La verità in un libro
- Li prendevano in giro, definendoli la feccia del mondo e i rifiuti della terra -
di Sergio Campos Cacho
Quando Arthur Koestler venne interrogato nella prigione di Pentonville, ormai al sicuro dopo la sua odissea francese, un agente dei servizi segreti britannici arrivò alla conclusione che l'uomo fosse per un terzo genio, per un terzo furfante e per un terzo pazzo. L'agente era riuscito a isolare i giusti ingredienti, ma non le proporzioni. Dopotutto, Koestler era arrivato in Inghilterra dopo essere appena scappato da un continente impazzito, con la paura e il disgusto ancora appiccicati alla pelle, dopo un paio di tentativi di suicidio e diversi esaurimenti nervosi. Come ebbe a dire Anthony Burgess durante il suo necrologio, Koestler aveva già vissuto tutti quegli incubi che poi George Orwell avrebbe più tardi immaginato nel suo "1984". In quella prigione, al cospetto di quegli agenti, lo straniero ungherese dev'essere loro apparso come se fosse un avventuriero squilibrato, piuttosto che quel brillante giornalista che era all'epoca. Il primo abbozzo di quelle esperienze che poi sarebbe andato a formare "Schiuma della Terra", Koestler lo aveva scritto a Marsiglia, quand'era ancora arruolato nella legione straniera - con i capelli pettinati e con quei baffi più tipici di un ufficiale che di una recluta - come appare nella fotografia del suo documento di arruolamento. Il primo titolo che gli era venuto in mente per il libro, era stato "Apocalisse in Francia". Le pagine che aveva scritto erano parte di quella serie di testimonianze rese da uomini che avevano vissuto il suicidio della democrazia francese - come, tra le altre, quelle di Feuchtwanger e quelle di Chaves Nogales - ma non si limitavano solo all'analisi politica, né tantomeno si concentravano solo sulle proprie avventure personali. Prima di ogni cosa, "Schiuma della Terra" è un libro giornalistico che riesce a mantenere in equilibrio quel che è interessante, vale a dire, l'epica di quel momento storico, con ciò che è importante, il destino di coloro che hanno vissuto e sofferto quell'esperienza.
In ogni caso, qualsiasi libro autobiografico va letto con cautela. I trucchi e le astuzie del cervello distorcono la memoria, che ne rimane scomposta, come se si trattasse dei pezzi disordinati di un puzzle nel quale ce ne sono alcuni che non si incastrano, mentre altri invece scompaiono, e dove ce ne sono persino di quelli che a quel puzzle non appartengono – i falsi ricordi – e tutto ciò, ovviamente, solo a condizione che l'autore scriva in buona fede, e senza propositi falsificatori. Tutto ciò che Koestler vi racconta, combacia perfettamente con quelli che erano i suoi taccuini, con i diari della sua fidanzata dell'epoca, Daphne Hardy (G. nel libro), e con tutti i documenti d'archivio francesi e britannici che Michael Scammell ha consultato per scrivere la sua monumentale biografia. Gustav Regler (Albert), uno dei suoi compagni a Le Vernet, ha detto che si tratta di un «libro eccellente, nelle sue parti puramente giornalistiche», ma che non è molto d'accordo con quelle che sono le valutazioni personali che contiene, le quali erano ovviamente più soggettive. Quel che Regler non sapeva - così come tutti i lettori del libro - era il vero motivo per cui Koestler - che aveva un passaporto di una nazione neutrale come l'Ungheria - venne arrestato. Lo scoprì un po' più tardi, e il motivo era la sua precedente collaborazione con Willi Münzenberg e con Otto Katz, i due geni della propaganda sovietica che si trovavano allora a Parigi e che stavano cercando di sfuggire sia ai nazisti che ai sovietici, muovendosi tra i nazisti e le autorità francesi.
Per quanto riguarda la vita nei campi di concentramento, Koestler cede il ruolo di protagonisti ai suoi compagni, soprattutto a Leo Valiani, “Mario” nel libro. Così, ad esempio, nella scena in cui, a La Vernet, i prigionieri protestano per cercare di impedire di essere rasati come se fossero dei galeotti, Koestler si concentra sulla difficoltà a mettere tutti d'accordo, e a redigere pertanto una documento consensuale di denuncia, ma tuttavia non racconta però la cosa più divertente – come spiega Regler nelle sue memorie – e cioè che, quando si trovò di fronte il barbiere, gli strappò le forbici dalle mani e si tagliò i capelli da sé solo, mettendosi a urlare, dopo averlo fatto, che quella cosa avrebbe voluto farla fin da quando era bambino. Poi, in quanto al protagonismo di Valiani, Koestler si scusò poi con lui per aver esposto e messo in mostra il suo valore. Lo farà in una lettera del 1942, che si trova conservata all'Università di Edimburgo:
«Suppongo che che il "Mario" di "Schiuma della Terra" ti abbia piuttosto turbato E' stato l'unico momento sentimentale che mi sono concesso, e ti ho semplicemente usato come se tu fossi un modello: i modelli non sono niente di più che un pretesto; e, naturalmente, essi rimangono sempre disgustati da ciò che i pittori, o gli scrittori fanno con loro. A questo libro serviva un eroe: cum granum salis; e tanto peggio per Vernet che non avrebbe potuto trovare un eroe più vero. Beh, spero che tu mi abbia perdonato».
