domenica 1 novembre 2020

Il Ragno e l'Urlo: la società borghese sogna la propria distruzione

I sogni del coronavirus e la crisi del capitale a New York
- di Sergio Palencia Frener ***-

Durante la prima ondata di Covid-19, da marzo a maggio del 2020, New York è stata la città maggiormente colpita nel mondo. Le persone contagiata sono state circa 410 mila, un terzo di quelli che c'erano in tutti gli Stati Uniti. Alla fine del mese di luglio, in tutto il paese c'erano oltre 30 milioni di disoccupati, senza tener conto dei lavoratori migranti. Nel secondo trimestre dell'anno, il PIL degli Stati Uniti aveva subito un crollo del 9,5%, e si trattava della più grande crisi produttiva di tutta la sua storia. Queste cifre rivelano la portata della crisi capitalistica, ma, individualmente, come hanno vissuto la crisi le donne e gli uomini newyorkesi, nei loro sogni, nei loro incubi e nei loro presagi?
Quest'articolo propone una lettura dell'altro lato della luna della pandemia, a partire dalle immagini oniriche e del desiderio. In tempi di grande incertezza, come lo è l'attuale, diventa cruciale imparare ad ascoltare le emozioni profonde, i timori e le speranze che si trovano nei sogni e negli incubi di quel periodo. Secondo le parole di Audre Lorde, «quando impariamo ad usare i prodotti di un tale esame per acquisire il potere interiore sulla nostra vita, quelle paure che governano le nostre vite e costituiscono i nostri silenzi cominciano a perdere la loro influenza su di noi». Ragion per cui, il materiale onirico rivela l'insufficienza di molte analisi politiche, quando queste sono separate dalle persone e dalle loro esperienze. Negli scritti, ricorrono sogni, presagi, incubi, reazioni di ragazze e ragazzi newyorkesi, studenti dell'Università della città di New York, dove studio e insegno antropologia. Ho chiesto loro il permesso di poter studiare e trascrivere le loro storie. Da un totale di 60 sogni, ne ho scelti 12 - sei di donne e sei di uomini - e li ho ordinati secondo il tema: coronavirus come mostri, come presagi asiatici e paure legate alla famiglia, alla casa ed al lavoro durante la quarantena, e alla crisi del società capitalista. Mantengo l'anonimato di tutti e faccio riferimenti solo al quartiere in cui sono nati o al loro paese di origine. Mi ha sorpreso vedere, alla fine, il fatto che ci sono storie di sogni che provengono da varie parti del mondo. Raccomando al lettore che - mentre legge – di pensare ai propri sogni, e veda se ci sono della affinità, delle differenze o delle vibrazioni.

