Aktion T4 - L'inserimento del nazismo nella modernità capitalista
- di Benoït Bohy-Bunel -
Le violenze validiste [N.d.T.: "Capacitismo ( o validismo ) è un termine usato per descrivere la discriminazione, l'oppressione e l'abuso derivato dalla nozione che le persone con disabilità sono inferiori alle persone senza disabilità"] si imbarbariscono in maniera estrema durante la seconda guerra mondiale. A partire dal luglio del 1933, in Germania viene istituito un programma di sterilizzazione forzata. Dal gennaio del 1940 ad agosto del 1941, una campagna di sterminio degli adulti disabili fisici e mentali, chiamata Aktion T4, viene portata avanti dal regime nazista, e farà fra le 7.000 e le 8.000 vittime. Delle esecuzioni si fanno carico quadri medici nazisti (i medici agiscono volontariamente, decidendo essi stessi i criteri per «giustificare» le esecuzioni) e membri delle SS.
Qui, sotto l'impulso di una decisione personale di Adolf Hitler, l'ideologia eugenetica, inizialmente britannica, è già assai sviluppata in seno al capitalismo occidentale, si radicalizza in maniera atrocemente mortale. Philipp Bouhler, cancelliere del Führer, si farà carico di metterla in atto. Le uccisioni avvengono per mezzo di camere a gas, che vengono costruite a tale scopo.
A tal proposito, i nazisti parlano di «eutanasia»: il mostruoso funzionalismo nazista finisce per oggettivare e naturalizzare le cosiddette «deficienze» delle persone handicappate, fino al punto che, dal loro punto di vista, ucciderli sarebbe stato un modo per «alleviarli» da un peso.
Il darwinismo sociale - ideologia già operante fin dall'inizio del XX secolo occidentale, che come si è visto finirà per accompagnare, secondo una logica selettiva, il processo di valorizzazione del valore - si trasforma qui in un folle e terrificante scatenamento di pura violenza mortifera: «giustifica» l'assassinio dei disabili, ma «giustifica» anche il genocidio di cui sono state vittime gli ebrei, così come l'omicidio degli zingari (che vengono assegnati all'ozio, alla non territorialità, all'improduttività), e degli omosessuali (assegnati alla sterilità e alla devianza).
Il regime nazista ha barbarizzato e radicalizzato atrocemente quelle che erano tutte le violenze strutturali inscritte nella modernità capitalista occidentale; ha sviluppato tutta l'irrazionalità demente che si trovava in germe nella razionalità strumentale del mercato. Quindi, a partire da questo, non è riducibile ad una frattura, ad una crepa temporale, o ad una contingenza assoluta che emerge dal seno della modernità capitalista, sullo sfondo di democrazie pacifiche e tolleranti. Al contrario, radicalizzando la violenza inscritta nelle dissociazioni interne alle categorie fondamentali del capitalismo (valore, lavoro, merce, denaro), disvela tutto il potenziale mortifero estremo di una tale modernità che si sviluppa automaticamente da quelle categorie impersonali. Il regime nazista emerge sulla base di una crisi globale del valore (anni 1920-30), e la logica ultranazionalista mortale che lo avvolge finisce per rivelare quello che è tutto il suo potenziale di barbarie identitaria, patriarcale, antisemita, razzista, e social-darwinista che può scatenare una crisi globale del valore, sul fronte dei capitalismi nazionali. All'inizio degli anni '30, per le altre centrali occidentali di gestione, la Germania poteva essere un partner economico interessante, nella misura in cui la sua politica economica era in grado di rilanciare l'industria degli armamenti, o di evitare la crisi dei mercati, attraverso la diffusione di beni non commerciabili. In maniera assai rivelatrice, la Germania nazista ha potuto da subito inserirsi molto bene nella logica capitalista globale, persino quando cominciava già a sviluppare la sua ideologia e le sue pratiche omicide, razziste ed eugenetiche. Una rottura avviene durante la seconda guerra mondiale, e l'orrore si massifica gravemente, ma nondimeno tutte le strutture distruttrici che erano state mobilitate dai nazisti provenivano dai processi capitalisti di crisi, sia globali che nazionali. La Germania nazista avrebbe sterminato 6 milioni di ebrei, seguendo un «ragionamento» aberrante e folle, ma che evidenzia quali siano le strutture generali delle diverse ideologie paranoiche dei capitalismi nazionali in crisi (fino al giorno d'oggi). Ideologicamente, si tratta di difendere il «buon» capitale industriale nazionale (in crisi), che sarebbe minacciato dal «cattivo» capitale fittizio transnazionale. Dal momento che questa «lotta» presuppone che ci siano dei nemici identificabili, per far sì che diventasse la lotta di un popolo, dappertutto in Europa, ma in maniera ancora più violenta in Germania, gli ebrei vennero assegnati a questo capitale fittizio, denominato «sradicato» o «errante». La logica dello sterminio radicalizza in maniera orribile una simile ideologia paranoica, personificando in maniera aberrante delle categorie economiche impersonali (capitale fittizio, capitale produttivo, ecc.).
