Quello che segue - un De profundis per la Sinistra - ha già suscitato numerose reazioni sui siti (da quello di lingua portoghese, passapalavra.info , al francese mondialisme.org ) dove è apparso il testo a firma di João Bernardo, e sui quali prosegue e può essere letto il dibattito in corso che, ovviamente, appare concentrato sull'Ucraina. Ritengo che leggerlo possa aiutare a capire meglio la situazione in cui ci troviamo, e in cui coloro che una volta potevano apparire - e non solo "storicamente" - come dei "compagni di strada", finiscono oggi per rivelarsi quanto di più distante esista rispetto a un'emancipazione cui, almeno io, non ho mai smesso di riferirmi.
De profundis
- Otto tesi sul fallimento della sinistra -
di João Bernardo
- 1 -
La fondamentale operazione ideologica del fascismo, consiste nel trasformare la lotta tra classi in una lotta tra nazioni. Tra il 1908 e il 1910, Enrico Corradini [*1], uomo politico e intellettuale nazionalista, cominciò a parlare del proprio paese come di una «nazione proletaria». «Alcune nazioni si trovano in una situazione di inferiorità rispetto ad altre, allo stesso modo in cui alcune classi sono in una situazione di inferiorità rispetto ad altre», ebbe a dichiarare nell'ottobre del 1910. «L'Italia è una nazione proletaria; per dimostrarlo basta l'emigrazione. L'Italia è il proletario del mondo».
Viste in questa prospettiva, le classi vengono appaiono come se fossero diluite nell'entità nazionale. «In breve, il nazionalismo diventa la riaffermazione della solidarietà nazionale in opposizione alla lotta di classe», proclamava Corradini nel 1911; «consiste nello sforzo di rimettere le classi al loro posto, e subordinarle nuovamente agli obiettivi della nazione». Alcuni anni prima, in Giappone, il socialista Kita Ikki si era impegnato in uno sviluppo assai simile, sostenendo la guerra del 1904-1905 contro la Russia e stabilendo un'analogia tra la contrapposizione fra le classi, all'interno dei confini nazionali, e il conflitto tra gli Stati sulla scena mondiale. A partire da tale posizione, Kita si spostò verso posizioni nazionaliste sempre più radicali. «Allo stesso modo in cui, all'interno di una nazione, la lotta di classe mira a correggere le disuguaglianze, anche la guerra tra nazioni per una nobile causa, è volta a eliminare le attuali ingiuste disuguaglianze», scriveva in un libro pubblicato nel 1923. «I socialisti occidentali si contraddicono allorché ammettono che il proletariato ha il diritto alla lotta di classe all'interno di un paese, ma allo stesso tempo condannano la guerra intrapresa dalle nazioni proletarie perché sarebbe militarismo e aggressione». Nato contemporaneamente in Italia e in Giappone, il fascismo è stato universale fin dal suo esordio, in quanto ha abbracciato tutto il mondo capitalista, indipendentemente dalla geografia o dalle tradizioni culturali.
- 2 - Dopo la seconda guerra mondiale, la sinistra ha finito per abbracciare la premessa fondamentale del fascismo.
Nel 1945, i fascismi sono stati sconfitti militarmente, ma da allora in poi la loro premessa ideologica fondamentale, la quale trasformava la lotta tra classi in una lotta tra nazioni, è diventata egemone a sinistra. Basato sulla dicotomia tra centro e periferia, il terzomondismo semplicemente attualizzava la concezione di una lotta delle «nazioni proletarie» contro le «nazioni plutocratiche»; i pensatori e i politici di sinistra, e persino di estrema sinistra, iniziarono a fare uso in maniera indifferente della terminologia relativa a nazioni colonizzate e a nazioni proletarie, come se l'uso di simili concetti non avesse delle conseguenze. Le classi sociali, finirono per venire diluite all'interno delle «nazioni proletarie», e di conseguenza le élite del Terzo Mondo potevano così considerarsi, in quanto élite fasciste, come rappresentanti dell'intera popolazione in seno a una comunità nazionale. Come ha fatto la sinistra ad adottare una delle basi ideologiche fondamentali del fascismo?