1 - I mostri
Il sogno è un territorio di disputa. Nei momenti di crisi sociale, le immagini del sogno - tra l'ansia e la prefigurazione del coraggio, tra le paure e gli auspici della speranza - custodiscono i contenuti della società presenti nell'individuo, di quell'individuo a partire dalla società ed oltre. Via via che, durante il sonno, l'ego si fa più malleabile, emergono possibilità che erano state occultate, o rappresentazioni che nell'esperienza sociale erano state messe a tacere. Nel corso della quarantena, i giovani newyorkesi hanno cominciato a sognare bestie pericolose oppure mostri che li inseguivano. Durante la pandemia, una delle prime caratteristiche del sogno è stata la sensazione di essere perseguitati da una forza d'invasione. Il fratello minore di uno studente gli ha raccontato un sogno in cui «[...] veniva braccato [being chased] da un terrificante mostro rosso in una strada vicina. Lui correva dentro casa e chiudeva a chiave la porta, ma il mostro, ostinato [persistent monster] riusciva a passare dalla finestra. A questo punto si era svegliato in un bagno di sudore freddo ed era quasi caduto dal letto mentre si assicurava che il mostro non fosse nella sua stanza.» Quest'ultima frase mostra il grado di realtà, non solo relativamente all'impressione onirica emozionale, ma proprio quello della stanza, vista come spazio minacciato, tra il sonno ed il brusco risveglio. Il mostro, di colore rosso, cerca il ragazzo nella strada del suo quartiere.
Immediatamente corre, cerca rifugio a casa sua, nella famiglia, anche a livello sociale, nella sua intimità. Ma il mostro, descritto come ostinato, irrompe attraverso la finestra, che spesso rappresenta un'immagine della coscienza. Ed è qui che lo sveglia, facendo alzare il giovane dal letto. La continuità con l'espressione onirica consiste nel materializzarsi dell'atto di i cercare nella propria casa, per accertarsi che il mostro rosso, o qualsiasi altro, lì non ci sia. Una studentessa ha raccontato un incubo fatto da un suo amico: «Nel sogno, il ragno era più grande della sua mano e li inseguiva [chasing him]. Ogni volta che cercava di schiacciare il ragno, quello si allontanava di un passo. Poi ha aggiunto che il ragno era molto aggressivo, ed era soprattutto molto insistente [adamant] nel cercare di afferrarlo.»
La prima cosa è il riferimento alla sproporzione, alle enormi dimensioni del ragno. È più grande della sua mano, un'immagine che evoca l'impotenza, il sentirsi sopraffatti da una situazione. Però, non sono solo le dimensioni a spaventare l'intervistato, ma piuttosto la capacità che il mostro ha di precederlo, di controllare i suoi movimenti. Nel sogno il ragno mostra perfino come una sorta di soggettività, una volontà cosciente. Il ragno, vuole catturarlo. La lettura che ne dà la giovane redattrice è assai interessante. «Credo che il sogno del mio amico possa essere interpretato nel senso che bisogna stare un passo avanti per poter inseguire i propri obiettivi, e il ragno rappresenta l'imprevedibile pandemia [the unpredictable pandemic].» Per lei, il ragno che anticipa è il riflesso del conflitto interno del suo amico che cerca di non perdere la strada durante la quarantena. Il ragno mostruoso è parte delle forze in atto, non qualcosa di meramente esterno, come un'entità aliena, ma piuttosto la battaglia al livello della sua soggettività. Il tema del mostro, allora emerge come parte della lotta dell'individuo, con il suo passato, con i suoi affetti, contro ciò che non conosce. Il prossimo sogno, a parte le somiglianze oniriche, è stato scritto con una grande qualità letteraria. Ce ne parla il suo autore, un giovane del sud di Brooklyn, di origine messicana:
« La mia famiglia ed io, eravamo inseguiti [being chased] in un tunnel da qualcosa di sconosciuto [something unknown] fino a che, finalmente, non siamo riusciti ad emergere in superficie. All'ultimo secono, qualsiasi cosa fosse quella che ci inseguiva mi ha afferrato il piede, ma io sono riuscito a liberarmi dalla sua presa. Mi sono improvvisamente venuto a trovare nel parco giochi della mia infanzia. Per proteggere gli altri da quello che c'era là sotto, ho tirato una bomba al centro e ho cominciato a correre. Nel mentre che camminavo, il luogo si trasformò in un mercato all'aperto [outdoor market], con piccoli negozi, dove c'era come una gerarchia di anzianità, una sorta di estetica primitiva. All'improvviso, venni preso di mira da un gruppo di individui e da un colossale serpente di colore verde scuro [colosal dark green serpent] che, senza che si curasse di dove correva, distruggeva il sentiero dove cercavo di nascondermi, finché, alla fine sono riuscito a tenerlo bloccato, sconfiggendolo.»
Il sogno sembra diviso in tre momenti: l'inseguimento collettivo, il ritorno alle origini, la vittoria sul mostro.
Per prima cosa, «qualcosa di sconosciuto» ma con una sua volontà propria insegue il giovane e la sua famiglia. Non è solo, di fronte al pericolo è integrato ai suoi. Riescono a trovare una via d'uscita dal tunnel e lui, in posizione da leader, aspetta fino all'ultimo momento che riescano tutti a uscire dal tunnel. Il mostro, che proprio in questo momento viene definito come «qualcosa di sconosciuto», gli afferra il piede, immobilizzandolo momentaneamente. Riesce però a liberarsi, e questa è la seconda iniziativa in cui prende una decisione di fronte al pericolo, dopo quella in cui aveva salvato i suoi. In secondo luogo, il protagonista del sogno visita dei luoghi che sono legati alla sua infanzia, alla sua origine. Sia il mostro rosso che irrompe in casa, così come lo sconosciuto presente nel parco giochi. E qui arriva la sua terza iniziativa: il giovane cerca di proteggere qualcun altro, e per questo tira la bomba. Poi si passa dalla famiglia al mercato sociale, con immagini di anziani in un villaggio. Egli descrive la scena come un'«estetica primitiva». Tuttavia, da questo mercato, apparentemente inoffensivo, spuntano gruppi di individui che lo inseguono. E poi appare il «colossale serpente verde scuro», figura e colore che vengono assunti da ciò che precedentemente era chiamato «qualcosa di sconosciuto». Qui la narrazione, nel momento in cui il serpente non solo predice ma distrugge i nascondigli del giovane, entra in sintonia con il sogno del ragno.
La particolarità di questo sogno consiste nel fatto che il mostro assume un corpo ed una figura che parte dal qualcosa di sconosciuto ed arriva al serpente. Però non va dimenticato il passaggio dal famigliare e dal domestico a ciò che è pubblico e commerciale, in questo caso rappresentato dagli anziani  e dal gruppo di persone. Il mercato è sinonimo di un ambiente sconosciuto, imprevedibile, ostile. Ed è da qui che emerge il serpente. Qui è dove per la prima volta la narrazione onirica incontra il mostro rosso. Ricordiamoci che questi sogni sono stati fatti durante il primo mese di pandemia a New York. Le immagini dei mostri hanno in comune fra di essi alcuni aspetti significativi, i quali esprimono la particolarità delle esperienze di questi giovani nel contesto della pandemia. Innanzitutto, come prima cosa, la pandemia genera sentimenti e sensazioni di persecuzione. I tre racconti onirici fanno uso del verbo «inseguire», due di loro vengono inseguiti [being chased]. In secondo luogo, i protagonisti si muovono da uno spazio esterno ad uno interno, e viceversa. Il ragno si trovava fuori, per la strada, e rompe la finestra della casa, il mostro sotterraneo viene visto quando si è in famiglia, e viene affrontato all'esterno, nel mercato. Terzo, i mostri sviluppano una soggettività via via e nella misura in cui la paura pervade, in questi tre casi, il sognatore. Quando il ragno o il serpente anticipano i movimenti e distruggono i nascondigli, la paura vince. In questi sogni, il ritorno a casa  - come immagine uterina? - finisce per far aumentare la paura. Al mercato, la decisione onirica del giovane, verso il serpente serpente, cambia. Primo, perché acquisisce conoscenza della forza distruttiva che lo insegue e, due, perché in un momento non descritto della sua storia affronta il serpente e lo riporta nel luogo da cui esso proviene: gli inferi, o il sotterraneo. Esiste una dialettica che oppone la soggettività della pandemia e la soggettività del protagonista: maggiore è la fuga, maggiore è la paura; mentre la disposizione alla conoscenza, a comprendere la strana forza, o riporta nel contesto del coraggio e alla decisione del protagonista. Questa dialettica onirica, compresa in un momento di crisi sociale, è fondamentale per percepire le tendenze regressive o il coraggio umano.

