sabato 24 novembre 2018

Luci e ombre

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L'oligarchia come manifestazione dell'erosione del potere dello Stato
- di Gerd Bedszent -

Il termine "oligarchia", ereditato dall'Antichità greca, che in realtà non significava altro che "potere della minoranza", viene generalmente usato nel senso di "dominio dei ricchi". Cosa che spinge frequentemente i marxisti tradizionali a saltare alla conclusione affrettata secondo cui gli Stati capitalisti sarebbero tutti oligarchici. È ovvio che uno Stato capitalista moderno possa essere paragonato alle formazioni di potere dell'Antichità solo con molte riserve. Ragion per cui, nel nostro tempo il termine soffre di un cambiamento di significato. Attualmente, come oligarchi vengono designati i magnati dell'economia, i quali possono stabilire e far rispettare le proprie regole, grazie alla loro posizione economica preminente in un territorio limitato, in assenza di un potere statale che funzioni. Ciò si è reso possibile nelle fasi iniziali dello sviluppo dello Stato borghese, e lo è ancora di più adesso, nella fase di collasso del potere statale moderno. Durante la fase iniziale di transizione al capitalismo iniziale, impostata dallo Stato, ci sono stati individui particolarmente energici e brutalmente attivi in grado di mettere temporaneamente le mani su interi settori economici, dettando le condizioni a quei governi. Negli Stati Uniti - dove, com'è noto, il capitalismo si è potuto sviluppare liberamente, senza dover tener conto delle reliquie feudali presenti nelle relazioni di produzione che ancora disturbavano l'Europa, espandendosi su una massa di terra apparentemente senza padrone - vennero chiamati oligarchi quegli individui economicamente dominanti, che su quei territori esercitavano un potere esclusivo prima ancora che il potere statale borghese si stabilisse dopo di loro. L'imposizione di un tale statalismo, contro la legge della giungla che si concentrava in pochi individui, è diventata parte del mito storico degli Stati Uniti, ed oggi viene raccontata in numerosi romanzi e film western.
Ai nostri giorni, il termine "oligarca" ha una connotazione assai negativa - e di certo a ragione. Nell'Europa dell'Est, come risultato del collasso delle "economie a comando statalista" [*1], si arrivò rapidamente al declino delle strutture statali, e non solo. In seguito, di conseguenza, tecnocrati, funzionari di partito, agenti dei servizi segreti, criminali professionisti ed altri soggetti fecero ricorso a metodi estremamente rozzi per rivendicare la proprietà di quella che era stata la massa, ora fallita, dell'Unione Sovietica in disintegrazione e dei suoi Stati satelliti. Per questa nuovo strato di nuovi ricchi più o meno criminali, si stabilì che venisse usato il termine di "oligarchi". Non dimentichiamo che dopo il collasso del regime di modernizzazione dell'Est europeo, nel corso del processo di privatizzazione implementato in fretta e furia, i rami funzionali dell'economia caddero generalmente nelle mani di figure oscure. Le ricette dei radicali della linea dura, importata dall'Occidente, venivano viste come l'unico modo per poter superare l'inefficienza delle strutture economiche statali. Cosa che, naturalmente, non avrebbe funzionato. Parti enormi dell'economia, scivolando nell'agonia, ora collassavano alla velocità della luce. Altre imprese e gruppi di imprese, ora sotto la direzione dei loro nuovi padroni, decidevano di fare a meno di quelli che erano scomodi obblighi sociali. Di modo che questi nuovi padroni avrebbero potuto arricchirsi in maniera decisamente spudorata.
La stupidità e l'indifferenza, prevalenti fra la maggioranza della popolazione dell'ex Unione Sovietica, insieme all'emergere di uno strato di "nuovi russi", si trasformano ora in aggressività. All'epoca, i negoziati vennero condotti con l'aiuto delle pistole silenziate e dei kalashnikov, e gli ex direttori di fabbrica, "rossi", vennero scaraventati fuori dai loro uffici per mezzo di manganelli e gas lacrimogeni. Sotto lo slogan «Nessun potere ai ladri», bande di estorsori di professione, di assassini a pagamento, trafficanti di donne ed altri mafiosi hanno preso il controllo di banche e di installazioni industriali che sembravano loro particolarmente redditizie. Felix Jäitner, esperto austriaco per l'Europa Orientale ha scritto che solo in Colombia e in Sud Africa il tasso di omicidi era più in alto che in Russia [*2]. Ha definito il sistema di Yeltsin come «conquista del potere statale da parte di grandi imprese private» [*3]. Definizione non del tutto errata. Ad ogni modo, è stata un'epoca in confronto alla quale il Proibizionismo negli Stati Uniti potrebbe essere considerato un periodo di tranquillità e di civiltà. Nel 1993, Robert Kurz ha descritto quel periodo come «la disintegrazione del potere dello Stato e (...) l'instaurarsi di un'economia di saccheggio, del potere dei clan, dei signori della guerra, delle bande e della mafia» [*4].