Oggi, queste ideologie paranoiche non sono affatto scomparse, ma si sono ricostituite. In Francia, ad esempio, dopo la crisi economica del 2008, degli ideologi radicalmente antisemiti come Alain Soral hanno avuto un grande successo, e tendono perciò ad assimilare gli ebrei al capitale fittizio (il sito di Soral, "Egalité et Réconciliation", è oggi il sito «politico» francese più visitato). Soral, nel 2016, ha ripubblicato con la sua casa editrice Kontre-Kulture un'edizione non critica del "Mein Kampf". L'antisemitismo divenuto genocida sotto la Germania nazista, evidenzia delle strutture di assegnazione e di esclusione più generali, proprie delle ideologie nazionaliste nel processo capitalista di crisi, strutture che non scompariranno finché il capitale non verrà abolito a livello globale. Queste strutture ideologiche nazionaliste (che non sono strettamente in opposizione al capitalismo globale, ma sono il complemento particolaristico indispensabile al suo processo dialettico) possono sviluppare tale antisemitismo, e quindi altre forme razziste paranoiche, coloniali o identitarie, in rapporto con le ideologie social-darwiniste, eugenetiche, malthusiane; ideologie che sono state particolarmente attive nella società statunitense dell'inizio del XX secolo.
Malgrado queste osservazioni, non si deve rinunciare a pensare la specificità del nazismo, anche a rischio di produrre dei livellamenti storici e politici pericolosi. Se la Germania nazista ha potuto essere un partner economico per i centri di gestione occidentale, si manifestarono anche delle resistenze repubblicane, come il Fronte Popolare francese del 1936. Prima del fallimento della Conferenza di Evian del 1938, l'estrema destra antisemita costituiva l'opposizione. Roosvelt si oppose anche al pro-nazismo di Lindbergh. Inoltre, mentre l'eugenetica e l'antisemitismo avrebbero potuto diventare fortemente influenti, come ideologie e come pratiche, a livello sociale, in Europa e negli Stati Uniti, in paesi come la Francia ed il Regno Unito, all'inizio del XX secolo non furono mai politiche ufficiali di Stato sistematicamente assunte. La Germania nazista rigettò la Rivoluzione francese, l'Illuminismo universale-astratto, ed il liberalismo, in maniera radicale. Poté perfino sviluppare, almeno fino al 1934, un «anticapitalismo» feticizzato: non si trattava di un rigoroso anticapitalismo (internazionalista, e volto all'abolizione del capitale industriale), bensì di un «alter-capitalismo» che promuoveva delle alleanze di classe, a profitto della difesa del capitale produttivo nazionale, il quale sarebbe stato minacciato dalla «finanza cattiva», chiamata «ebraica», trans-nazionale. D'altronde, l'antisemitismo nazista, anche se si inseriva nella logica strutturalmente antisemita dei capitalismi nazionali nel quadro del processo di crisi capitalista, avrebbe avuto anche delle specificità assai significative: un riferimento alla «razza ariana» che trovava le sue radici nel mito indoeuropeo, ma anche in una relazione germanica con un'Antica Grecia fantasticata. Un esoterismo fanatico e mistico si accompagnava all'antisemitismo nazista, che poteva conferirgli un surplus di furore e di demenza mortifera.
Tutte queste sfumature decisive, che impediscono di cancellare l'insuperabile singolarità dell'orrore nazista in seno alla modernità capitalista, non impediranno le continuità, già contemplate, e che adesso possiamo ribadire più dialetticamente:
- Se l'eugenetica e il darwinismo sociale non sono politiche di Stato assunte da numerosi paesi occidentali all'inizio del XX secolo, e se il loro estremo potenziale di morte viene svelato in maniera specifica dal nazismo, le sintesi sociali moderne fondate sul valore, ed il lavoro astratto, favoriscono lo sviluppo materiale di queste ideologie, sia che vengano riconosciute ufficialmente o meno. Perfino un certo repubblicanesimo cosiddetto progressista, che potrà opporsi politicamente al nazismo, non riuscirà ad impedirlo, nella misura in cui coordina formalmente tali sintesi sociali.