2 - I presagi asiatici
Le figure apocalittiche, i cattivi presagi, le divinazioni si riferiscono al momento della crisi. Ci sono tre messicani che provengono da Hidalgo, Moleros e Puebla che lavorano in un caffè di Astoria. Dopo aver parlato un po' con loro, e fatto amicizia, mi chiedono di dove sono. Quando vengono a sapere che sono del Guatemala, un di loro - un cameriere bilingue - mi chiede se il vulcano avesse eruttato, a cui rispondo di sì: «Qualche anno fa». Il poblano si è fatto improvvisamente serio e ha detto: «I terremoti, i disastri, sono stati predetti nella Bibbia». Al che, l'hidalguense, mostrandosi d'accordo: «Il coronavirus ne fa parte, il mondo sta per finire». Durante la crisi, le tradizioni religiose forniscono alle persone delle immagini oniriche di modo che esse diano un significato, o uno scopo, al pericolo. Diventano così delle cosmogonie popolari che servono ad affrontare l'imprevedibile. Uno dei miei studenti del Baruch College è vietnamita. Quando è iniziata la pandemia, è tornato di corsa nel suo paese, dove per tutto il mese di aprile ha osservato una rigorosa quarantena. E da lì, mi ha mandato il seguente racconto a proposito di un indovino di Hanoi:
«Il mio amico è uno studente universitario e aveva in programma, per l'inizio del 2020, di aprire un piccolo caffè nella città di Hanoi, in Vietnam. Come spesso avviene nella cultura vietnamita, ci sono molte persone che quando vogliono aprire un negozio o vogliono sapere cosa accadrà nel loro futuro o in quello della loro famiglia, vanno a consultare i consigli e la guida di un indovino [prophet]. Perciò, il mio amico ha fatto visita all'indovino per avere un consiglio. Quello gli ha detto che l'anno successivo (2020) non avrebbe dovuto dare inizio all'attività, poiché sarà difficile riuscire a guadagnare il denaro che basti a mantenersi. L'indovino gli consigliò di aspettare fino alla metà dell'anno, prima di aprirlo.»
A me sembra che nel racconto che lui fa della storia dell'indovino, ci siano almeno tre piani interconnessi. Il primo, l'amico che affronta l'incertezza relativa all'investire il suo piccolo capitale. Si trova di fronte alla sua ignoranza del mercato e della ricezione sociale della merce che offre, del suo lavoro. Il secondo piano, l'indovino - chiamato profeta dallo studente vietnamita, come se fosse qualcuno in grado di leggere le tendenze del futuro, e tra di esse compreso anche che cosa è fruttifero, sterile o pericoloso per la circolazione del denaro. L'investitore e l'indovino sono i due estremi della relazione, legati insieme da una sorta di cosmogonia del denaro. Il mio studente si stava specializzando in economia, qualcosa che possibilmente, tra i suoi connazionali, farà di lui un'autorità in materia. Per quanto riguarda la predizione, continua: «Il profeta non ha menzionato, o non sapeva niente della crisi del virus. Io ed il mio amico siamo d'accordo sul fatto che le parole del profeta riflettano in qualche modo l'attuale pandemia.» Ed è qui che arriviamo al terzo piano, quello che si colloca successivamente alla lettura originale: e dare un senso al consiglio. Entrambi pensano che la predizione era stata accurata, e implicitamente legittimano la visione dell'indovino. La pandemia si è quindi integrata simbolicamente nella cosmogonia del denaro e del negozio. Ogni cosmogonia è complessa e abbraccia l'interpretazione dell'universo, delle stelle, delle acque e degli esseri umani che si trovano in relazione con esse. Un'indagine più dettagliata sull'indovino vietnamita studierebbe quelli che sono i suoi riti di divinazione ed il ruolo del denaro, svolti per esempio attraverso del materiale di lettura stellare. A tal proposito è illuminante il sogno, fatto durante la pandemia, e la credenza zodiacale della madre di una ragazza cinese:
«Dal momento che a New York vivo da sola, mia madre in Cina si preoccupa per me tutto il tempo. Mi ha raccontato che spesso fa degli strani sogni [strange dreams]. Diverse volte ha sognato dei topi, però non si ricorda cosa sia successo esattamente nel sogno. Forse perché nel calendario cinese quest'anno è quello del topo, ed il mio segno corrisponde al topo. È anche il primo animale dello zodiaco. Molta gente crede che questo sia un anno sfortunato, con molti disastri. La Cina non ha avuto solamente il coronavirus, ma c'è stato anche un terremoto. Ho sentito dire che anche in altri paesi ci sono stati dei disastri naturali.»
Il sogno del topo è chiaramente legato alla cosmogonia zodiacale cinese. Nel caso dei giovani newyorkesi, però, il ragno, il mostro rosso o il serpente non sembrano alludere ad un corpus così definito, come avviene in questo caso. La studentessa, come figlia, enfatizza la sua solitudine negli Stati Uniti insieme alla preoccupazione della madre. Il topo non fa riferimento solo all'anno 2020, ma anche alla nascita di sua figlia nel 1996. Nella simbologia cinese, il topo rappresenta l'inizio di tutto il calendario, è un segno fondamentale che segna il confine tra le forze del passato e quelle odierne. La giovane afferma che «molta gente» [many people] mette in relazione il topo con l'anno della «sfortuna» o del «disastro». Sebbene la Cina non abbia la connotazione di sporcizia o di disgusto dell'Occidente, il suo aspetto negativo viene associato alla guerra, all'occulto e alla pestilenza. Per quel che attiene a come lei si tenga in contatto durante la pandemia, la studentessa cinese continua: «Perciò, quando parlo con lei su Facebook, mi dice che sogna spesso i topi. Credo ciò sia dovuto al fatto che viviamo lontano e si preoccupa vedere le notizie.» Sognare questi roditori può essere ambivalente e può confondere la madre, qualcosa di «strano». Sottolinea da lontano quello che è il suo ricordo della figlia, e la profonda preoccupazione quando al telegiornale ha visto che New York, nel corso della prima ondata della pandemia, era stata la città più colpita al mondo, molto più che Wuhan. La tecnologia della comunicazione, via Iphone in questo caso, rende possibile vedere immagini e sentire voci a livello globale; una possibilità insospettata anche per chi, tra noi da bambini, ha visto le tele-chiamate dei Supersonics. La distanza, unita alla tecnologia, fa aumentare le paure quotidiane relative alla pandemia. Sembrano andare ad integrare al materiale onirico la paura della morte. Una giovane studentessa di informatica, del Gambia, racconta il sogno di un membro della sua famiglia: «Mi ha spiegato che ultimamente fa dei sogni. E dice che i suoi sogni hanno a che fare con i suoi figli in America (USA) che muoiono. Nei sogni, mi ha raccontato di come spesso li vedeva in delle bare che dovevano essere sotterrate in Africa. Lo ha sognato per due giorni di fila, come un incubo. Dice che ogni volta che fa questi sogni, prega. Secondo lei, dopo il suo risveglio i sogni continuano ad essere reali [feel like a reality]. Un mio familiare mi dice che quando sente squillare il telefono, si fa prendere dal panico [she gets panicked].»
Come possiamo vedere, il telefono diventa un vettore potenziale della terribile notizia. Il desiderio del ritorno viene distrutto dall'arrivo della bara. L'incubo come materiale onirico prosegue, sotto forme consapevoli, nell'angoscia della vita in attesa. Per Ernst Bloch, ne "Il principio speranza" (1995), gli incubi esprimono una modalità del pericolo e lo ancorano all'ambito sociale vissuto. La relazione tra il sogno notturno ed il sognare da sveglio, rappresenta un continuum da esplorare, con possibilità storiche. Per gli immigrati, l'incubo durante la quarantena rimanda al loro luogo di origine, ai pericoli del ritorno. Se, dal Gambia, la paura è quella di vedere arrivare la bara con i suoi figli, per i migranti nei paesi del capitalismo avanzato è il ritorno ad un desolato luogo di origine. La madre di uno studente è nata in Bangladesh, e ora vive a New York con la sua famiglia. Il suo incubo si situa in Bangladesh: «Mi ha raccontato che stava correndo in un grande campo [large field]. Nonostante si trovasse nel suo paese di origine e lì avesse più di ottanta parenti, non le era stato possibile trovarne nemmeno uno. Ricorda di aver visto animali nella città dove prima c'era la sua casa. Non c'era più nessuno, tranne il bestiame o gli animali da cortile [livestock]. La sua casa [home] appariva essere vecchia e fatiscente.»
In questo incubo, la madre bengalese corre; un'azione onirica che denota ricerca e in questo caso disperazione. Il suo paese costituisce la sua radice e il suo senso primario di appartenenza. Suo figlio parla persino di quello che è il numero esatto dei parenti materni, ottanta. Non riesce a trovarli. La città è disabitata, così come lo è la sua casa. Non ci sono persone, ma solo animali [animals] e bestiame [livestock]. Ancora una volta, troviamo qui la divisione tra il pubblico ed il familiare, ma in questo caso denota vuoto e rovina. La madre migrante pensa i suoi parenti in Bangladesh per mezzo di immagini di catastrofe e solitudine; un'inversione dell'incubo della madre del Gambia che vede l'arrivo dei suoi figli dentro le bare. In entrambi i sogni, si teme per i legami di parentela associati al luogo, alla lontananza, all'assenza. Il sogno mette in scena il crollo della società e, allo stesso tempo, le immagini oniriche sono interpretazioni del caos visto dal basso.