Raramente, i media occidentali affrontano i furiosi conflitti criminali che si scatenato intorno alla distribuzione e che hanno avuto luogo in Russia durante la presidenza di Yeltsin. Dopo tutto, l'ex funzionario del Partito, Yeltsin, per quanto riguarda le questioni di privatizzazione, è stato un'allievo modello degli apologeti delle atrocità neoliberiste. In ogni caso, i gruppi di ricerca delle università occidentali si dedicavano a far fronte al processo di trasformazione in corso in Europa orientale, ma la maggior parte di essi passava da uno stupore all'altro. Lo sviluppo era stato molto diverso da come era stato precedentemente previsto da presunti esperti dell'Est europeo. Per gli intellettuali occidentali, il disastro socioeconomico che si svolgeva sotto la sua direzione finì per diventare imbarazzante, dal momento che avevano concordato un argomento semplice e convincente: era Putin la causa di tutto. Qui non si tratta di elogiare, in alcun modo, l'ex ufficiale dell'intelligence sovietica, il quale - operando all'inizio ai margini del suo protettore Yeltsin - era arrivato a dirigere la Federazione Russa. Tuttavia, attaccare Putin - da alcuni anni, uno nei giochi favoriti dei media dell'Europa occidentale - è in gran misura ipocrita. Dopo tutto, il potentato dell'Europa dell'Est garantisce da anni, con i suoi metodi di governo in parte estremamente brutali, il libero flusso di combustibile destinato alle macchine della valorizzazione capitalista - infatti i burloni definiscono la Russia una grande impresa petrolifera con uno Stato annesso [*5].
Ad ogni modo, sotto il regime indubbiamente brutale di Putin, non si può mettere in dubbio il completo ristabilirsi della preesistente condizione statale. Il ruolo svolto da Putin come capo dello Stato si è essenzialmente ridotto alla mediazione dei conflitti di interesse fra i vari gruppi oligarchici sorti durante l'era di Yeltsin. Parte di questo ruolo consiste, tuttavia, nel rimuovere dalla circolazione le oligarchie che si pongono fuori dalla linea e mettono apertamente in discussione la mediazione del potere statale. Di norma, tali individui, se non scappano all'estero in tempo, finiscono in qualche campo prigionieri. Le proprietà che avevano rubato, però, non vengono più nazionalizzate, ma finiscono nelle mani di altri oligarchi. A dire il vero, si dice che Putin faccia uso di un'energia criminale rilevante, finalizzata alla cura del proprio ambito familiare.
Tuttavia, un confronto fra la Russia e l'Ucraina relativizza in maniera significativa tali condizioni russe. Entrambi gli Stati vengono considerati come delle oligarchie classiche dell'era post-sovietica, risalenti agli scenari delle violente lotte fra gang che si sono svolte negli anni '90.
In Russia, tuttavia, dopo gli eccessi delle privatizzazioni e la guerra aperta dell'era Yeltsin, i resti del potere di Stato sono stati in grado di affermarsi, ed anche quel che rimaneva della preesistente sicurezza sociale ha continuato a funzionare per la popolazione. Queste rimanenze, dopo le orge di privatizzazione e dopo il collasso di gran parte dell'industria, vengono finanziate quasi esclusivamente grazie alla non trascurabile esportazione di materie prime verso l'Europa occidentale. A partire da questa fonte, in ultima analisi si alimenta soprattutto anche il settore delle imprese della sicurezza privata, notevolmente cresciuto in seguito all'erosione dell’apparato dello Stato (ma che non sono nient'altro che una forma legale appena sopra la volgare estorsione). Le imprese di sicurezza, al solfo dei vari clan oligarchici, assai spesso derivanti da bande di criminali, attualmente si controllano a vicenda, evitando quindi così una nuova escalation delle guerre di distribuzione combattute in maniera violenta. Le reliquie del potere statale russo possono ancora svolgere funzione di mediazione fra i vari gruppi di interesse economico. Nel territorio dell'Ucraina, rispetto alla Russia, c'è molto meno materia