venerdì 19 ottobre 2018

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Henri Lefebvre e la Comune del 1871
(Henri Lefebvre, La proclamation de la Commune. 26 mars 1871, La Fabrique, 2018)

La Comune incarna la rivolta operaia contro lo Stato centrale. Questa insurrezione permette di ripensare la strategia rivoluzionaria. La Comune del 1871 rimane uno dei momenti rivoluzionari più emblematici. Prima del movimento del maggio '68, è questa rivolta ad essere oggetto di riflessione: fra il filosofo marxista Henri Lefebvre ed i situazionisti, ha luogo uno scambio di analisi sulla Comune, comprendere il fallimento e insieme le potenzialità delle rivolte storiche deve servire a reinventare la rivoluzione.
I situazionisti, da parte loro, insistono sulla «percezione, da parte degli insorti, di essere diventati padroni della propria storia, non tanto a livello delle decisioni politiche "governative", quanto a livello della loro vita quotidiana». Le loro riflessioni si nutrono della critica della vita quotidiana. «La Comune è stata la più grande festa del XIX secolo», affermano i situazionisti. Questa insurrezione riflette allo stesso tempo una critica dell'urbanismo. L'appropriazione sociale dello spazio e la trasformazione della vita quotidiana, sono i due aspetti principali di questa rivolta. Henri Lefebvre analizza perciò la Comune come se fosse un momento di duplice potere. La legittimità si oppone alla legalità. Nel suo libro, "La proclamazion de la Commune" (Gallimard, 1965), Henri Lefebvre propone quelle che sono le sue riflessioni.

Lefebvre libro

Interpretazioni della Comune
La Comune di Parigi si oppone al regime del Secondo Impero, il quale si apre con il colpo di stato del 2 dicembre 1852. Karl Marx descrive questo periodo ne "Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte". L'analisi economica e sociologica ci fa comprendere quali sono i difetti e le contraddizioni della società francese. Lo Stato vuole controllare tutto, ma non riesce a risolvere alcun problema.
Henri Lefebvre, influenzato dai situazionisti, insiste sulla dimensione di festa della Comune. Una simile rivolta esprime un desiderio di libertà e l'azione umana è guidata dalla coscienza storica, legata ad una coscienza di classe, e quindi, a partire da questo, si dà una visione dell'avvenire ed un orizzonte utopico, che sono alla base dell'attività rivoluzionaria. Contro il marxismo ortodosso, che riduce gli avvenimenti ad una dimensione economica, Henri Lefebvre valorizza la libertà e l'utopia: «A nostro avviso, una rivoluzione costituisce un fenomeno totale, simultaneamente economico, sociologico, storico, ideologico, psicologico, ecc.».
Riguardo la Comune, ci sono diverse interpretazioni. I reazionari riducono questa rivolta ad un complotto fomentato dall'Associazione Internazionale dei Lavoratori. La narrazione dei repubblicani e dei moderati la descrive come se si trattasse di un movimento patriottico senza alcun carattere di classe e come se fosse un movimento democratico piccolo-borghese. Fra i sostenitori della Comune, ci sono coloro che vi hanno partecipato, i quali offrono la loro testimonianza. Ma questi testi, che sono diventati delle fonti importanti, non sono degli scritti storici. Ignorano le analisi di Marx e non propongono una riflessione globale sugli avvenimenti.
Léon Trotsky, nella sua prefazione al libro di C. Talés, "La Comune del 1871. Alba e Tramonto" [Jaca Book, 1971], propone un'analisi storica. Da buon bolscevico, ritiene che solo un partito con dei capi avrebbe potuto guidare le masse. In maniera più pertinente, paragona il Comitato centrale della Guardia Nazionale ad un Soviet. Ma, lungi dall'essere eletto direttamente dalle masse, questo Comitato include dei piccolo-borghesi che avevano sviluppato un approccio parlamentaristico: rifiutano di mettere in discussione il potere legale che si trovava riunito a Versailles. Léon Trotsky ha il merito di aver analizzato le cause del fallimento della Comune e di aver posto la questione strategica, ma si accontenta di restare appiattito su un modello statico, senza nemmeno cercare di comprendere la dinamica politica degli avvenimenti. I limiti della Comune di Parigi servono al capo dell'Armata Rosa per valorizzare il modello autoritario della rivoluzione bolscevica.

