lunedì 8 giugno 2020

«Freddo spirito geometrico»

« Claude Lévi-Strauss venne lanciato alcuni anni fa nei circoli intellettuali di New York e, più in generale, in quelli degli Stati Uniti, da un'acuta osservatrice che simpatizzava per l'intellighenzia francese: la scrittrice, romanziera, saggista, militante radicale e femminista, Susan Sontag, allieva di Simone de Beauvoir, che durante i suoi anni parigini, a metà degli anni '50, aveva frequentato la Rive Gauche.
Nel novembre del 1963, sulla prestigiosa New York Review of Books, presenta ampollosamente Lévi-Strauss come l'ultima grande figura intellettuale prodotta da una Francia che sotto questo aspetto non è per niente avara. Secondo lei, contrariamente a Sartre, il quale si oppone a qualsiasi cosa,  Lévi-Strauss farebbe parte di una tradizione nazionale che sostiene "il culto della freddezza e dello spirito geometrico".
Attuando una manovra seducente ma falsa, lo associa al nouveau roman ed al modernismo letterario - con cui sappiamo che  Lévi-Strauss aveva ben poche affinità. Allo stesso tempo, sul Times Literary Supplement, George Steiner scambia per arroganza la "freddezza" dell'opera lévi-straussiana, e fa di lui un "moralista" - nel senso del XVII secolo - sforzandosi di tradurlo per il suo pubblico anglosassone. Così, in questo modo, Lévi-Strauss, all'inizio degli anni '60 - e con un ritardo assai lungo - viene trasformato in un "eroe del suo tempo". Malgrado la difficoltà dei suoi scritti, la gioventù studentesca rimane affascinata, sia dal suo modo di pensare che dalle sue promesse. Come dirà Michel Foucault nell'introduzione al suo Le parole e le cose, «lo strutturalismo non è un metodo nuovo: è la coscienza desta e inquieta del sapere moderno». Il fremito di  inquietudine ed il "dubbio antropologico" cui  Lévi-Strauss si riferisce nel suo Corso inaugurale promuove la disciplina per coloro che meritano una vita ad essa dedicata »

(da: Emmanuelle Loyer, "Lévi-Strauss").

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