lunedì 29 ottobre 2018

Oggi e ieri

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Note sul fascismo, di ieri e di oggi
- di Maurilio L. Botelho -

«Chi non vuole parlare di capitalismo deve anche tacere sul fascismo.» (Max Horkheimer)

- 1 - È passato quasi un secolo, da quando il fascismo è apparso in quanto conseguenza della crisi del liberalismo classico. Molti sostengono che l'avanzata dell'autoritarismo, in tutto il mondo, sia oggi una risposta alla crisi del neoliberismo. Questa affermazione ha bisogno di essere criticata, nel senso che il suo nucleo di esattezza dev'essere portato in superficie. A partire dalla catastrofe finanziaria del 2008, il neoliberismo come opzione politica si è visto indebolito su tutti i fronti, nonostante il fatto che i suoi corrispondenti strumenti economici si trovino nelle mani dei suoi detrattori. L'immagine che il neoliberismo ha dato di sé stesso, come restrizione dell'apparato statale, non è reale. Fin dall'inizio, l'aumento delle spese finanziarie statali, insieme ad un crescente apparato repressivo, sono state le caratteristiche di quella che si è auto-definita come ideologia dello "Stato minimo". Perciò, il declassamento ideologico del neoliberismo non è incompatibile con la sua continuità pratica, ma nasce da una necessità strutturale. Più che una variante dello spettro politico, o un'opzione nel menu delle teorie economiche, il neoliberismo è la forma politica propria dello Stato nella corrosione della crisi. Questo gli conferisce un carattere che lo pone al di sopra dei partiti - chiunque arrivi al potere, gli deve obbedienza. La valutazione di un cambio di prospettiva nel panorama politico deve tener conto di una tale dimensione: l'autoritarismo in ascesa è una conseguenza politica della crisi strutturale del capitalismo, la quale - dopo aver coinvolto la periferia del mondo e i paesi dell'ex blocco socialista - da un decennio ha raggiunto il nucleo del capitalismo. Il neofascismo contemporaneo è un brutale tentativo di dirigere l'attuale decomposizione sociale, e per far questo deve assumere un'anima neoliberista, anche se questo implica delle incongruenze politiche.

- 2 - L'ascesa del fascismo in Europa, a partire dal decennio del '20, fu un'esigenza del capitalismo nella sua maturità storica. Il fascismo nacque e si rafforzò, non solo in quanto risposta alla prima guerra mondiale, ma anche alla crisi del 1929 e all'alto grado di monopolizzazione della produzione. La direzione ed il controllo statale della direzione economica appariva come una necessità al sostegno della propria economia di mercato, la quale correva il rischio di sgretolarsi in seguito all'accumularsi delle contraddizioni, principalmente quelle dovute alla gigantesca sovrapproduzione innescata dalla produzione in serie. Il modo in cui contenere lo smantellamento fu la direzione statale dell'economia, che passava così ad «essere amministrata dallo Stato per l'iniziativa privata» [*1]. Solo l'inquadramento delle forze sociali in una "cornice totalitaria" avrebbe potuto contenere l'implosione sociale derivante dalla sovraccumulazione raggiunta dai principali settori economici, molti dei quali cartellizzati. La barbarie del collasso venne evitata grazie alla barbarie di un'economia di guerra gestita industrialmente.
Nel decennio 1930, l'incapacità del capitale di trovare un nuovo equilibrio attraverso la pulizia del terreno della propria crisi divenne evidente, perciò il «sistema capitalista venne sollevato dalla stagnazione solo attraverso la corsa agli armamenti forzata contro le potenze mondiali, da parte del fascismo tedesco, in preparazione della guerra mondiale» [*2]. Lo stesso impeto imperialista, radicalizzato, del fascismo, che chiedeva una risposta dalle altre potenze, aveva obbligato il mondi ad una quasi statalizzazione di interi settori dell'economia, creando il famoso complesso industriale-militare che sarebbe diventato una caratteristica permanente del "mondo libero", anche dopo la sconfitta del nazismo. In un certo qual modo, il resto del mondo venne esentato da una regressione fascista perché la risposta che a tale regressione era stata data, aveva indirizzato le risorse eccedenti - era stata la stessa guerra ad aver permesso la distruzione della capacità produttiva, cosa che aveva restaurato la possibilità di una nuova prosperità. Perciò, il pericolo totalitario soggiacente all'economia capitalista avanzata venne contenuto democraticamente dall'economia di guerra permanente. Il Dottor Stranamore di Peter Sellers - Stanley Kubrick è la manifestazione ironica di una tale identità di fondo fra la democrazia occidentale ed il fascismo [*3].
I problemi del capitalismo maturo divennero insolubili, le sue contraddizioni non potevano essere gestite, nemmeno dalla buona volontà dello Stato - il New Deal, con il suo fronte pubblico del lavoro, rimase un fiasco fino allo scoppiare della guerra. L'unico modo di congelare storicamente questa formazione sociale era quello di deviare una parte delle sue forze produttive verso la distruzione, o verso l'inutilizzo militare. Secondo le precise parole di Theodor Adorno, nei regimi fascisti «si era stabilizzata la forma economica obsoleta e si era moltiplicato l'orrore che gli è necessario per poter conservarsi, ora che la sua mancanza di senso si è apertamente rivelata» [*4]. Il fascismo è il solo modo in cui - perso il senso storico, scomparso il "presupposto economico" - pure così vengono conservate le «forme borghesi di esistenza», ma viene conservato anche lo Stato e la «forma della famiglia ormai da molto tempo superata» [*5].