prima. Di conseguenza, quel che rimane del potere statale, fin dall'inizio, ha avuto molto meno margine di manovra. Nel solco della crisi dello Stato che è seguita alla crisi economica, vari oligarchi - l'esempio più recente è quello del "re del cioccolato", Petro Poroshenko - si sono impadroniti direttamente della cupola dello Stato, ed hanno imposto con la forza bruta i loro interessi contro gli altri oligarchi. Il potere dello Stato ucraino è così diventato parte nella guerra fra le gang che imperversavano in quel territorio [*6]. Nella Federazione Russa, al contrario, il fenomeno della conquista ufficiale del potere governativo da parte delle oligarchie è rimasto limitato alle regioni più lontane, distanti dalla capitale moscovita. Dopo un periodo di rapido collasso dello Stato, la Russia si stabilizzata ad un livello basso, mentre il collasso dell'Ucraina continua ancora a ritmo accelerato. Ovviamente, gli osservatori occidentali hanno molta fretta di distinguere fra oligarchi "buoni" e "cattivi". I primi non sono dei democratici perfetti, ma neppure i secondi sono dei killer o degli istauratori di una dittatura brutale. Un oligarca rappresenta sempre solo i propri interessi e quelli della sua ristretta cerchia. E, in fin dei conti, è solo uno che partecipa ad una lotta per la distribuzione che nella fase finale di un sistema barbaro si fa sempre più brutale.
Chiunque voglia informarsi su questa recente classe formata da magnati economici post-sovietici, troverà quello che cerca in Wolfgang Kemp, senza bisogno di dover fare ulteriori altre ricerche. Wolfgang Kemp, un ex professore di storia dell'arte, ha svolto con abilità la sua critica di questa casta di ricchi arrivisti nel suo recente ed esauriente saggio, "Der Oligarch" (Zu Klampen, Springe 2016).
Kemp scrive facendo uso di un'amara ironia. Fin dall'inizio, si può leggere che è possibile prenotare nel Regno Unito un tour in Autobus che si chiama «Circuito della cleptocrazia» [*7]. Si tratta di visitare le residenze degli oligarchi russi ed ucraini che si trovano nel centro di Londra. Ad esempio, Rinat Akhmentov, un ex pugile professionista e presunto criminale professionista, che è stato fino allo scoppio della recente guerra civile il più ricco residente ucraino - aveva comprato alcuni anni fa, per 136 milioni di sterline, il più costoso complesso residenziale del mondo, che poi aveva allargato e rimodellato con la spesa di ulteriori 200 milioni di sterline [*8].
E in cosa si differenzia un oligarca rispetto ad un banale capitalista normale? Ovviamente, per il suo insaziabile desiderio di avere uno yacht di lusso che sia il più caro possibile. Solo che, come scrive Kemp, nel caso di Akhmetov non si trova lo yacht. Al suo posto, troviamo una flotta aerea ad uso privato. Nell'elencare i nomi di tutti gli altri oligarchi menzionati nel libro, Kemp, di conseguenza, riferisce la lunghezza esatta dei loro rispettivi yacht. Che lo yacht sia il simbolo fallico moderno? Nel libro, purtroppo questo non viene approfondito. Kemp riferisce alcuni esempi comici, talvolta sinistri, di     quelle che erano le vecchie carriere imprenditoriali. La prima attività economica di colui che attualmente è il russo più ricco, Mikhail Fridman, è stata quella di creare un fiorente mercato nero dei biglietti per assistere agli spettacoli teatrali a Mosca - cosa possibile solamente in Unione Sovietica. In un'altra parte del libro troviamo  Mikhail Khodorkovsky, che viene promosso dai media occidentali come modello di oligarca democratico e vittima innocente perseguitata, il quale aveva acquisito negli anni '80, anche attraverso la tratta delle donne, la base di quella che era diventata la sua fortuna miliardaria.
Ma questi affari semi-legali, alla fine dell'era sovietica, avevano portato a guadagnare solo noccioline. Kemp descrive in maniera dettagliata il modo in cui sono state accumulate fortune miliardarie, nel contesto delle orge delle privatizzazioni rese disponibili da Yeltsin, e come, allo stesso tempo, si intensificarono le lotte per ottenere i bottini migliori. Nella Russia di Yeltsin vigeva una regola empirica: una morte per ciascun guadagno da 100mila dollari. Solo nel 1994, sono stati registrati 36mila omicidi in Russia, in relazione con le guerre criminali di distribuzione [*9]. Gli è che se ci pensiamo, poi non sono nemmeno molti, se consideriamo la situazione della maggioranza della popolazione russa. Nell'era di Yeltsin, l'aspettativa media di vita dei residenti russi era diminuita molto rapidamente. Se nel 1990, nella fase finale dell'Unione Sovietica, corrispondeva a circa 69 anni, nei cinque anni successivi scese a 65 anni, a causa del rapido impoverimento della popolazione e a causa delle orge di golpe che erano avvenuti nel settore sanitario e nei settori dei servizi sociali [*10].
