giovedì 12 novembre 2020

La “bilancia da farmacista”, o il “letto di Procuste” ??



Conosciamo l'insistere di Roberto Calasso nella lettura di Karl Kraus, lettura che si presenta in più punti della sua opera. Due dei suoi saggi contenuti ne "I quarantanove gradini" sono quasi interamente dedicati a Kraus, e sono "Sull'opinione" e "La guerra perpetua"; nel primo, Calasso sostiene che Kraus anticipa la "Dialettica dell'Illuminismo" di Adorno con l'aforisma: «Il progresso fa borsellini di pelle umana.», e subito dopo aggiunge che Kraus non è mai stato interessato a descrivere questa dialettica, e anche se abbiamo motivo di essere grati ad Adorno per averlo fatto, insieme a questo bisogna riconoscere che le implicazioni delle metafore di Kraus continuano a moltiplicarsi ben oltre il punto in cui l'ingegnosa spiegazione di Adorno comincia invece a girare a vuoto. Calasso sembra voler dire che se Adorno pecca per eccesso, Kraus pecca per mancanza, e che è proprio questa mancanza a garantire la futura germinazione della sua opera.
Seppure il confronto tra Adorno e Kraus, fatto da Calasso, sia breve e si concluda nel passo appena presentato, è tuttavia possibile evidenziare un'altra deriva: sia nei suoi aforismi che nella sua rivista "Die Fackel", Kraus ritorna innumerevoli volte sulla questione della tipografia, sul segno tracciato sulla pagina bianca, sulla questione della materialità minima posseduta dalla scrittura (nella rivista «dove appaiono», scrive Calasso, «saggi memorabili sulla virgola, sull'apostrofo, sul soggetto e sul predicato, sulla rima, sugli errori di stampa»). E infatti a partire da questo sfondo si può evocare una rilettura di uno dei saggi più "atipici" che si trova contenuto in "Note per la Letteratura" di Adorno, intitolato per l'appunto proprio [segni di] "Interpunzione" (e del resto, è Adorno a citare Kraus nel saggio).
In Kraus esiste una «sensibilità artistica» (ed è lui stesso ad utilizzare questa espressione nei suoi aforismi) la quale tocca non solo Calasso e Adorno, ma molti altri, soprattutto Canetti (cha a partire da Kraus dà il titolo ad uno dei volumi delle sue memorie - "Die Fackel in Ohr" [La torcia nell'orecchio]) e Kafka (Josefine la cantante è Karl Kraus). Nei suoi aforismi, Kraus parla della «bilancia da farmacista» della sua «sensibilità per l'arte» che usa per rifiutare l'uso di ogni parola che sia troppo leggera o troppo pesante, inadeguata, sottilmente fuori luogo: «Bisogna scrivere ogni volta come si scrivesse per la prima e per l’ultima volta. Dire quanto sarebbe giusto per un congedo e dirlo così bene come per un debutto» (Karl Kraus, "Detti e contraddetti").

fonte: Um túnel no fim da luz

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