Koestler non ha mai dimenticato i suoi compagni di sventura. Aiutò Valiani e Regler a trovare un editore per le loro opere, e distribuì molto denaro tra i rifugiati più bisognosi che si sono poi rivolti a lui. Nutriva un vero e proprio affetto per quelli che aveva definito come «cavalieri erranti in armature arrugginite», erano coloro i quali «gli stalinisti chiamavano trotskisti; i trotskisti chiamavano imperialisti e gli imperialisti, rossi di merda», erano uomini che in Germania avevano combattuto contro il fascismo, ed erano stati traditi dalla democrazia francese che li aveva perseguitati, senza mai trovare consolazione nel mito comunista, che poi aveva finito per dimostrare di essere solo un totalitarismo criminale. Era stata la realtà a mettere a nudo la demistificazione che ha consentito che potesse emergere quel genere di uomo ammirevole, il rinnegato.
"Schiuma della Terra" è stato ripetutamente pubblicato sia in inglese che in francese, ma ha avuto un relativo maggior successo in altre lingue. Durante gli anni '40, ha visto tre edizioni in italiano,per poi non essere stato mai più ristampato fino al 1989, e al 2005. La prima edizione tedesca è apparsa nel 1971; la seconda, nel 1993. È stato pubblicato in greco solo nel 1977. Una curiosità: l'unica edizione svedese è del 1942, con il titolo "Och vi som älskade Frankrike!" ["E dire che noi amavamo la Francia!"], ma nel 2009 è apparso come audiolibro. Le uniche edizioni in spagnolo, fino ad oggi, sono state realizzate in Argentina: la prima nel 1943, e una seconda nel 1951. Forse questa sfortuna editoriale è stata influenzata dalla cattiva reputazione che Koestler si è acquisito nel tempo: un intellettuale legato a una concezione dualistica dell'esistenza, lucido e indistruttibile nelle sue polemiche politiche e culturali, ma pericoloso nei suoi episodi di alcolismo e di erotismo violento che erano frutto di eccessi giganteschi come quell'arroganza che faceva impazzire i suoi detrattori – penso a Gershom Scholem, per esempio. Ed è stato per questo motivo che i suoi sostenitori – Martin Amis, Christopher Hitchens e Anthony Burgess, tra i più accreditati – lo ammirarono sempre con una certa cautela, accresciuta dalle voci che si diffusero subito dopo il suicidio di Koestler e di sua moglie, che insinuarono – falsamente – che egli l'avesse costretta a togliersi la vita insieme a lui, oltre che dal giudizio secondo cui il suo abbandono della politica, che barattò con lo studio delle esperienze extrasensoriali, fosse stato qualcosa di più che un mero capriccio eccentrico. Al cospetto della figura di Koestler, rimasero scossi più dall'orrore del tabù che dalla forza del totem.
Il successo che ebbe "Schiuma della Terra", consolidò il riconoscimento che Koestler si era guadagnato grazie al suo libro più famoso, "Lo Zero e l'Infinito" [N.d.T: libro sui processi in Unione Sovietica, mai pubblicato in italiano], tracciando così quello che poi sarebbe stato il suo percorso di intellettuale, culminato nell'organizzazione del Congresso per la libertà culturale nel giugno 1950 a Berlino, e nel suo discorso conclusivo, al grido di «Amici, la libertà è passata all'offensiva!»
Ciò che motivò quel clamore rimane ancora valido anche in questi giorni di tempesta, come quelli del presente, che vede una nuova guerra alle porte dell'Europa, in quelli che sono tempi di sofferenza, paura, dubbi e ansie per l'immediato futuro, quando il presente scricchiola sotto i nostri piedi come se fosse quasi un sottile strato di ghiaccio, e scopriamo così la fragilità delle nostre certezze. Quando vediamo la libertà e la democrazia messe in discussione da orde di piccoli vocianti e chiassosi, e diventa difficile, per noi, spiegare quali strade sbagliate sono state prese per essere arrivati a questa situazione, quali avvertimenti sono rimasti inascoltati, e quali sono stati ignorati in nome della tranquillità e della condiscendenza con i nemici della libertà. La lettura di "Schiuma della terra" diventa, pertanto, un talismano contro gli ammonimenti che sono stati ignorati, i richiami inascoltati, contro la nostra pigrizia allorché si tratta di difendere quella libertà che oggi - come lo era prima e come sempre sarà - ancora una volta bisogna che si lanci all'attacco.
Sergio Campos Cacho - Epilogo di "Escoria de la tierra" pubblicato in Argentina dalla Ladera Norte -
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