sabato 27 ottobre 2018

Alla frontiera del capitalismo

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Bolsonarismo e "Capitalismo di Frontiera"
- di Daniel Cunha -

« Il senso dell'evoluzione brasiliana ... viene ancora stabilito per mezzo di quel suo carattere iniziale di colonizzazione» (Caio Prado Jr.)

L'ascesa di Jair Bolsonaro e la sua agenda politica che mescola ultra-liberismo insieme a razzismo, misoginia, omofobia, xenofobia e militarismo (i include anche l'apologia della dittatura e della tortura) ha provocato allo stesso tempo sia inquietudine politica che impotenza teorica. Da un lato, viene fatta la necessaria denuncia, insieme alle prove di mobilitazione antifascista e all'altrettanto necessaria campagna di mobilitazione guidata dalle donne; dall'altro, emergono le relazioni con il fascismo storico e con le altre figure politiche contemporanee, come Trump negli Stati Uniti, Orban in Ungheria e Erdogan in Turchia. Ma tuttavia questi avvicinamenti rimangono poco tematizzati. La "coscienza democratica" chiarisce a sé stessa che "lui" è inaccettabile, ma questa stessa coscienza rimane a livello diffuso e senza che venga svolta un'ulteriore elaborazione concettuale. Per poter andare al di là delle relazioni superficiali bisogna che fenomeni come il bolsonarismo vengano collocati in una prospettiva storico-mondiale, localizzandoli nella traiettoria della modernità capitalista e nella sua posizione periferica brasiliana.
Qui, faccio uso di un concetto socio-storico che chiamerò "capitalismo di frontiera", ispirato al concetto di "frontiera delle merci" di Jason W. Moore [*1]. Le Frontiere delle Merci sono il risultato dell'incorporazione di aree e settori che erano precedentemente "esterni" all'economia globale capitalista. Una tale incorporazione viene generalmente motivata dalla presenza di risorse (miniere, terreni naturalmente fertili, ecc.) e, di solito, a causa del fatto di trovarsi sul confino, è carente di forza lavoro, la quale dev'essere dislocata in quel luogo. Da qui, la sua relazione strutturale con il lavoro schiavistico, o analogo alla schiavitù. E' questo il caso brasiliano; infatti, questa configurazione è costitutiva del Brasile in quanto società moderna del suo "senso della colonizzazione", come lo ha ben descritto Caio Prado Jr.: la piantagione di canna da zucchero in quanto capitolo dell'espansione del capitale commerciale europeo, con la produzione basata sull'appropriazione della fertilità naturale del suolo (massapé) e destinata al mercato mondiale; la produzione basata sul lavoro degli schiavi, che ha come prerequisito la precedente espulsione (o lo sterminio) dei precedenti abitanti di quell'area di frontiere (indigeni, flora, fauna) [*2]. Nasciamo già con un progetto commerciale schiavista/sterminatore. Lo schema si è ripetuto con i cicli dell'oro e del caffè. Qui abbiamo già visto che il razzismo e lo sterminio sono strutturali e fondanti della nostra configurazione di capitalismo di frontiera. L'indipendenza che ha consegnato il comando all'erede del colonizzatore, l'Abolizione successiva del continente, le repubbliche tipo "caffellatte" e le "amnistie" per i dittatori ed i torturatori non hanno affatto concorso al fine di cambiare radicalmente queste fondamenta.
A partire dall'industrializzazione iniziata in Europa, una volta che il sistema globale capitalista comincia a funzionare sulle proprie basi (produzione industriale basata sul plusvalore relativo),  la frontiera svolge quello che è il suo ruolo sistemico rafforzato. La tendenza sistemica ad aumentare la composizione organica del capitale (sostituzione dei lavoratori con il macchinario) implica la tendenza alla caduta del saggio di profitto, come è stato dimostrato da Marx. Il capitale impiega varie strategie sistemiche per contrastare la tendenza alla caduta del saggio di profitto; la più immediata è quella che aumenta il tasso di sfruttamento del lavoro. La stessa espansione sistemica promossa dall'aumento della produttività assorbe nuove masse di forza lavoro. Ma un meccanismo poco citato è quello della svalutazione del capitale circolante (materie prime). Qui, la frontiera ha un ruolo cruciale: il capitale circolante a buon mercato viene prodotto per mezzo dell'appropriazione della natura "vergine", usando preferibilmente il lavoro degli schiavi o lavoro analogo alla schiavitù. I terreni naturalmente fertili che non richiedo fertilizzazione artificiale, le nuove miniere con i loro minerali ad elevata purezza che riducono al minimo la necessità di lavorazione. Pertanto, la frontiera è mobile, è una zona di appropriazione in costante espansione, ed esercita quindi un ruolo di "ammortizzazione" della tendenza della caduta del saggio di profitto [*3].
Se andiamo avanti ed arriviamo al XXI secolo, vediamo che viviamo sotto quello che Moishe Postone ha chiamato "anacronismo del valore" [*4]. Come è stato anticipato da Marx nei Grundrisse, la composizione organica del capitale raggiunge un livello tale che il valore, o il tempo di lavoro socialmente necessario, diventa una base che si rivela insufficiente per riuscire a misurare la ricchezza materiale [*5]. Questo è il limite assoluto del modo di produzione capitalista, che si sviluppa come processo di crisi i cui effetti vanno dalla disoccupazione strutturale alla "favelizzazione" globale, dalla finanziarizzazione all'inselvaggimento del patriarcato, dal rafforzarsi del razzismo strutturale all'aggravamento della crisi ecologica [*6]. Robert Kurz ha individuato questo "punto di svolta" nella "rivoluzione microelettronica" a partire dagli anni '70, quando le razionalizzazione dei sistemi produttivi (automazione computerizzata, ecc.) cominciano ad eliminare più lavoro vivo di quanto ne venga generato dall'espansione del sistema [*7]. Questo "punto di svolta" è stato caratterizzato da una costellazione di eventi, come il collasso di Bretton Woods, la caduta del muro di Berlino e dei regimi dell'Est, la crisi del debito nei paesi del Terzo Mondo. Avviene, se Kurz ha ragione, che a questo punto la "modernizzazione" brasiliana (e quella dei paesi del "Terzo Mondo" in generale) era ancora incompleta. Si tratta del "collasso della modernizzazione", la fine di quelli che erano i progetti della "modernizzazione ritardataria", generalmente guidati da delle dittature che accompagnano con mano di ferro lo sviluppo delle forze produttive. Da allora, abbiamo una società "post-catastrofica" in una economia globale capitalista che che cominciava a girare a vuoto [*8]. "Post-catastrofica" e modernizzata solo in parte, va sottolineato che non ha una formazione completa di classe, di istituzioni e di democrazia di massa come quella dei paesi centrali; qui, né il "proletariato", né tantomeno il "cittadino" sono stati pienamente accumulati. Razzismo, violenza strutturale sterminatrice, "mandonismo" [N.d.T.: brasilerismo per "prepotenza"] e capriccio anti-repubblicano [che vanno al di là delle loro più ovvie forme militariste, come ad esempio nel sistema giudiziario e nel perseguimento penale), rimangono non in quanto meri "preconcetti"  o "privilegi" idiosincratici, ma come elementi strutturanti di una società schiavistica di frontiera solo parzialmente superati. In questo contesto di crisi, avviene quello che è l'inselvaggimento della necessità del capitale circolante a buon mercato al fine di modulare la composizione organica di capitale. Più che mai, l'avanzamento alle frontiere delle merci è vitale per il proseguimento dell'accumulazione. Il "collasso della modernizzazione", combinato con questa necessità sistemica, si traduce in questo ruolo svolto dal Brasile rispetto alla divisione internazionale del lavoro: quello di un'immensa frontiera delle merci sempre più de-industrializzata. Si tratta di una posizione periferica e subalterna, ma cruciale. La frontiera della soia è legata alla produzione di cibo per la forza lavoro cinese e, pertanto, alla continuità del basso costo di tale forza lavoro; la produzione cinese finalizzata all'esportazione, a sua volta, si coniuga con l'indebitamento statunitense, in un "circuito del debito" nel quale la Cina compra i titolo del debito USA, i quali finanziano l'esportazione delle proprie merci. Il minerale di ferro è fondamentale per l'espansione urbana cinese, sebbene nel concreto finisca in città-fantasma (e distrugga