Volf Rubin è un giovane ebreo polacco forte e taciturno, così diverso dai suoi coetanei: non gli piace studiare, ama la natura e gli animali, e si dedica con passione ai lavori agricoli. È proprio l’opposto di suo padre, Reb Hersh, che è minuto e chiacchierone, conosce a menadito la Torà e vive per essere “ebreo tra gli ebrei”. Tornato dal servizio militare, Volf scopre che il padre ha venduto la tenuta di famiglia e per ripicca decide di emigrare negli Stati Uniti. Qui, nella remota e idilliaca campagna americana, Volf reciderà ancora di più il suo legame con l’ebraismo, finendo addirittura per cambiare nome e diventare l’instancabile fattore Willy Rubin. Willy è un romanzo breve che riesce a sintetizzare splendidamente due grandi temi cari a I.J. Singer: quello dell’identità ebraica e quello del conflitto intergenerazionale. La scrittura cristallina e tagliente di uno dei più grandi autori yiddish – qui unita alla vastità del paesaggio americano che ne amplifica il potere – dà forma a personaggi vivi e indimenticabili, epici e cocciuti, disposti a tutto pur di essere sempre e comunque loro stessi.
(dal risvolto di copertina di: "Willy", di Israel Joshua Singer. Traduzione di Enrico Benella. Giuntina editore, 18 €)
Storia di un ebreo eccentrico
- di Elena Loewenthal -
Willy è una piccola grande epopea. È la storia di Volf Rubin, figlio di Reb Hersh, un Mensch, un brav’uomo devoto e inoffensivo. Ma Willy, anzi Villi come recita il titolo in lingua originale, è fatto di una pasta diversa: vuole attraversare il mondo e conoscerlo invece di starsene per tutta la vita nell'angolino che Dio o chi per esso gli ha assegnato. La cantilena sinagogale dello shtetl in cui è nato e cresciuto lo annoia a morte, e così appena può se ne va. Alla scoperta di tutto. Persino dell'America. Questa è grossomodo la trama del romanzo che porta il nome del suo protagonista e la firma del grandissimo Israel Joshua Singer, fratello maggiore del premio Nobel Isaac Bashevise, tuttavia non da meno di lui per capacità inventiva, scrittura tanto inconfondibile quanto sorprendente e talento nel donare ai suoi lettori storie straordinarie. Willy è un romanzo certamente minore nel quadro di una produzione letteraria come quella di Israel Singer, che ha a cuore saghe familiari di largo respiro come "I fratelli Ashkenazi" e "La famiglia Karnowski": tessiture narrative straordinarie, indimenticabili. Eppure anche in queste pagine che raccontano la storia di un ebreo "eccentrico", refrattario a tutte le regole del suo tempo e del suo spazio, si riconosce il grande autore. Discutibili restano, d'altro canto, alcune scelte traduttive, come l’abbondanza di corsivi, laddove il termine in lingua originale - lo yiddish, e saltuariamente anche l'inglese - risultava intraducibile, con inevitabile abbondanza di note a piè di pagina. Tutto ciò nonostante la presenza di un corposo (nove pagine) glossario finale. Il risultato è un testo letterario di indubbia qualità, appesantito da un apparato e una forma grafica non congeniali. La traduzione è spesso, anzi sempre, una sfida che concede tantissime, forse persino troppe libertà. Ma non quella di tirarsi indietro a suon di corsivi e apparati.
- Elena Loewenthal - Pubblicato su Tuttolibri dell'8/6/2024 -
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