sabato 22 marzo 2025

Dallo Stato Sociale allo Stato di Guerra !!

Dal Welfare al Warfare: keynesismo militare
- di Michael Roberts -

In Europa, il "guerrafondaismo" è arrivato al suo culmine.Tutto è cominciato con gli Stati Uniti che, sotto la presidenza di Trump, hanno deciso che non vale la pena spendere soldi per proteggere militarmente le capitali europee dai potenziali nemici. Trump vuole impedire che gli Stati Uniti paghino la più parte del finanziamento della NATO - la quale fornisce la propria potenza militare - e inoltre vuole mettere fine al conflitto Russia-Ucraina, in modo da poter così concentrare la strategia imperialista degli Stati Uniti sull'emisfero occidentale e sul Pacifico, con l'obiettivo di "contenere" e indebolire l'ascesa economica della Cina. La strategia di Trump ha gettato nel panico le élite dominanti europee, improvvisamente preoccupate che l'Ucraina perda contro le forze russe, e che pertanto tra non molto Putin sarà ai confini della Germania o - come sostengono sia il premier britannico Keir Starmer che un ex capo dell'MI5, sarà «per le strade della Gran Bretagna». Qualunque possa essere la validità di questo presunto pericolo, si è venuta però a creare l'opportunità, per i militari e i servizi segreti europei, di "alzare la posta" e chiedere così la fine di quei cosiddetti "dividendi di pace" che avevano avuto inizio dopo la caduta della temuta Unione Sovietica, e in tal modo avviare ora il processo di riarmo.  Kaja Kallas, alta rappresentante della politica estera dell'UE, ha spiegato il modo in cui vede la politica estera dell'UE: «Se insieme non siamo in grado di esercitare abbastanza pressione su Mosca, allora come possiamo affermare di poter sconfiggere la Cina?» Per riarmare il capitalismo europeo, sono stati offerti diversi argomenti: Bronwen Maddox, direttrice di Chatham House, il "think-tank" per le relazioni internazionali che rappresenta principalmente le opinioni dello stato militare britannico, se n’é venuto fuori con l'affermazione che «la spesa per la "difesa" è il più grande beneficio pubblico per tutti, poiché essa è necessaria per la sopravvivenza della "democrazia" contro le forze autoritarie». Ma c'è un prezzo da pagare per difendere la democrazia: «il Regno Unito potrebbe dover prendere in prestito di più per poter pagare le spese per la difesa di cui ha così urgente bisogno. Nel prossimo anno e oltre, i politici dovranno prepararsi a recuperare denaro per mezzo di tagli ai sussidi di malattia, alle pensioni e all'assistenza sanitaria». E ha continuato: «Se ci sono voluti decenni per accumulare tutta questa spesa, potrebbero volerci decenni anche per invertire la rotta», pertanto la Gran Bretagna deve andare avanti. Presto, Starmer dovrà indicare una data entro la quale il Regno Unito raggiungerà il 2,5% del PIL da destinare alle spese militari; e si ode già un coro che sostiene che questa cifra deve essere ancora più alta. Quindi, alla fine, «i politici dovranno convincere gli elettori a rinunciare ad alcuni dei loro benefici per pagare la difesa». Martin Wolf, il guru economico liberale keynesiano del Financial Times, si è lanciato in un: «la spesa per la difesa dovrà aumentare in maniera sostanziale. Si noti come, negli anni '70 e '80, essa fosse il 5% del PIL del Regno Unito, se non di più. Potrebbe anche non essere necessario che a lungo termie si arrivi a quei livelli: la Russia moderna non è l'Unione Sovietica. Tuttavia, nella fase di preparazione, potrebbe essere necessario che sia così alto, soprattutto se gli Stati Uniti si ritirano».