3 - Lavoro e corpi vuoti
La società borghese sogna la propria distruzione. Si rappresenta il giorno quotidiano, il tipico giorno, come se fosse la soglia attraverso cui entra il caos. In "Indipendence Day", c'è un uomo che esce in pigiama per andare in giardino, nota qualcosa di insolito nei suoi vicini e vede una gigantesca astronave aliena sopra Los Angeles. E tuttavia, come in uno specchio, la giornata tipo è in realtà il caos represso della banalità quotidiana, la cosiddetta normalità. Ed in un tempo simile che avviene il prodursi della catastrofe dell'umanità che va in direzione dell'implosione. In questa prospettiva, l'origine è l'individuo e la sua famiglia, al riparo nella piccola proprietà privata che così tanto è costata loro e, allo stesso tempo, viene simultaneamente spinto ad andare a scontrarsi con degli individui che gli sono potenzialmente nemici o, peggio ancora, con degli assassini.  Ed è per questo che le produzioni e i film sulle catastrofi, che raccontano di invasioni aliene, di supereroi o, soprattutto di apocalissi zombie non attraggono l'attenzione degli spettatori tanto perché siano delle possibilità fantastiche e lontane, quanto piuttosto perché in fondo ritraggono quelle che sono le dinamiche sociali della vita nel mercato, e ci parlano dell'esistenza povera e solitaria di una forma antisociale di relazione. La pandemia non ha fermato un presunto corretto funzionamento del mercato, o quello della società mercantile. Le sue crepe erano visibili già a cominciare dalla crisi immobiliare del 2008 e delle possibilità di riprodurre le relazioni di proprietà; questo prima che vedessimo una grande maggioranza dell'umanità convertita in proletaria, nomade ed in esodo, e prima della perdita di legittimità da parte del modello storico dello Stato-nazione. Il peso dell'incertezza lavorativa, dell'indebitamento e la mancanza di spazi di vita comunitaria, con la pandemia si è solo incrementato. Per chi era possibile stare in quarantena, con la possibilità di mantenere un impiego, il coronavirus prometteva sogni di solitudine e di tremendo isolamento, oltre che di lontananza dalle altre persone. I sognatori hanno provato la durezza del periodo di solitudine. Guardiamo a due incubi.
Una studentessa bengalese racconta il seguente sogno fatto da un'amica: «Stava per andare al lavoro, quando ecco che non riusciva ad aprire la porta per uscire. Cercava in tutti i modi di aprirla, ma non c'era verso. Decideva di urlare dalla finestra chiedendo aiuto, ma non c'era nessuno [no one was there]. La strada era deserta e tutto quello che sentiva era il suono assordante di una sirena.» Contrariamente ai sogni dei mostri ragno o serpente, che avevano origine all'esterno, qui la giovane si ritrovava intrappolata dentro la propria casa. Per quel che poteva, ha fatto tutto, «è pronta», però non può aprire la porta. Compare anche qui l'immagine onirica della finestra, stavolta non come lo spazio che viene infranto dal mostro, ma come uno squarcio attraverso cui far passare la propria disperazione. Non dimentichiamo che la finestra è un sinonimo di coscienza, di soglia, di sguardo.
Tuttavia, fuori per strada non c'è nessuno. Le sue grida sono inutili. In casa non c'è nessun altro, è sola. Il sogno fornisce delle immagini oniriche che hanno a che fare con l'interno, con la sicurezza, visto come impedimento sociale, la casa vista come isolamento. In altri sogni, però succede anche il contrario: le persone possono uscire in strada, per andare al lavoro, però si trovano in un modo privo di presenza umana. È il caso del sogno che viene raccontato da uno studente canadese. Il giovane ha intervistato un suo amico in auto-isolamento [self-isolating] durante la quarantena. Viene descritto come se ultimamente facesse dei sogni «ricorrenti» e «piuttosto vividi».
«In uno di questi sogni ricorrenti [recurring dreams] sta lavorando ma è completamente solo [all alone there]. Ci sono degli altri corpi, ma non si tratta di persone che lui conosce, e non è è possibile interagire con loro. Si trovano lì solo fisicamente, però non sembra che nei loro corpi ci sia qualcuno [doesn’t seem to be anynone in the bodies]. Dice che, nel sogno, qualsiasi altro aspetto della "esperienza" di andare a lavorare sembra normale, però la sua incapacità di stabilire una connessione [inability to connect] con chiunque nel suo ufficio è una grande fonte di panico.»
Il suo incubo inizia al lavoro e non a casa, come succedeva nel caso precedente. In ufficio non c'è nessuno. Entrambi, nei due sogni, si preoccupano della loro solitudine in casa ed al lavoro. Questo sogno aggiunge un elemento interessante al mondo dei sogni pandemici: nell'ufficio ci sono dei corpi, ma non c'è alcuna presenza umana. L'atto che caratterizza l'aspetto umano della relazione è l'interazione. Non solo non li conosce ma non riconosce nemmeno nessuno «nei corpi». Se la ragazza «grida» alla finestra per chiedere aiuto, qui l'impiegato prova «panico» per il fatto di non essere in grado di «stabilire un collegamento» con degli esseri umani. Sembra esserci un continuum di isolamento tra la casa vista come prigione e l'ufficio come separazione. La pandemia non crea l'alienazione lavorativa, ma piuttosto avviene che la capacità onirica funziona come se fosse una lente che ingrandisce ciò che era già presente. La divisione tra il privato ed il pubblico, promossa dalla società capitalistica, è la solitudine degli sconosciuti. In entrambi gli incubi, le donne temono il confinamento nel privato e gli uomini temono l'isolamento nel pubblico, cosa che ha senza dubbio una sua rilevanza nella costruzione dello spazio di genere. In altri sogni, la società viene espressa come metafora della competizione, del pericolo relativo a ciò che è nascosto, del selvaggio.

4 - Il virus inoculato, la schiavitù sessuale
Per interpretare un momento storico, il sogno costituisce un'importante narrazione. La separazione tra onirico e coscienza quotidiana non è completa, le caratteristiche motorie dell'uno possono inondare l'altra, materializzarsi come delle possibilità una volta che vengono convogliate nell'ambito delle decisioni. Per cui avviene che il contenuto onirico, con il suo movimento, le sue immagini allegoriche o simboliche, costituiscono un flusso centrale per vedere dove emerge una nuova espressione storica. Una lettura politica o economica, a partire dalla razionalità sociale della coscienza, contribuisce alla comprensione dei fenomeni, però, inoltre, può essere obnubilata da quelli che sono i limiti stessi imposti dalla ragione sottomessa al quadro della società capitalistica. Nell'ultimo decennio, etnografie diverse hanno lavorato sull'importanza delle narrazioni dei sogni, degli spiriti o dei fantasmi, rispetto alla memoria e all'attualità delle persone. Amira Mittermaier, lavorando sulle guerre del XX secolo in Egitto, ci dice: «Una lettura più attenta deve considerare come le storie dei sogni interpellano [speak back] il nostro quadro interpretativo». Per l'autrice, il racconto del sogno democratizza l'interpretazione del mondo dal momento che alla fine, tutti quanti sogniamo, non c'è un monopolio del fatto di sognare e raccontare l'esperienza. I sogni della gente si riferiscono ad una storia «dal basso», una storia che annulla i sospetti su «tempo, storia, soggettività e comunità». La scienza non solo si basa sull'idea del sapere professionale a fronte di ciò che invece è popolare o volgare, sul metodo rispetto alla spontaneità cognitiva, ma anche, secondo le parole di Alfred Sohn-Rethel, del rapporto tra merce, capitalismo e forme storiche di conoscenza. La separazione tra scienza e credenza ha origine, secondo l'autore tedesco, a partire dalla divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. In questo articolo, propongo di leggere i sogni durante la pandemia in chiave del continuum tra il materiale onirico del sogno notturno e le immagini, le esperienze e le sofferenze che derivano dal feticismo della merce. La lotta non è, quindi, tra il materiale onirico e la realtà, o tra il sogno e la coscienza diurna, bensì, piuttosto, tra contenuto utopico, sofferente o critico, del sogno, da una parte, e società feticista dall'altra.
Una giovane ha raccolto il sogno di un suo amico: «Mi sono svegliato nel mezzo della foresta amazzonica e non avevo nessuna idea di dove fossi. Avevo solo i vestiti che indossavo ed un coltellino.» Secondo la studentessa, il suo amico: «ha dovuto lottare per aprirsi una strada e, nel sogno, è rimasto lì per almeno uno o due mesi. Quando alla fine è riuscito ad uscire dalla foresta ha potuto svegliarsi.» Il pericolo non si incarna in un mostro, ma in un ambiente ostile. Questo sogno condivide con il sogno della casa e dell'ufficio, la confusione e la solitudine opprimente. Nelle sue mani, c'è un'arma, un coltello, per aprirsi la strada nella foresta amazzonica. Come nell'incubo della madre bengalese, il non umano del paesaggio appare come animale e vuoto. La giungla è uno spazio di pericolo. Ma cosa succede quando il materiale onirico della pandemia si nutre della crisi politica? Come la rappresenta? Una studentessa newyorkese, di origine cinese, ha raccontato il sogno rivelatore di una sua cara amica: «Un giorno il nostro governo ha annunciato che finalmente i nostri vaccini sono pronti e che i medici verranno nelle nostre case, per impedire che ci si debba ammucchiare tutti insieme [all at once] negli ospedali. Tuttavia, qualche giorno prima che i medici arrivassero nel nostro quartiere, abbiamo visto in tv la notizia che Trump aveva ammesso che il suo vero piano era quello di infettare le persone con lo stesso virus. Il suo scopo era quello di mettere in atto la "sopravvivenza del più forte": se sei abbastanza forte da sopravvivere e sviluppare anticorpi, allora vivrai [then you live], altrimenti morirai [then you die]». Questo sogno riprende elementi della pandemia - il distanziamento sociale, la crisi politica, la sfiducia nel presidente - per reintegrarli, ulteriormente, in una interpretazione critica. Torniamo all'inizio. Alla fine di aprile a New York, le code negli ospedali sono interminabili. Donald Trump raccomanda di bere il disinfettante per contrastare il coronavirus, molte persone non sono uscite di casa pe settimane. Si aspetta un vaccino per curare la pandemia ma si parla del fatto che ci vorranno molti mesi. La ragazza mette il governo al centro del suo sogno, descrivendolo come il «nostro governo», mostrando così di avere una carica identitaria significativa. La notizia è incoraggiante: c'è già un vaccino. Ora la sanità pubblica, lo Stato - rappresentato dai medici - visiterà tutte le famiglie. Si tratta di