- 3 - La rivoluzione russa non era russa, era europea.
In occasione del Natale del 1914, appena cinque mesi dopo l'inizio della guerra mondiale, i soldati inglesi e i soldati tedeschi assumono l'iniziativa di dichiarare una tregua per celebrare insieme quella data. Tra i francesi e tedeschi, queste fraternizzazioni vengono riproposte durante l'inverno 1915-1916. Il movimento di ostilità alla guerra si rafforza e si consolida finché, tra aprile e Settembre 1917, un'ondata di rivolta si diffonde nelle trincee francesi, raggiungendo il suo picco nel mese di maggio e durante la prima metà di giugno 1917. Nel corso di queste sei settimane, la più parte dell'esercito francese si ammutina, sventolando bandiere rosse e minacciando di marciare sulla capitale e rovesciare il governo. Sul fronte di Salonicco, le truppe francesi si ammutinano nel luglio 1917. Allo stesso tempo, le diserzioni sono sempre più in aumento, al punto che un rapporto dei servizi di intelligence dell'esercito, nel luglio 1917, parla della presenza di diecimila disertori nella sola regione di Parigi. Per quanto su scala minore, l'indisciplina si diffonde anche nel settore britannico, e nel settembre 1917 scoppia un ammutinamento tra le truppe australiane e neozelandesi. Parimenti, nei Corpi di Spedizione Portoghese, che dipendevano dal comando britannico, ci fu insubordinazione e rivolta. Per quanto riguarda le truppe italiane, si parla di più di un milione di disertori. Infatti, nel giugno 1914, in previsione degli scontri sui campi di battaglia, i lavoratori italiani lanciano un vasto movimento antimilitarista nel tentativo di mantenere la neutralità del paese. Viene dichiarato uno sciopero generale, che in alcuni luoghi arriva vicino all'insurrezione. Nel campo opposto, la marina tedesca si ammutina nell'estate del 1917. L'agitazione tra i soldati è indistinguibile dall'agitazione tra i lavoratori. Dal 1915 al 1916, in Germania, il numero di giornate di lavoro perse a causa degli scioperi aumentò del 500%, e del 700% dal 1916 al 1917, quando raggiunsero i due milioni. Gli scioperi dell'aprile 1917 a Berlino mobilitano tra 200.000 e 300.000 lavoratori. In quello stesso periodo, un'ondata di scioperi agita anche i lavoratori dell'impero austro-ungarico, e le rivolte per il cibo diventano sempre più frequenti sia a Budapest che a Vienna. Nei ranghi dell'Intesa, tra il 1915 e il 1916, in Francia il numero di scioperi aumentò del 220%, e il numero di partecipanti oltre il 340%, le cifre corrispondenti al periodo che va dal 1916 al 1917 arrivò al 120% e al 610%. Nel frattempo, i redditi da lavoro nelle fabbriche francesi di materiale bellico erano diminuiti considerevolmente. Cosa ancora più importante, l'organizzazione del movimento operaio va ad assumere un nuovo carattere, visto che gli scioperi del 1916 e 1917 in Gran Bretagna portano all'espansione e alla generalizzazione dei consigli operai. Eletti dai lavoratori nell'ambito delle unità di produzione, questi membri del sindacato difendevano le posizioni della base dei lavoratori, spesso opponendosi alla direzione del sindacato. In Italia, il malcontento si diffonde nel 1917, tra gli operai e i contadini, e culmina in una rivolta di cinque giorni a Torino in agosto, che viene repressa con tale violenza che circa cinquanta persone rimangono uccise, duecento ferite e più di ottocento arrestate. È allora che nelle fabbriche del nord del paese cominciano ad apparire i comitati operai interni; un fenomeno le cui piene implicazioni si manifesteranno solamente durante i grandi scioperi dell'agosto e settembre del 1919.