Come fare a pagare per tutto questo? «Se la spesa per la difesa deve essere permanentemente più alta, le tasse devono aumentare, a meno che il governo non riesca a trovare da fare tagli sufficienti alla spesa, il che è dubbio». Ma non preoccupatevi, la spesa per carri armati, truppe e missili è in realtà vantaggiosa per un'economia, dice Martin Wolf. «Il Regno Unito può anche realisticamente aspettarsi dei ritorni economici sui suoi investimenti nella difesa. Storicamente, le guerre sono state la madre dell'innovazione». Cita poi i meravigliosi esempi delle conquiste che Israele e Ucraina hanno ottenuto grazie alle loro guerre: «L'"economia di avvio" di Israele è iniziata a partire dal suo esercito. E ora gli ucraini hanno rivoluzionato la guerra dei droni». Non menziona il costo umano dell'innovazione causata dalla guerra. Wolf poi continua: «Il punto cruciale, tuttavia, è che la necessità di spendere molto di più per la difesa, dovrebbe essere visto come qualcosa di più di una semplice necessità, e anche più di un semplice costo, sebbene entrambe le cose siano vere. Se fatta nel modo giusto, è anche un'opportunità economica». Quindi la guerra sarebbe la via d'uscita dalla stagnazione economica! Wolf urla che la Gran Bretagna deve andare avanti: «Se gli Stati Uniti non sono più un sostenitore e un difensore della democrazia liberale, l'unica forza potenzialmente abbastanza forte da colmare il divario, è l'Europa. Se gli europei vogliono avere successo in questo difficile compito, devono iniziare a mettere in sicurezza la loro casa. La loro capacità di farlo dipenderà a sua volta dalle risorse, dal tempo, dalla volontà e dalla coesione ..... Indubbiamente, l'Europa può aumentare sostanzialmente la sua spesa per la difesa». Wolf ha sostenuto che dobbiamo difendere i decantati "valori europei" della libertà personale e della democrazia liberale. «Farlo sarà economicamente costoso e persino pericoloso, ma necessario... perché "l'Europa ha "quinte colonne" un po' dappertutto». Ha concluso dicendo che «se l'Europa non si mobilita rapidamente per la propria difesa, la democrazia liberale potrebbe naufragare del tutto. Oggi sembra tutto un po' come negli anni '30. Questa volta, ahimè, però gli Stati Uniti sembrano trovarsi dalla parte sbagliata». "Conservatore progressista", l'editorialista del Financial Time Janan Ganesh lo ha detto senza mezzi termini: «Per costruire uno stato di guerra, l'Europa deve tagliare il suo stato sociale. Senza tagli alla spesa sociale, non c'è modo di difendere il continente». Ha chiarito che le conquiste che i lavoratori hanno fatto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale - ma che poi sono state gradualmente ridotte negli ultimi 40 anni - ora devono essere completamente eliminate. «La missione ,ora, è quella di difendere la vita dell'Europa. In che modo si può finanziare un continente meglio armato, se non attraverso uno stato sociale più piccolo?» L'età dell'oro dello stato sociale del dopoguerra non è più possibile. «Chiunque abbia meno di 80 anni e abbia trascorso la propria vita in Europa, può essere scusato per aver considerato l'esistenza di un gigantesco stato sociale come se fosse quello il modo naturale di vita. In verità, esso è stato il prodotto di strane circostanze storiche, che hanno prevalso nella seconda metà del XX secolo, e che ora non esistono più». Sì, esatto, le conquiste per i lavoratori nell'età dell'oro erano l'eccezione alla norma nel capitalismo ("strane circostanze storiche"). Ma ora «le passività pensionistiche e sanitarie, sarebbero state comunque abbastanza difficili da mantenere nei confronti della popolazione attiva, anche prima dell'attuale shock della difesa..... I governi dovranno essere più avari con i vecchi. Oppure, se ciò è impensabile dato il loro peso elettorale, la lama dovrà cadere sulle aree di spesa più produttive ... In ogni caso, lo stato sociale così come lo abbiamo conosciuto deve arretrare un bel po': non abbastanza da non chiamarlo più con quel nome, ma abbastanza da far male». Ganesh, un vero conservatore, vede il riarmo come un'opportunità per il capitale di fare tutte le necessarie riduzioni del welfare e dei servizi pubblici. «I tagli alla spesa, sono più facili da vendere per mezzo della difesa, piuttosto che a partire da una nozione generalizzata di efficienza. Tuttavia, non è questo lo scopo della difesa, e i politici devono insistere su questo punto. Lo scopo è la sopravvivenza».

