Il Nuovo Pensiero Critico
(Razmig Keucheyan, Hémisphère gauche. Une cartographie des nouvelles pensées critiques, La Découverte, 2013-2017)
Le nuove teorie critiche possono servire ad alimentare quelle che sono le attuali lotte sociali: una gioventù in rivolta scopre le nuove riflessioni e ne fa uso per pensare l'emancipazione. Il pensiero critico è riemerso alla fine degli anni 1990, con la moda dell'alter-globalismo e con il ciclo di lotte aperto dal movimento del 1995. Le teorie critiche riflettono sulla realtà, ma anche su ciò che è desiderabile, e includono una vera e propria dimensione politica. Queste teorie sono critiche in quanto mettono in discussione l'esistente ordine sociale in maniera globale. Il marxismo si appoggiava su delle potenti organizzazioni operaie, mentre, al contrario, il nuovo pensiero critico emerge in un periodo di riflusso delle lotte sociali. A partire da questo, il sociologo Razmig Keucheyan propone una rappresentazione soggettiva di tutti questi nuovi pensieri critici nel suo libro "Hémisphère gauche".
Il pensiero della sconfitta
«Tutto comincia a partire da una sconfitta. Chiunque voglia comprendere la natura del pensiero critico contemporaneo deve tener conto di questa constatazione», osserva Razmig Keucheyan. Le nuove teorie critiche emergono dopo che c'è stato riflusso susseguente alle lotte del '68: vediamo una sinistra postmoderna che rinuncia a qualsiasi prospettiva di rottura politica e di rivoluzione sociale.
Lo storico Perry Anderson osserva il verificarsi di una rottura in seno al marxismo, allorché, all'inizio del XX secolo, gli intellettuali marxisti prendono parte al dibattito che agitava le organizzazioni del movimento operaio, nel quadro di una riflessione che si inscrive all'interno di una prospettiva di azione, di modo che la conoscenza empirica possa permettere di prendere delle decisioni. A tal proposito, Lenin promuove un'«analisi concreta delle situazioni concrete», in cui la riflessione critica sia basata su quella che era l'esperienza vissuta delle lotte sociale: dopo la sconfitta della rivoluzione tedesca del 1923, i marxisti non partecipano più alle organizzazioni operaie, e inoltre l'Unione Sovietica e i partiti comunisti si affidano ad una marxismo ortodosso che lascia ben poco spazio all'innovazione teorica. I marxisti diventano così degli intellettuali professionisti che si rifugiano nell'astrazione e nell'ambito universitario.
Gli scritti degli intellettuali appaiono essere molto lontani da quello che è il dibattito che si sta svolgendo nell'ambito delle lotte sociali, e ci sono delle differenze riguardo l'azione politica: «Essere membro del partito socialdemocratico russo, all'inizio del XX secolo non comporta gli stessi obblighi che implica la partecipazione al consiglio scientifico di Attac», ironizza Razmig Keucheyan. Gli intellettuali contemporanei si sono formati nelle università americane, e sono più interessati alle «politiche di identità» che alla trasformazione sociale. Questi accademici studiano i gruppi minoritari, come quello degli omosessuali, che vogliono affermare la loro identità piuttosto che mettere in discussione l'ordine sociale. Questa modalità si nutre del minestrone post-stutturalista alla francese, con Derrida, Deleuze e Foucault.
Le nuove teorie critiche si inscrivono, in quanto filiazione del '68, a quella corrente della "Nuova Sinistra" che si sviluppa negli anni che vanno dal 1956 al 1977. Nel '68 assume particolare valore la critica dell'alienazione che si basa sugli scritti del giovane Marx, in particolare sui Manoscritti del 1844, cui fanno riferimento Henri Lefebvre, Georg Lukacs, Herbert Marcuse, oppure Jean-Paul Sartre. La critica dell'alienazione nella vita quotidiana permette di esprimere la frustrazione che deriva dal contrasto fra i desideri e la realtà legata allo sviluppo della società dei consumi, e permette anche di collegare le lotte degli omosessuali, delle donne, degli emarginati: tutte queste correnti si stanno imponendo nei settori ai margini del dominio dei sindacati e dei partiti comunisti.