Le cause della Comune
L'insurrezione della Comune si spiega a partire da delle cause sociali: gli operai vivono in miseria e diventano sempre più poveri! Nelle grandi fabbriche come quelle che si trovano a Le Creusot, si crea una solidarietà operaia. Scoppiano numerosi scioperi. Le lotte dei bronziers [operai metallurgici delle fonderie] divengono emblematiche. Mentre il bonapartismo si basa sulla burocrazia e sull'apparato statale: «Questo Stato si erge al di sopra della società e diventa la meravigliosa preda che si contendono le diverse frazioni delle classi dirigenti, in nome dei loro propri interessi», analizza Henri Lefebvre. Lo stato si pone come arbitro e come grande difensore dell'interesse generale; ma quello che difende è l'interesse generale della borghesia. Il regime bonapartista non si oppone affatto allo sviluppo del movimento operaio. Come la Germania di Bismark, pensa di riuscire ad integrare quelle che sono le rivendicazioni del socialismo di Stato. Ma, con l'eccezione dei giacobini, tutte le tendenze rivoluzionarie del movimento operaio francese si rivelano come anti-statali. Ma la Comune non può essere spiegata unicamente a partire dalle cause sociali. Perché è la coscienza storica a permeare le classi popolari: le persone che hanno partecipato all'insurrezione del 1848, o perfino a quella del 1830, hanno come intessuto una sorta di trama storica. La storia della Francia è come costellata da delle ondate di rivolta che arrivano a rovesciare il regime al potere. Nel 1871, è Auguste Blanqui ad incarnare la continuità storica delle insurrezioni.
Quel che si è sviluppato, è un immaginario popolare della società: la letteratura di Victor Hugo delinea una narrazione manichea, per cui i ricchi sono cattivi ed i poveri sono buoni; la realtà è evidentemente assai più complessa, ma il popolo, il quale comprende sia i proletari che gli artigiani, in un mondo di miseria, è davvero portato alla solidarietà di classe. Per il proletariato parigino, è il padrone di casa che accende la rivolta: «Assai più che il padrone, il popolo detesta l'uomo che ha la proprietà dell'alloggio, colui che dispone di quelle che sono le leggi più severe per farsi pagare, e che può gettare il suo affittuario in mezzo alla strada, trattenendo in pegno la sua povera mobilia», descrive la situazione Henri Lefebvre. La comune comprende molteplici dimensioni. E' un movimento patriottico contro l'invasore straniero e contro i traditori del regime bonapartista, ma è anche un movimento di opinione repubblicano contro l'Assemblea di Versailles, rurale e conservatrice. Poi è un movimento rivoluzionario contro lo Stato centralizzato e contro il capitalismo. La Comune appare così come un compromesso fra tutte queste grandi forze e queste grandi aspirazioni che sono perfino contraddittorie. Perfino gli stessi militanti dell'Internazionale ed i blanquisti mancano di una prospettiva chiara, se non quella del rovesciamento dello Stato esistente. Ma la teoria di Marx relativa al deperimento e all'estinzione dello Stato proviene direttamente dall'osservazione della Comune: «Dunque, quest'esperienza si realizza in un'atmosfera di grande confusione, la confusione della vita spontanea e creatrice», così riassume Henri Lefebvre.

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Le Ideologie della Comune
Per sostituire lo Stato centralizzato, P.J. Proudhon propone il federalismo ed il mutualismo. «Porta all'anarchia, vale a dire alla soppressione del governo degli uomini a favore dell'amministrazione delle cose», così lo descrive Henri Lefebvre. Proudhon critica lo Stato in quanto strumento di oppressione. Ma dall'altro lato, non propone alcuna analisi di classe. Contrariamente a quel che fa Marx, non fa affidamento alla lotta di classe e non parte dall'obiettivo di una rivoluzione proletaria. Proudhon privilegia un approccio idealistico: tenta di conciliare l'Autorità e la Libertà attraverso il federalismo. Per Bakunin, l'insurrezione deve permettere la fine immediata dello Stato, mentre per Proudhon è l'autogestione dei gruppi territoriali che deve sostituire lo Stato. Questo approccio, attraverso il credito l'assicurazione reciproca, appare essere più riformista. Tuttavia, nondimeno, ad influenzare la Comune è la critica dello Stato svolta da Proudhon, e la decentralizzazione.
Gli anarchici, seguaci di Bakunin, avevano aderito all'Internazionale e sono presenti soprattutto a Lione e a Marsiglia. Sono degli efficaci organizzatori, la loro critica dell'autorità permette loro di acquisire autorità personale, e tuttavia la loro ideologia appare confusa, al di là dell'insurrezione non hanno una prospettiva chiara, ma sono loro a dare alla Comune una dimensione decentralizzatrice.
L'Internazionale diviene così un'organizzazione di massa che passa dal riformismo alla rivoluzione: consente il confronto fra le idee di Marx, di Proudhon e di Bakunin. I marxisti e gli anarchici sono d'accordo nel mettere in discussione il «socialismo mutualista» dei proudhoniani. L'Internazionale insiste sull'abolizione della proprietà privata, al fine di poter permettere una proprietà collettiva della terra e degli strumenti di lavoro. Ma gli operai francesi non sono portati alla teoria. Privilegiano l'azione!
L'Internazionale oscilla fra il repubblicanesimo e l'organizzazione della classe operaia unicamente su un piano economico. E tuttavia l'Internazionale contribuisce a diffondere una prospettiva federalista ed internazionalista. La Comune riceve il sostegno degli operai, ma anche quello di una bohéme artistica che viene rifiutata dalla borghesia: ad incarnare questo gruppo sociale ci sono Lautréamont, Rimbaud, Jules Vallès o il pittore Courbet.