aspettare lo Stato visto come immagine di prestatore d'opera, che salva. Pochi giorni prima che questo accada, è lo stesso Trump a dichiarare le sue vere intenzioni: inoculare il virus nel corpo di tutti gli abitanti del paese. Il fine è quello di promuovere una politica di genocidio biologico. A partire da un'argomentazione che si basa sulla famosa teoria darwinista del XIX secolo, il presidente e magnate Trump porrà in atto un piano di ingegneria sociale. Il coronavirus è stato approvato, socializzato in quanto perdita di vite umane e privatizzato ai fini del controllo e dello spopolamento. In realtà, devasterà i quartieri poveri e, di conseguenza, una maggioranza nera, o gli immigrati che temono l'espulsione se protestano. Ma come dicevamo all'inizio, spesso il materiale onirico -  o quello della possibilità fantastica - mette meglio in scena il nucleo storico, reale, concreto di una società, di quanto facciano le categorie degli analisti politici, così immedesimati in dei discorsi che vengono fatti  per dare un senso al nonsenso. Le serie televisive catastrofiche, che di per sé approfittano del gusto per la distopia delle attuali generazioni, sono assai spesso integrate nel cosmo onirico del sogno che dipinge un paesaggio e traccia un viaggio in un cui si esprimono le emozioni, le paure e le situazioni presenti nella società, sebbene non siano ufficialmente accettate.
Durante la pandemia, una giovane studentessa del Bronx si era trasferita con la famiglia in Virginia. Lì, ha raccontato, hanno guardato una serie tv dal titolo "The Handmaid's Tale" (2017). «La serie» - ci spiega - «ricrea sotto forma di serie televisiva la vita all'indomani della Seconda Guerra Civile Americana, in una società totalitaria che sottomette le donne fertili, definite con il nome di "ancelle" [handmaids], ad una sorta di "schiavitù di fare figli"». Similmente a quanto avviene con il sogno dell'inoculazione del virus da parte di Trump, questo incubo ha portato le due cugine in una società totalitaria, nella repressione poliziesca, e tutto questo solo un mese prima dell'assassinio di George Floyd avvenuto a Minneapolis, e delle rivolte di massa che ci sono state in tutto il paese. La ragazza racconta: «Nel sogno, io e lei dovevamo andare al supermercato. Ci veniva permesso di uscire di casa solamente in coppia. Indossavamo dei mantelli rossi con degli ampi cappucci che ci coprivano il viso e ci lasciavano spazio solo per poter guardare. Ad ogni angolo, c'erano molti agenti di polizia, con delle grandi pistole, che si assicuravano che non interagissimo [making sure we do not interact] o ci avvicinassimo ad altre persone. C'era il rischio che ci sparassero, anche se solo guardavamo in direzione di un'altra persona. Le strade erano polverose, il cielo era grigio e tutti quelli che si trovavano per strada erano vestiti in maniera del tutto identica. Arrivavamo al supermercato e da mangiare potevamo prendere solo della frutta, perché il resto degli scaffali era vuoto. Mia cugina cercava furtivamente di parlare con qualcun altro, ma veniva arrestata da un ufficiale armato di tutto punti. Mi ritrovavo così del tutto sola, con un cesto di frutta nel mezzo del supermercato. A quel punto mi svegliavo.»
Il sogno, sempre fatto nel mese di aprile, si svolge in un contesto di paura dovuto alla carenza di cibo nei supermercati. Lei non è sola, ma si trova ad essere accompagnata da sua cugina. Entrambe, in quella che è la società totalitaria onirica, sono parte delle donne costrette a fare figli per delle coppie bianche, eterosessuali, che fanno parte della classe capitalista. Il mantenimento dell'ordine viene assicurato a partire dal silenzio imposto dai poliziotti armati. Il sistema ha bisogno che ci sia poca interazione, connessione o conversazione comunitaria da parte delle persone. Similmente a quel che avviene nell'incubo dell'impiegato che non può comunicare con i corpi vuoti, in questo lo Stato proibisce l'interazione. Anche il contesto del supermercato viene monitorato e vigilato, e viene consentito solo lo scambio tra denaro e merci, senza parlare. Avviene quel che si temeva: la cugina cerca di parlare con qualcuno ma viene arrestata dalla polizia. Il finale del sogno coincide con la solitudine nel mercato insieme ai propri bisogni, la frutta. La situazione somiglia a quella della donna che non riesce ad aprire la porta della propria casa, o a quella dell'uomo nell'ufficio insieme ai corpi svuotati di ogni umanità. Il sogno di Trump e quello del "racconto dell'ancella" mostrano la dialettica esistente tra il materiale onirico individuale e la crisi della società capitalistica nel sul insieme. Questi sogni sono in controtendenza rispetto alle elezioni nazionali che avranno luogo a novembre, ma esprimono anche le tensioni sociali, a partire dal basso, di questi giovani newyorkesi solo un mese prima che si scatenino le proteste a New York.

