"La scoperta dello spirito sono capitoli-saggio che vanno da Omero al periodo ellenistico e indagano come dalla naturalità indifferenziata della poesia epica si giunge attraverso la nascita della tragedia al problema di cos'è l'uomo, e come, dall'immagine-metafora, nasce il problema della scienza, e come la civiltà greca finisce con l'invenzione (Ellenisti, Virgilio) di un mondo arcadico, di arte pura: la letteratura. Indagine ricchissima di idee geniali, sorprendenti, di punti di vista illuminanti, su materia nota e vivace. Unico difetto: non è libro per il popolo. Io sono favorevole." (Cesare Pavese, giudizio editoriale sul libro di Bruno Snell, 3 settembre 1947). "Il volume che avete tra le mani non è un libro nuovo, ma un nuovo libro. È un invito a leggere o rileggere il capolavoro di Bruno Snell in modo più consapevole, nella sua versione completa, esemplata su quella definitiva tedesca. Dopo aver profondamente fecondato la cultura europea del dopoguerra, La scoperta dello spirito si è progressivamente eclissata: del resto la sua visione 'olistica' - oggi del tutto inattuale - fu concepita nella ormai remota Germania degli anni Trenta e Quaranta. Come possiamo, allora, tornare a leggerla con profitto? Si tratterà, anzitutto, di collocarla alla giusta distanza culturale, avvalendosi di una messa a fuoco mobile, come se si inforcassero delle lenti bifocali. Sarà impossibile fare un'esperienza di lettura 'vergine' o solo retrospettiva, riportando indietro le lancette della storia come in un racconto filmico: dovremo cercare perciò di tenere presenti sul nostro schermo i diversi piani culturali, facendo attenzione a non farci risucchiare - attratti dalla prosa elegante e incantatoria di Snell - in quella 'meravigliosa' Grecia dove tutto avrebbe avuto inizio e sviluppo, secondo una linea idealizzante, con sintesi storica nella famosa Aufhebung hegeliana." (Dalla prefazione di Roberto Andreotti)
(dal risvolto di copertina di: "La scoperta dello spirito. La cultura greca e le origini del pensiero europeo", di Bruno Snell. Luiss University Press, pagg. 500, € 35)
Lo «spirito» greco soffiò su di noi
- di Piero Boitani -
Uno dei maggiori filologi classici del Novecento, il sommo grecista Bruno Snell, professore ad Amburgo – autore fra l’altro di Poesia e società (Laterza 1971), Eschilo e l’azione drammatica (Lampugnani Nigri, 1969), Il linguaggio di Eraclito (Corbo 1989), La struttura del linguaggio (Il Mulino 1952), editore di Bacchilide e Pindaro nonché dei Sette Sapienti (Bompiani 2005) e del primo volume dei Tragicorum graecorum fragmenta – compose per brillanti saggi a tema e di sviluppo storico Die Entdeckung des Geistes. Die Entstehung des europäischen Denkens bei den Griechen, uscito per la prima volta in Germania nel 1946 e più volte ripubblicato anche in altre lingue. Nelle quali tutto si fece per evitare il termine Geist, «spirito», del titolo: l’edizione americana si chiamava The Discovery of the Mind: The Greek Origins of European Thought (Harper 1960), quella italiana La cultura greca e le origini del pensiero europeo (Einaudi 1951 e successive sino al 2002 ancora in stampa). Troppo imbarazzante, troppo “tedesco” era quel Geist, che rivide la luce con l’«esprit» francese del 1996 e il «pneuma» neogreco del 2006. Restavano costanti, invece, gli altri due termini-chiave, Entdeckung, «scoperta», ed Entstehung, propriamente la nascita, l’inizio, l’emergere, la formazione, con i quali Snell collegava il rinvenimento, la «inventio» greca, e i suoi sviluppi nel pensiero europeo. Erano diciassette capitoli che, tra un’Introduzione e una Postfazione (del 1974), vanno da Omero e la sua concezione dell’uomo, sino alle origini della tragedia, della coscienza storica, dell’estetica, dell’individualità lirica, del pensiero logico, dei concetti scientifici e infine dell’Arcadia, quel «paesaggio spirituale» che domina l’Ellenismo, trabocca nel latino di età augustea e rivive poi nel Rinascimento.
Un quadro grandioso, animato da uno stile accattivante e incantatorio: una sintesi brillante di gran precisione, sul tipo di quella di Auerbach in Mimesis o di Dodds ne I Greci e l’irrazionale. In questa nuova edizione italiana, che tiene conto dell’ultima tedesca, essa è accompagnata da una esauriente, stupenda prefazione di Roberto Andreotti sulla ricezione italiana (e non solo) della Entdeckung. Che la “smonta”, per così dire, pezzo per pezzo, ricostruendo la base della temperie in cui nasce, tra Hegel e Cassirer, e discutendo i risultati delle ricerche che l’hanno seguita nel tempo: da Pavese, che per primo dà parere favorevole alla traduzione e pubblicazione del libro, a tra gli altri Diego Lanza, Bernard Williams, Giorgio Pasquali, Sebastiano Timpanaro e Jean-Pierre Vernant. Il che costituisce una storia altrettanto affascinante di quella raccontata da Snell, e rende questa nuova edizione della Luiss UP fondamentale. Credo che, mantenendo ben a fuoco le puntualizzazioni di Andreotti, convenga oggi abbandonarsi al flusso del racconto di Snell, frutto dell’impostazione idealistica ma svolto tutto all’insegna dell’originalità, per immergersi nello «spirito» greco. Si può, per esempio, seguire la linea che conduce dalla fede negli dei olimpi al mondo degli dei in Esiodo, all’inno di Pindaro a Zeus, e infine al «sapere umano e divino». Non è, naturalmente, una ricostruzione organica della religione greca, quale elaborerà più tardi Walter Burkert nella Religione greca di epoca arcaica e classica (Jaca Book, 2003), ma un resoconto del modo in cui le divinità dell’Iliade, dell’Odissea e degli Inni omerici, antropomorfe ma superiori all’umano, iniziatrici degli eventi dell’uomo e coinvolte attivamente nei conflitti terreni come durante la guerra di Troia (il che darà il destro a Platone per escludere Omero dalla repubblica), si presentano nella loro genealogia come personificazioni di forze e tempi sovrannaturali nella Teogonia di Esiodo, tendono quindi a significare ordine, bellezza e armonia in Pindaro, e infine virano verso il “monoteismo” nell’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo. Nelle pagine bellissime di Snell sull’«Inno pindarico a Zeus» vengono evocati a un certo punto il Te Deum, Hölderlin e Rilke, quasi in catena cristiana che si oppone all’idea di Pindaro e quali esiti poetico-teologici di una vicenda lunga due millenni e mezzo. È lo spaziotempo che La scoperta dello spirito sa spalancare dinanzi ai nostri occhi con la stessa abilità magica con la quale Thomas Mann evoca il «pozzo del passato» in Giuseppe e i suoi fratelli. Una «finzione suprema» che governa il libro di Snell ancora oggi.
- Piero Boitani - Pubblicato su Domenica del 20/3/2022 -
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