Poi ci sono altri aspetti meno confortanti che alimentano i nuovi pensieri critici: la presa del potere dello Stato, o la distruzione dello Stato non vengono più previsti dagli intellettuali, in quanto Antonio Gramsci ritiene che il potere non si trovi unicamente nello Stato, ma che esso attraversi tutto l'insieme del corpo sociale, ed abbiamo un Foucault clownesco che ritiene che il potere non sia affatto concentrato nello Stato, bensì diventi diffuso; le istituzioni e la classe borghese non sono più dei nemici da abbattere, mentre lo scontro ed il conflitto sociale spariscono a vantaggio di esperienze alternative.
I nuovi intellettuali critici
Abbiamo una tipologia di intellettuali che può essere osservata a partire da quel che è il loro approccio riguardo la politica: i pessimisti rinunciano ad una prospettiva di trasformazione sociale, e tuttavia rimangono attaccati ad una critica radicale della società della merce. In questo percorso si colloca Theodor Adorno. Mentre Guy Debord, soprattutto dopo la dissoluzione dell'Internazionale Situazionista avvenuta nel 1972, sviluppa una critica implacabile del mondo della merce, ma sceglie l'isolamento, assumendo una postura aristocratica.
Quelli che resistono, provengono da correnti rivoluzionarie, ma a causa del periodo storico ridimensionano al ribasso le loro ambizioni: Noam Chomsky fa riferimento all'anarcosindacalismo e alla tradizione illuminista, ma si accontenta di un tiepido anti-liberismo. I trotzkisti, come Daniel Bensaïd, si considerano rivoluzionari, ma preferiscono sostenere idee riformiste mentre aspettano giorni migliori. Secondo loro un simile approccio permette una "tenuta" in dei periodi che si caratterizzano per dei rapporti di forza sfavorevoli, e di conseguenza continuano a rimuginare sulla sconfitta storica della sinistra per poter giustificare l'allineamento al riformismo. Mentre, gli innovatori promuovono l'ibridazione teorica, per cui il marxismo viene articolato insieme al femminismo, all'ecologia, al post-colonialismo, e l'ibridazione è anch'essa un prodotto della sconfitta. La corrente della Critica del Valore consente un rinnovo del marxismo, dal momento che questa corrente non si limita a promuovere semplicemente un'appropriazione dei mezzi di produzione, ma critica quelle categorie del capitale, quali il lavoro, il denaro, la merce o il valore: il rovesciamento del capitalismo non può essere fatto in nome della difesa della condizione operaia!
A divenire più importanti sono gli esperti: spesso si tratta di economisti o di specialisti di un argomento specifico che hanno delle competenze riconosciute dalla comunità accademica. Attac e la Fondazione Copernic raggruppano degli esperti anti-liberisti. Michel Foucault teorizza l'intellettuale specifico, il quale deve accontentarsi di intervenire solò sul proprio campo di competenza, senza sviluppare alcuna analisi globale, ed anche Pierre Bourdieu sostiene una competenza scientifica del mondo sociale: I leader sono degli intellettuali che partecipano a delle organizzazioni politiche: Daniel Bensaïd è una figura che fa parte della Ligue Communiste Révolutionnaire (LCR), ma questo partito rimane un gruppuscolo che non ha certo l'influenza che hanno le potenti organizzazioni operaie (in America Latina, gli intellettuali accompagnano l'arrivo della Sinistra al potere: l'accademico Alvaro Garcia Linera, in Bolivia, partecipa al governo). Qui, gli intellettuali rimangono segnati dal pessimismo e dalla sconfitta, e sembrano quindi disconnessi dai processi politici reali: la teoria si allontana dalla pratica!
