La Grande crisi globale iniziata nel 2007 non ha nulla di naturale; piuttosto, è dipesa dalla risposta sbagliata al rallentamento dell’economia. Luciano Gallino ha condotto un documentato lavoro di spiegazione strutturale delle sue cause che la ricostruisce nei termini di una crisi del capitalismo. Crisi economica e crisi ecologica sono considerate da Gallino le manifestazioni piú appariscenti della crisi del modo di strutturare l’economia, la politica, la cultura e la comunità delle società del pianeta intero, cui egli si riferisce nei termini di una (sola) civiltà-mondo sviluppatasi negli ultimi decenni. Il volume conduce nell’esame di numerose dinamiche concausali, e non solo concomitanti, delle crisi della civiltà-mondo. Sono qui raccolti temi e analisi sviluppati da Luciano Gallino in Finanzcapitalismo (2011), Il colpo di Stato di banche e governi (2013) e Il denaro, il debito e la doppia crisi (2015). La selezione e il coordinamento dei testi sono stati curati da Paola Borgna.
(dal risvolto di copertina di: Luciano Gallino. "Civiltà in crisi. Contraddizioni del capitalismo", a cura di Paola Borgna. Einaudi, pagg. 390, € 20)
Se la finanza diventa invadente. Analisi della crisi.
- di Marco Onado -
Luciano Gallino è stato uno dei più acuti studiosi della società moderna e soprattutto negli ultimi anni della sua lunga esistenza si è dedicato a studiare le profonde trasformazioni avvenute a partire dagli anni 80. Sulla base di un’analisi critica degli aspetti negativi della società moderna, egli ha capito fra i primi che il problema era al cuore del capitalismo che, soprattutto dopo aver vinto la sua battaglia storica contro il socialismo, era dominato da tendenze degenerative di lungo periodo. Era in atto la finanziarizzazione dell’economia: se Hilferding oltre cento anni fa con Il capitale finanziario era stato fra i primi a comprendere come lo sviluppo della finanza modificasse radicalmente la struttura analitica di Marx, Gallino fu fra i primi (e pochi) non solo a comprendere e denunciare il potenziale distruttivo delle tendenze in atto, ma soprattutto a mettere in evidenza il collegamento stretto con altri fenomeni degenerativi, a cominciare dalla continua concentrazione del reddito e della ricchezza. Gallino coniò il termine “finanzcapitalismo” per definire questa mutazione genetica che è ancora oggi il problema dominante, come ci dimostrano i preoccupanti scricchiolii che si avvertono nella piramide finanziaria globale come conseguenza dell’aumento dei tassi di interesse, che ovviamente mette in discussione la stabilità dell’enorme quantità di debiti che è stata accumulata. Per questo motivo, è benvenuta un’opera che, grazie al lavoro intelligente di Paola Borgna, ripercorre sistematicamente il pensiero di Gallino, mostrandoci, così come dice il titolo, che si tratta di una crisi di civiltà, dovuta alle contraddizioni profonde in cui è caduto il capitalismo. È in realtà una crisi della civiltà occidentale e in particolare di quella anglosassone, che peraltro non è l’unica: Borgna ricorda che si possono identificare ben sei civiltà, perché bisogno tener conto di quella islamica, di quelle asiatiche e di quelle slave. In ogni caso, i fenomeni dominanti degli ultimi decenni sono stati tre:
l’integrazione dei mercati, l’interconnessione degli scambi e soprattutto delle comunicazioni, l’interdipendenza, tutti e tre dominati, nelle politiche e nelle idee, dal mondo anglosassone e in particolare dalle teorie neoliberiste, che dopo la svolta di Reagan e Thatcher sono divenute egemoni e hanno caratterizzato profondamente gli ultimi due decenni del “secolo breve”, come ci ha mostrato lo storico inglese Hobsbawm. Molte voci critiche si sono levate (soprattutto dopo che il danno era conclamato) per denunciare gli aspetti deteriori di questa tendenza di lungo periodo; ma si tratta spesso di analisi parziali perché cercano le cause o in comportamenti individuali (un classico: il Gekko del film Wall Street) o nell’inerzia dei regolatori. L’analisi di Gallino ha il doppio merito di farci capire che i problemi emersi a partire dal 2007-2008 non sono un fattore ciclico, ma profondamente strutturale e che la finanziarizzazione non è solo fragile al suo interno, ma è anche un altro modo di presentarsi dei problemi fondamentali dell’attuale sviluppo: la crescente concentrazione del reddito, della ricchezza e del potere nelle mani di pochi, fino alla crisi ecologica. Da tempo la produzione industriale mondiale comporta una distruzione di risorse largamente superiore a quella che la terra riesce autonomamente produrre. Siamo quindi vicini ad un punto di non ritorno che recherebbe all’umanità danni incalcolabili e che è solo rallentata dalle misure prese recentemente a livello internazionale. Anche qui perché la soluzione non può essere solo economica, perché gli interessi consolidati sono troppo potenti. Occorre un’etica per la civiltà tecnologica che può venire solo da politiche che mettano in discussione le distorsioni profonde del finanzcapitalismo.
A chi crede che questa analisi sia troppo radicale, giova ricordare la storia personale di Gallino. Egli infatti venne assunto da Adriano Olivetti a metà degli anni 50 per costituire una struttura di ricerche sulle relazioni sociali, nell’ambito di una direzione del personale retta per lungo tempo da un letterato, Paolo Volponi. Era un disegno forse troppo lungimirante, una vera visione “vitruviana” dell’azienda, ma interna al sistema capitalistico, che purtroppo non sopravvisse alla precoce morte dell’imprenditore. Ma è ancora oggi un esempio che ci dimostra che esisteva ed esiste un’alternativa alla via del liberismo sfrenato che gli anglosassoni hanno imboccato trascinando anche gli altri Paesi. E il lungo percorso di studio di Gallino è lì a dimostrare che occorre una riflessione profonda, capace di andare al cuore dei problemi di oggi. E ripartire dal disegno interrotto tanti anni fa.
- Marco Onado - Pubblicato su Domenica del 2/7/2023 -
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