Mariana e Rio Doce a causa delle fluttuazioni dei prezzi dovute al taglio dei costi). Questo circuito Cina-Stati Uniti-Brasile che collega frontiere di merce brasiliane, manodopera cinese a basso costo ed indebitamento americano è stato centrale per la continuità della "normalità capitalista" negli ultimi 20 anni, ma in ultima analisi si basa sulla bolla di capitale fittizio (montagne di debiti e di cartaccia) [*9]. E' stato in questo scenario di boom delle merci che i governi del Partito dei Lavoratori hanno potuto attuare politiche sociali di redistribuzione senza alcun cambiamento strutturale nella società brasiliana, sulla linea del flusso di capitali cinesi, alleandosi al business del settore agrario, al settore finanziario e persino alla tribuna evangelica. Un sistema di "gestione della crisi" che promuoveva la "introduzione al consumo" e che poteva solo essere precario e provvisorio, come è poi diventato chiaro in seguito [*10].
Lo scoppio della bolla immobiliare avvenuto nel 2018, tuttavia, ha finito per rovinare loro la festa. L'indebitamento cinese potrebbe ancora riuscire a prolungare il boom delle materie prime per qualche tempo, ma inevitabilmente è arrivato il declino. Questo, in Brasile, si è tradotto nell'instabilità politica, dove la classe media, esclusa dall'accordo legittimante del governo dei Partito dei Lavoratori, è scesa in piazza chiedendo l'impeachment, messa su da dei media oligopolistici e da un potere giudiziario senza alcun controllo popolare e ideologizzato [*11]. Poco prima, la disastrosa reazione tecnocratica dell'allora sindaco di San Paolo, ed attuale candidato alla presidenza, Fernando Haddad, rispetto alle proteste del giugno 2013, dapprima accompagnata da richieste progressiste, ha finito per gettare le manifestazioni fra le braccia del conservatorismo [*12]. La legittimità del governo di Dilma Rousseff, fra coloro che avrebbero potuto difenderla, è stata mortalmente ferita a causa della sua disastrosa opzione per un aggiustamento fiscale neoliberista promosso dal "Chicago Boy" Joaquim Levy. Il golpe (formalmente, impeachment) ha coinciso con il minimo dei prezzi delle materie prime. Il golpe ha significato un approfondimento ed un'accelerazione del processo di rapina, ora non più limitato da nessun accordo conciliatore. In breve, Michel Temer ha trattato per ridurre il prezzo della manodopera, vendere e tagliare i servizi pubblici.
Questo contesto di crisi economica e di legittimità del Partito dei Lavoratori (identificato come sinistra in generale), amplificata a partire dagli "scandali della corruzione" spinti dalla "delazione premiata" e dal "dominio di fatto", dal sabotaggio da parte del PSDB [Partito della Socialdemocrazia Brasiliano], dal bombardamento mediatico , dall'agitazione dei giovani "think tanks" e degli ideologhi paranoici (MBL, Olavo de Carvalho, Reinaldo Azevedo) era il brodo di cultura in cui cresceva il bolsonarismo [*13].
Bolsonaro mobilita quelli che sono i cliché tipici dei populisti di estrema destra in tempi di crisi economica: razzismo, militarismo, misoginia, xenofobia, omofobia, anti-comunismo, anti-intellettualismo ("scuola dei senza partito") sono tutti modelli di serie dei leader fascisti. Se l'antisemitismo appare essere residuale, le teorie del complotto vengono presentate come se fossero mirabolanti piani di "dominio comunista", come nel caso del delirio a proposito del dominio del Partito dei Lavoratori. Più insolito appare l'ultra-liberismo, rappresentato dal suo assessore economico Paulo Guedes, coniugato con l'autoritarismo militarista del suo candidato alla vice presidenza, il generale Mourão. Ma qui non c'è niente di inconsistente: si tratta della sistemazione ideale per il capitalismo di crisi in un paese periferico che è relegato alla condizione di frontiera delle merci del mercato mondiale, poiché si accumula nelle favelas una massa immensa ed esplosiva di superflui, che ha bisogno di essere contenuta - da qui il senso della "guerra ai vagabondi" della militarizzazione e della sicurezza pubblica [*14]. Non meraviglia che frazioni della borghesia appoggino la candidatura di Bolsonaro, importandogliene ben poco delle apparenze