Le Nuove Riflessioni
Razmig Keucheyan fa un elenco che cataloga una serie di intellettuali alla moda, di cui la maggior parte sono evidentemente dei cretini che non rivestono grande interesse, le cui chiacchiere vuote rifiutano qualsiasi forma di prospettiva politica. Il solo scopo delle loro riflessioni è quello di potersene poi vantare nei colloqui accademici o para-militanti: come riferimenti vengono usati Negri, Badiou, Zizek, Butler, Mbembe o Laclau. Ma da tutto questo non proviene niente di interessante, si tratta solamente del vecchio avanguardismo post-stalinista che rinasce: gli intellettuali devono educare le brave persone per poi guidarle verso la rivoluzione, o piuttosto al riformismo. Per fortuna, non c'è nessun sfruttato che conceda il minimo credito a questi pagliacci, a quali si possono interessare solo dei politici di sinistra.
Vengono menzionati alcuni pensatori più originali, come l'economista Robert Brenner, il quale attacca il dogma del terzomondismo, che si respira in tutto l'antimperialismo da operetta che abbonda su Internet. I terzomondisti apprezzano i "popoli" dei paesi poveri, i quali subiscono l'oppressione dei paesi ricchi. Quest'opposizione fa riferimento al liberalismo di Adam Smith, il quale a sua volta si riferisce alla posizione che si ha nel commercio mondiale. Robert Brenner, al contrario, si concentra sulla posizione di classe di ciascun individuo nella sua rispettiva società: un proletario tedesco continua ad essere più oppresso di quanto lo sia un borghese indonesiano. «Per R. Brenner, il capitalismo non è soprattutto questione di commercio internazionale e di espansione del mercato mondiale. E' questione di lotta di classe», riassume Razmig Keucheyan.
Invece, Jacques Rancière rompe con l'avanguardismo dei suoi colleghi, in quanto il suo principio di una «uguaglianza delle intelligenze» rompe con l'idea secondo cui, per guidare le masse verso la loro liberazione, sarebbe indispensabile un'élite illuminata. Ciascun individuo, chiunque sia, può essere partecipe in una riflessione politica. Jacques Rancière sembra perciò legarsi al principio di auto-emancipazione, diventato raro nella galassia intellettuale di sinistra. Egli insiste anche sul conflitto politico contro la polizia del consenso liberale. Un individuo che lotta si stacca dalla propria identità per attaccarsi ad una forma di universalismo, e può quindi sodalizzare e riconoscersi nell'identità dell'altro. Anche se la riflessione di Ranciére rimane bloccata in una sorta di democraticismo, con una chiacchiera filosofica che si guarda bene dal rimettere in discussione lo Stato.
Le analisi della società
Il movimento operaio si basa sulla divisione della realtà in termini di classi sociali, in cui le categorie nazionali e religiose disturbano questa suddivisione. Fino al XIX secolo, la sinistra si è opposta alle categorie etno-nazionali delle categorie sociali, ma oramai questa dimensione di classe sembra scomparsa dalle preoccupazioni della sinistra: il "classismo" viene considerato come se fosse un'oppressione come tutte le altre. Lo storico E.P. Thompson analizza la costruzione delle classi sociali, ed influenza storici come Markus Rediker, in quanto promuove una «storia dal basso», attraverso una storia sociale del capitalismo che adotta il punto di vista delle classi subalterne. E.P. Thompson diviene così una figura della sinistra anti-stalinista, e lancia una polemica contro il filosofo Louis Althusser, nella quale rimprovera allo strutturalista di promuovere una teoria fumosa che non presta alcuna attenzione ai fatti empirici.
E.P. Thompson è l'autore di un importante libro di storia sociale su "La Formazione della Classe Operaia in Inghilterra", in cui critica "l'economismo", secondo il quale le classi sociali si ridurrebbero ad un fenomeno socio-economico che esiste indipendentemente dalla coscienza dei loro membri. La classe operaia è essa stessa anche parte pregnante della propria formazione, è l'esperienza a permettere l'emergere delle classi sociali, e quest'esperienza è composta da un insieme formato dai valori, dalle rappresentazioni, e dagli affetti posseduti da una classe sociale. La posizione degli individui nella struttura sociale, ma soprattutto il loro vissuto, alimenta tale esperienza.