Quindi il cosiddetto "capitalismo liberale", ora  ha bisogno di sopravvivere, e questo significa tagliare gli standard di vita dei più poveri, e spendere soldi per andare in guerra. Dallo Stato sociale allo Stato di guerra. Il primo ministro polacco Donald Tusk, ha fatto un altro salto di qualità in quella che è la guerra guerrafondaia. Ha detto che la Polonia «deve raggiungere quelle che sono le possibilità più moderne anche in relazione alle armi nucleari, e alle moderne armi non convenzionali». Possiamo presumere che "non convenzionale" significasse armi chimiche? Tusk: «Lo dico con piena responsabilità, non basta acquistare armi convenzionali, quelle più tradizionali». Così, quasi ovunque in Europa, la richiesta è quella di aumentare la spesa per la "difesa" e per il riarmo. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto un piano per riarmare l'Europa che mira a mobilitare fino a 800 miliardi di euro per finanziare un massiccio aumento della spesa per la difesa. «Siamo in un'epoca di riarmo, e l'Europa è pronta ad aumentare massicciamente la sua spesa per la difesa, sia per rispondere all'urgenza a breve termine di agire e sostenere l'Ucraina, ma anche per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi maggiori responsabilità per la nostra sicurezza europea», ha affermato. In base a una "clausola di salvaguardia di emergenza", la Commissione europea chiederà un aumento della spesa per gli armamenti, anche se questo viola le regole fiscali esistenti. A tutto ciò si aggiungeranno i fondi COVID non utilizzati (90 miliardi di euro) e ci saranno ulteriori prestiti grazie a un “nuovo strumento” che fornirà 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per finanziare investimenti congiunti nel settore della difesa, in capacità paneuropee, tra cui la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le munizioni, i droni e i sistemi anti-drone. Von der Leyen ha affermato che se i paesi dell'UE riuscissero ad aumentare in media la spesa per la difesa dell'1,5% del PIL, nei prossimi quattro anni potrebbero essere liberati 650 miliardi di euro. Ma non ci sarebbero però dei finanziamenti supplementari per gli investimenti, per i progetti infrastrutturali o per i servizi pubblici, dato che  l'Europa deve dedicare le proprie risorse alla preparazione della guerra. Allo stesso tempo, come ha scritto il FT, il governo britannico «sta compiendo una rapida transizione dal verde al grigio delle corazzate, ponendo la difesa al centro di quello che sarà il suo approccio alla tecnologia e alla produzione». Starmer ha annunciato un aumento della spesa per la difesa al 2,5% del PIL entro il 2027, con l'ambizione di raggiungere il 3% entro il 2030. Il ministro delle finanze britannico Rachel Reeves - che in questi ultimi tempi ha costantemente tagliato la spesa per i crediti per i figli, i pagamenti invernali per gli anziani e i sussidi di invalidità - ha annunciato che il mandato del nuovo National Wealth Fund del governo laburista sarebbe stato modificato in modo da consentirgli di investire nella difesa. I produttori di armi britannici sono in difficoltà.  «Se si lascia da parte l'etica relativa alla produzione di armi, che scoraggia alcuni investitori, la difesa intesa come strategia industriale presenta molti aspetti positivi», ha detto un amministratore delegato. In Germania, il cancelliere eletto del nuovo governo di coalizione, Friedrich Merz, ha fatto approvare dal parlamento tedesco una legge per porre fine al cosiddetto "freno fiscale", il quale rendeva illegale, per i governi tedeschi, prendere in prestito oltre un limite rigoroso, oppure aumentare il debito per pagare la spesa pubblica. Ma ora la spesa militare in deficit ha la priorità su ogni altra cosa, diventa così l'unico bilancio senza limiti. L'obiettivo di spesa per la difesa, farà impallidire il deficit di spesa disponibile per il controllo del clima e per quelle infrastrutture delle quali c'è un disperato bisogno. La spesa pubblica annuale dovuta al nuovo pacchetto fiscale tedesco, sarà maggiore del boom di