civilizzatrici; essi sono i successori storici dei moderni proprietari si schiavi che hanno forgiato l'ideologia liberal-schiavista [*15] . Ma quella che qui appare è anche un'importante differenza riguardo al fascismo storico: mentre quest'ultimo aveva un ruolo di modernizzazione come «sistema di mobilitazione totale del lavoro industriale», fenomeni come quello del bolsonarismo rappresentano innanzitutto una mobilitazione totale ai fini della rapina delle frontiere delle merci, ed il contenimento militarizzato dei non-redditizi. Non c'è alcuna pretesa di irreggimentazione di massa del lavoro [*16]. In un simile contesto di «aspettative decrescenti», emergono meccanismi tradizionali di disumanizzazione dell'«altro», del non-redditizio, di quelli delle favelas, di chi è escluso dai sistemi di protezione sociale: razzismo, elitarismo e circuiti di affetti reazionari [*17]. A tutto questo, si unisce una specifica componente ideologica, evidenziata da alcuni studiosi: l'emergere di un'ideologia suprematista anti-indigena e anti-quilombo [*18]. «Quilombo, indios, gay, lesbiche, tutto ciò che non va bene», ha detto Luiz Carlos Heinze [N.d.T.: del Partito Progressista] nel corso di un incontro pubblico con gli agricoltori, e Bolsonaro assicura che «il Quilombo non serve nemmeno alla procreazione» e che non prenderà più possesso di alcun terreno, mentre il suo vice Mourão si rammarica per l'«indolenza» e la «delinquenza» del «negro» e dell'«indigeno» [*19]. Avviene che molte terre degli indigeni e dei quilombo limitano e si trovano sulla strada dell'espansione della frontiera della soia e dell'estrazione mineraria [*20]. Assai più che intralciare il cammino dei fazendeiro e delle miniere private, si trovano sulla strada di un importante meccanismo di ammortizzazione dell'aumento della composizione organica del capitale, e quindi della continuità dell'accumulazione capitalista globale. Lungi dall'essere un mero «preconcetto» soggettivo contro gli indigeni, si tratta di una coagulazione ideologica degli interessi immediati dei suoi agenti, nella configurazione attuale del capitalismo di crisi, e in una radicata eredità storica di sterminio. Qui l'apologia bolsonarista delle armi da fuoco, si riferisce non solo al militarismo della dittatura, ma anche al «capitalismo di frontiera» degli scout che nel Mato Grosso assassinano gli indios. Nel 2017, sono state assassinate 207 persone nel contesto di conflitti per la terra, o ambientali [*21]. Insieme a quello svolto nella favela, è questo il ruolo della milizia nel «capitalismo di frontiera». Anche sotto questo aspetto, il bolsonarismo si differenzia dalla versione brasiliana del movimento fascista storico (integralismo), che nel suo progetto di «nazione» immaginaria cercava di «includere» i neri e gli indigeni (debitamente «evangelizzati»), usando anche il saluto ufficiale, in lingua tupi, «Anauê» [*22].
Il bolsonarismo ha degli elementi in comune con il fascismo storico, ma non coincide con esso. Il passaggio da «il lavoro rende liberi» (slogan nazista) a «l'unico bandito buono è il bandito morto» ed a «questo rappresenta tutto quello che fa schifo» è lo specchio ideologico di quello che rappresenta il passaggio dall'ascesa al declino dell'economia globale capitalista. La sua forza come ideologia sembra risiedere nel fatto che coniughi le necessità del capitalismo di crisi contemporaneo - sia per quel che si riferisce all'accumulazione in sé, sia quello che fa riferimento ai processi ideologici - con gli elementi profondi e costitutivi della socialità e della costituzione del soggetto nel «capitalismo di frontiera» brasiliano; elementi che non sono mai stati del tutto superati nella nostra modernizzazione tronca. Perciò, il bolsonarismo rompe con la «gestione della crisi» petista [N.d.T.: del Partito dei Lavoratori], assumendo così una certa aria «contestatrice», ma che sostanzialmente propone nient'altro che rapina e repressione. In questa configurazione storica, il bolsonarismo, o qualche suo succedaneo, perfino perdendo le elezioni, tenderà a rafforzarsi, qualora la sinistra insista a percorrere lo storico vicolo senza uscita della «gestione della crisi».