Pertanto, questa rivoluzione, che viene generalmente chiamata russa, è stata una componente inseparabile del processo rivoluzionario europeo. Già a metà del 1915 le autorità militari zariste erano pienamente consapevoli della demoralizzazione delle truppe e delle proporzioni assunte dal fenomeno dalla diserzione, e nel settembre di quell'anno i soldati della riserva si erano unite alle proteste popolari. Alla fine del 1915, su due navi da guerra, i marinai si ammutinano, e nell'aprile 1916 i soldati di quattro reggimenti russi arrivano a stabilire una tregua con le truppe dell'impero austro-ungarico per celebrare insieme la Pasqua ortodossa. Nel frattempo, nel gennaio dello stesso anno, più di 10.000 lavoratori hanno scioperato in una base navale del Mar Nero; il movimento si diffonde rapidamente in tutto il paese, fermando 45.000 lavoratori nel porto di Pietrogrado. Si stima che nell'ottobre del 1916, circa 200.000 lavoratori partecipano a 177 scioperi di natura politica. Da allora in poi, la situazione si aggrava, fino alla rivoluzione del febbraio 1917. I nuovi governanti che mirano a porre fine alla guerra, non hanno avuto bisogno di cercare di attuare la riforma agraria, dal momento che i soldati, la stragrande maggioranza dei quali erano contadini, volevano tornare ai propri villaggi, e suddividersi ed occupare le terre dei grandi proprietari terrieri, per iniziare a coltivarle. La questione della pace e la questione agraria erano inestricabilmente collegate.
- 4 - Lenin trasforma una rivoluzione internazionale in un'operazione geopolitica nazionale.
Il 3 marzo 1918, il governo bolscevico firmava con le potenze centrali il trattato di Brest-Litovsk [*2], con cui non solo riconosceva l'occupazione di zone della Russia da parte dell'esercito tedesco, ma gli assegnava anche il controllo assoluto sulla popolazione di quei territori [*3]. Ciò significava che, attraverso la repressione e i massacri, i generali tedeschi avrebbero potuto porre fine a tutto il lavoro di rinnovamento sociale che gli operai e i contadini russi avevano cominciato in queste regioni. La capitolazione dei bolscevichi di fronte ai diktat del militarismo imperiale tedesco, snaturava tutto un processo rivoluzionario che, fino ad allora, era stato esclusivamente internazionalista e - cosa che rendeva questa capitolazione ancora più grave - continuava a essere internazionalista, visto che l'agitazione rivoluzionaria si stava sviluppando anche nei territori delle potenze centrali. Nel gennaio 1918, qualche giorno dopo la fine di un'ondata di scioperi che aveva paralizzato Vienna e Budapest chiedendo la pace immediata, ebbe inizio a Berlino una serie di scioperi che si diffuse in una cinquantina di città tedesche. Questo movimento coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori ed è accompagnato da manifestazioni contro la guerra. Come era avvenuto sotto l'Intesa, in tutti e due i paesi questa agitazione operaia dà luogo alla creazione di consigli, ad assemblee di base che non rinunciano al controllo sul processo di lotta, e che possono revocare in qualsiasi momento il mandato ai delegati eletti. In Ungheria, nel maggio 1918, duemila soldati si ammutinano e rifiutano di andare al fronte; ricevono subito l'appoggio dei lavoratori delle vicine miniere di carbone. Le agitazioni non cessano, e a Vienna e Budapest nel giugno 1918 hanno luogo violenti scioperi e proteste della fame, mentre allo stesso tempo aumentano anche le diserzioni tra le fila dell'esercito austro-ungarico. Nell'ottobre dello stesso anno, sul fronte del Piave, frazioni di due divisioni austro-ungariche si ammutinano e si rifiutano di prendere parte a un contrattacco. Nel frattempo, in un'altra potenza centrale, la Bulgaria, nel settembre 1918, quando i soldati si rifiutano in massa di continuare a combattere, la linea del fronte si disintegra completamente. Ed è durante le battaglie dell'estate e dell'autunno di quell'anno che migliaia di soldati tedeschi si arrendono senza opporre alcuna resistenza, e senza sparare nemmeno un colpo. Si stima che in Germania il numero di disertori abbia raggiunto la cifra di più di settecentocinquantamila. E infine, la rivolta dei marinai della flotta tedesca del Baltico alla fine di ottobre 1918, nel mese di novembre si diffonde rapidamente in tutto il paese, coinvolgendo anche i soldati e i lavoratori industriali che non erano ancora stati mobilitati per combattere, dando inizio alla Rivoluzione dei Consigli, che negli anni successivi riemergerà più volte, lasciando delle tracce durature sulla classe operaia. A Brest-Litovsk, il leninismo si allontana dal processo rivoluzionario internazionale che gli aveva permesso di trionfare. Qui, a essere importanti non sono le cause di questa capitolazione, ma piuttosto le sue conseguenze.