spesa occorso con il Piano Marshall del dopoguerra, e con la riunificazione tedesca nei primi anni '90. Questo mi porta agli argomenti economici a favore della spesa militare. La spesa militare potrebbe far ripartire un'economia bloccata a causa di una depressione, come quella di gran parte dell'Europa dalla fine della Grande Recessione nel 2009? Alcuni keynesiani pensano di sì. Il produttore tedesco di armi Rheinmetall sostiene che la fabbrica inattiva di Osnabrück della Volkswagen potrebbe essere un candidato privilegiato per la conversione alla produzione militare. L'economista keynesiano Matthew Klein, coautore con Michael Pettis di Trade Wars are Class Wars, ha accolto questa notizia: «La Germania sta già costruendo carri armati. Li incoraggio a costruire molti altri carri armati». La teoria del "keynesismo militare" ha una sua storia. Una variante è stata quella relativa al concetto di "economia degli armamenti permanenti", il quale venne sposato da alcuni marxisti al fine di spiegare perché le principali economie non fossero entrate in una depressione dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; mentre invece erano entrate in un lungo boom, con solo delle lievi recessioni, che poi è durato fino alla crisi internazionale del 1974-75. Questa "età dell'oro" poteva essere spiegata solo a partire da una spesa militare permanente, attuata al fine di mantenere la domanda aggregata, e sostenere la piena occupazione. Ma le prove di questa teoria del boom del dopoguerra non ci sono. La spesa militare del governo britannico, scese da oltre il 12% del PIL nel 1952, fino a circa il 7% nel 1960 per poi diminuire negli anni '60 e raggiungere circa il 5% entro la fine del decennio. Eppure, allora  l'economia britannica è andata meglio che in qualsiasi altro momento. In tutti i paesi capitalisti avanzati, alla fine degli anni '60 rispetto ai primi anni '50, la spesa per la difesa era solo una frazione, sostanzialmente inferiore, della produzione totale: dal 10,2% del PIL, nel 1952-53 al culmine della guerra di Corea; a solo il 6,5% nel 1967. Eppure la crescita economica, più o meno negli anni '60 e nei primi anni '70, è stata sostenuta. Il boom del dopoguerra, non è stato il risultato di una spesa pubblica per gli armamenti fatta in stile keynesiano, ma si spiega con l'alto tasso di redditività del dopoguerra, rispetto al capitale investito dalle principali economie. Semmai, è stato il contrario. Poiché le principali economie stavano crescendo in modo relativamente veloce, e la redditività era elevata, i governi potevano permettersi di sostenere le spese militari, viste in quanto parte del loro obiettivo geopolitico della "guerra fredda", fatte per indebolire e schiacciare l'Unione Sovietica, l'allora principale nemico dell'imperialismo.

E soprattutto, il keynesismo militare è contrario agli interessi dei lavoratori e dell'umanità. Siamo favorevoli alla produzione di armi per uccidere le persone al fine di creare posti di lavoro? Questo argomento, spesso promosso da alcuni leader sindacali, antepone il denaro alla vita. Keynes una volta disse: «Il governo dovrebbe pagare le persone per scavare buche nel terreno per poi riempirle». La gente rispondeva. «È stupido, perché non pagare invece le persone per costruire strade e scuole?» Keynes rispondeva dicendo: «Bene, allora pagateli per costruire scuole. Il punto è che non importa quello che fanno, purché il governo crei posti di lavoro». Keynes si sbagliava. Importa, e come. Il keynesismo sostiene lo scavo di buche, e il loro riempimento, per creare posti di lavoro. Il keynesismo militare sostiene lo scavo di tombe, e il loro riempimento di corpi, per creare posti di lavoro. Se non importa come vengono creati i posti di lavoro, allora perché non aumentare drasticamente la produzione di tabacco, e promuovere la dipendenza a partire dalla creazione di posti di lavoro? Oggi, la maggior parte delle persone si opporrebbe a questo, vendendolo come direttamente dannoso per la salute delle persone. Anche la produzione di armi (convenzionali