- 3 - Quasi cento anni dopo, il neofascismo emerge nel contesto di una crisi diffusa, a partire dal fatto che il ciclo di ricostruzione e prosperità del dopoguerra si è esaurito. Sebbene in questo periodo di decomposizione mondiale ci sia una "epidemia di guerre" (Hobsbawm), non c'è niente, della grandezza del grande conflitto contro il fascismo, che potrebbe servire all'eliminazione degli eccessi dovuti alla sovraccumulazione permanente, ora approfonditasi con la produzione microelettronica. Il dilemma è ben noto: qualsiasi guerra di grande intensità, minacciando le forze distruttive disponibili oggi, rappresenterebbe la fine dell'umanità.
Diverso anche rispetto al decennio degli anni '30, oggi non c'è un modello socialista alternativo e, perciò, l'autoritarismo di oggi si presenta come una sfida più timida; si deve optare per la lenta disintegrazione dell'economia di mercato, scossa regolarmente dalle convulsioni dovute alla discontinuità del capitale fittizio, oppure accelerare lo sterminio dell'eccedenza sociale. Presentare razionalmente quest'ultima alternativa non è un compito facile, e in questo modo il neofascismo fabbrica nemici da tutte le parti, finanche allo spauracchio del "comunismo internazionale", per poter giustificare un'accelerazione diretta all'epurazione sociale. Se le teorie cospirazioniste erano già assurde cento anni fa, anche con la presenza della minaccia reale del socialismo, oggi sono come pura follia per una parte di quella che viene chiamata "opinione pubblica". Ma questo rifiuto non deriva da principi elevati divergenti: il neofascismo in ascesa ha l'inconveniente di far precipitare quello che è stato già realizzato dai meccanismi antisociali del mercato, perciò ha bisogno di affermarsi insieme a, e non contro, l'ideologia liberale. Il neofascismo è una combinazione, apparentemente insolita, di dirigismo statale repressivo e di disintegrazione dei meccanismi statali di protezione, il tutto visto come tentativo di amministrare la crisi strutturale del capitalismo.
Le due cavità che sono presenti nel cuore neoliberista si trovano anche nel petto del neofascismo. Da un lato, la preoccupazione di continuare a foraggiare i mercati finanziari con capitale fittizio, usando un volume che solo lo Stato può essere in grado di offrire, e dall'altro, spingere e portare fino alle ultime conseguenze la dissoluzione di ogni garanzia sociale, facendo sì che ogni individuo sia responsabile della propria sopravvivenza. La novità rispetto al convenzionale programma omicida dei fondamentalisti del mercato, consiste in una dichiarata militarizzazione della vita quotidiana e l'annuncio ufficiale di una politica razziale di eliminazione degli strati improduttivi della società - una tendenza in fondo già in atto nella società, ma ora trasformata apertamente in un programma politico [*6]. Non è sufficiente che l'individuo incapace di sopravvivere per sua propria iniziativa venga socialmente dislocato secondo quel che è il darwinismo oggettivato del mercato - la proposta è che venga anche isolato dal convivio sociale ed eliminato senza esitazioni dalle forze statali.
Questa riconciliazione del dirigismo statale della società alla totale obbedienza alle coercizioni del mercato - una marcata differenza rispetto alle pretese del fascismo classico, che cercava di controllare l'economia, o di interdire la «subordinazione della vita all'economia» [*7] - non manca di produrre un'infinità di incoerenze. Il neofascismo alterna ai discorsi di liberazione delle iniziative il controllo morale; fa appello all'etica del lavoro, ma disprezza qualsiasi compromesso con la protezione sociale; coniuga il patriottismo nelle espressioni politiche con l'assoggettamento ai mercati internazionali; controlla le frontiere al fine di contenere la popolazione obsoleta e vuole la fine di qualsiasi restrizione nazionale al movimento monetario; persegue violentemente la corruzione, ma tollera la dissipazione nei propri ranghi; uno Stato forte che sia in grado di offrire una soluzione a tutti i problemi sociali, ma allo stesso tempo anche una riduzione del carico fiscale e della burocrazia, Queste contraddizioni non sono sintomi solamente di una confusione programmatica o di carenza di criteri politici, ma proprio di quella che è la disfunzionalità del capitalismo avanzato, che viene sempre più divorato da una malattia autoimmune che fa del neofascismo uno dei suoi principali sintomi. La vittoria elettorale di questo programma configurerebbe un livello di devastazione sociale ancora più alto, in quanto le sue uniche linee guida chiare sono la selezione razziale attuata dallo Stato ed il comando militare della società.

- 4 - Nel fascismo classico, l'appello alla collettività della nazione o alla comunità razziale era un contrappunto all'atomizzazione provocata da una progressiva mercificazione della vita sociale. La regolazione diretta di quelle che erano gli inconvenienti conseguenza del consumo fordista rappresentava, allo stesso tempo, una rivolta tutelata ed un adeguamento sociale ad una simile realtà - qui appare di nuovo la continuità fra fascismo e democrazia, dal momento che l'industria culturale diventava matura, e il controllo sociale sul mercato di massa dispensava l'orientamento del Führer.
Al giorno d'oggi, l'atomizzazione elettronica è stata innalzata fino al limite del desiderio di annichilimento dell'altro con mezzi virtuali - lo sviluppo della tecnologia di comunicazione non ha creato i mezzi per conciliare le differenze, bensì ha alimentato la fredda reciproca indifferenza [*8]. Sotto questo aspetto, le basi di un cambiamento tecnologico stanno rafforzando le pulsioni autoritarie dei soggetti atomizzati, senza che sia disponibile un ambiente sociale regolatore per contenere una simili animosità sistematica. Pertanto, si fa un appello anacronistico alla nazione, quando ormai non esiste qualcosa che corrisponda oggettivamente ad un simile concetto. Il nazionalismo economico fascista ha avuto le sue basi nella dissoluzione del liberalismo e nel rafforzamento delle grandi strutture industriali concentrate in maniera orizzontale. Oggi, il patriottismo è una mera bravata nei confronti della diffusione trans-frontaliera delle catene di produzione, e della complessità finanziaria connessa a livello globale, nei confronti delle quali l'appello alla comunità nazionale serve solamente come frode politico-ideologica screditata dalla stessa austerità economica che l'accompagna.
Tutto questo rende attuale la tesi adottata dalla Scuola di Francoforte, successivamente limitata alle analisi del fascismo: il nucleo del fascismo risiede nell'associazione di una claque violenta intesa come élite corporativa la quale, unendo potere politico ed economico, spoglia la società dopo aver assunto il totale controllo dello Stato.
L'appello nazionale o l'enfasi razziale che viene fatta dai leader autoritari odierni riceve un forte sostegno dagli strati inferiori e dalla "classe media" bianca, soprattutto nella riproduzione quasi liturgica di un'etica del lavoro che viene rabbiosamente rivolta contro gli improduttivi della società, o contro i privilegi di determinati segmenti statali. Perciò, nel bel mezzo di quella che è un'esplosione di incoerenze oggettive, non è possibile «escludere che ci sia una certa affinità fra le mente dei loro oratori e la presunta confusione cerebrale degli ascoltatori» [*9]. Tuttavia, a causa dei legami politici ed economici di fondo, così come a causa del fondamentalismo neoliberista professati nei loro programmi, questi leader si organizzano in fazioni che cercano di saccheggiare lo Stato in crisi e socializzare i costi della manutenzione finanziaria delle corporazioni produttive e degli investitoti finanziari. La proposta, da parte di un'equipe economica di un candidato neofascista, di liquidare in un anno tutti i beni dello Stato è l'esempio evidente di una tale politica di saccheggio. Ciò non depone contro l'identificazione fra la massa degli eletti ed il loro "leader", poiché essi farebbero altrettanto man bassa della macchina statale in rovina, se ne avessero l'opportunità. Ma questo rivela ancora una differenza rispetto all'era di massificazione fordista, quando le base politiche si organizzavano in partiti di massa ed in brigate paramilitari. La militanza virtuale e le manifestazioni nei week-end per fini elettorali continuano ad essere qualcosa di diverso da una «mobilitazione permanente» per il conflitto [*10].

- 5 - Il fascismo era caratterizzato da un'ideologia di "classe media" rovinata che si era trasformata in un'organizzazione di massa, che aveva irreggimentato disoccupati ed esclusi nella medesima "comunità razziale". Anche per quel che riguarda oggi, i diffusi risentimenti delle classi medie insoddisfatte, con il loro declino economico, sono stati diretti contro coloro che dipendono dall'assistenza sociale e contro lo "Stato corrotto". Tuttavia, Una simile animosità ha finito per estendersi alle grandi corporazioni, soprattutto a partire dalla strumentalizzazione della rabbia fatta dalla magistratura e da tutto il settore giudiziario. Il completo abbandono della legalità giuridica - un processo ormai sperimentato da tempo nei settori degradati che hanno a che fare con la criminalità, con la povertà urbana e con i dissidenti politici - ora viene abbracciato sistematicamente dalla "classe media"  e dalle élite economiche, di fronte al carattere disfunzionale che è stato assunto dai conflitti politici interni allo Stato. Una parte significativa della società è incline, a livello elettorale, a soluzioni autoritarie, abbandonando il politico che professava un mero radicalismo civile di mercato.
Il declino economico degli strati sociali medi si approfondisce. L'obiettivo di questi settori non è mai stato quello di dissolvere la struttura economica stabilita, ma semplicemente quello di partecipare alla prosperità delle grandi corporazioni, che vengono invidiate per i loro legami politico-finanziari con la struttura statale. Per questo, la combinazione programmatica dell'austerità economica insieme alla salvezza della grandi corporazioni può solo sfociare in una liquidazione delle masse precariamente assistite dalla previdenza statale. Dell'odio diffuso di ieri rimane solo il bersaglio sociale, e razzialmente contrassegnato, di oggi - i «rifiuti del mercato» (Wacquant).
Contro un simile odio razziale ed una politica orientata moralmente, l'attuale movimento antifascista fa appello ad una moralità diversa , vista come se fosse il criterio principale per affrontare le questioni politiche e sociali. Secondo quella che è la formulazione di moda, «la nostra differenza è morale». Qui vediamo che non stiamo vivendo in una mera riconfigurazione ideologica, ma in una mutazione epocale che avvolge noi tutti, dal momento che una caratteristica del processo di democratizzazione era quella di mantenere separate le questioni del diritto rispetto alle questioni di moralità (qualcosa che è sempre difficile in un'economia periferica, ma che viene assunto formalmente grazie alla "Costituzione dei Cittadini"). Contrastare il razzismo ed il sessismo neofascista per mezzo di criteri morali più elevati significa imbarcarsi nell'implosione della sfera pubblica basata sui compromessi sociali del dopoguerra che ancora tengono in piedi il mondo democratico.
Diversamente da un momento in cui il razzismo si celava dietro un'azione dissimulata contro il "crimine", oggi gli argomenti morali razziali escludenti vengono dichiarati apertamente. Nel caso di dichiarazioni neofasciste contro le donne, è dimostrato che la crisi di questa società si manifesta anche come «inselvaggimento del patriarcato produttore di merci» (Roswitha Scholz). C'è qui un punto di somiglianza con l'irruzione nazifascista, poiché «la separazione fra legge e morale, un assioma del periodo del capitalismo competitivo, è stata sostituita da una convinzione morale immediatamente derivata dalla "coscienza del popolo"» [*11], vale a dire, determinata secondo criteri razziali. Di fronte ad una simile brutalità, fare uso di un argomento morale significa mettersi a gridare contro la durezza delle pietre. In una società in rovina, la moralità egualitaria vale quanto la moralità autoritaria, e questo è diventato chiaro quando la Corte Suprema ha respinto la denuncia di razzismo nei confronti dei sondaggi elettorali. Una volta che è stato rimosso il carattere illegale di un giudizio determinato dalla morale razziale, questa morale finisce per avere altrettanto peso, in una situazione eccezionale, quanto l'altra - e fra le due morali divergenti vince quella che ha maggior forza, non la più civilizzata.

