L'evoluzione delle categorie psichiatriche nell'epoca dell'imbarbarimento della società capitalista
- di Benoït Bohy-Bunel -
Nel suo libro del 2016, "Psychiatric Hegemony: A Marxist Theory of Mental Illness" ["Egemonia Psichiatrica: Una Teoria Marxista della Malattia Mentale"], Bruce Cohen svolge un'analisi materialistica storica, ed anticapitalista, del DSM [Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali] I, arrivando fino al DSM V. I fatti che, così facendo, espone, dovranno essere in grado di definire con maggiore precisione quella che è l'evoluzione della dissociazione razionalista- validista [N.d.T.: "Capacitismo ( o validismo ) è un termine usato per descrivere la discriminazione, l'oppressione e l'abuso derivato dalla nozione che le persone con disabilità sono inferiori alle persone senza disabilità"] del valore, così come è avvenuta dal 1952 fino al decennio del 2010. Bruce Cohen mostra come la psichiatria che si trova inscritta nel DSM definisca sempre più quali sono le norme socialmente accettabili nella sfera del lavoro, a scuola, nella sfera privata, e nella vita personale, e lo fa nello stesso momento in cui maschera ancora meglio la sua dimensione politica di controllo, definendo ideologicamente quella che sarebbe una certa «oggettività scientifica» dei disturbi. Questa evoluzione corrisponde ad una dinamica di atomizzazione e di responsabilizzazione individuale che viene indotta attraverso il processo capitalistico di crisi, e per mezzo di una crisi globale del lavoro, aggravatasi a partire dagli anni '70. Nel corso di tale processo, si assiste anche ad una patologizzazione che viene assegnata a sempre più aspetti della vita, aspetti che precedentemente non erano soggetti a valutazioni psichiatriche.
Come ci mostra Bruce Cohen, la terminologia psichiatrica legata al lavoro sta cambiando in maniera significativa: si passa dalle 10 menzioni che si trovavano nel DSM I alle 40 menzioni che si possono trovare nel DSM V. Le esigenze postmoderne legate alla flessibilità ed alla mobilità del lavoro, le ingiunzioni relative all'auto-sorveglianza, all'autogestione dello sfruttamento - ma anche l'esaurirsi delle lotte sociali su larga scala - assumono sempre più un significato di spiegazione psichiatrica relativa ad una sofferenza lavorativa sempre maggiore. Nell'individualizzare la questione della sofferenza rispetto al lavoro, l'ordine psichiatrico si mette al servizio di un progetto sociale che consiste nel negare la disparità di potere nel mondo del lavoro. Ciascun lavoratore atomizzato tende innanzitutto a rimettere in discussione la sua salute individuale, nel momento in cui si trova a dover far fronte ad un disturbo legato al lavoro, anziché considerare i fattori sociali di tali disturbi, e invece di considerare quelle lotte collettive e quegli scontri rivoluzionari che potrebbero probabilmente abolire la sofferenza dovuta alla reificazione in generale.
Già a partire dagli anni '80, cominciano ad apparire nel DSM anche le diagnosi relative alla fobia sociale. Come spiega Bruce Cohen, questa evoluzione potrebbe portare alla patologizzazione della timidezza, o dell'inibizione, che diventano fattori sempre più «andicappanti» in una società che difende sempre più l'autopromozione individuale, il pensiero positivo, lo sviluppo personale sul lavoro, ecc. (il tutto secondo una logica di responsabilizzazione personale). Le violenze sociali, psichiche e simboliche, che vengono subite da ogni individuo sensibile ed empatico a fronte di un ordine sempre più psicopatico, che fa mostra di un largo sorriso, umiliante e «competente» quando si tratta di licenziare e distruggere delle vite, producendo così delle inibizioni e dei malesseri reali, i quali tuttavia verranno sempre più ridotte da delle diagnosi psichiatriche ufficiali a delle carenze individuali che possono essere corrette per mezzo di un'assistenza individuale su misura (qui, non prenderemo in considerazione neanche per un solo secondo la pura e semplice abolizione della psicopatia sociale in quanto tale, ma, al contrario, si cercherà di proteggerla, responsabilizzando coloro che non vi si adattano; tuttavia, è piuttosto questa psicopatia reificante - quella che presuppone prese di coscienza e lotte collettive - ad essere la più urgente, se non altro se si tratta di sopprimente la sofferenza).
L'ideologia psichiatrica iscritta nel DSM, tenderà anche a patologizzare l'infanzia, che eventualmente è «inadatta» all'ambiente scolastico. Le violenze scolastiche strutturali - legate alle differenze sociologiche fra gli studenti e che sono legate alla formale sfida scolastica moderna relativa alla formazione di una forza lavoro che in futuro possa essere sfruttata (vale a dire, la sfida della formazione in vista della futura reificazione), e legate ad un'assegnazione che definisce in maniera categorizzante la gioventù che si trova ancora al di fuori del valore - vengono apertamente negate allorquando si tratta di individualizzare e patologizzare quelli che sono i «problemi della scolarizzazione». Nella società americana - che presenta delle strutture più globali - all'inizio del XX secolo,il bambino «disadattato a livello scolastico» sarebbe perciò «l'imbecille morale»; negli anni '20, sarebbe stato invece affetto da una «encefalite letargica»; negli anni '50, avrebbe sofferto di «ipercinesia»; negli anni '70, di una «disfunzione minima del cervello», e al giorno d'oggi, avrebbe sviluppato un ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) «disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività».
