sabato 14 novembre 2020

A modo mio

Non c'è certo bisogno di scomodare Majakovskij, per dire che in fondo ciascuno, quando scrive, scrive sempre e solo di sé stesso. E non può essere altrimenti, almeno così credo.
Ragion per cui non ho alcun problema ad ammettere che il mio contributo a questo bel libro collettivo appena pubblicato per le Edizioni DEA, parla per l'appunto di me stesso, più che di Annamaria o di Luca. E, a maggior ragione, quello che ho scritto, e che in qualche modo sto continuando a scrivere, come sempre parla proprio del me stesso attuale - ché come amo spesso ripetere, «é sempre l'uomo che spiega la scimmia, e non viceversa» -, di quel me stesso a cui quarantasei anni fa, in seguito ad un complesso di cose che posso anche essere benissimo in grado di ricostruire, è capitato di incontrare delle persone che hanno avuto un tale impatto sulla sua vita (oltre che su quella di allora, anche in quella degli anni a venire e fino ad oggi) che spesso, la notte, prima di addormentarmi, non posso non riandare a quei fatti. Come in una sorta di consuetudine, semplicemente. E così, ora, a questo libro mi sono accostato, per leggerlo ( e che praticamente ho letto quasi tutto, sul bus, tornando a casa), come se si trattasse per l'appunto di una sorta di teatro in cui potesse essere rappresentata proprio l'inattualità di quelle esperienze. E in buona parte, sono riuscito a trovare quello che cercavo. Quanto meno, ci sono riuscito abbastanza, da nutrire la mia fame perversa.
Dicevo inattualità, proprio perché sono fermamente convinto che simili storie, simili esperienze e - perché no? - simili persone non possono essere rese attuali. Ci parlano di un tempo altro e altrui, anche rispetto a noi stessi; ai noi stessi che siamo e ai noi stessi che ricordiamo di essere, per non parlare di quelli che veramente eravamo. Non staro a dire dove, come ed in quali parti del libro ho trovato consolazione, né parlerò di quelle parti che mi hanno procurato fastidio (ché anche la cifra del fastidio parla di qualcosa di toccante, di qualcosa che tocca, e con cui bisogna fare i conti. Sempre). Non importa, ché qui di "abusivi" non ce ne sono!
Il libro ha funzionato. Ha svolto il suo ruolo di "macchina del tempo", e per lunghissimi momenti sono riuscito a tornare in questi posti (che di "luoghi" sempre si tratta, più che di "tempo"!). Sono riuscito a rivedere le persone che volevo rivedere; che poi era quello il motivo per cui, ieri, in un giorno in cui ci si prepara al prossimo lockdown, sono andato a ritirare la mia copia andando a piedi fino in via degli Alfani. Dovevo farlo, per poter richiamare alla mente alcune persone che non so più che fine abbiano fatto - se sono vivi o morti. Per come dire, "convocarli". Per poter tornare per un momento con loro a cena da Anita, o in una di quelle due trattorie di cui non ricordo nemmeno il nome. E, come sempre, si è fatto largo qualcuno che altre volte magari era rimasto in disparte, e sgomitando si è fatto spazio per potermisi avvicinare e raccontarmi quello che temevo di aver dimenticato. Ho promesso loro che qualcosa né faro di queste storie e di questi ricordi. A modo mio.

- Autori vari, "Annamaria e Luca Mantini. Fratelli e sorelle rivoluzionari", Edizioni DEA. Collana Testimonianze - Da oggi potete trovare il libro da Feltrinelli e da Marabuk, a Firenze. Inoltre al Centro DEA in via Alfani 16/r, oppure ordinarlo per email a redazione@deapess.com  -

Nessun commento: