Lo Stato di Eccezione è religioso e militarizzato
- di Diogo Labrego de Matos -
L'origine etimologica del termine "abbandono" si trova nella parola "bando". Infatti, l'abbandono consisteva in una pratica umana primitiva di applicazione delle leggi in alcuni gruppi sociali, bande, nelle quali gli individui condannati non venivano esiliati, e neppure dovevano scontare alcuna pena immediata, oppure addirittura sottomettersi alla diretta severità del leader tribale. Contrariamente a tutto questo, i condannati rimanevano con il loro clan, senza però più essere soggetti all'applicazione delle leggi del gruppo. Abbandonati da quelle che erano le regole in vigore, diventavano passibili di poter subire qualsiasi violenza da parte dei altri componenti il clan. Sarebbero rimasti, allo stesso tempo, simultaneamente, dentro e fuori dal sistema legale, subordinati alle leggi del gruppo, attraverso il fatto che ne venivano esclusi [*1].
Quest'origine filosofica viene recuperata da Giorgio Agamben per poter teorizzare a proposito dello stato di eccezione nella società moderna. L'autore della trilogia sull'Homo Sacer afferma che lo stato di eccezione non assume necessariamente la configurazione di quella che secondo i modelli classici viene definita come dittatura. Non si forma sotto il regime autoritario di un vecchio barbuto al comando di una repubblica delle banane composta da idioti. Lo stato di eccezione non è questa caricatura: la realtà è sempre molto più sottile.
Oggi abbondano le analisi correnti - che attribuiscono la situazione decadente del capitalismo verificatasi a partire dal decennio degli anni '70 con la recrudescenza del fascismo che metteva a rischio la democrazia - le quali hanno come riflesso, ad esempio, il discredito generale del processo elettorale, ed una partecipazione alle elezioni che è sempre più in calo [*2]. Tuttavia - soprattutto per quanto riguarda il Brasile, in questa traiettoria durata quasi cinquant'anni, ci sono delle sfumature che rendono insufficiente una tale spiegazione.
Il primo punto da annotare è che, nei decenni degli anni '60 e '70, l'Europa e, in parte, gli Stati Uniti avevano promosso una vasta ricerca nel campo degli studi culturali che in seguito sarebbero diventati famosi col nome di "svolta linguistica", la quale avrebbe avuto delle significative ricadute per quella che sarebbe stata la liberazione sessuale e le lotte delle minoranze nei centri del capitalismo mondiale.
In questa ondata di controcultura, possiamo assumere diverse tappe, fra le quali si possono citare, come emblemi di una tale inversione di tendenza, il maggio '68, il movimento per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti, e la rivolta del movimento di liberazione gay statunitense, detta di Stonewall. Nei decenni successi, in queste comunità, fece seguito una graduale - seppure geograficamente ineguale - assimilazione di quelli che erano stati i discorsi promossi dagli strati sociali marginalizzati, che sono sfociati, nell'ultimo decennio del secolo passato, in conquiste legali e in istituzioni efficaci, come il riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso, in diverse nazioni del vecchio mondo, e, negli Stati Uniti, la promozione di politiche razziali positive. Questi successi non si sono fermati qui, e negli ultimi anni hanno permeato tutta una discussione sulla validità di alcune strutture linguistiche di conio razzista, e di discriminazione simbolica e fisica relativa - fra gli altri sottogruppi sociali - alle donne, ai neri e agli omosessuali.
In Brasile, come spesso avviene per quello che riguarda le ondate teoriche e culturali che hanno origine nei paesi centrali, tali discussioni sono arrivate con quale decennio di ritardo, in gran parte attraverso l'intermediazione dei circoli accademici, e grazie a tutta una vita politico-culturale che si svolge da tempo intorno alle università pubbliche. Arrivano in questi luoghi, perciò, con una significativa caratteristica: questi circoli promuovono un dibattito e spingono per un cambiamento comportamentale della società brasiliana in maniera molto più accelerata di quanto sia avvenuto nei paesi centrali, che hanno impiegato decenni per arrivare ad inghiottire le stesse questioni. In tal modo, si viene a creare la cosiddetta bolla delle reti sociali; fondamentalmente, giovani studenti ed ex studenti per lo più di scienze umane, che negli anni '90 sono cresciuti nell'ambito politicamente deserto della sinistra e del marxismo. Questa parte della popolazione trova, nei social media, i mezzi per dibattere e per condividere le idee che rafforzano il carattere accelerato di questo processo di isolamento - una tendenza che viene naturalmente rafforzata dagli algoritmi di filtraggio delle informazioni che arrivano attraverso i media -, ma non possiamo dire che la delimitazione e l'identificazione del gruppo in sé sia stato il risultato di Internet. Precedentemente, l'ambiente virtuale concorreva solo al fatto che avvenisse una relativa omogeneizzazione in un gruppo che già esisteva prima come nicchia sociale di rilievo, ed il cui discorso non riusciva mai ad infiltrarsi nella grande massa della popolazione. In ogni caso, questo è solo un lato della storia della polarizzazione ideologica del Brasile, avvenuta negli ultimi anni. C'è anche un altro lato che dev'essere raccontato.
Il rilevante aumento dei gruppi protestanti neo-pentacostali comincia negli anni '80, ed accelera a partire dal decennio dei '90, fino a raggiungere, nel censimento del 2010, la proporzione del 22.2% della popolazione brasiliana. Tali numeri, tuttavia, non rivelano quale sia la struttura di queste organizzazioni che fa s' che abbiano un potere di rappresentazione ideologica assai maggiore rispetto a quella che è la loro presenza quantitativa nel paese. Questo processo di crescita è avvenuto quando i gruppi evangelici hanno modificato il loro approccio relativo alla predicazione, che prima consisteva in un fondamentalismo puro che all'inizio partiva dai preconcetti del proselitismo, ma con il compromesso teologico fondamentalmente basato sulla salvezza ai fini di quella che si convenne di chiamare "teologia della prosperità": l'idea secondo cui il contributo, la conversione di nuovi membri e l'osservanza pratica di una specifica lettura della Bibbia (segnata da un estremo conservatorismo comportamentale, in confronto diretto con il discorso di quella nicchia extra-accademica) porterebbe alla prosperità, anche nella vita.
Il connubio fra questa visione del mondo religiosa ed un'organizzazione gerarchizzata orientata ad occupare spazi di potere - nel suo senso più ampio, come i media, le organizzazioni e la vita comunitaria, i partiti politici, l'occupazione dello spazio pubblico, una vasta produzione di merci culturali, ecc. - ha generato una struttura coesa che ha amplificato il suo potere di rappresentazione ideologica in confronto alla rilevanza quantitativa degli evangelici in Brasile. In realtà, quello che ha avuto luogo in queste istituzioni è stata una dinamica di reciproco rafforzamento fra la crescita delle strutture di potere e l'apparato economico in sé, erigendo un blocco sociale con tecniche di autodifesa ed espedienti di pressione pubblica paragonabili solo a quelle dei maggiori gruppi mediatici del paese, che ora si trovano ad avere un concorrente alla loro altezza. A questo, si aggiunga il fatto che il profilo sociale degli evangelici ha in parte estrapolato la loro presenza oltre la povera porzione periferica e vediamo, quindi, che in teatro viene montato il palco della polarizzazione, sul quale manca solo l'entrata trionfale dell'attore principale: il Partito dei Lavoratori. Ci sono vari indizi che indicano che l'ascesa dell'estremismo di destra in Brasile è connessa visceralmente con l'avanzata delle istituzioni evangeliche e della propaganda del suo discorso conservatore.
Per sostenere quest'idea, inizialmente possiamo riferirci al fatto che parte della classe giuridica che ha mosso il mondo contro il "Petismo" [N.d.T.: Filosofia non ufficiale del Partido dos Trabalhadores (PT), in Brasile] era dichiaratamente evangelica e motivata da fondamenti religiosi. Se non basta, si può citare lo slogan che è stato molto propagandato durante queste elezioni e che è diventato onnipresente: «Il Brasile soprattutto, Dio sopra tutti». Per non lasciare dubbi, si veda il grafico qui sopra, dove si possono leggere, in rosso, le percentuali di intenzioni di voto per Bolsonaro nel primo turno [*3] e, in bianco o nero, la proporzione di evangelici presente in ciascun Stato del paese [*4], per cui appare forte la relazione positiva fra la presenza di evangelici negli Stati della federazione e le intenzioni di votare per il candidato estremista. Questo rapporto diventa molto chiaro quando osserviamo che negli Stati poveri come Acre e Roraima, l'intenzione di voti arriva al 50%, cosa che non avviene negli Stati del Nordest, nei quali la presenza dell'istituzione evangelica è assai meno accentuata. La medesima tendenza si è verificata negli altri Stati della regione, come l'Amazzonia e Rondonia, che diventa il dato rilevante se lo paragoniamo con gli Stati del Nordest, visto che sono anche gli Stati più svantaggiati economicamente. Quindi, viene rovesciata l'idea secondo la quale per molto tempo i voti in Brasile sarebbero stati comprati attraverso benefici paternalistici del Partito dei Lavoratori.
Con i risultati del primo turno, è impossibile poter negare l'avanzata in Brasile dell'autoritarismo, insieme all'impronta religiosa dei candidati eletti. Soprattutto, è importante sottolineare come questa lenta graduale costruzione di un potere quasi invisibile, in quanto basato sulle convinzioni di una parte invisibile della popolazione brasiliana, ha avuto la compiacenza della sinistra, che continua a rimanere orfana del suo soggetto rivoluzionario reso subalterni, e che non riesce a vedere che, nel momento attuale, sono loro ad avere il potere, e che in questo non c'è niente di buono, soprattutto per la democrazia. La sinistra brasiliana, di fronte alla crescita degli evangelici ha preso una posizione che ha sempre oscillato fra il fare finta di niente rispetto al carattere conservatore e la condiscendenza unita all'ignoranza, in quanto sarebbero presumibilmente manipolati, ignorando così la base popolare sulla quale il fascismo ha sempre fatto affidamento.
Fatto sta, che se uniamo i due lati della polarizzazione politica del Brasile che abbiamo qui delineato - ovviamente in maniera assai schematica e con numerose intersezioni - arriviamo al tanto famoso archetipo dell'«uomo perbene», costruito a partire dalla controparte di un altro archetipo, questo demonizzato, dell'individuo moralmente degenerato (abortista, omosessuale, femminista, bandito, ecc.). Ed è la costruzione di questo archetipo, riprendendo l'idea di Agamben, che ora serve solo per sedimentare una sorta di soggetto ideale, da una parte, e per stigmatizzare, dall'altra, una parte della popolazione che giustamente dovrebbe avere la priorità nell'essere abbandonati alla violenza da parte di una società da lungo tempo decadente.
Qualcuno potrebbe obiettare che la descrizione fatta qui non corrisponde al fatto che gli oppressori sono per l'appunto una buona parte della popolazione che verrà colpita dall'estremismo di destra, vale a dire la periferia urbana marginalizzata. E rispetto a questo mi sforzo di completare l'idea con la seguente affermazione: non esiste autoritarismo senza che ci sia un discorso delle masse a proposito di sé stesse, ossia, senza che una parte marginalizzata costruisca un simile archetipo delle vite insignificanti, anche se, in buona parte, viene inclusa anch'essa in questa marginalità. Questo è parte del processo di (auto)abbandono che si riferisce allo stato di eccezione del fascismo.
In Brasile, qualsiasi stato di eccezione - autoritario o meno, a seconda dei risultati delle urne nel secondo turno - sarà di tipo militare-religioso. La sinistra deve affrontare questo fatto e deve smettere di continuare a guardare la nostra realtà solo attraverso le lenti delle opere elaborate nella Germania di quasi ottant'anni fa, per quanta importanza esse abbiano. Il mondo è cambiato, il fanatismo religioso si è vestito di nuovi panni in tutto il mondo ed il nostro paese non è rimasto fuori da tale tendenza. Ciò che rende del tutto insufficienti le analisi secondo le quali il Partito dei Lavoratori sia responsabile del momento attuale, come se la causalità storiche fossero del tutto inequivocabili, dato che la tendenza del declino economico accentuatasi nell'ultimo decennio, secondo questi approcci, non poteva essere contrastata in alcun modo. Il discorso generalista della decadenza del capitalismo, trascura quelle che sono le particolarità del Brasile, e tratta l'ascesa del fascismo come se fosse il risultato inevitabile contro cui rimane solo la lotta emancipatrice radicale, quando questa non è nemmeno in grado di racimolare una manciata di persone per poter promuovere azioni socialmente coese.
Finisco affermando che vedremo sempre più stati di emergenza che risulteranno in azioni violente contro gli abbandonati. Poiché - ed è questo il contributo maggiore dato da Agamben - la violenza è l'azione per eccellenza contro coloro il cui statuto giuridico viene selettivamente sospeso, e la polarizzazione degli anni recenti in Brasile cammina per arrivare ad interdire, simbolicamente e fisicamente, il diritto di una parte marginalizzata - poveri, nei, gay e donne, ciascuno con le sue particolarità - il diritto di difendersi dall'aggressione diretta della società civile e dello Stato. Quando la società del lavoro entra in crisi, anche se tale società è vittima di sé stessa, il lavoratore stesso può diventare una minaccia, poiché è capace di lottare a qualsiasi costo per riscattare un passato idealizzato. Dal Sud America, è salpata una zattera di pietra, ed è più vicina che mai al Medio Oriente.
- Diogo Labrego de Matos - Pubblicato il 9/10/2018 su Blog da Consequência -
NOTE:
[*1] - cfr. Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita. Einaudi
[*2] - Wolfgang Streeck afferma che, a partire dal decennio degli anni '60, la partecipazione alle elezioni nei paesi centrali del capitalismo è diminuita, passando dall'84,1% al 72,5% fra il 2000 ed il 2001 (cfr.Wolfgang Streeck "Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico", Feltrinelli.
[*3] - Inchiesta fatta dalla IBOPE il 29/9/2018. Nessuna cifra è stata fornita per lo Stato di Spirito Santo.
[*4] - Censimento IBGE del 2010
fonte: Blog da Consequência
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