Anche il sociologo Erik Olin Wright fa parte della tradizione marxista e rimane attaccato ad un'analisi di classe, osservando soprattutto quelle che sono le contraddizioni delle classi medie, insieme a quelle di dirigenti e manager. Questi sono dei salariati, che però esercitano una funzione di direzione al fine di disciplinare i dipendenti: più è elevata, la posizione sociale nella gerarchia dell'impresa, più il salariato si identifica con la borghesia. Eirk Olin fa anche uso del termine di sfruttamento, piuttosto che del concetto fumoso di dominio, in quanto lo sfruttamento designa un rapporto sociale secondo cui gli sfruttatori hanno bisogno degli sfruttati. Contrariamente a quanto avviene con i nuovi pensatori, Erik Olin Wright focalizza la sua analisi sui luoghi di produzione.
Mettere insieme Teoria e Pratica
Il libro di Razmig Keucheyan permette di poter presentare in maniera accessibile i pensieri degli intellettuali alla moda, e supera lo scoglio di quel che è il loro compleso gergo in modo da tentare di chiarire quali sono i loro propositi. Soprattutto, Razmig Keucheyan cerca di situare questi nuovi pensieri nel loro contesto storico e politico. Certo, egli mantiene una certa compiacenza nei confronti di molta paccottiglia di questi intellettuali, ma la sua ricerca della contestualizzazione consente di sottolineare quali sono i limiti di questi nuovi pensieri critici.
Razmig Keucheyan insiste sulla separazione fra la teoria e la pratica: assai spesso gli intellettuali sono degli accademici, e le loro analisi sono finalizzate al riconoscimento da parte dei loro colleghi e delle loro istituzioni, non hanno la vocazione a rovesciare l'ordine sociale: gli intellettuali non partecipano alle lotte sociali, e quindi la dimensione strategica sparisce. Gli intellettuali più brillanti possono anche fare delle scoperte rilevanti, ma non si interrogano sulle possibilità che tali scoperte hanno di rovesciare l'ordine esistente, e inoltre i nuovi pensieri critici si stanno allontanando dalle preoccupazioni e dalla vita quotidiana delle classe popolari. Mentre, al contrario, è nei movimenti di rivolta che vengono elaborate delle riflessioni critiche che possono permettere di cambiare il mondo.
Quella che ne viene fuori è una zuppa postmoderna che valorizza le identità particolari. Lo sfruttamento, l'alienazione ed i rapporti sociali di classe vengono considerati come secondari; gli intellettuali non si identificano più con il proletariato, ma compongono una nuova classe sociale, la piccola borghesia intellettuale, che difende i suoi propri interessi. Un tale gruppo sociale gode di un relativo benessere materiale, quindi il riconoscimento diventa più importante della lotta per il miglioramento delle sue condizioni di esistenza.
Il limite del libro di Razmig Keucheyan consiste nel suo approccio: si concentra sulla presentazione delle figure intellettuali, e si lega a quelli che sono i residui del marxismo-leninismo. Sarebbe più interessante tracciare una mappa, non di individui, ma di correnti intellettuali e politiche, e sarebbe più pertinente guardare ai tentativi di ri-attualizzazione del pensiero libertario, del sindacalismo rivoluzionario, del comunismo dei consigli, della critica situazionista e dei marxismi anti-burocratici. Ma Razmig Keucheyan, da buon estremista di sinistra, confonde questa tradizione intellettuale con l'anti-totalitarismo di Bernard-Henri Lévy. Eppure, solo le correnti comuniste libertarie consentono di farci uscire dall'impasse autoritaria e riformista dei nuovi pensieri critici.
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