Riflessione: in che direzione vanno i tempi
Quando ho cominciato ad insegnare a New York, sono rimasto impressionato dal fatto di avere di fronte a me le figlie e i figli dei migranti provenienti dal Giappone o dall'Egitto, dal Bangladesh o da Israele, da El Salvador o dall'Ucraina. Pensavo alle loro storie, ai loro villaggi, come se si trattasse del mio piccolo istmo centroamericano. Durante la pandemia. cominciammo a ricevere e-mail dai nostri studenti che ci raccontavano della morte della madre, del padre o dello zio. Allo stesso tempo, nel nostro quartiere, nel Queens, si sentivano suonare tutto il giorno le sirene, e avevamo paura ad aprire le finestre. Nei sogni che leggiamo qui, teniamo presente che la finestra è il luogo attraverso cui entra il ragno, ma è anche quello da dove esce l'urlo. Quelli di noi che in piena pandemia hanno visto Times Square completamente vuota, sono rimasti enormemente sorpresi quando, dal 29 maggio, la città ha cominciato a ribollire di ribellione. I graffiti, di per sé già presenti, si sono riempiti fino ad esplodere di messaggi rivoluzionari oppure, a Central Park, si sono visti i giovani neri che ricordavano la schiavitù dei loro antenati.
Walter Benjamin, flâneur [passeggiatore svagato e a momenti curioso] e pensatore berlinese, ci ha parlato del sogno come se si trattasse di un attributo storico generazionale: «L'esperienza della gioventù riguardante una generazione, ha molto in comune con l'esperienza dei sogni. La sua configurazione storica è una configurazione del sogno.»
Per una società commerciale che crea i propri incubi del mondo - la morte di Breonna Taylor, o i sette minori morti nel 2019 mentre si trovavano sotto la custodia del servizio federale, le sterilizzazioni forzate - la paura fa parte della sua continuità. Le vediamo nel sogno di "Handmaid" o in quello dei corpi vuoti: la connessione umana e l'interazione possono facilitare il flusso del discorso al fine di costruire nuove comunità critiche. Visto in questo modo, «il risveglio è un processo graduale che avviene nella vita di un'individuo, così come avviene nella vita delle generazioni. E dormire è la tappa con cui ha inizio.» (Benjamin). Solo a partire dal riconoscimento del sogno, la realtà può contribuire al risveglio sociale.