Un movimento spontaneo contro lo Stato
La Comune sorge a partire dalla disgregazione del potere centrale: con la guerra contro la Germania, il vettovagliamento ed i problemi della vita quotidiana vengono organizzati a livello di distretto e di quartiere. Quella che emerge da tutto questo, a Parigi, è un'effervescenza spontanea, sparisce la separazione fra la politica e la vita quotidiana, i comitati locali si coordinano in maniera federale. La base si ritrova una grande autonomia, ed i rappresentanti diretti che vengono eletti in tale contesto sono revocabili in qualsiasi momento.
Nel momento in cui lo Stato collassa, il Comitato Centrale deve riorganizzare la società. Tuttavia, i comunardi rimangono troppo legalistici; non osano impadronirsi della Banque de France e delle sue casse! D'altra parte, l'amministrazione e i servizi pubblici vengono riorganizzati al di fuori di qualsiasi burocrazia statale: sono i lavoratori a prendere il controllo delle PTT [Postes, télégraphes et téléphones] secondo quella che è un'organizzazione decentralizzate e federalista. Viene ridotto il costo degli affitti degli alloggi.
La Comune appare come un momento rivoluzionario ineludibile: lo Stato, la burocrazia e le istituzioni vengono eliminate, una nuova forma di organizzazione trasforma la vita quotidiana. «Avviene una metamorfosi che trasforma i beni in comunità, in una comunione in seno alla quale il lavoro, la gioia, lo svago, la soddisfazione dei bisogni - e innanzitutto i bisogni sociali ed il bisogno di socialità - non saranno più separati», analizza Henri Lefebvre. Sparisce la politica in quanto funzione specializzata ed il quotidiano diventa una festa perpetua. Gli insorti diventano padroni della loro vita e della loro storia. «La più grande misura sociale della Comune è stata quella di mettere in atto la propria esistenza», afferma Karl Marx. In Marx, è la Comune a nutrire la critica radicale dello Stato. A differenza di Lassalle e del suo socialismo di Stato, la Comune sperimenta una forma di auto-organizzazione. Contro la visione stalinista e della dittatura del proletariato, la Comune dimostra che l'iniziativa proviene dal basso, direttamente dalle classi popolari. La Comune non si basa su alcun grande leader per poter guidare le masse, sul modello dell'avanguardia illuminata prevale la dimensione collettiva. La spontaneità e l'organizzazione alla base appaiono essere assai più efficaci dei capi o dei partiti. I marxisti ortodossi ritengono che alla Comune sia mancato un esercito ed un potere centralizzato, ma invece, al contrario, è stata la rinascita del giacobinismo e del legalitarismo ad impedirle di impadronirsi delle banche.
Non è la spontaneità, bensì, al contrario, sono le vecchie abitudini e le ideologie che hanno impedito che la Comune vincesse. «La Comune e la sua sconfitta mostrano come i difensori del vecchio mondo abbiano beneficiato della complicità dei rivoluzionari, di quelli che pensano o pretendono di pensare alla rivoluzione», analizza Henri Lefebvre. Le ideologie giacobine o proudhoniane alimentano la confusione e le vecchie pratiche, anziché affidarsi alla creatività e alla spontaneità. Appare difficile che la storia si possa ripetere, ma i limiti della Comune rilevano soprattutto la sua dimensione locale. Ad essere trascinata nell'insurrezione è soprattutto Parigi, nelle altre regioni della Francia, le strutture e le istituzioni rimangono intatte.

