La Colonia dei fenomeni inspiegati è diretta da una commissione ottusa e grottesca, i cui membri sono senz'anima, ignoranti, formalisti, impostori o semplicemente assenti. Di fronte al "potere della lettera morta" e al suo Sigillo, anche magia e scienza devono chinare il capo. Di fronte all'impeto della Trojka terrestri e alieni devono cedere il passo e sperare di non esserne travolti. Il leviatano burocratico vive ed è imbattibile... oppure no? La favola della Trojka, scritta nel 1967 come satira aperta e inequivoca del sistema amministrativo e giudiziario dell'epoca, nonché del linguaggio politico dell'URSS, è l'ultima opera di fantascienza umoristica dei fratelli Strugatskij. Prima edizione italiana, nella versione integrale originariamente concepita dagli autori, arricchita dalla postfazione di Boris Strugatskij, che racconta interessanti aneddoti sul procedimento creativo e sul destino editoriale dell'opera, e dal racconto inedito "A proposito della ciclotazione".
(dal risvolto di copertina di Arkadij e Boris Strugatskij, "La favola della Trojka" (traduzione di Andrea Cortese) Ronzani editore, pp.306 €19)
L’alieno ha 4 occhi ma nessun documento: per la Trojka non è un extraterrestre
- di Carlo Pagetti -
Instancabili autori di romanzi di fantascienza, i fratelli Strugatskij hanno collaborato assieme dalla seconda metà degli anni '50 del secolo scorso fino al 1991, l'anno della morte di Arkadij, il più anziano di loro. Famosi soprattutto per Picnic sul ciglio della strada, ripubblicato in Italia nel 2022 da Marcos y Marcos, ovvero "Stalker"(1979) nella enigmatica versione cinematografica di Andrej Tarkovskij, Arkadij e Boris hanno sperimentato varie forme di fantascienza e di distopia. Commentando tra il 1997 e il 1998 un'edizione complessiva della loro opera, Boris ha sottolineato la ferma volontà di entrambi di rivolgersi al pubblico del proprio paese, senza cedere alla tentazione di una scrittura sovversiva, che li avrebbe condannati alla clandestinità o all'esilio. Questo non vuol dire che gli Strugatskij non abbiano dovuto fare i conti con la censura comunista, tanto è vero che molte tra le loro opere sono state tagliate o tenute a lungo in cassaforte. L'acquisizione recente di versioni restaurate nella loro interezza ha alimentato in Italia l'interesse per nuove traduzioni, accompagnate da un lavoro di esegesi, in grado di mettere in luce riferimenti e allusioni alla politica e alla cultura sovietiche. È questa strada seguita dall'editore Ronzani che, dopo aver proposto "Lunedì inizia sabato" (2019), fa uscire ora, ancora nella traduzione di Andrea Cortese, il seguito "La favola della Trojka", terminato nel 1967 e pubblicato per la prima volta integralmente nell'URSS nel 1987. La voce narrante è sempre quella del giovane scienziato Sasha Privalov, coinvolto nelle attività dello ISSTEMS, «Istituto di ricerca scientifica e tecnologia per la magia e la stregoneria», che si occupa di raccogliere le prove dell'esistenza di creature strane o mostruose, per poi sottoporre la documentazione a un ulteriore organismo burocratico, una Trojka, in realtà composta da 4 o 5 membri, la TRREFI, o «Commissione per la razionalizzazione e il reimpiego dei fenomeni spiegati».