Come scrive Kemp, l'aspettativa di vita media alla fine dell'amministrazione Yeltsin era di soli 58 anni; in quel periodo, la popolazione era diminuita di circa 750mila per ogni anno [*11]. Nel corso della stabilizzazione della Russia sotto Putin, la speranza di vita tornò a crescere lentamente ed ora, secondo i dati ufficiali, è poco al di sopra dei 70 anni (nel 2014).
I rapporti fra Putin e la casta di oligarchi emersa con Yeltsin vengono descritti da Kemp in maniera appropriata e vengono definiti come «patto di non aggressione». In realtà, la giustizia russa sotto Putin persegue solo quegli oligarchi che sfidano apertamente la cupola dello Stato. Metterli fuori gioco, se si trovano ancora nel paese, è cosa relativamente facile. In fin dei conti, i "nuovi russi" sono tutti coinvolti in affari criminali.
Si possono leggere in Kemp molte altre storie dell'Est da far rizzare i capelli. Per fare solo un esempio: il predetto Khodorkovsky, nel 1988, ha fatto uccidere il sindaco di una città russa. La sua colpa: aveva difeso i diritti del partito dei suoi elettori e aveva denunciato pubblicamente il furto brutale dei salari che avveniva nelle imprese di Khodorkovsky [*12].
Kemp sottolinea anche l'incapacità dei ricercatori dell'Europa Occidentale nel riuscire a comprendere lo sviluppo che è sotto i loro occhi. Ad un certo punto, la turbolenza del periodo di transizione avrebbe potuto portare ad una democrazia di stampo occidentale... Ma, allo stesso modo in cui viene evitata accuratamente un'analisi economica delle condizioni post-sovietiche, tutti i tentativi di interpretazione si risolvono in termini giuridici senza senso: "regime ibrido", "capitalismo di nomenklatura", "autoritarismo competitivo", "democrazia diretta" ... [*13].
Proprio perché gli oligarchi dell'Est europeo - alla maniera spensierata di nuovi ricchi parvenu - vengono percepiti come se fossero degli odiosi cattivi globali, il loro significato reale dovrebbe essere oggettivato. Senza dubbio, queste persone sfruttano l'enorme disuguaglianza sociale e agiscono in maniera estremamente brutale, accumulano profitti che si fanno beffe di qualsiasi descrizione. Ma, d'altra parte, loro non fanno parte di quelli che sono i super-ricchi del nostro pianeta. Quello che è il denaro davvero enorme, non si trova nelle frange in rovina della modernità capitalista, dove figure oscure lottano con lo sfollagente e la pistola, o con l'aiuto di agenzie di sicurezza e di giudici venali, per poter arrivare a disporre di risorse naturali, attraverso la cui esportazione riescono ad ottenere almeno alcune briciole dell'enorme ricchezza che si aspettano. Il fulcro dell'economia si trova nelle metropoli capitaliste, nel commercio al dettaglio, nella produzione dei beni di consumo e nel ramo dell'elettronica.
I padroni dei beni più grandi non hanno alcuna necessità di esibire la ricchezza che hanno acquisito recentemente mostrando i loro yacht di lusso perfettamente sovradimensionati.
E, di certo, i moderni imprenditori occidentali non hanno bisogno di porre le proprie persone al governo di quel che rimane di un potere statale in rovina. C'è abbastanza personale subordinato tra le fila dei partiti politici, per poter governare gli Stati funzionali. In generale, un miliardario occidentale non ha né il tempo né la voglia di andare di persona nelle regioni sud-orientali della politica. Se ne vuole influenzare le decisioni, non mette in moto bande di pistoleri prezzolati, ma avvocati, agenzie di pubbliche relazioni oppure organizzazioni di lobbisti. Al momento, questo avviene ancora, ma il declino dello Stato moderno procede. Ed è un chiaro sintomo di crisi il fatto che ora, negli Stati Uniti, un indebitato imprenditore immobiliare possa reclamare per sé il più alto ufficio dello Stato.
Come ha scritto così bene Brecht, nell'Opera da Tre Soldi: «Che cos'è un grimaldello di fronte a un titolo azionario? Che cos'è l'effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?» [*14]. Nella versione cinematografica dell'Opera da Tre Soldi, si dice giustamente: «E si vedono coloro che stanno nella luce/ E coloro che stanno nell’ombra Non si vedono» [*15].

