venerdì 24 maggio 2024

MARX ESSOTERICO E MARX ESOTERICO

Da un articolo di Helmut Reichelt « La figure marxienne du point culminant. Approche psychanalytique », Actuel Marx, n°12, Paris, PUF, 1992:

Negli anni Cinquanta il teorico marxista Roman Rosdolsky, autore del famoso "La genesi del capitale in Marx", è stato il primo a utilizzare questa distinzione tra un Marx essoterico e un Marx esoterico, poi utilizzata da diversi autori; in particolare nel 1977 dal sociologo tedesco Stefan Breuer, il quale aveva dei legami con la Scuola di Francoforte. Attualmente questo concetto viene utilizzato da vari marxologi al di fuori della Critica della dissociazione del valore, come Helmut Reichelt, Ingo Elbe e altri autori associati alla Neue Marx-Lektüre (Nuova lettura di Marx). Il teorico nordamericano Moishe Postone fa essenzialmente riferimento a tale distinzione, senza però fare ricorso a questi due termini. Nel contesto della Critica del valore, questa discussione sul "duplice Marx" è apparsa nei primi anni di Krisis, nel 1990-1991, in vari testi. È stata poi ripresa, in parte, in una recensione critica dell'opera Die Krise der Revolutionstheorie di Stefan Breuer, per poi svilupparsi in Krisis negli anni Novanta: Ernst Lohoff ha criticato Breuer nel numero 10 di Krisis e Robert Kurz è tornato sull'argomento nel numero 15 della rivista, adottando un approccio diverso, mediato dalla critica del soggetto e dalla "politica rivoluzionaria".

Kurz svilupperà e perfezionerà questa teoria del "duplice Marx" in tutta la sua opera, fino al suo ultimo libro, Geld Ohne Wert. Queste denominazioni di esoterico ed essoterico rimandano a un'antica tradizione filosofica, dal momento che, senza risalire all'antichità, si è sempre parlato di un Hegel esoterico e di un Hegel essoterico... Lo stesso Marx ha fatto ricorso a una simile distinzione già nella sua tesi di dottorato sulla "Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro". Come ha sottolineato Helmut Reichelt nel suo articolo, «allorché Marx parla dell'importanza della soggettività dei filosofi, egli si riferisce sempre simultaneamente a sé stesso: ciò che egli percepisce in un altro interlocutore vale anche per lui. [...] Il vero filosofo si caratterizza proprio a partire da una differenza sostanziale tra coscienza fenomenica e coscienza essenziale, tra essoterico ed esoterico» (p. 154-155). La vera teoria, scrive Marx, deve «distinguere in ciascun sistema quelle che sono le determinazioni essenziali, le autentiche cristallizzazioni permanenti, dalle dimostrazioni e le giustificazioni verbali dalla presentazione dei filosofi, sempre che essi conoscano sé stessi; deve distinguere il sapere veramente filosofico, quella talpa che è sempre segretamente e costantemente all'opera, dalla coscienza fenomenologica del soggetto loquace ed essoterico, che assume le più diverse pose, portavoce ed espressione delle evoluzioni di questo sapere» (Karl Marx, Œuvres, tome III: Philosophie, Gallimard, "La Pléiade", 1982, pag. 859 e Marx-Engels-Werke (MEW), Ergänzunsband, Schriften bis 1844, erster Teil, Berlin, 1974, p. 247).

Questa distinzione tra coscienza essoterica ed esoterica, tra conoscenza essenziale e conoscenza fenomenica, Marx la prende in prestito da Heinrich Heine, e Reichelt mostra che «quando rifiuta tale separazione nei confronti di sé stesso, ecco che allo stesso tempo ne respinge anche l'idea. [...] Marx si considera come se fosse un pensatore che si trova seduto nel punto più alto della storia del mondo, da dove ribvolge simultaneamente lo sguardo tanto all'avvenire quanto verso il passato. [...] Così, grazie a questo punto culminante dal quale si può prevedere la storia del mondo, Marx si identifica con il Grande Soggetto, che si tratti del soggetto della specie o di quello della classe operaia, in ogni caso in un super-individuo che, in quanto portatore di un sapere assolutamente cristallino, non solo si trova in possesso di una conoscenza assoluta, ma, in quanto universale, sfugge ai limiti dell'individualità: in questo identificarsi con l'universale, l'eterno e l'immortale, sembra essere garantita anche la sicurezza così tanto agognata. Da questo punto culminante, quello del sapere assoluto, si prospettano, attraverso una serie di tappe successive, le diverse versioni dell'intrecciarsi del sapere essenziale con quello fenomenico, che emergeranno nella loro chiarezza complessiva solo alla fine della storia» (Helmut Reichelt, "La figure marxienne du point culminant. Un approccio psicoanalitico", op. cit. pp. 168-169). 

Reichelt conclude dicendo che, sebbene Marx non abbia mai rinunciato del tutto al proprio intento dialettico, «non ha mai tentato di precisare per iscritto la sua concezione della dialettica. Possiamo pertanto sospettare che egli si sia tirato indietro per il timore di non riuscire a trovare il proprio intreccio di coscienza essoterica ed esoterica» (Ibid., p. 170).

fonte: @Palim Psao

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