- 5 - La strategia della Terza Internazionale consisteva nel subordinare la lotta di classe mondiale alla difesa della patria socialista.
Nel 1919, nel primo numero della rivista della neonata Internazionale Comunista Internazionale Lenin scriveva: «La nuova terza "Associazione Internazionale dei Lavoratori" ha già cominciato a coincidere in un certa misura con l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.» Da quel momento in poi, l'evoluzione del movimento comunista fu tale che la Terza Internazionale non coincise più con l'Unione Sovietica solo «in una certa misura», ma del tutto. Simultaneamente, come espressione e condizione di questo processo, si producevano dei notevoli cambiamenti semantici, al centro dei quali la parola internazionalismo finiva per significare il suo esatto contrario, al punto che nel 1935, Georgi Dimitrov, nel suo rapporto al VII Congresso del Comintern, dichiarava che «l'internazionalismo proletario deve, per così dire, "acclimatarsi" in ogni paese, al fine di mettere radici profonde nella terra natale». L'internazionalismo si trasformava così in una somma di nazionalismi, e la patria del socialismo prendeva il suo posto sul trono, in cima alla piramide. Anziché essere un quadro di solidarietà tra le lotte, la Terza Internazionale divenne una cinghia di trasmissione delle direttive del Cremlino, che subordinava i Comitati centrali dei partiti comunisti nazionali al suo potere. Mentre, da un lato, venivano trasmesse le decisioni, dall'altra venivano date le informazioni. La Terza Internazionale venne pertanto segretamente trasformata in un vasto apparato di spionaggio, il che spiega perché il movimento lanciato dal senatore McCarthy sia riuscito a distruggere così rapidamente e definitivamente la sinistra comunista negli Stati Uniti. Laddove prima c'era stato scontro tra classi, radicate nella società, ora diventavano sufficienti le operazioni di polizia, ridotte a dei casi individuali.
- 6 - Durante la guerra fredda, la lotta contro l'imperialismo si è trasformata in una opposizione geopolitica.
In questo nuovo quadro ideologico della sinistra - ridotto a nazioni e raggruppamenti di nazioni - l'imperialismo non veniva più inteso come un movimento espansivo del capitale, ma come sinonimo degli Stati Uniti, a volte perfino in un senso quasi razzista. Al posto delle dinamiche economiche che spiegano la supremazia politica, ora c'è la forza politica e militare che viene vista come la causa del predominio economico. La lotta di classe combattuta sul piano dell'economia, è stata sostituita da un confronto geopolitico dove il blocco socialista stava da una parte, e l'imperialismo statunitense dall'altra. Ancora una volta a trionfare era l'ideologia fascista, poiché la sfera sovietica veniva presentata come il bastione delle «nazioni proletarie», mentre le «nazioni plutocratiche» convergevano schierandosi intorno all'imperialismo americano. E in questo modo, l'imperialismo dei capitalismi di Stato guidati dai partiti comunisti ne usciva assolto.
- 7 - La dissoluzione dell'Unione Sovietica ha facilitato la trasformazione della geopolitica in movimenti identitari.