L'ADHD, che viene altamente diagnosticato negli Stati Uniti, riflette un'evidente preoccupazione per il controllo, dal momento che ad essere patologizzato e medicalizzato è il comportamento «indisciplinato» dei bambini nelle aule delle classi. Secondo una tale valutazione clinica ideologica, non sarà mai questione di abolire le oggettive condizioni sociali che rendono la sfera scolastica una sfera di riproduzione delle disuguaglianze, e di preparazione alla reificazione e allo spossessamento del legame sociale, facendo così potenzialmente violenza ai bambini e ai giovani più sensibili o più svantaggiati, ma si tratterà semplicemente di individuare e medicalizzare quelli che sono più problematici, non per proteggere il bambino dall'ordine sadico, ma per proteggere l'ordine sadico da questi bambini turbolenti ... da reintegrare (pura aberrazione).
Bruce Cohen osserva che si passa da 8 categorie psichiatriche legate alla gioventù - nel DSM I - a 47 categorie, nel DSM V. L'era postmoderna tende a barbarizzare quelle che sono le atomizzazioni individuali funzionali nel mondo del lavoro, e in maniera del tutto logica, correlativamente, barbarizza le violenze e gli incarichi che sottomettono l'infanzia, mettendola a lavorare.
Per quanto concerne la repressione psichiatrica delle donne, andrebbe notato che già all'inizio del XX secolo, le donne opponevano resistenza agli incarichi patriarcali e venivano obbligatoriamente ricoverate in ospedale, dove subivano degli interventi chirurgici mutilanti, insieme ad altre misure punitive che venivano attuate sotto la copertura del «trattamento». Man mano che si sviluppa il capitalismo industriale, la psichiatria potrà quindi assegnare le donne alla «debolezza mentale», ma potrà anche determinare quali sono i criteri della «femminilità rispettabile», riducendo così le donne alla funzione materna, compassionevole, domestica. Le donne cosiddette «devianti», che non soddisfano a quei criteri, in particolare le donne della classe operaia, vennero imprigionate in massa, in nome delle cure psichiatriche.
L'imbarbarimento della dissociazione sessuale-patriarcale del valore, e lo svilupparsi della «doppia socializzazione» delle donne, nell'era postmoderna, induce ad un eccesso di patologizzazione dei comportamenti femminili «inappropriati»: Bruce Cohen osserva quindi che se nel DSM I c'erano 4 categorie diagnostiche ad appannaggio delle donne, ora, nel DSM V, ne abbiamo 24, di categorie diagnostiche femminilizzate. Allo stesso tempo, laddove le donne accedono al lavoro salariato più a livello di massa, nella misura in cui si sviluppa la «doppia socializzazione», le funzioni capitaliste patriarcali devono sottometterle in maniera ancora più rigorosa alla vita domestica e alla famiglia. La patologizzazione psichiatrica delle donne servirà a difendere e promuovere l'eteronormatività [N.d.T.: la convinzione che l'eterosessualità sia l'unico orientamento sessuale o norma unica per la sessualità, e che le relazioni sessuali e coniugali siano appropriate solo tra persone di sesso opposto], individualizzerà le sofferenze femminili, e a partire da questo cercherà di scongiurare le lotte collettive anti-patriarcali.
Negli anni che vanno dal 1952 al 2013, la patologizzazione della protesta tenderà ad intensificarsi. Gli atteggiamenti di lotta o di resistenza, nei confronti del sadismo della modernità capitalista - quello sì patologico, feticista e distruttivo - atteggiamenti che sono ragionevoli e sani a priori (in quanto denunciano un mondo malsano) tendono tuttavia sempre più ad essere definiti dall'ordine clinico come «disturbi paranoici», come «carenze», come «deliri di persecuzione». In maniera estremamente cinica, l'ordine sociale feticista e clinico stabilisce la sua propria follia mortifera e cosificante, di modo che definisce come essere normale e sano, ogni individuo in grado di supportare o di collaborare al suo sviluppo, e definisce come disturbato e malato ecc. qualsiasi individuo che tale sviluppo mette in discussione. Il controllo e la sottomissione all'assistenza psichiatrica degli individui rivoluzionari o sovversivi, è tanto più efficace quando assume questa forma clinica. L'infantilizzazione e la negazione dell'umanità, che accompagnano simili assegnazioni neutralizzano e screditano le lotte sociali in maniera più efficace di quanto possa fare la brutale repressione, poliziesca o militare.
Bruce Cohen constata come il numero di parole/frasi relative alla protesta sia aumentato, dalle 11 del DSM I, alle 80 nel DSM III, fino a raggiungere le 201 parole/frasi nel DSM V.
Ci sono delle correnti psicoanalitiche, o dei psichiatri, che denunciano l'approccio statistico o quantitativo al fine di opporsi alla deriva comportamentalista, o a-teorica, del manuale (a partire dal DSM III), ma ciò non impedisce il fatto che oggi esso venga usato in maniera massiccia per poter descrivere e prescrivere rispetto ai campi della psichiatria postmoderna, a livello internazionale.
A livello strutturale, queste cambiamenti, che ci sono stati sia nella cura che nelle categorie psichiatriche, riflettono quelle che sono le evoluzioni sociali legate alla crisi del lavoro (a partire dagli anni '70), e l'individualizzazione dei legami sociali, ed aggravano il feticismo delle merci, la naturalizzazione delle categorie capitaliste, e le dissociazioni interne alla logica del lavoro astratto.
- Benoït Bohy-Bunel - capitolo 8, estratto da: La dissociation rationaliste-validiste de la valeur. L'assignation au "handicap" dans la modernité capitaliste (80 pages) -
fonte: benoitbohybunel
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