e non convenzionali) è direttamente dannosa. E ci sono molti altri prodotti e servizi socialmente utili che potrebbero invece fornire posti di lavoro e salari ai lavoratori (come scuole e case). Recentemente, il ministro della Difesa del governo britannico, John Healey, ha insistito sul fatto che l'aumento del budget per gli armamenti «farebbe della nostra industria della difesa, il motore della crescita economica di questo paese». Grandi notizie! Sfortunatamente per Healey, l'associazione di categoria dell'industria degli armamenti del Regno Unito (ADS) stima che il Regno Unito abbia circa 55.000 posti di lavoro nel settore dell'esportazione di armi, e altri 115.000 persone impiegate nel Ministero della Difesa. Anche includendo quest'ultimi, si tratta comunque solo dello 0,5% della forza lavoro del Regno Unito (per i dettagli, si veda il briefing Arms to Renewables di CAAT). Anche negli Stati Uniti, il rapporto è più o meno lo stesso. C'è una questione teorica, che troviamo spesso in discussione nell'economia politica marxista. Si tratta di stabilire se in un'economia capitalista la produzione di armi produca valore. La risposta è sì, per i produttori di armi. Gli appaltatori di armi consegnano beni (armi) che sono stati pagati dal governo. Il lavoro che li produce, pertanto, è produttivo di valore e di plusvalore. Ma a livello di tutta l'economia, la produzione di armi è improduttiva di qualsiasi valore futuro, allo stesso modo in cui lo sono i "beni di lusso" ai fini del solo consumo capitalistico. La produzione di armi e di beni di lusso non rientra nel processo di produzione successivo, né come mezzi di produzione né come mezzi di sussistenza per la classe operaia. Pur essendo produttiva di plusvalore per i capitalisti delle armi, la produzione di armi non è riproduttiva e perciò minaccia la riproduzione del Capitale. Quindi, se in un'economia, l'aumento della produzione complessiva di plusvalore rallenta, e la redditività del capitale produttivo inizia a diminuire, ecco che allora ridurre il plusvalore disponibile per gli investimenti produttivi, al fine di investire invece in spese militari, può danneggiare la "salute" del processo di accumulazione capitalista. Il risultato dipende dall'effetto sulla redditività del capitale. Generalmente, il settore militare ha una composizione organica del capitale che è superiore alla media di un'economia, in quanto incorpora tecnologie che sono all'avanguardia. Quindi il settore degli armamenti tenderebbe a spingere verso il basso il tasso medio di profitto. D'altra parte, se le tasse raccolte dallo Stato (o i tagli alla spesa civile) per pagare la produzione di armi sono elevate, allora la ricchezza che altrimenti potrebbe andare al lavoro può essere distribuita al capitale, e quindi può aumentare il plusvalore disponibile. Le spese militari possono avere un effetto leggermente positivo sui tassi di profitto dei paesi esportatori di armi, ma non di quelli che importano armi. In quest'ultimi, la spesa per l'esercito costituisce una deduzione dai profitti disponibili per gli investimenti produttivi. Nello schema generale delle cose, la spesa per gli armamenti non può essere decisiva per la salute dell'economia capitalista. Viceversa, una guerra totale può aiutare il capitalismo a uscire dalla depressione e dal crollo. Un argomento chiave dell'economia marxista (almeno nella mia versione) è quello secondo cui le economie capitaliste possono riprendersi in maniera duratura solo se la redditività media dei settori produttivi dell'economia aumenta in modo significativo. E questo richiede una sufficiente distruzione del valore del “capitale morto” (accumulazione passata) che non è più redditizio impiegare. Nell'economia statunitense, la Grande Depressione degli anni '30 è durata così a lungo perché la redditività non si è ripresa per tutto il decennio. Nel 1938, il tasso di profitto delle imprese statunitensi era ancora inferiore alla metà di quello del 1929. La redditività riprese solo quando l'economia di guerra fu avviata, a partire dal 1940.

