1) In un saggio del 1999 su Karl Kraus, "Otro pudor de la Historia", Edgardo Cozarinsky parla della creazione della rivista di Kraus, "Die Fackel". E non si limita solo alla rivista e alle sue condizioni di produzione, ma commenta anche lo stile e quella che è la capacità di lavorare di Karl Kraus. Cozarinsky si concentra su qualcosa che attiene alla visione del mondo di Kraus (qualcosa che compare anche nei diari di Victor Klemperer, un suo contemporaneo): per Kraus, ogni aberrazione politica ed estetica deriva da quello che è un uso stupido del linguaggio (in conformità anche con l'intuizione dell'ultimo Flaubert, nel suo “Dizionario dei Luoghi Comuni”)
2) Circa questa preoccupazione di Kraus relativa al linguaggio, esiste quanto meno un effetto a lungo termine, scrive Cozarinsky: Ludwig Wittgenstein - nato nel 1889 - cresce leggendo la rivista di Kraus, la quale viene pubblicata dal 1899 al 1936. Nella poetica filosofica di Wittgenstein, forma e contenuto sono indissociabili, così come lo erano nella produzione intellettuale di Kraus. Wittgenstein dà forma filosofica alle intuizioni di Kraus, facendo uso dell'aforisma e del paradosso.
3) Come Flaubert, anche Kraus aveva il dono di riuscire a catturare, nel discorso altrui, la stupidità, soprattutto quella che aveva ampia diffusione; giornali, spettacoli popolari, populismo politico. Questo suo ottimo udito raggiunge il massimo in quello che è stato il suo ultimo lavoro, l'opera teatrale di 700 pagine de "Gli ultimi giorni dell'umanità". «La sua tecnica, che cita discorsi, editoriali e dichiarazioni pubbliche», scrive Cozarinsky, «realizza una sorta di polifonia satirica che non lascia indifferente, per esempio, il giovane Brecht » (ed è proprio negli anni '30 che Michail Bachtin perfeziona la sua concezione di polifonia, a partire da Dostoevskij- ma anche da Rabelais).
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