- Gerd Bedszent - Pubblicato sul n°14 di « EXIT ! ». Maggio 2017.

NOTE:

1) Robert Kurz, Der Kollaps der Modernisierung. Vom Zusammenbruch des Kasernensozialismus zur Krise der Weltökonomie, Eichborn 1991, p. 148.

(2) Felix Jaitner, Einfuhrung des Kapitalismus in Russland. Von Gorbatschow zu Putin VSts Verlag 2014, p. 75.

(3) Ibidem., p. 127.

(4) Robert Kurz, Der Letzte macht das Licht aus. Zur Krise von Demokratie und Marktwirtschaft, Edition Tiamat 1993, p. 136.

(5) Gerd Bedszent, Zusammenbuch der Peripherie. Gescheiterte Staaten als Tummelplatz von Drogenbaronen, Warlords und Weltordnungskriegern

(6) Ibidem, p. 133s.

(7) Wolfgang Kemp, Der Oligarch, zu Klampen Verlag 2015, p. 7.

(8) Ibidem, p. 8.

(9) Ibidem, p. 53.

(10) Felix Jaitner. p. 74.

(11) Wolfgang Kemp, p. 68.

(12) Ibidem, p. 54s.

(13) Ibidem, p. 55.

(14) Bertolt Brecht "Stucke, Band III", Aufbau Verlag 1962, p. 135s.

(15) Ibidem, p. 169.

fonte: EXIT!

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