- 6 - Il pericolo del collasso sociale in uno Stato che può perseguitare legalmente non si pone in una contesa elettorale, in quanto essa viene storicamente alimentata dal punitivismo orientato da criteri sociali e razziali. Qui, come nella Germania degli anni '30, diverse volte è stato annunciato uno «stato di guerra contro il mondo del crimine», cosa che rafforzato, con l'aiuto dei canali istituzionali, il messaggio neofascista di ritorsione nei confronti dei "vagabondi" e dei "delinquenti" [*12]. Sotto la pressione di una violenza crescente che mette a rischio il suo patrimonio, da un lato, e dalla disintegrazione del mercato del lavoro, dall'altro lato, c'è un sostegno progressivo sempre più crescente nei confronti di coloro che propongono apertamente l'odio sociale con connotazione razzista, poiché la «classe media deve capire che la riduzione delle garanzie sociali è una conseguenza necessaria al mantenimento della sua posizione sociale» [*13].
L'impasse che viviamo sta nel fatto che questa pulsione autoritaria è diventate un elemento intrinseco al capitalismo in crisi. Perciò, una sconfitta elettorale è solo un'attenuazione delle forze autodistruttive. Le altre opzioni elettorali "praticabili" continuano a presentare in maniera più chiara quella che è la faccia industriale-militare dell'amministrazione statalista della crisi capitalista, o le convenzionali proposte neoliberiste. Si tratta di un posticipo della "soluzione" autoritaria attraverso delle politiche che alimentano per via indiretta il neofascismo, questa versione anabolizzata della disintegrazione sociale in corso. Prenderlo come se si trattasse di un'eccentricità significa ignorare che in esso si manifestano, amalgamati in maniera tesa, lo statalismo militarizzato ed il monetarismo, gli stessi che vengono professati isolatamente dalle altre forze politiche.
In questa situazione, l'unica possibilità critica - la consapevolezza che solo una critica radicale dell'insostenibile mondo della merce, del capitale e dello Stato può superare questa aporia - viene ostacolata in nome di compromessi politici d'occasione e nel nome della scuola provvisoria del "male minore". Bisogna evitare che la forza spesa per poter riprendere temporaneamente fiato consumi tutta la capacità di opposizione sociale che ha questa società.

- Maurilio L. Botelho - Pubblicato il 2 ottobre 2018 su Blog da Consequência

NOTE:

[*1] - Alfred Sohn-Rethel. A Economia Dual da Transição. In: Processo de trabalho e estratégias de classe. Rio de Janeiro: Zahar, 1982, p. 67.
[*2] - Alfred Sohn-Rethel. The Economy and Class Structure of German Fascism. London: Free Association Books, 1987, p. 89.
[*3] - Nella prefazione all'edizione tedesca della Teoria Generale, pubblicata nel 1936, già durante l'ascesa nazista, Keynes sottolinea che l'idea centrale del suo libro, sebbene prodotta in ambito anglosassone, «sarebbe molto più facilmente adattabile alle condizioni di uno Stato totalitario»  (John Maynard Keynes. A teoria geral do emprego, do juro e da moeda. São Paulo: Nova Cultura, 1996, p. 6).
[*4] - Theodor Adorno. Minima Moralia: reflexões sobre a vida danificada. São Paulo: Ática, 1993,p. 27.
[*5] - Adorno - Minima Moralia, p.27.
[*6] - L'attuale presidente della Camera degli Stati Uniti, Paul Ryan, repubblicano e sostenitore convinto di Donald Trump, attacca frequentemente gli improduttivi in America, in particolare gli anziani, mentre taglia le tasse alle élite. Nel 2012, il candidato alla presidenza Mitt Romney ha dichiarato che il 47% degli americani non pagano tasse ma ritengono di avere diritto alla salute, al cibo e all'alloggio. È diventato comune l'uso di espressioni come "useless eaters" (consumatori inutili) per i "dipendenti del governo", derivata da unnütze esser, la formulazione nazista usata per invalidi ed ebrei.
[*7] - Secondo un presidente del comitato economico del Partito Nazionalsocialista Tedesco, Bernhard Köhler, «fin dall'inizio, il nazionalsocialismo è stata una ribellione dei sentimenti vivi del popolo contro il fatto che la vita, per l'esistenza materiale, era governata dall'economia» (citato da Franz Neumann: Behemot - Pensiero e azione nel nazionalsocialismo. México: Fondo de Cultura Económica, 1983, p. 264-265).
[*8] - «La comunicazione si occupa degli uomini isolandoli» (Theodor Adorno e Max Horkheimer. Dialettica dell'Illuminismo).
[*9] - Theodor Adorno. La técnica picológica de las alcocuciones radiofónicas de Martin Luther Thomas. In: Escritos Sociológicos II, vol. 1. Madrid: Akal, 2008, p. 39.
[*10] - L'integrazione dei militanti nelle organizzazioni politiche neofasciste è un fatto, ma questa sembra indicare una tendenza diversa rispetto al fascismo classico, volto a stabilirsi come organizzazione partitica di massa. Questa forma di organizzazione militare para-mafiosa è per sua natura finalizzata alla rapina nelle aree urbane decadenti, e non alla loro mobilitazione politica diretta. Il coinvolgimento delle forze militari in questa campagna rivela anche un'altra differenza con le origini del fascismo, che prima si organizzava para-militarmente per poi stabilirsi in seno allo Stato. Evidentemente, tutto questo programma, per le sue stesse contraddizioni, tende a fallire nel raggiungere il governo. Lo Stato neoliberista amplia l'apparato repressivo-militare nella stessa misura in cui rende precarie le sue forze: l'uso abbondante della polizia e dei militari sottopagati, in contrasto con l'alta tecnologia di sicurezza disponibile, è parte della logica dell'eliminazione delle eccedenze sociali. Potrebbe essere più plausibile attivare la guerra civile diffusa in corso piuttosto che la distopia del controllo sociale totale.
[*11] - Kirchheimer, Otto; Rusche, Georg. Punição e estrutura social. Rio de Janeiro: Freitas Bastos, 1999, p. 244.
[*12] - Negli Stati Uniti, la «guerra alla droga» è nata come risposta al movimento dei diritti civili e alle conquiste del movimento nero degli anni '60. Venne abbracciata immediatamente dalla classe media poiché la crisi economica e la disoccupazione di massa aveva innescato la concorrenza per i posti di lavoro malpagati che erano prima destinati ai neri. (Alexander, Michelle. A nova segregação: racismo e encarceramento em massa. São Paulo: Boitempo, 2018.Alexander , p. 91).
[*13]- Kirchheimer e Rusche, Punição e estrutura social, p. 247.


fonte: Blog da Consequência

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