- Per quanto il nazismo si opponga ideologicamente all'eredità dell'Illuminismo e della Rivoluzione francese, «cosmopolite» ed «universali-astratte», tuttavia non rimette in discussione le sintesi sociali borghesi (valore, merce, lavoro astratto) sviluppandosi sulle basi di tale eredità. In effetti, difendendo il principio di un «buon capitale produttivo nazionale», il nazismo si riappropria, su un piano nazionalista e reattivo, di tali sintesi sociali (il capitale produttivo non è altro che una metamorfosi del valore). Del resto, l'universalità-astratta, liberale o «dei Lumi» (che corrisponde alla logica espansiva, coloniale, ed invasiva del capitalismo globale) e le reazioni nazionaliste alter-capitaliste, anche se possono opporvisi ideologicamente, costituiscono le due facce di una sola stessa medaglia (il processo dialettico di crisi del capitalismo). È questo il motivo per cui l'antisemitismo che assegna «l'Ebreo» al capitale finanziario trans-nazionale è strutturale nella modernità capitalista: la dinamica liberale, globale, universale-astratta, regolarmente in crisi, induce regolarmente delle reazioni nazionaliste alter-capitaliste («anticapitalismo» feticizzato), che sono in grado di sviluppare simili assegnazioni antisemitiche. Nella misura in cui queste reazioni nazionaliste ricompongono alla fine il capitale globale, e possono perfino servire quello che è il suo processo indefinito, questi due versanti - universale-astratto e particolarista - finiscono per combinarsi, al di là delle apparenti opposizioni politiche.
- La dimensione esoterica, mitologica e mistica del razzismo antisemita nazista provoca allo stesso tempo anche una rottura qualitativa. Esattamente come provoca la dimensione massicciamente ed atrocemente mortifera di questo antisemitismo, ma anche di questo validismo, di questo anti-ziganismo e di questo patriarcato nazista. Tuttavia, il nazismo avrebbe anche potuto appoggiarsi a delle strutture più generali di assegnazione, e riappropriarsi delle moderne sintesi sociali capitaliste, senza sopprimerle puramente, per conciliare la sua mistica omicida con tali sintesi sociali, dal momento che il formalismo e l'indifferenza ad ogni contenuto qualitativo indica che in fondo sono compatibili con le pratiche distruttrici più barbare.
- Su un altro piano, i genocidi coloniali, attraverso i quali emerge la modernità capitalista europea, saranno dei fenomeni mortiferi di massa in grado di fondare un processo storico strutturalmente distruttivo. L'Illuminismo universale astratto al quale il nazismo si oppose politicamente ha potuto accompagnare, tuttavia, ideologicamente, questa struttura coloniale mortifera. L'eugenetica europea del XIX secolo che avrebbe potuto radicalizzare e sistematizzare il nazismo, aveva ricevuto in eredità le differenziazioni naturaliste razziste provenienti dal fenomeno coloniale (similmente, Chamberlain potrà, senza troppi problemi, attuare una sintesi del razzismo coloniale di un Gobineau con l'antisemitismo tedesco specifico).
Modernità capitalista e nazismo non si trovano affatto in un rapporto di pura opposizione, né in un rapporto di pura conciliazione, bensì in dei rapporti dialettici complessi di rottura e di continuità.
Per quanto riguarda quella che è l'assegnazione e la stigmatizzazione specifica delle persone disabili, le relazioni di rottura e di continuità sono le stesse: la Germania nazista imbarbarisce in maniera atroce le violenze validiste moderne, ma si può anche basare sulla base ideologica dell'eugenetica che era già stata ben sviluppata all'interno dei diversi capitalismi occidentali. Radicalizzando quella che era la violenza inscritta nelle categorie di base capitaliste, sia a livello nazionalista che a livello imperialista, la Germania nazista svela perciò tutto il potenziale di morte che hanno queste astrazioni reali. Queste considerazioni rendono ancora più necessario il superamento immediato della modernità capitalista. Finché non verrà attuato tale superamento, Auschwitz rimane ancora un presente e un avvenire possibile (nel 2017, abbiamo visto, in mezzo ad una molteplicità di disastri mortali, risorgere in Cecenia dei campi di concentramento). Lo scrittore Marcel Cohen, la cui famiglia era stata deportata ad Auschwitz, considerando l'interconnessione materiale esistente nel capitalismo mondiale di mercato (attraverso la containerizzazione), e considerando le effettive conseguenze di tale interconnessione, ha dovuto ammettere, nel suo libro "A des années-Lumières" (2013), che Auschwitz non si trova semplicemente alle nostre spalle, ma è ancora presente, e perfino davanti a noi, come futuro disastroso, fino a che non oseremo una trasformazione radicale dell'esistente.