La dissoluzione dell'Unione Sovietica ha avuto due effetti paralleli. Da una parte, la trans-nazionalizzazione del capitale ha reso le frontiere ampiamente obsolete, mentre, dall'altra, le concezioni ideologiche del fascismo hanno ricevuto nuova vita, e le «nazioni proletarie» sono diventate delle identità emarginate, mentre le «nazioni plutocratiche» sono diventate il modello per le identità che vengono considerate oppressive. Poco importa qui quali siano i criteri di identità; sia che si tratti del colore della pelle o della forma del naso, del sesso o delle preferenze sessuali, o perfino l'assenza di preferenze. Ciò che conta è che vengono assunte come delle identità, allo stesso modo in cui una nazione viene definita a partire dal semplice fatto che assume sé stessa come nazione. Tutto ciò si risolve in una competizione di vittimismi, per cui l'identità che dimostra di essere stata quella più svantaggiata viene assimilata a una «nazione proletaria», allo stesso modo in cui, viceversa, l'identità considerata più avvantaggiata finisce per essere assimilata a una «nazione plutocratica». Ora, tuttavia, in un simile contesto, la geopolitica non è affatto scomparsa, perché le identità vengono equiparate al così tanto detestato eurocentrismo. E benché questa nuova geografia politica non abbia più niente a che fare con le nazioni - ma con le identità sovranazionali - nonostante tutto questo cambiamento terminologico, la semantica fondamentale rimane, e rimangono gli stessi anche il criterio e l'obiettivo del confronto: non si tratta più di abolire le esclusioni, quanto piuttosto di convertire gli esclusi in forze escludenti.
- 8 - La dissoluzione dell'Unione Sovietica ha dimostrato che la patria socialista si era già trasformata nella patria russa.
D'altra parte, la dissoluzione dell'Unione Sovietica ha reso esplicito il fatto che da tempo la «patria del socialismo» non era altro che la vecchia patria russa. Il primo segretario del Partito Comunista della Federazione Russa, Gennady Zyuganov, ha dichiarato che, alla fine della guerra, Stalin aveva deciso di abbandonare i riferimenti al marxismo-leninismo e adottare ufficialmente un'ideologia basata sul patriottismo sovietico. Infatti, quando l'Unione Sovietica comincia a partecipare alla Seconda Guerra mondiale, chiamata «Grande Guerra Patriottica», i riferimenti alla tradizione rivoluzionaria, anche quelli superficiali, vennero sostituiti con dei simboli più potenti, che evocavano miti religiosi insieme a una sorta di grandezza nazionale. Zyuganov si rammaricava che la morte abbia impedito a Stalin di realizzare la rimodellazione strettamente nazionalistica dell'entità sovietica, ma una simile aspirazione era presente all'interno dei servizi segreti, il KGB, dove la maggior parte dello staff di alto livello vedeva il comunismo come una fase transitoria sulla strada dell'affermazione della Russia come una potenza mondiale. Non va dimenticato che Vladimir Putin ha iniziato la sua carriera nei servizi segreti, nel 1975; e il Partito Comunista della Federazione Russa, il secondo partito più grande del paese, è stato la causa immediata dell'invasione dell'Ucraina, perché è stato questo partito a presentare al parlamento la proposta di riconoscere l'indipendenza di Donetsk e Luhansk. Questo lungo viaggio, dalle «nazioni proletarie» all'invasione dell'Ucraina, è un de profundis per la sinistra .
- João Bernardo - 8/3/2022 -
NOTE:
[*1] - vedi: https://francosenia.blogspot.com/2022/01/ancora-non-sapevano-di-essere-fascisti.html
[*2] - Sono chiamate «potenze centrali» la Germania e l'Austria-Ungheria, le quali si erano alleate con l'Italia per formare nel XIX secolo la Triplice Alleanza. Nel 1914, l'Italia cambiò di campo, ma nel corso della prima guerra mondiale alle potenze centrali si unirono anche il Regno di Bulgaria e l'Impero Ottomano. I paesi dell'Intesa comprendevano invece Francia, Regno Unito e Russia zarista.
[*3] - Tra questi territori, bisogna annoverare l'Ucraina, che ebbe un'influenza capitale sugli eventi che si svolsero in quella regione prima che fosse definitivamente integrata all'URSS nel dicembre 1922, al termine di una lunga guerra civile e internazionale che costò assai cara ai contadini organizzati dai compagni anarchici di Makhno. Infatti, successivamente, questi dovettero affrontare allo stesso tempo e simultaneamente il tedesco, lo zarista russo (chiamato "bianco"), alleati, i nazionalisti prefascisti (guidati da Petliura) e anche all'Armata Rossa, che prima strumentalizzò gli anarchici, per poi meglio reprimerli e fucilarli in seguito.
fonte: Passa Palavra
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