- Daniel Cunha - Pubblicato il 4 ottobre 2018 su Blog da Consequência -

NOTE:.

[*1] - Moore (2000). Il concetto di «frontiera delle merci» deriva dalla teoria della riproduzione allargata del capitale, elaborata da Marx nel II Volume de Il Capitale, e discussa da Rosa Luxemburg.
[*2] - Prado Jr. (1942-2015).
[*3] - Moore (2015).
[*4] - Postone (2017).
[*5] - Nel famoso «frammento sulle macchine».
[*6] - Sull'inselvaggimento del patriarcato, elemento essenziale del bolsonarismo, si veda Scholz (2017). Scholz ha svolto un ampio lavoro sul tema del capitalismo e del patriarcato.
[*7] - Kurz (1986/2018).
[*8] - Kurz (1992).
[*9] - Sul circuito del debito Stati Uniti - Cina, si veda Kurz (2007/2017).
[*10] - Sul Partito dei Lavoratori, visto come «gestore della crisi», si veda Menegat e Sinal de Menos (2018).
[*11] - Sulla crisi del «patto sociale» brasiliano si veda Barreira e Botelho) (2015).
[*12] - Sull'ascesa del conservatorismo, già visibile a partire dal 2013, si veda Duarte (2013), Marques (2013), e Behrens e Sinal de Menos (2013).
[*13] - Sorprendentemente, il sabotaggio del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana) è stato ammesso da Tasso Geiressati in un'intervista al quotidiano O Estado de São Paulo, disponibile su https://politica.estadao.com.br/noticias/eleicoes,nosso-grande-erro-foi-ter-entrado-no-governo-temer,70002500097
[*14] - Cfr. Botelho (2018)
[*15] - Sui liberali schiavisti si veda Bosi (1988) e Schwarz (2000/1977).
[*16] - Sul ruolo modernizzatore del nazi-fascismo si veda Kurz.
[*17] - Sull'«era delle aspettative decrescenti» si veda Arantes (2014). Sui «modi di vita» e sulla «circolazione degli affetti» nel processo di crisi attuale, si veda Safatle (2018).
[*18] - Si veda la pagina «De olho nos ruralistas», nella quale si svolge un sondaggio sul discorso anti-indigeni e anti-quilombos su:  https://www.facebook.com/deolhonosruralistas/
[*19] - Secondo un reportage del quotidiano  Estado de São Paulo: https://politica.estadao.com.br/noticias/eleicoes,mourao-liga-indio-a-indolencia-e-negro-a-malandragem,70002434689 .
[*20] - Si veda la mappa delle aree minerarie che si sovrappongono alle terre indigene su https://www.nexojornal.com.br/grafico/2017/04/19/Quais-%C3%A1reas-ind%C3%ADgenas-as-mineradoras-querem-explorar .
[*21] - Si veda il reportage della BBC: https://www.bbc.com/portuguese/brasil-44933382 .
[*22] - Cfr. Silva (2005).