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L'Utopia in azione
Il libro di Henry Lefebvre contrasta con l'approccio storico tradizionale. Certo, il suo libro mostra quelli che sono gli eventi significativi della Comune, ma non si accontenta di una banale descrizione. Il filosofo marxista fa riferimento alla Comune per meglio affermare la prospettiva di una rivoluzione sociale e libertaria, e così facendo si inscrive in un romanticismo rivoluzionario che cerca di collegare fra di loro lotta sociale ed utopia. Un tale momento della Comune, ci consente di affermare un punto di vista politico e teorico.
In questo libro si riflette l'influenza dei situazionisti, in quanto, come i suoi giovani amici, Lefebvre insiste sulla creatività e sulla spontaneità; contro le avanguardie e contro i partiti, la rivoluzione rimane quella dell'azione delle classi popolari che si riprendono il controllo della propria vita. Malgrado gli episodi sanguinosi, Henri Lefebvre  insiste su quella che è la dimensione di festa della Comune. Un simile approccio consente una critica della società delle merci e del militantismo di sinistra. Presentare la Comune come una festa significa attaccare l'industria culturale e quei divertimenti che propongono solo delle feste artificiali e prive di significato. La vera festa è quella che si esprime nella lotta e nella rivolta. ed è solo quando crollano le norme e le costrizioni sociali che la festa può davvero avere inizio!
Perciò, la visione di festa della Comune rende possibile opporsi al marxismo ortodosso, il quale riduce la contestazione alla sua dimensione economica. Una rivoluzione deve sovvertire tutti gli aspetti della vita. La rivolta non deve accontentarsi di un discorso miserabilistico, ma deve affermare una dimensione festosa gioiosamente libertaria ed il piacere ed il desiderio sono anch'essi dei motori della rivolta. Henri Lefebvre non intende ridurre le cause della Comune solo ad una dimensione sociale, ma è anche il nostro desiderio di un altro mondo che ci spinge ad innalzare le barricate. L'influenza situazionista si sente anche rispetto al panorama delle ideologie della Comune. Lefebvre propone una critica delle diverse correnti del movimento operaio, tentando di mostrare quelli che erano le varie impasse ideologiche. I giacobini ed i blanquisti rimasero attaccati ad un'autorità centrale, i proudhoniani rifiutavano la lotta di classe, al fine di valorizzare quelle che erano le alternative rispetto ad essa, gli anarchici organizzavano l'insurrezione senza avere in vista una chiara prospettiva.
Queste critiche rimangono pertinenti se vogliamo analizzare i limiti delle diverse ideologie che oggi attraversano l'attuale movimento sociale; allo stesso modo, Henri Lefebvre si riferisce alle vecchie abitudini ed al legalitarismo che impedisce ad un movimento spontaneo di dare prova dell'audacia necessaria per attaccare il capitalismo, e così lo stesso Lefebvre si oppone alle ideologie ed ai partiti per potere così meglio valorizzare una pratica di lotta che si fondi sulla creatività e sulla spontaneità.
Ma Henri Lefebvre non si limitava solo ad essere vicino ai situazionisti; egli è rimasto legato per tutta la sua vita al Partito Comunista Francese, ed è stato per molto tempo un attivista di quella potente organizzazione, rimanendo sotto la sua influenza intellettuale e politica. Lenin, per lui, rimaneva un importante riferimento teorico. La sua implacabile critica del giacobinismo non gli dà però la lucidità necessaria a mettere in discussione l'attaccamento al modello marxista-leninista, e non riesce a percepire la contraddizione esistente fra Lenin e la valorizzazione della spontaneità rivoluzionaria.
Nello stesso paragrafo, Lefebvre riesce a conciliare le due opposte correnti, facendo riferimento al Lenin che insiste sulle condizioni oggettive della rivoluzione, dove il capo bolscevico attacca l'estremismo e le teorie della spontaneità rivoluzionaria. Lenin pensa che la rivoluzione dipenda unicamente da un contesto oggettivo, con una crisi economica e politica. Al contrario, gli amici di Rosa Luxemburg insistono sulla soggettività e sulla spontaneità della rivolta, laddove Henri Lefebvre osserva che evidentemente la rivoluzione dipende da fattori sia oggettivi che soggettivi. Ma non è necessario togliere Lenin dalla formaldeide per adottare una simile posizione. D'altronde, il capo bolscevico propone quella che è solo una caricatura delle idee dei suoi avversari politici: la sinistra tedesco-olandese ed i comunisti consiliari non eludono affatto le dimensioni oggettive, ma preferiscono affidarsi alla spontaneità della rivolta piuttosto che all'inquadramento autoritario dei partiti. Tuttavia, malgrado il suo attaccamento quasi affettivo a Lenin, Henri Lefebvre si appoggia alla Comune per poter uscire dal vecchio modello avanguardista. Per riprendere il controllo della loro vita, i proletari devono rivoltarsi. Solo le lotte autonome e spontanee riescono ad aprire delle nuove possibilità, e per sovvertire tutti gli aspetti della vita, la rivoluzione deve abbattere il capitalismo.

- Pubblicato il 12 ottobre 2018 su Zones subversives - Chroniques critiques -

fonte: Zones subversives - Chroniques critiques



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