazione, minaccia o perfino violenza oramai non deve più sentirsi impotente, ma può dimostrare il suo potere virile e la sua capacità di azione. Così ciò che rimane è l'autoaffermazione maschile - clericale e profana. In essa, quelli che sono i ruoli e le competenze si sono modificati. Ora è forte chi esce dal confinamento, debole è chi esita. Coraggioso è colui che si espone ai pericoli o che li nega. Paurosi, e allo stesso tempo privi di qualsiasi solidarietà, sono invece quelli che, di fronte ai diffusi sconfinamenti, si preoccupano della loro salute.
Il «soggetto autonomo», sotto la coazione dell'autoaffermazione virile, va di fuori e impazzisce - arrivando all'«Amok» e all'autodistruzione. Ed è qui che si vede il risultato finale di che cosa consista il «soggetto autonomo» maschile. Sotto la coazione ad affermarsi, ma non riuscendo più a farlo in quelle che sono le condizioni capitalistiche di crisi, e come atto finale di una disperata autoaffermazione, viene spinto alla distruzione. Attila Hildmann, l'imprenditore gastronomico fantasista della cospirazione, si è molto avvicinato al fenomeno «Amok», nel momento in cui ha detto: «Se dovrò morire in quella che è la lotta per la nostra libertà, allora che avvenga con una pistola in pugno e con la testa alta.» La volontà di morire diventa un'espressione della possibilità che gli rimane di presentarsi e mettersi in scena in quanto soggetto autonomo maschile, e nel caso, anche di «portare con me alcuni dei miei nemici».

- Herbert Böttcher - Pubblicato il  27.05.2020 su Exit! - 

fonte: Exit!

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