BIBLIOGRAFIA:

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Barreira, Marcos e Botelho, Maurílio (2015). A implosão do “Pacto Social” brasileiro. Disponível em http://www.krisis.org/2016/a-imploso-do-pacto-social-brasileiro/

Behrens, Roger e Sinal de Menos (2013). “Os sentidos da revolta.” Sinal de Menos, edição especial “Os sentidos da revolta”: 7-14. Disponível em http://www.sinaldemenos.org

Bosi, Alfredo (1988). “A escravidão entre dois liberalismos.” Estudos Avançados 2(3): 4-39.

Botelho, Maurílio (2018). “Guerra aos vagabundos: sobre os fundamentos sociais da militarização em curso”. Blog da Boitempo. Disponível em: https://blogdaboitempo.com.br/2018/03/12/guerra-aos-vagabundos-sobre-os-fundamentos-sociais-da-militarizacao-em-curso/

Duarte, Cláudio R. (2013). “O gigante que acordou – ou o que resta da ditadura? Protofascismo, a doença senil do conservadorismo.” Sinal de Menos, edição especial “Os sentidos da revolta”: 34-54. Disponível em http://www.sinaldemenos.org

Kurz, Robert (1992). O colapso da modernização: da derrocada do socialismo de caserna à crise da economia mundial. Trad. K. E. Barbosa. Rio de Janeiro: Paz e Terra.

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Kurz, Robert (s. d.) Die Demokratie frisst ihre Kinder: Bemerkungen zum neuen rechts Radikalismus. Disponível em: https://exit-online.org/textanz1.php?tabelle=autoren&index=29&posnr=49&backtext1=text1.php

Marques, Paulo (2013). “A revolta e seu duplo: entre a revolta e o espetáculo”. Sinal de Menos, edição especial “Os sentidos da revolta”: 55-79. Disponível em http://www.sinaldemenos.org

Menegat, Marildo e Sinal de Menos (2018). “Entrevista”. Sinal de Menos 12(2): 8-19.

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Moore, Jason W. (2015). “Nature in the limits to capital (and vice versa).” Radical Philosophy 193: 9-19.

Postone, Moishe (2017). “The current crisis and the anachronism of value.” Continental Thought & Theory 1(4): 38-54. Tradução a ser publicada em Sinal de Menos 13.

Prado Jr., Caio (2015/1942). Formação do Brasil contemporâneo: colônia. São Paulo: Companhia das Letras.

Safatle, Vladimir (2018). “Há um golpe militar em curso no Brasil hoje”. TV Boitempo. Palestra disponível em https://www.youtube.com/watch?v=BwLg13hSkRk

Scholz, Roswitha (2017). “O ódio às mulheres está a novamente a aumentar.” Entrevista à revista Konkret. Trad. B. Antunes. Disponível em: http://www.obeco-online.org/roswitha_scholz26.htm

Schwarz, Roberto (2000/1977). “As ideias fora do lugar.” In Ao vencedor as batatas, p. 9-32. São Paulo: Editora 34.

Silva, Rogério S. (2005). “A política como espetáculo: a reinvenção da história brasileira e a consolidação dos discursos e das imagens integralistas na revista Anauê!” Revista Brasileira de História 25(50): 61-95.


fonte: Blog da Consequência

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