Perciò, non è stato il "keynesismo militare" ad aver portato l'economia degli Stati Uniti fuori dalla Grande Depressione, come alcuni keynesiani amano pensare. La ripresa economica, degli Stati Uniti, dalla Grande Depressione non è iniziata fino allo scoppio della guerra mondiale. Gli investimenti sono decollati solo a partire dal 1941 (Pearl Harbor), raggiungendo, come quota del PIL, un livello più che doppio rispetto a quello del 1940. Perché? Beh, non è stato il risultato di una ripresa degli investimenti del settore privato. Quello che è successo, è stato un massiccio aumento degli investimenti e della spesa pubblica. Nel 1940, gli investimenti del settore privato erano ancora al di sotto del livello del 1929, e in realtà durante la guerra diminuirono ulteriormente. Il settore statale si è fatto carico di quasi tutti gli investimenti, dal momento che le risorse (valore) erano state dirottate verso la produzione di armi, e verso altre misure di sicurezza in un'economia di guerra completa. Ma l'aumento degli investimenti e dei consumi pubblici non è forse una forma di stimolo keynesiano, ma solo a un livello più alto? Ebbene, no. La differenza si rivela nel continuo crollo dei consumi. L'economia di guerra veniva pagata limitando le opportunità, che avevano i lavoratori, di spendere i loro redditi, provenienti dai loro lavori, in tempo di guerra. Ci fu un risparmio forzato attraverso l'acquisto di titoli di guerra, il razionamento e l'aumento della tassazione per pagare la guerra. L'investimento pubblico significava la direzione e la pianificazione della produzione per decreto governativo. L'economia di guerra non stimolava il settore privato, ma sostituiva il “libero mercato” e l'investimento capitalistico per il profitto. I consumi non hanno ripristinato la crescita economica come si aspettavano i keynesiani (e coloro che vedono la causa della crisi nel sottoconsumo), ma sono stati investiti principalmente in armi di distruzione di massa. La guerra pose definitivamente fine alla depressione. L'industria americana fu rivitalizzata dalla guerra, e molti settori erano orientati alla produzione di difesa (ad esempio, aerospaziale ed elettronica), o completamente dipendenti da essa (energia atomica).  I rapidi cambiamenti scientifici e tecnologici della guerra hanno continuato e rafforzato le tendenze iniziate durante la Grande Depressione. Poiché la guerra danneggiò gravemente tutte le principali economie del mondo, ad eccezione degli Stati Uniti, dopo il 1945 il capitalismo americano conquistò l'egemonia economica e politica. Guiglelmo Carchedi  lo ha spiegato: «Perché la guerra ha provocato un simile salto di redditività nel periodo 1940-45? Il denominatore del tasso non solo non è aumentato, ma è diminuito perché il deprezzamento fisico dei mezzi di produzione è stato maggiore dei nuovi investimenti. Allo stesso tempo, la disoccupazione è praticamente scomparsa. La diminuzione della disoccupazione ha reso possibile l'aumento dei salari. Tuttavia i salari più alti non hanno intaccato la redditività. Infatti, la conversione delle industrie civili in industrie militari ha ridotto l'offerta di beni civili. L'aumento dei salari e la limitata produzione di beni di consumo hanno comportato una forte compressione del potere d'acquisto del lavoro per evitare l'inflazione. Ciò fu ottenuto istituendo la prima imposta generale sul reddito, scoraggiando la spesa dei consumatori (il credito al consumo era vietato) e stimolando il risparmio dei consumatori, principalmente attraverso investimenti in obbligazioni di guerra. Di conseguenza, i lavoratori sono stati costretti a rinviare la spesa di una parte considerevole dei salari. Allo stesso tempo il tasso di sfruttamento del lavoro aumentò. Essenzialmente, lo sforzo bellico è consistito in una massiccia produzione di mezzi di distruzione finanziata dal lavoro.»  Lasciamo che sia Keynes a riassumere la cosa: «A quanto pare, è politicamente impossibile, per una democrazia capitalistica, organizzare la spesa secondo una scala necessaria a fare i grandi esperimenti che dimostrerebbero la mia tesi; tranne che in condizioni di guerra», da The New Republic (citato da P. Renshaw, Journal of Contemporary History 1999 vol. 34 (3) p. 377-364).

- Michael Roberts - Pubblicato il 22/3/2025 - su Michael Roberts blog. Blogging from a Marxist economist -

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