- Sergio Palencia Frener ***- Queens, NY, 22 agosto 2020 - Pubblicato su Comunizar -


Bibliografía

Benjamin, Walter. “K. Dream City and Dream House, Dreams of the Future, Anthropological Nihilism, Jung.” In The Arcades Project, Belknap Press: An Imprint of Harvard University Press, 2002.

Bloch, Ernst. "Il principio speranza vol. 1". Mimesis

Lorde, Audre. “Poetry Is Not a Luxury.” In Sister Outsider: Essays and Speeches, edited by Cheryl Clarke, Edición: Reprint., 36–39. Berkeley, Calif: Crossing Press, 2007.

Mittermaier, Amira. “Invisible Armies: Reflections on Egyptian Dreams of War.” Comparative Studies in Society and History 54, no. 2 (2012): 392–417.

Sohn-Rethel, Alfred. "Lavoro intellettuale e lavoro manuale". Feltrinelli

*** - Sergio Palencia Frener è un antropologo guatemalteco, attualmente professore aggiunto al Baruch College, City University of New York. Questo saggio è stato originariamente pubblicato su: Revista de la Universidad de San Carlos de Guatemala, Julio / Septiembre, No. 46, año 2020, pp. 11-24. Le foto pubblicate sono state scattate a New York, nel 2018 e nel 2020 dall'autore.

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