L'uso pomposo degli acronimi rivela subito che ci troviamo in un mondo fortemente burocratizzato, dove ogni livello amministrativo si moltiplica, ottenendo l'effetto contrario a quella semplificazione a cui vorrebbe giungere. Peraltro, il titolo stesso introduce una dimensione fantastica che mette a dura prova il presunto rigore scientifico a cui dovrebbero attenersi i vari componenti della Trojka. Strane creature parlanti che giungono dalla preistoria (Cosimo, uno pterodattilo), dagli abissi del mare (Spiridon, una piovra gigante), dal mondo degli insetti (Ciancio, una cimice), dalla cultura di massa (un Godzilla fornito di quattro teste), dallo spazio interplanetario (l'alieno Kostantin) competono nella loro stravaganza con i colleghi di Sasha, uno dei quali sembra appartenere alla famiglia degli Yeti, mentre un altro si rende spesso invisibile. C'è poi una Remington, una «macchina euristica», che risponde in modo bislacco a qualsiasi domanda, un po' come potrebbe fare uno scadente romanzo di fantascienza. È evidente l'intenzione dei fratelli Strugatskij di infrangere i limiti troppo angusti della fantascienza intesa come divulgazione scientifica o come immaginario «realistico» alla Jules Verne, per abbandonarsi a una ispirazione fantastica ai limiti del nonsense, capace di sprigionare effluvi parodici basati sull'uso del più trito burocratese, sulle sgangherate riflessioni filosofiche, in cui vengono messi a confronto il destino dell'umanità e quello delle cimici, sugli sprazzi favolistici, nella ricostruzione delle leggende che riguardano l'esistenza delle piovre giganti. L'ottusità della Trojka è il collante della narrazione. Basti pensare all'interrogatorio dell'alieno Kostantin, il quale possiede «un volto quadriocchiuto privo di naso» e cammina su quattro zampe, ma non è in grado di presentare i «documenti» necessari alla sua identificazione extraterrestre.
Arkadij e Boris si avvalgono della vena comica e satirica della trazione letteraria russa, citando Gogol, Bulgakov, il Majakovskij della commedia "La cimice" (1928), ma non trascurano nemmeno gli autori di altri paesi, come lo Swift de "I viaggi di Gulliver". L'atteggiamento degli esperti che sfilano nelle pagine de "La favola della Trojka" ricorda il clima demenziale della swiftiana Accademia di Lagado, visitata da Gulliver durante il suo terzo viaggio. Né mancano riferimenti indiretti alla narrativa stravagante, weird, che caratterizzava alcuni autori americani dell'Ottocento come E.A. Poe e Mark Twain. Ci troviamo di fronte, insomma, a una scrittura colta e, nello stesso tempo, capace di padroneggiare i linguaggi della politica e della società sovietiche degli anni '60. Ciò che valorizza l'edizione Ronzani del romanzo degli Strugatskij è la ricchezza delle Note predisposte dal traduttore. Senza di esse molti dettagli preziosi andrebbero persi. Così, le invocazioni pretestuose che tirano in ballo, a ogni piè sospinto, il rispetto della volontà del «popolo» vengono collegate alla retorica di Nikita Kruscev, o Chrušcëv, il rozzo leader sovietico parodiato nella figura di Chlebovvodov, il più aggressivo dei membri della Trojka. E a proposito di Kruscev, è impagabile la storiella riferita a pag. 289, nota /, in cui si raccontano le reazioni del segretario del PCUS durante la visita a una mostra di arte astratta. Insomma, l'apparato delle Note costituisce un testo-dentro-il-testo talvolta più esilarante del romanzo stesso e comunque indispensabile per la piena comprensione di molti passaggi.
Tutto si conclude con la creazione di una nuova sotto-commissione, presieduta dal buon Sasha, che dovrà smaltire il lavoro arretrato accumulato dalla Trojka, i cui membri sembrano occupati soprattutto a litigare tra di loro, a gozzovigliare, a scaricare sugli altri la propria incompetenza. Le vicende editoria de "La favola della Trojka" ci rivelano che lo sfascio del sistema sovietico era già iniziato negli anni '60, ma solo verso la fine degli anni '80 (quando la catastrofe dell'intero sistema era ormai alle porte) sarebbe stato possibile denunciarlo apertamente.
- Carlo Pagetti - Pubblicato su Tutto Libri del 18/11/2023 -
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