Pertanto, le origini dei movimenti a favore dell'eutanasia delle persone disabili sono precedenti al Terzo Reich. Uno dei fondatori dell'ideologia eugenetica, il britannico Francis Galton, nel 1833 ha pensato una scienza del «miglioramento biologico» della specie umana, ed ha pensato che gli sviluppi di questa ideologia potranno dar luogo a dei principi di naturalizzazione delle gerarchie «razziali» o «sociali». Questo pensiero eugenetico ebbe un certo successo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti degli anni '20, e su queste basi si sono sviluppate delle pratiche sociali concrete, come abbiamo visto. In Germania, già nel 1905, il fondatore della «Società di Igiene per la Razza», Alfred Ploetz, riteneva che si dovesse smettere di curare le malattie alcoliche, veneree, o quelle che erano il risultato di unioni consanguinee, giudicate «non selettive». Nel 1920, il giurista Karl Binding e lo psichiatra Alfred Hoche difendevano, in un'opera che citava Nietschze e Platone, «l'autorizzazione alla distruzione della vita priva di valore». I «folli», i «malati incurabili», i «deficienti» definiti «semi-umani», gli «spiriti morti», o le «esistenze superflue», secondo questi ideologhi, dovevano essere puramente e semplicemente eliminate. Secondo questi due autori, «l'eutanasia forzata» sarebbe un atto «compassionevole», conforme all'«etica medica».
In Germania, negli anni '20, e più in generale in Europa e negli Stati Uniti, l'ideologia eugenetica aveva conquistato i settori antropologici, psichiatrici e genetici. Questa ideologia, contigua al darwinismo sociale, non ha mai smesso di venire sviluppata, fino al giorno d'oggi, anche se la sua dimensione omicida può variare, e può perfino assumere delle forme apparentemente più «umaniste». La necessità funzionale - per i capitalismi nazionali, ciclicamente in crisi - di dover definire dei principi selettivi di esclusione e di inclusione, genera in maniera tendenziosa delle politiche identitarie, classiste, razziste, validiste o patriarcali, che possono essenzializzare delle differenziazioni inter-individuali, o naturalizzare delle «deficienze» da abolire, delle «capacità» da sfruttare, ecc. La crisi del lavoro a partire dagli anni '70, la logica di atomizzazione e di responsabilizzazione degli individui dell'era postmoderna, radicalizza queste selezioni ed esclusioni naturalizzate, allo stesso tempo in cui un'ideologia «democratica» ed «umanista» maschera sempre meglio il carattere darwinista-sociale di una simile organizzazione sociale.
Nella misura in cui la logica assassina che assegna e biologizza il valore nazionale in crisi sarà suscettibile di venire esportata, essa oggi potrà diffondersi dappertutto nel mondo. In Birmania, la relativa liberalizzazione del paese, avvenuta a partire dagli anni '90, non impedisce che i criteri economici di «sviluppo», in una situazione post-coloniale difficile, avviino la formazione di uno Stato nazionale autoritario e razzista. Già nel 1982, una legge nazionale ha determinato l'esistenza di «razze nazionali». La minoranza musulmana dei Rohingyas, esclusa da tale legge, verrà sempre più stigmatizzata. Sotto il governo del presidente Thein Sein (eletto nel 2011), e fino ad oggi, i Rohingyas hanno continuato a subire massacri e persecuzioni atroci: hanno dovuto subire sterilizzazioni forzate, sono state loro negate le cure mediche, hanno subito distruzione di villaggi, sono stati rinchiusi in campi di detenzione, hanno patito schiavitù, violenze e torture sessuali da parte dei militari, pogrom e arresti arbitrari. Sono anche stati vittime di vere e proprie stragi. Alcune delle regioni che sono state teatro di queste violenze, sono ricche di gas e di petrolio, di pietre preziose, di minerali, di legname e di risorse idriche. La Total, la prima impresa francese in Birmania, è stata seguita da un'altra decina di imprese analoghe. Già il 28 aprile 2014, un rapporto speciale dell'ONU, alla London School of Economics and Political, denunciava in Birmania un crimine contro l'umanità, e parlava di «elementi che costituivano un crimine di genocidio».
Questi omicidi di massa contro i Rohingyas sono immediatamente razzisti, e non direttamente validisti. Tuttavia, le pratiche di sterilizzazione forzata, il negare loro cure mediche, indicano delle assegnazioni tipicamente eugenetiche, che riducono i Ronhingyas a quelle che sarebbero delle «deficienze» specifiche, possibilmente «trasmissibili» di generazione in generazione (Galton, Mendel, Spencer, Malthus). La rappresentazione ideologica di una società che viene concepita come se fosse un organismo desideroso di sbarazzarsi dei suoi «membri patogeni», può svolgere qui una funzione importante. Nella misura in cui le sintesi religiose, in questo contesto (buddista), si sovrapporrebbero alle sintesi economiche e sociali, la logica di distruzione determinerà sia delle «inutilità», in senso programmatico, e delle «impurità», in senso «spirituale»; cosa che non farà altro che imbarbarire la violenza, il fanatismo e la demenza omicida.
- Benoït Bohy-Bunel - Pubblicata il 17 novembre 2018 su Agitations -
fonte: Agitations
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