La gestione del rumore e del silenzio nella relazione tra Annie Ernaux e la madre: il volume della voce è un elemento di classe - le sorelle del padre sono socialmente elevate e ciò si riflette anche nel loro modo di parlare (voce bassa, gesti sobri); la madre è l'opposto: energica e rumorosa, «Tutto quello che faceva, lo faceva con frastuono. Non appoggiava gli oggetti, sembrava gettarli» (p. 29). Però, come avviene in una gradualità strutturalista, ben presto la lezione della madre viene rovesciata - bisognava stare zitti quando lei lavorava: «Appena sentiva baccano appariva, mi tirava uno schiaffo senza dire una parola e tornava a servire» (p. 31). Dopo l'infanzia, il binomio rumore/silenzio continua a essere operativo e decisivo: le madri delle sue compagne di classe piccolo-borghesi erano «magre» e «discrete»; «Mia madre mi sembrava appariscente», «Mi vergognavo della sua maniera brusca di parlare» (p. 37); subito dopo aver riflettuto su questa pignoleria, Ernaux coglie un dettaglio sapido: «Distoglievo lo sguardo quando stappava una bottiglia tenendola tra le gambe» (Non è solo la descrizione di una scena, ma la puntuale cristallizzazione di una reazione a una scena che, il lettore intuisce, si ripete da tempo immemorabile: una donna «brusca» che si sistema una bottiglia tra le gambe in modo da poter estrarre meglio il tappo, generando nella figlia la reazione di «distogliere lo sguardo»; come un rifiuto, una dis-identificazione). In tarda età, quando al termine di un periodo trascorso a casa della figlia la madre torna a vivere da sola, il rumore torna a essere protagonista, ricoprendo ora il ruolo di «accompagnatore»: «Il suo televisore era acceso fin dal mattino - a quell'ora non c'erano programmi, soltanto un po’ di musica e il monoscopio sullo schermo - e così rimaneva per tutto il giorno. Lei lo guardava appena, e di sera ci si addormentava davanti» (p. 50). Alla fine, l'unica cosa della madre che rimane è proprio il silenzio - lei non c'è più, non esiste, può solo venire «resuscitata» nella pagina silente del libro della figlia: «Non ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata.» (p. 61).
- Annie Ernaux, Una donna, L'Orma -
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